Enogastronomia made in Italy protagonista a Verona

Verona è sempre più crocevia dell’eccellenza made in Italy per il food e il beverage. In contemporanea con Vinitaly, alla Fiera di Verona si svolgerà infatti dal 10 al 13 aprile Sol&Agrifood, appuntamento di riferimento internazionale degli operatori del food alla ricerca di nicchie produttive di eccellenza, fatte di proposte tradizionali o innovative, ma comunque capaci di rispondere a richieste di fasce di mercato sempre più esigenti.

I prodotti del made in Italy maggiormente rappresentati sono l’olio extravergine di oliva, paste e prodotti da forno, birre artigianali, formaggi, cioccolata, caffè, conserve e condimenti, salumi, ma in Sol&Agrifood rientrano tutte le merceologie agroalimentari e ortofrutticole.

Diversa da una semplice fiera espositiva, la Rassegna Internazionale dell’Agroalimentare di Qualità è un luogo dove il marketing si fa dando ai buyer l’opportunità di sperimentare l’uso dei prodotti, con cooking show, educational e degustazioni guidate, e nel quale i cuochi vanno a lezione. L’obiettivo è quello di fare cultura, teorica e pratica, perché le differenze tra le eccellenze presenti e i prodotti industriali devono essere capite e apprezzate.

Visitata nel 2015 da quasi 15mila operatori esteri provenienti da 80 nazioni su un totale di oltre 64mila visitatori, Veronafiere realizza ogni anno per Sol&Agrifood un’attività di incoming di delegazioni commerciali estere, coadiuvata quest’anno da ICE-Italian Trade Agency con i finanziamenti del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy del ministero dello Sviluppo economico.

Ai buyer esteri vengono proposti incontri b2b con le aziende espositrici nell’Area Polifunzionale e la partecipazione ai cooking show e alle degustazioni di presentazione dei prodotti nell’Agorà.

Alle tradizionali aree tematiche dedicate alle birre artigianali, a Cheese Experience e al caffè con Taste of Coffee, si aggiunge quest’anno il nuovo spazio tutto made in Italy Salumi e Biodiversità, realizzato con l’Accademia delle 5T e in collaborazione con il Comune di Parma, unica città italiana a fregiarsi, dal dicembre 2015, del riconoscimento dell’Unesco di “città creativa per la gastronomia”.

Sol&Agrifood è, per l’olio extravergine di oliva di qualità, la fiera di riferimento a livello internazionale. Presenti, oltre alle tante aziende made in Italy con un’offerta di olii fortemente territoriali, anche le collettive istituzionali di Marocco e Croazia.

All’olio extravergine sono legate molte delle attività di degustazione e formazione, come Find the fake (Scova l’intruso), il minicorso con prova di assaggio comparativa tra i veri olii extravergine di oliva di alta qualità italiana e un olio di scarsa qualità, organizzato da Unaprol.

Infine gli olii extravergini di oliva, in particolare quelli che hanno ottenuto la gran menzione del concorso Sol d’Oro, sono protagonisti, assieme ai giovani cuochi della Federazione Italiana Cuochi, delle finali della Jam Cup, il primo Trofeo Junior Assistant Master della Fic. A fronteggiarsi in cooking show, i 16 concorrenti selezionati nei mesi precedenti. A loro il compito di cucinare piatti adatti alla tipologia di fruttato dell’olio che verrà loro assegnato.

Potevano forse mancare dei cuochi in questo grande appuntamento dedicato al made in Italy?

Olio italiano alla prova della qualità

I Paesi arabi hanno il petrolio, noi abbiamo l’ olio italiano. Un’eccellenza del nostro agroalimentare, l’ olio italiano extravergine d’oliva, che nel 40% dei casi è qualitativamente superiore rispetto al resto della produzione nazionale.

Il dato è stato elaborato dal primo PIQ, Prodotto interno qualità sulla filiera oleicola, realizzato da Fondazione Symbola e CREA in collaborazione con Coldiretti e Unaprol e presentato nel padiglione Coldiretti a Expo 2015 nei giorni scorsi.

Il rapporto è stato presentato nel corso del convegno “L’ olio italiano e la sfida della qualità – Il PIQ della filiera oleica: per identificare, misurare, difendere” e ha mostrato come, per misurare la qualità della filiera dell’ olio italiano, Symbola e CREA hanno messo insieme 102 indicatori a formare il più completo set informativo sulle diverse fasi produttive dell’olio.

Secondo il rapporto, al momento il mercato dell’ olio italiano è polarizzato: da una parte le imprese che scelgono la qualità, dall’altra quelle che tagliano sulla qualità puntando alla quantità. La produzione di qualità si ferma dunque al 39,2%, quella di basso livello tocca il 60,5% di quella nazionale.

Inoltre, nonostante l’ olio italiano copra da solo il 20% della produzione comunitaria, nel 2014 l’olio importato è aumentato del 38% in quantità e sono aumentati i sequestri di olii e grassi da parte dei Carabinieri dei Nas: +483% dal 2007 al 2014.

Di qualità – dicono Symbola e CREA – non significa solo qualità organolettica, ma soprattutto frutto di una filiera che, in tutti i suoi passaggi, dalla terra, alla molitura, alla distribuzione, riserva le giuste attenzioni verso l’ambiente, il capitale umano, la gestione delle risorse e dei rifiuti, che riduce i fitofarmaci, adotta certificazioni, rispetta i parametri di qualità salutistica”.

Non è tutto olio quello che luccica

 

43 etichette di olio a denominazione di origine riconosciuta dall’Unione Europea. 250 milioni di piante sul territorio nazionale capaci di garantire un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all’anno ed un fatturato di 2 miliardi di euro. Regioni italiane che dell’olio fanno il loro pane quotidiano come Puglia (35%), Calabria (33%), Sicilia (8%), Campania (6%), Abruzzo (4%), Lazio (4 %), Toscana (3%) e Umbria (3%). Una produzione “al verde” che da sola potrebbe provvedere a tutto il Belpaese, eppure, l’olio costa meno, ne consumiamo di più, ma l’indotto del settore agricolo è in perdita.

Cosa non torna?

L’etichettta!

Quelle del supermercato sono poco trasparenti, illeggibili per quanto riguarda la provenienza delle loro olive, e questo nonostante l’obbligo di provenienza in etichetta stabilito il 1° luglio 2009 con Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009.

Cosa nascondono? E soprattutto, cosa sta succedendo al buon nome dell’olio d’oliva italiano? E’ stato truffato.

I più attenti casalinghi si saranno accorti delle varie diciture poco visibili sul retro delle verdi bottiglie: scritte come”miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”  non equivalgono a prodotti nazionali. Anzi!

E quelle icone, quei nomi, quelle immagini tutti trulli e colline toscane? Una mascherata. Una frode.

L’Italia è il primo Paese nel mondo per quanto riguarda l’importatore mondiale di olio. Lo prendiamo dalla Spagna, 74% ; dalla Grecia, 15%; dalla Tunisia, 7%, e non perchè ci manchi. E dunque? Andiamo al “nocciòlo” del problema.

E’ notizia di questi giorni che un’operazione dei carabinieri dei Nas ha scoperto un traffico di circa 500.000 litri di olio extra vergine di oliva contraffatto. 

Le materie prime, provenienti da Spagna e Maghreb (proprio le aree da cui importiamo di più), venivano sofisticate con clorofilla e betacarotene per essere poi cedute ad oleifici compiacenti che le etichettavano come “vero Extravergine”.

Extrafalso! Ed extra dannoso, per la salute come per le tasche degli Italiani: nella maggior parte dei casi occulti e quindi portati alla luce, gli olii non italiani venivano mescolati a quelli nazionali, “etichettati” in un qualche modo “all’italiana” e quindi ributtati nel mercato internazionale con un’immagine di eccellenza da Belpaese assolutamente dannosa.

Solo nell’ultimo periodo, poi, l’Italia ha raggiunto il massimo storico in quanto ad importazione più o meno lecita di olio d’oliva straniero: mai fino ad oggi si era arrivati a 584mila tonnellate capaci di superare la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483mila tonnellate; del -6% nell’ultima raccolta.

Sempre secondo i dati forniti da Coldiretti, nel 2011 le importazioni di olio dall’estero sono aumentate del +3%, quasi triplicate negli ultimi 20 anni e questo ha sommerso la produzione nazionale.

Detto tutto questo, e sanciti tutti questi buoni motivi, per il buon nome (e le buone tavole) tutte made in Italy, non possiamo non rilanciare la lotta alle frodi e alle sofisticazioni sui cui, l’11 giugno scorso, Coldiretti si espressa durante il convegno “Qualità e trasparenza nell’olio di oliva: una grande opportunità per l’economia del Sud” nel Centro Congressi dell’Ente Fiere di Foggia, ovvero in quella Puglia, stivale d’Italia, ricca di ulivi storici che da tempo immemore fanno il PIL dell’olio italiano.

La legge salva olio Made in Italy è già stata sottoscritta da numerosi parlamentari ed ha come primi firmatari la senatrice Colomba Mongiello (PD) e il senatore Paolo Scarpa Buora (PdL), “a dimostrazione di un vasto consenso che ci si augura conduca ad un iter rapido”. E che fili “liscio come l’olio”.

 

Paola PERFETTI