Niente Pec per le PA

Nonostante la PEC sia diventata obbligatoria, ci sono ancora molte cose da sistemare, soprattutto per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, infatti, ha appena pubblicato i dati emersi da una recente indagine, che testimoniano una scarsa competenza in materia, e anche poca propensione ad utilizzare la posta elettronica certificata.

Su un campione di 2000 intervistati, la maggioranza, corrispondente al 54%, ritiene che la PEC sia uno strumento utile in quanto consente risparmi di costi e tempo in alternativa alle notificazioni tradizionali. Un ulteriore 22%, inoltre, crede che andrebbe reso obbligatorio quale unico strumento per le notificazioni. Solo un quarto ritiene invece si tratti di uno strumento che crea ulteriore burocrazia.

Il 91% invece dichiara che siano i professionisti coloro che utilizzano di più la PEC e questo dato è confermato dal fatto che il 94% dei consulenti del lavoro ha dichiarato di averne fatto uso nell’ultimo anno ed oltre la metà di averla utilizzata oltre dieci volte.
Mentre la PEC inviata alla pubblica amministrazione non ha sortito alcuna risposta.

A preoccupare invece il giudizio del 52% del campione secondo il quale le imprese hanno attivato la PEC solo perché obbligatoria ma non la usano.
In questo caso, i motivi che inducono ad utilizzare poco la PEC si riconducono allo scarso utilizzo della pubblica amministrazione. Il 61% dei consulenti del lavoro pensa che se la PEC non viene utilizzata è perché anche la Pubblica amministrazione non ne fa uso.
Interessante anche un ulteriore 21% dei consulenti che ritiene che la causa risieda nella scarsa pubblicità dello strumento.

Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi, ha affermato: “Sono dati che non sorprendono chi conosce la realtà del Paese. Non sorprendono perché è routine quotidiana dei nostri studi assistere a questi disservizi o alle omissioni segnalate. è purtroppo lo specchio della situazione italiana dove convivono il sistema ordinistico, che produce il 15% del Pil, e la Pubblica Amministrazione, che costa il 16%. Sino ad ora l’efficienza nell’erogazione dei servizi é stata per lo più garantita dalle attività sussidiarie svolte gratuitamente dai professionisti . Ma è una situazione a cui va date celere rimedio, perchè gli studi professionali non possono esistere esclusivamente per sopperire alla carenze della pubblica amministrazione. E uno dei primi interventi potrebbe proprio essere quello di rendere effettivo l’obbligo di utilizzo della Pec, dotando in tal senso gli uffici periferici che nella stragrande maggioranza al momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un vantaggio per tutti, considerato che darebbe certezze agli utenti sempre più spesso in balia dei disservizi. Così com’é concepito al momento il nuovo obbligo appare un ulteriore inutile onere posto a carico di professionisti e imprese“.

Vera MORETTI

Comunicazioni via Pec per tutte le Commissioni tributarie italiane

La possibilità di ricorrere all’uso della posta elettronica certificata per l’invio degli atti è ora attiva in tutta Italia.
Il procedimento di avvio si è concluso e il 3 dicembre, su Gazzetta Ufficiale, è stato pubblicato il decreto che estende l’utilizzo del canale telematico anche alle ultime regioni che ancora mancavano all’appello.

D’ora in poi, dunque, potranno comunicare tramite Pec anche le Commissioni tributarie regionali e provinciali operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Lazio e Puglia e nella regione autonoma Trentino-Alto Adige.

Il provvedimento consentirà alle Commissioni tributarie di effettuare le comunicazioni alle parti processuali, relative ai dispositivi delle sentenze e agli avvisi di trattazione delle udienze, utilizzando la casella postale elettronica delle parti stesse.

Vera MORETTI

Pec obbligatoria per le imprese individuali

E’ da tre anni che le imprese, a costituzione societaria, utilizzano la Pec, posta elettronica certificata per le comunicazioni con le istituzioni e gli enti di previdenza.

Inizialmente riguardava esclusivamente le società di nuova costituzione, mentre quelle già esistenti avevano avuto più tempo per adeguarsi e dotarsi di Pec, prorogata fino al 2012.
Ad oggi, coloro che non avessero ancora adempiuto a questo obbligo, è prevista la sospensione per tre mesi della domanda di iscrizione presentata dalla società inadempiente.

Ma ora è stata introdotta una nuova scadenza e un nuovo adempimento, che deve essere osservato anche dalle imprese individuali iscritte al registro imprese a partire dal 21 ottobre 2012 ma anche per quelle che, in quella data, risultavano già iscritte.
Il tempo, per queste ultime, è più ampio, perché la regolarizzazione deve avvenire entro il 31 dicembre 2013.
La sanzione, per l’impresa che presenta la domanda di iscrizione al registro imprese senza il deposito della Pec, è la sospensione della domanda per 3 mesi, in attesa dell’integrazione della domanda con l’indirizzo di posta certificata.

Entro 6 mesi dal 20.10.2012, e quindi entro fine aprile 2013, presso il Ministero per lo sviluppo economico dovrà essere istituito il pubblico elenco nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti, chiamato INI-PEC.

L’elenco sarà realizzato a partire dagli elenchi PEC costituiti presso il registro delle imprese e gli ordini professionali, e potranno accedervi la pubblica amministrazione, i professionisti e le imprese in esso presenti.
Questo elenco avrà il pregio di favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio telematico di informazioni e documenti tra la pubblica amministrazione, le imprese e i professionisti.

Vera MORETTI

Tributaristi: proroga legislativa per la pec

Circa la proroga della scadenza dell’obbligo di dotarsi di pec da parte delle società, dandone comunicazione al Registro delle Imprese, l’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) aveva evidenziato nei mesi scorsi i problemi legati ad una proroga “interpretabile”, poiché era stata predisposta con circolare del Ministero dello Sviluppo Economico e non con una apposita norma.  Il Presidente dell’INT, Riccardo Alemanno, aveva così scritto al Ministro Corrado Passera titolare del Dicastero dello Sviluppo Economico, per sollecitare un intervento legislativo risolutore e chiarificatore sia per i contribuenti che per le CCIAA.

La cosa si è concretizzata con il Decreto semplificazioni (D.L. 5/2012) in cui è stato prorogato il termine per comunicare la pec al Registro delle imprese (nuoca scadenza (30/06/2012), intervento accolto con soddisfazione da parte dell’INT.

PEC: è obbligatorio esibirla?

di Vera MORETTI

La Posta Elettronica Certificata, la ormai conosciutissima PEC, è diventata obbligatoria per le società di persone e capitali iscritte al Registro delle Imprese. Questo, è diventato un dato di fatto.

Ma, la domanda che ora ci si chiede è: è obbligatorio pubblicare l’indirizzo della propria PEC sul sito web e sulla carta intestata aziendale? Insomma, la PEC diventa uno dei dati che, al pari del numero di partita Iva, deve essere esposto su tutte le pagine, cartacee e non, che riguardano la propria attività?

Per le persone fisiche, tale obbligo non sussisterebbe, a detta degli avvocati, mentre, per quanto riguarda il sito web aziendale, dovrebbe sempre apparire, per mantenersi in linea con gli obblighi di trasparenza da parte dell’impresa.

Lo conferma anche l’articolo 2050 del Codice Civile, che stabilisce che “le società che dispongono di uno spazio elettronico destinato alla comunicazione, collegato a una rete telematica ad accesso pubblico, sono chiamate a fornire, attraverso tale mezzo, tutte le informazioni relative alla sede sociale, al numero di iscrizione al Registro delle Imprese, al capitale sociale, all’eventuale stato di liquidazione, e all’eventuale dichiarazione di società a socio unico“.

E l’indirizzo di Posta Elettronica Certificata, che ormai è sempre più associato all’indirizzo fisico dell’azienda, fa parte di questi. E’ come se tale indirizzo avesse valore uguale e alternativo all’indirizzo della sede legale della società.

Questa tesi è sostenuta anche in base all’articolo 7 del decreto legislativo 70/2003, che prevede l’obbligo di rendere facilmente accessibile anche l’indirizzo di posta elettronica, quando ancora non si trattava di PEC.

Quindi, la risposta è sì, ogni homepage di siti web aziendali dovrebbe recare, tra gli altri dati, anche questo ma, per fare ordine, occorrerebbe l’intervento del legislatore che sancisca in modo esplicito l’obbligo di pubblicazione della PEC negli atti, nella corrispondenza e sulla pagina web del proprio sito.

Il processo telematico (o… l’uovo di Colombo)

Il 19 novembre 2011 è stato ultimato il passaggio del processo civile telematico da una vecchia piattaforma (CPECPT) alla Posta Elettronica Certificata (tutti gli avvocati avevano l’obbligo di comunicare al Consiglio dell’Ordine di appartenenza il proprio indirizzo di PEC entro il 29.11.2009 ai sensi del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185).

A decorrere da tale data i biglietti di cancelleria telematici vengono inviati direttamente all’indirizzo PEC comunicato da ogni avvocato al proprio ordine di appartenenza. Il passaggio è stato effettuato solo da alcuni Tribunali ma, allo stato, ancora molti ordini italiani, non hanno comunicato gli albi completi di indirizzo PEC.

Il termine “processo telematico” rappresenta ancora per molti operatori del settore giustizia qualche cosa di misterioso ed alieno. In realtà, non stiamo parlando di un nuovo sistema processuale ma solo della possibilità data alle parti, al giudice e alla cancelleria di formare, comunicare e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici. Il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha efficacia probatoria pari a quella della scrittura privata ai sensi dell’art.2702 del codice civile (L. 15 marzo 1997 n.59 e del D.P.R. 10 novembre 1997 n.513).

L’introduzione del processo telematico consente la creazione del fascicolo informatico, formato dalla cancelleria che provvede ad inserire gli atti e i documenti probatori inviati per via telematica dall’avvocato difensore. Evidenti e notevoli i vantaggi sotto il profilo dell’economia processuale, del risparmio sia in termini di costi di materiale, sia di spazi che di personale. Ma il risparmio si spinge bene oltre, sino a consentire agli avvocati una migliore gestione e pianificazione della propria attività di studio evitando continui spostamenti che, specie nelle grandi città, costringono i colleghi a trascorrere ore prima incolonnati nel traffico e poi giunti in tribunale ad attendere il proprio turno nelle ormai note ed interminabili file.

Costituirsi in giudizio o consultare il fascicolo d’ufficio senza più recarsi in Tribunale, con realizzazione di quel principio di economia processuale del quale spesso di disquisisce in modo astratto. Purtroppo il processo telematico non è stato preceduto da una idonea campagna informativa e di alfabetizzazione informatica che avrebbe consentito un approccio più celere all’utilizzo di strumenti informatici (ivi inclusa la riqualificazione del personale interno addetto alle cancellerie).

Già dal 18 maggio 2011 sono divenute efficaci le novità per l’informatizzazione del processo sia civile che penale, ed in particolar modo per il processo telematico, introdotte dal Decreto del Ministero della Giustizia del 21 febbraio 2011 n. 44 Si tratta di regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Come precedentemente affermato il processo telematico non incide sulla struttura del processo ma prevede la costituzione di una rete informatica tra avvocati e cancellerie, trasformando altresì l’attuale fascicolo cartaceo in un fascicolo virtuale inserito in rete, nonché la creazione di un accesso autorizzato alla rete telematica giudiziaria per ogni operatore di diritto (magistrati, avvocati, personale di cancelleria, ecc.) con diversi gradi di abilità (creazione dell’atto, trasmissione, lettura) e di un indirizzo di casella di posta elettronica certificata cui il programma potrebbe inviare gli avvisi sui depositi eseguiti nel fascicolo virtuale, segnalando altresì le eventuali scadenze per il compimento di atti processuali.

Ogni sistema può divenire efficace solo se viene culturalmente recepito. Molte delle resistenze pratiche allo sviluppo del processo informatico derivano da una scarsa campagna informativa e da un atteggiamento “ostile” delle vecchie generazioni poco avvezze all’utilizzo del sistema informatico. Basterebbe spiegare loro la semplicità sotto il profilo pratico dell’utilizzo dello strumento e degli innumerevoli vantaggi a fronte di un minimo sacrificio di alfabetizzazione informatica.

Dal 2012 è nostra intenzione organizzare una serie di incontri e convegni diretti proprio ad informare avvocati ed operatori della giustizia circa il funzionamento del processo telematico, accelerando al massimo i tempi per il passaggio dal vecchio al nuovo.

L’obiettivo finale deve essere a mio giudizio l’eliminazione totale del fascicolo cartaceo e dell’uso della carta. A chi obietta che i dati informatici sono più vulnerabili e maggiormente soggetti ad attacchi di virus informatici e ad accessi non autorizzati con violazione della privacy è agevole rispondere che, i sistemi informatici evoluti prevedono sistemi di back up e di sicurezza molto più incisivi ed efficaci rispetto ai sistemi di sicurezza e agli strumenti predisposti per impedire gli accessi fisici al personale non autorizzato all’interno dei tribunali o nelle cancellerie.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Dal 2012 una Pec per i grandi contribuenti

E’ online, sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, la sezione che consente ai “grandi contribuenti” di trasmettere il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Un passaggio necessario per i soggetti con un volume d’affari superiore ai cento milioni di euro, che potranno così fruire del nuovo canale di comunicazione a breve disponibile.

A partire dal prossimo mese di gennaio, infatti, sarà possibile scambiare informazioni con l’ufficio regionale dell’Amministrazione competente per gli accertamenti e i rimborsi, in modo semplice e diretto.

L’attivazione del canale “step by step”
La lettera
Stanno già partendo le lettere indirizzate dall’Agenzia ai rappresentanti legali delle imprese che rientrano nella categoria dei grandi contribuenti con l’invito a comunicare, entro 30 giorni dalla ricezione, l’indirizzo di posta elettronica certificata che si intende utilizzare per dialogare con le Entrate.

La Pec
Per trasmettere il proprio indirizzo Pec basterà accedere alla pagina web “Documentazione – Attività di controllo – Grandi contribuenti/tutoraggio – Canale di comunicazione dedicato: Posta elettronica certificata” del sito Internet. Al suo interno si potranno trovare le istruzioni per eseguire correttamente questo primo invio e i dettagli tecnici sul formato standard dei modelli da utilizzare per le successive comunicazioni con l’Amministrazione.

La casella dedicata
A partire da gennaio 2012, i grandi contribuenti che si saranno dotati di un indirizzo “certificato” potranno utilizzarlo per scrivere alla casella Pec dedicata, che l’Agenzia renderà disponibile per inviare e ricevere comunicazioni sulle questioni che attengono a rimborsi e accertamenti.

Dialogo e semplificazione al servizio dei contribuenti
L’attenzione alle necessità dei contribuenti, posta dall’Agenzia a fondamento della sua attività, assume particolare rilievo nei rapporti con questa categoria di “big”, segmento strategico dell’economia nazionale. Il nuovo canale di comunicazione loro dedicato ha lo scopo di agevolare e semplificare il dialogo con l’Amministrazione finanziaria. Ciò anche in considerazione del fatto che, dal 31 dicembre 2011, l’attività di “tutoraggio” (monitoraggio dei comportamenti delle imprese sulla base di approcci differenziati che tengano conto delle caratteristiche di questi soggetti) interesserà l’intera platea dei grandi contribuenti. L’iniziativa rappresenta, inoltre, un efficace strumento per ridurre il peso di adempimenti e oneri amministrativi.

Valentina Mengoli
Fonte: fiscooggi.it

Bene la Pec, male la P.a.

La Pec, in questi due anni di utilizzo, si è dimostrata uno strumento utilissimo per tutti i professionisti che ne usufruiscono, anche se, a causa di alcune carenze della P.a., rischia di estinguersi prima del tempo.

Così almeno la pensa Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e del Cup, la quale ha specificato: “Già in questi primi due anni di utilizzo della Pec da parte dei professionisti abbiamo verificato le carenze della P.a.. La prima consiste nel fatto che il professionista scrive utilizzando la Pec e la P.a., pur ricevendo regolarmente la posta certificata, non è in grado di dare le risposte richieste o di memorizzare i dati inviati. La seconda criticità è data dalla presenza di un’unica casella di posta in moltissime P.a., dove si concentrano migliaia di documenti; senza una scrematura a monte non è proprio possibile arrivare alla definizione delle pratiche“.

Per questo è stato chiesto alla P.a. di dotarsi di caselle dedicate ai professionisti, poiché senza Pec ogni tentativo di semplificazione della comunicazione risulterebbe vano.
La soluzione va trovata al più presto, soprattutto in vista dell’avvento di 2 milioni di società che stanno per entrare nel circuito e dialogare con 25.000 caselle Pec di amministrazioni pubbliche e locali. Senza un rimedio concreto l’accesso ai canali sarà problematico.

Vera Moretti

PEC: scadenza rinviata a fine anno

La scadenza del 29 novembre per la comunicazione dell’indirizzo di Posta Elettronica Certificata ha colto molte imprese impreparate, tanto che il Ministero dello Sviluppo Economico, nella circolare n. 224402 del 25 novembre scorso, ha invitato le Camere di Commercio a non applicare sanzioni a chi avrebbe provveduto alla comunicazione della PEC dopo tale data.

Il problema pare sia stata l’impossibilità, da parte dei gestori, di accontentare la grande quantità di richieste entro il termine previsto perciò, se si riuscirà a provvedere a tal proposito entro la fine dell’anno, non si andrà incontro a multe o sovratasse.

Quello, dunque, che inizialmente avrebbe dovuto essere un obbligo, ovvero il pagamento di una sanzione pecuniaria prevista dall’art. 2630 del codice civile per l’“omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi”, ora è stato annullato.
Tale sanzione amministrativa, dopo le recenti modifiche apportate dallo Statuto delle imprese (Legge n. 180/2011, art. 9, comma 5) che ne ha dimezzato l’importo, va da € 103 a € 1.032 o, in caso di regolarizzazione del mancato adempimento entro i 30 giorni successivi (29 dicembre), va da € 34 a € 344 (1/3 della sanzione ordinaria) ma non sarà applicata per evitare inutili contenziosi a carico dell’Amministrazione.

In sostituzione è stata emanata una nuova circolare indirizzata alle Camere di Commercio, la circolare n. 224402 del 25 novembre 2011, in cui si afferma l’ “opportunità” di non applicare le sanzioni previste alle imprese che non attiveranno un indirizzo PEC entro la scadenza del 29 novembre, almeno in questa prima fase di applicazione “e, comunque, ragionevolmente, almeno fino all’inizio del nuovo anno”.

Il Ministero suggerisce, quindi, alle Camere di Commercio di ritenere come “corretto adempimento” anche quello tardivo effettuato entro la data del 31 dicembre 2011.

La generalizzata e transitoria situazione di difficoltà, infatti, determina “l’impossibilità di individuare, in capo ai soggetti tenuti all’adempimento in parola, l’elemento soggettivo (dolo o colpa) che, ai sensi dell’art. 3 della legge 689/81, è presupposto necessario per l’assoggettamento alla sanzione amministrativa”.

Perciò, anche se non si tratta di una vera e propria proroga, le assomiglia molto.

Vera Moretti

Pec: come comportarsi in caso di società fallita

Ormai tutte le società devono avere un indirizzo di posta elettronica certificata che, entro il 29 novembre, deve essere comunicata al Registro delle Imprese.

Tale obbligo deriva dalle previsioni di cui all’art. 16, comma 6, del D.L. n. 185/2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 2 /2009, rubricato “Riduzione dei costi amministrativi” secondo cui: “Le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse, garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto tutte le imprese, già costituite in forma societaria alla medesima data di entrata in vigore, comunicano al registro delle imprese l’indirizzo di posta elettronica certificata. L’iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria”.

Ma se si tratta di società dichiarate fallite, come ci si deve comportare? Ecco alcuni punti fondamentali da osservare in questi casi:

– il fallimento non viene più annoverato tra le cause di scioglimento della società di capitali (cfr. art. 2484 c.c.). Ai sensi dell’art. 118 l.f., il curatore chiede la cancellazione della società dal registro delle imprese al verificarsi di integrale ripartizione finale dell’attivo o di insufficienza dell’attivo tale che non siano soddisfatti, neppure in parte, i creditori;

– la società esiste fino a quando il curatore non ne chieda la cancellazione dal Registro delle imprese e, con essa, continuano ad esistere i suoi organi. Le funzioni di questi ultimi sono penalizzate dalle limitazioni dovute essenzialmente alle esigenze delle procedura. Gli amministratori conservano intatti i loro poteri direttamente correlati alla gestione dei rapporti che sono esclusi dallo spossessamento (cfr. art. 2499 c.c. relativamente alla trasformazione di società in pendenza di procedura concorsuale);

– gli amministratori restano in carica e mantengono la rappresentanza legale della società. Tale principio si evince da vari indici normativi ( cfr., ad es., artt. 48, 49, 87 e 146 l.f.) dove il ruolo e la presenza dell’organo di amministrazione è evidenziato anche in costanza di fallimento. Inoltre, come specifica l’art. 152 l.f., la proposta di concordato è sottoscritta da coloro che hanno la rappresentanza legale della società (oltre ad essere deliberata dagli amministratori nelle società di capitali e nelle società cooperative).

Pertanto, è il legale rappresentante della società, e non il curatore, che deve procedere alla comunicazione dell’indirizzo Pec della società dichiarata fallita al Registro delle imprese.
Se però è il curatore a provvedere alla comunicazione dell’indirizzo Pec al Registro delle imprese va in ogni caso precisato che:

– è priva di fondatezza l’opinione per cui dalla summenzionata previsione di cui all’art. 48, ult. comma, l.f. discenda per il curatore un obbligo di attivazione per la comunicazione della Pec. Il curatore, infatti, è obbligato a ricevere la corrispondenza consegnatagli dalla società, non a comunicare anche l’indirizzo Pec;

– che trattandosi di mera comunicazione, egli agisce, senza dubbio, quale semplice trasmettitore delle intenzioni dell’ente, vale a dire come tramite del legale rappresentante con applicazione delle relative disposizioni in punto di responsabilità (cfr. art. 1433 c.c.).

Vera Moretti