Legge di Stabilità e partite Iva

La Legge di Stabilità 2016 impatterà su alcuni aspetti della fiscalità delle famiglie e sulle agevolazioni fiscali per le aziende, ma anche su quello che è il target primario del nostro giornale, il popolo delle partite Iva.

La Legge di Stabilità interviene infatti sul regime dei minimi introducendo una specie di ibrido tra il vecchio regime dei minimi e il regime forfettario approvato con la Legge di Stabilità del 2015. L’ipotesi per il nuovo regime dei minimi considera infatti un’aliquota del 5% su guadagni fino a 30mila euro e per i primi cinque anni di attività, passati i quali la tassazione salirà al 15%. Cala anche l’aliquota per le start-up, che si dimezza al 5% dal precedente 10%.

Novità importante anche per le partite Iva senza cassa previdenziale, per le quali la Legge di stabilità considera l’aliquota contributiva Inps bloccata al 27,72%, anziché sottoposta all’innalzamento graduale che era stato previsto fino a raggiungere il 33,72%.

Tornando all’aliquota forfettaria, il dettato della Legge di Stabilità prevede che si possa applicare solo fino a quando persistono i requisiti di reddito. Per il calcolo dell’imponibile, la legge prevede l’applicazione ai ricavi di coefficienti diversi a seconda delle diverse categorie professionali:

  • 30mila euro per i professionisti, dai precedenti 15mila;
  • 30mila euro per artigiani e imprese, dai precedenti 20mila;
  • 50mila euro per i commercianti, dai precedenti 40mila;
  • 50 mila euro per alberghi e ristoranti;
  • 40mila euro per gli ambulanti di bevande e alimentari e bevande;
  • 30mila euro per gli ambulanti di altri prodotti.

Novità importante prevista dalla Legge di Stabilità è l’accesso al nuovo regime dei minimi anche per i dipendenti e i pensionati con un’attività in proprio, purché lo stipendio o la pensione siano inferiori a 30mila euro l’anno.

Ricordiamo che, oltre alla importante revisione del regime dei minimi, la Legge di Stabilità 2016 interviene anche su alcune agevolazioni fiscali per i professionisti e per le società di persone. Per queste ultime ci un’agevolazione fiscale che prevede l’innalzamento della franchigia di deduzione Irap a 13mila euro dai precedenti 10.500. I professionisti potranno invece avvalersi di un’agevolazione fiscale sulle spese di formazione, che saranno interamente deducibili dal reddito fino a 10mila euro all’anno.

Partite Iva, redditi e coefficienti di calcolo

Sono molte le novità che aspettano le partite Iva nel 2016, specialmente sotto il profilo della fiscalità. Sotto questo punto di vista è importante segnalare il regime unico forfettario che sostituisce il regime dei minimi, affiancato da un innalzamento del livello di tutela per le partite Iva a regime ordinario.

Il nuovo regime dei minimi pone un limite alle imposte che i professionisti devono versare, fissandole al 5% degli utili dichiarati per i primi 5 anni di attività, dopo i quali aumenta al 15%. In questo caso vi è una differenza sostanziale con la situazione attuale, nella quale il regime dei minimi può essere mantenuto anche oltre cinque anni e anche se i titolari di partite Iva hanno già compiuto 35 anni.

Rimane assodato che il requisito principale e più forte per poter aderire al regime dei minimi o rimanervi con il passare degli anni è il tetto massimo dei ricavi, che deve essere di 30mila euro a seconda dell’attività esercitata dalle diverse partite Iva. Da ricordare che le modifiche sono ancora in discussione a Senato e Camera e che, tra queste modifiche, non c’è il pagamento di Irap e Iva da parte dei contribuenti.

Infine, ricordiamo per comodità i ricavi e i relativi coefficienti delle attività delle partite Iva per calcolare l’imponibile da versare.

  • 40% con reddito max di 45mila euro: industrie alimentari e delle bevande;
  • 40% con reddito max a 50mila euro: commercio all’ingrosso e al dettaglio
  • 40% con reddito max a 40mila euro: commercio ambulante di alimentari e bevande;
  • 40% con reddito max a 50mila euro: servizi di alloggio e ristorazione;
  • 54% con reddito max a 30mila euro: commercio ambulante di altri prodotti;
  • 62% con reddito max 25mila euro: intermediari del commercio;
  • 67% con reddito max a 30mila euro: altre attività;
  • 78% con reddito max a 30mila euro: attività professionali, tecniche, scientifiche, sanitarie e di istruzione;
  • 86% con reddito max a 25mila euro: attività immobiliari e costruzioni.

Legge di stabilità e partite Iva, il plauso del CoLAP

Per una volta la Legge di Stabilità sembra far felici professionisti e partite Iva. Di sicuro, la manovra presentata nei giorni scorsi dal Governo ha dato parecchia soddisfazione al CoLAP, che si è pronunciato favorevolmente, in una nota della presidente, nei confronti delle iniziative previste per il lavoro autonomo.

Siamo molto soddisfatti di quanto annunciato – ha dichiarato la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci -. La slide sul lavoro autonomo annuncia il blocco dell’aliquota e la revisione del de minimi, le proposte della nostra Road Map sono state accolte; e abbiamo anche dei buoni sensori che si procederà accogliendo anche le nostre altre proposte nei testi collegati”.

Un plauso al Governo e in particolare a quei parlamentari che contro tutto e tutti hanno creduto nelle nostre proposte – ha proseguito la presidente del CoLAP -; l’apertura al dialogo e al confronto sono state le leve di questo successo, da qui deve ripartire l’Italia, dal modello di condivisione e costruzione che insieme a Chiara Gribaudo, Valentina Paris, Alessia Rotta, Gessica Rostellato, Cesare Damiano abbiamo costruito”.

Se gli annunci saranno rispettati, il 13 novembre (è previsto a Roma l’appuntamento centrale dell’iniziativa “RIPARTE L’ITALIA con la Road Map del CoLAP”, ndr) sarà davvero una giornata di studio, di confronto, ma anche di esaltazione – ha dichiarato ancora l’Alessandrucci -: il nostro #siamofiduciosi, il nostro atteggiamento di costruzione delle proposte con la Road Map CoLAP, la nostra capacità di ascolto e di dialogo ci hanno premiato, sono contenta e soddisfatta perché penso al miglioramento delle condizioni economiche e quindi di vita che questi provvedimenti porteranno ai nostri professionisti; finalmente abbiamo l’attenzione che meritiamo. Adesso sì che dobbiamo pensare a #RIPARTELITALIA, a contribuire seriamente alla nostra ripresa, se messi nelle giuste condizioni siamo in grado di fornire Pil, energia e innovazione al nostro Paese”.

Nuove partite Iva in crescita a giugno

Il ministero dell’Economia ha fatto il classico punto della situazione sull’apertura di nuove partite Iva e ha comunicato che “nel mese di giugno 2015 sono state aperte 40.845 nuove partite Iva. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si osserva un discreto aumento percentuale, pari a +5%, in larga parte dovuto, analogamente a quanto verificatosi a maggio, alle nuove aperture nel settore dell’agricoltura, localizzate soprattutto al Sud e nelle Isole”.

Il ministero fa sapere che “il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di aperture di partite Iva (23,7% del totale), seguito dall’agricoltura (11,8%) e dalle attività professionali (11,3%). Rispetto a giugno 2014, si osserva un sensibile aumento di aperture nel settore dell’agricoltura (+50%). Analizzando gli altri settori di attività economica, gli incrementi più significativi si rilevano nella Sanità (+16,5%) e nelle Attività artistiche (+9,3%) mentre le flessioni più evidenti si registrano invece nei servizi di informazione (-10,1%), nelle attività professionali (-8,6%) e finanziarie (-6,5%)”. Le nuove partite Iva dei campi trascinano dunque in su le aperture.

Relativamente invece alla ripartizione territoriale, circa il 40% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22% al Centro ed il 38% al Sud e nelle Isole. Gli aumenti più significativi di aperture di partite Iva, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, sono localizzati nelle Regioni del Sud: Puglia (+34,1%), Calabria (+21%) e Molise (+20,8%). Invece, le flessioni più marcate si registrano in Abruzzo (-15%), Liguria (-9%), Basilicata e Sardegna (-6,2%).

La distribuzione per natura giuridica delle nuove partite Iva mostra una quota relativa alle persone fisiche del 72,6%, le società di capitali raggiungono il 21,7%, le società di persone il 4,8%, mentre la percentuale dei “non residenti” e “altre forme giuridiche” sfiora l’1%.

Relativamente alle persone fisiche, invece,  la ripartizione per sesso è stabile, con il 63,2% delle partite Iva aperte da maschi. Il 46,2% delle aperture è attribuibile ai giovani fino a 35 anni e il 34,2% a persone tra 36 e 50 anni.

La riforma fiscale per le partite Iva

L’autunno si avvicina e con esso, si spera, la riforma fiscale per le partite Iva di cui il premier Renzi va parlando da tempo. Da troppo tempo, tanto che in questa seconda metà di agosto comincia ad arrivare qualche indiscrezione su quelle che potrebbero essere le linee principali su cui basare questa riforma fiscale.

Intanto, si parla di una cancellazione solo parziale del regime dei minimi a partire dal 2016 e non di una integrale, come si ipotizzava. In questa riforma fiscale, l’aliquota unica al 5% potrebbe restare ed essere applicata alle start up per i primi 3 anni di attività, dopodiché entrerebbe in vigore il regime forfettario con aliquota al 15%.

Altra novità possibile che accompagnerà la riforma fiscale potrebbe riguardare un graduale avvicinamento delle aliquote previdenziali per le partite Iva che versano i contributi alla gestione separata dell’Inps a quelle di chi ha invece un albo con la propria cassa di previdenza obbligatoria. L’attuale aliquota della gestione separata Inps, al 27,72%, dovrebbe arrivare al 33,72% entro il 2018, come previsto dalla legge Fornero, a fronte di casse degli albi le cui aliquote variano tra il 12% e il 16%. Il governo vorrebbe limare queste differenze, dopo aver bloccato temporaneamente gli scatti previsti dalla Fornero.

Inoltre, la riforma fiscale potrebbe toccare lo spinoso problema dell’estensione del regime di cassa a tutti i lavoratori autonomi e non più solo a parte di essi, per porre fine all’assurdità del calcolo delle imposte sulla base di quanto fatturato anziché sulla base di quanto realmente incassato.

Infine il capitolo Irap, per la quale si vocifera di un’abolizione totale per le imprese di persone fisiche, unita all’introduzione di limiti sui compensi dei dipendenti e sugli acquisti di beni strumentali. Saranno sufficienti questi punti per rendere questa riforma fiscale una buona riforma? Ammesso e non concesso che avrà luogo…

Confassociazioni e la conciliazione vita-lavoro

Confassociazioni torna sul decreto attuativo del Jobs Act che riguarda la conciliazione vita-lavoro. “Lo scorso 11 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto attuativo del Jobs Act sulla conciliazione vita-lavoro in vigore a fine giugno – ha dichiarato Federica De Pasquale, vicepresidente di Confassociazioni con delega alle pari opportunità -. Ancora una volta, però, dobbiamo registrare il fatto che il decreto non contribuisce in alcun modo ad aiutare chi è iscritto alla Gestione separata dell’Inps, non potendo accedere alle agevolazioni previste per il lavoratore dipendente in caso di maternità, malattia o assistenza a un famigliare disabile“.

Auspicavamo maggiore coraggio da parte del Governo nei confronti del mondo delle partite Iva che rappresentiamo – ha proseguito De Pasquale di Confassociazionima, ancora una volta, dobbiamo prendere atto che si continuano a discriminare i professionisti e i lavoratori autonomi pure quando si parla di famiglia e di diritto alla maternità. Il provvedimento va a modificare anche alcune parti del testo unico a tutela della maternità (n. 151 del 26 marzo 2001) e si impegnerebbe a rendere più flessibile il congedo di maternità/paternità, sia quello facoltativo (sei mesi) sia quello parzialmente retribuito al 30% prorogandolo fino all’età di 6 anni del bambino. Pur avendo esteso l’erogazione dell’indennità ‘anche ai lavoratori e alle lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui alla legge n. 335/95, non iscritti ad altre forme obbligatorie e anche in caso di mancato versamento dei relativi contributi’, per questa categoria di mamme e di papà nei fatti non cambia nulla, permanendo l’assurdo vincolo di astenersi dall’attività lavorativa per tutto il periodo in cui si usufruirebbe del congedo”.

Sia chiaro: non è obbligatorio, ma lo diventa perché a questa astensione è subordinato il pagamento dell’indennità. Ancora una finta agevolazione per la nostra categoria visto che le professioniste iscritte alla gestione separata possono accedere all’indennità di maternità a condizione che l’astensione effettiva dall’attività lavorativa sia attestata da apposita dichiarazione. Così, nei fatti, si continua a impedire a tante donne di usufruire della tutela prevista alle loro omologhe iscritte a casse professionali private o alle gestioni speciali Inps (come artigiane, commercianti)”.

Porre l’aut-aut, indennità o lavoro, è una discriminazione insopportabile – puntualizza la vicepresidente di Confassociazioni -. Infatti, se la professionista scegliesse di percepire l’indennità nessuno può garantirle di riuscire a mantenere la sua attività, anzi c’è il rischio di doverla chiudere per l’automatica diminuzione del giro d’affari e del numero clienti, portafoglio costruito nel tempo con professionalità. Di contro, se scegliesse il lavoro, dovrebbe rinunciare all’indennità di maternità per la quale ha, nel corso della sua vita lavorativa, regolarmente pagato i contributi all’Inps e che continuerebbe a versare anche nel periodo della maternità se optasse per il congedo”.

L’altra assurdità che infine rileviamo – conclude la vicepresidente di Confassociazioniè, comunque, la durata delle nuove disposizioni in materia di congedo parentale. Il recente decreto sarà valido in via sperimentale solo per il 2015, in pratica per sei inutili mesi. Un finto bonus temporale che non potrà essere prorogato per il 2016 mancando la copertura finanziaria. In tutto questo è doveroso ricordare che sono già scaduti i termini per iscrivere i bambini agli asili nido comunali e, che, spesso il reddito ISEE del nucleo familiare di un libero professionista supera, anche se non di molto, la soglia minima prevista per ottenere gli assegni familiari del comune, così come il voucher di 600 euro al mese per baby sitter e asili nido (valido per 6 mesi se si tratta di neo mamme dipendenti e per soli 3 mesi per le neo mamme iscritte alla gestione separata Inps). Con l’ottimismo che ci contraddistingue, informiamo il Governo che la nostra battaglia per garantire pari trattamento ai genitori liberi professionisti non si ferma: il diritto alla maternità deve essere uguale per tutte le categorie di lavoratori come avviene in tutta Europa“.

Nuove partite Iva in crescita ad aprile

Tornano a crescere le partite Iva in Italia. Non che sia un dato inatteso, specialmente considerando il fatto che parte di queste sono partite Iva aperte per “mancanza di alternative” occupazionali, ma vale comunque la pena osservarlo nel dettaglio.

Secondo l’Osservatorio sulle partite Iva del ministero dell’Economia e delle Finanze, ad aprile sono state aperte 47.581 nuove partite Iva, +2,7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.

Le nuove partite Iva aperte da persone fisiche sono ancora lo zoccolo duro, pari al 72,6% del totale; le società di capitali sono il 21,2%, le società di persone il 5,4%, le nuove partite Iva di “non residenti” e “altre forme giuridiche” lo 0,8%.

Guardando la distribuzione geografica, il 41,2% delle nuove partite Iva è stato aperto al Nord, il 22,6% al Centro e il 36,1% al Sud ed Isole. Se si confronta l’andamento con quello di aprile 2014, si notano il crollo delle aperture in Val d’Aosta (-25,5%), in Liguria (-10%) e nella Provincia Autonoma di Bolzano (-9,7%), e i forti incrementi in Calabria (+26,6%) e Puglia (+22,8%).

Se invece si guarda il settore produttivo evidenzia, la parte del leone tra le nuove partite Iva la fa il commercio (23,1%), poi l’agricoltura (12,7%) e le attività professionali (12,5%). La distribuzione per sesso vede il 64% delle partite Iva aperte da maschi, mentre guardando alle fasce di età il 44,7% delle aperture è da parte di under 35 anni e il 34,4% da parte di persone con età compresa tra 36 e 50 anni.

Nuove partite Iva in calo a febbraio

Calano ancora le nuove partite Iva a febbraio 2015. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio sulle partite Iva del dipartimento delle Finanze, ne sono state aperte 42.799, ossia il 16,8% in meno rispetto a febbraio 2014.

Probabile che il calo di nuove partite Iva sia stato causato dal fatto che la legge di stabilità ha previsto che, per il 2015, le partite Iva operative all’1gennaio possono continuare ad operare con il preesistente regime fiscale vantaggioso: ragion per cui, molti hanno scelto probabilmente di anticipare l’apertura delle nuove partite Iva a fine 2014.

Anche a febbraio, tra le nuove partite Iva prevalgono le persone fisiche (67,3%), seguite dalle società di capitali (24,9%) e dalle società di persone (7,1%). Rapportando i dati a un anno prima, a febbraio 2014, crescono le aperture di società di capitali (+3,7%), calano le società di persone (-10,9%) e crollano le persone fisiche (-23%).

Tra i settori produttivi delle nuove partite Iva stravince il commercio (25,8%), seguito dalle attività professionali (10,8%), dalla ristorazione e dall’edilizia (9,8% per entrambe). Sempre guardando a febbraio 2014 si nota un calo molto forte per le attività professionali (-43,5%) e per le professioni della sanità (-32,8%), entrambi settori nei quali la variazione del regime forfettario ha una forte incidenza.

Nuovo regime dei minimi tra vantaggi e attacchi

Mentre sul web impazza l’attacco social delle associazioni professionali e delle partite Iva contro il governo Renzi e gli errori compiuti nei confronti dei liberi professionisti, l’anno nuovo è iniziato e con esso è stato introdotto il nuovo e disastroso regime dei minimi.

Proprio per protestare contro la revisione del regime dei minimi e gli altri sbagli marchiani del governo, Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione hanno dato il via alla campagna “mettiamo in fattura il malus Renzi”, con l’indicazione in fattura del cosiddetto “malus Renzi”, in contrapposizione al bonus di 80 euro evidenziato nelle buste paga dei lavoratori dipendenti.

Parallelamente, è partita la guerra di hashtag scatenata dal CoLAP con il suo #Matteosegnaaportavuota e sempre da Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione con #annullaAutogol. Senza contare il tweet bombing del 28 gennaio contro l’account Twitter del premier @matteorenzi.

Intanto, sotto il fuoco incrociato del popolo delle partite Iva, il nuovo regime dei minimi ha cominciato a prendere forma e, come risulta dal convegno Telefisco del Sole 24 Ore, tenutosi nei giorni scorsi a Milano, le cifre sono di tutto rispetto. Le ha illustrate il direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, secondo la quale la revisione del regime dei minimi introdotta dal governo “fa entrare 700mila partite Iva che prima non c’erano e avevano regimi molto più pesanti“.

Orlandi ha voluto ampliare l’orizzonte del problema sottolineando che le recenti polemiche sul nuovo regime dei minimi rispondono solo al punto di vista dei professionisti e non tengono conto dei vantaggi per altre partite Iva: “In questo Paese – ha detto – tutti pensano solo ai professionisti e nessuno agli artigiani, ai piccolissimi commercianti, ai fabbri, ai piccoli riparatori”.

Orlandi ha poi ricordato che chi è entrato nel regime dei minimi al 5% entro la fine del 2014, come si sa manterrà le stesse regole e non subirà quindi delle nuove norme. “Vedremo come la norma uscirà dal Parlamento – ha detto – ma quello che colgo è che c’era una serie di soggetti importanti in questo Paese che erano esclusi e che il governo ha fatto entrare“.

Il vantaggio effettivo del regime dei minimi – ha concluso Orlandi – è la semplificazione. I giovani sono in grado di fare la dichiarazione da soli, senza spese, e speriamo tra un paio di anni di poterla fare direttamente noi“. Una posizione chiara e condivisibile, che però non toglie l’amaro in bocca dai professionisti, semmai lo aumenta. Se anche la revisione del nuovo regime dei minimi deve essere un’occasione per la filosofia un tanto al chilo del “mal comune mezzo gaudio”, c’è ben poco da stare sereni.

Contro Renzi è guerra social

Chi di tweet ferisce, di tweet perisce. È una vera guerra social quella scatenata dal mondo delle libere professioni contro il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Dopo il tweet bombing lanciato ieri da Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione con l’hashtag #annullaAutogol, oggi tocca al CoLAP che ha lanciato dalle 9 alle 13 un flash mob virtuale per bloccare l’aliquota contributiva della gestione separata dell’Inps. Secondo atto della guerra social.

La legge di stabilità, con il nuovo regime dei minimi e l’assenza del blocco dell’aliquota contributiva per i professionisti con partita Iva esclusiva, ha fortemente colpito il nostro benessere sociale ed economico – dichiara Emiliana Alessandrucci Presidente del CoLAP Nazionale, lanciando la guerra social sotto il segno dell’hashtag #Matteosegnaaportavuota -; i redditi già così bassi (il reddito medio è intorno ai 15mila euro lordi annui) scenderanno sotto la soglia di sostenibilità: siamo i nuovi poveri! Crediamo che il milleproroghe possa essere l’occasione per sanare, almeno in parte, l’atto di iniquità e disattenzione compiuto nei confronti dei professionisti: confermando anche per il 2015 il blocco dell’aliquota contributiva per i professionisti iscritti alla gestione separata con partita Iva esclusiva”.

E qui scatta la guerra social: “A supporto della nostra proposta – continua Alessandrucci – abbiamo promosso un flash mob virtuale (tweet, facebook, mail) che invita Renzi, dopo l’autogoal fatto con la stabilità, a segnare bloccando l’aliquota contributiva; la mobilitazione del popolo delle professioni associative, partite Iva e non, servirà a dare voce agli inascoltati: ci siamo anche noi e vogliamo collaborare alla ripresa di questo Paese e del nostro settore!”.

Sarà il primo flash mob delle professioni – conclude Alessandrucci -, ci attendiamo un terremoto!”. E guerra social sia.