Pensione di reversibilità, chi deve ricevere il rimborso?

Buone notizie per i pensionati che ricevono l’assegno di reversibilità, o pensione superstiti, del coniuge deceduto. Arriva il ricalcolo delle somme dovute e non ancora versate dall’Inps. Dopo la storica sentenza del 2022 che sancisce l’incostituzionalità dei tagli, cambia tutto.

Reversibilità, ai pensionati spettano maggiori somme

La legge 335 del 1995, comma 41 dell’articolo 1, riforma Dini, prevede un limite alla cumulabilità tra i propri redditi e i redditi derivanti dalla pensione di reversibilità o pensione superstiti. Il taglio prevede:

  • chi percepisce una pensione o reddito da lavoro superiore a 3 volte l’assegno minimo riceve il 75% della pensione del coniuge deceduto;
  • percipienti il quadruplo dell’assegno minimo ottiene il 60%;
  • chi percepisce fino a 5 volte l’assegno minimo, ottiene il 50% della pensione di reversibilità.

L’erede non ha diritto a ottenere le ulteriori somme che sono quindi perse.

Questo meccanismo è stato però ritenuto illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza 162 del 2022 in quanto viola il principio di ragionevolezza previsto dall’articolo 3 comma 2 della Costituzione.

Il divieto di taglio delle pensioni non è però assoluto, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui, in caso di cumulo tra pensione ai superstiti e redditi, «non prevede che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere di misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi».

Come sarà calcolata la pensione e gli arretrati?

Con la circolare 108 del 2023 l’Inps si adegua a tali principi e sottolinea che “l’Istituto procederà al riesame d’ufficio dei trattamenti pensionistici interessati, laddove l’importo delle trattenute abbia superato l’ammontare dei redditi aggiuntivi annuali di riferimento, riconoscendo il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al citato articolo 1, comma 41, con la pensione ai superstiti nel limite della concorrenza dei relativi redditi.

Sottolinea che ai pensionati saranno corrisposte le maggiori somme comprensive di arretrati, interessi legali e/o rivalutazione monetaria nei limiti della prescrizione quinquennale, da calcolarsi a ritroso dalla data di riliquidazione del trattamento, fermi restando gli effetti di eventuali atti interruttivi della prescrizione. Naturalmente per ogni anno si deve fare riferimento all’importo previsto per l’assegno sociale per l’anno stesso.

Leggi anche: Assegno sociale 2024, importi, requisiti e limiti

Pensione di reversibilità e divorzio: quando ne ha diritto l’ex coniuge?

La pensione di reversibilità è anche conosciuta come pensione indiretta e pensione superstiti e si riconosce il diritto a percepirla solo a determinate categorie di “parenti stretti”, tra queste vi è il coniuge. Tra le novità introdotte da poco su pensione di reversibilità e divorzio vi è il riconoscimento del diritto a percepirla anche per il coniuge divorziato con addebito.

Pensione di reversibilità e divorzio

Quando una persona ha maturato i requisiti minimi per il pensionamento e perde la vita, ai parenti può spettare la pensione superstiti o di reversibilità. Il coniuge, anche se legalmente separato, ha diritto al 60% della pensione se è solo, 80% se ha un figlio e al 100% della pensione che avrebbe percepito il marito in presenza di due o più figli minori.

Ricordiamo che la separazione non fa venire meno gli effetti civili del matrimonio, ma semplicemente autorizza i coniugi a vivere separati. Al termine del periodo di separazione possono decidere se procedere o meno alla richiesta di divorzio. Proprio per questo non vi è alcun dubbio che il coniuge legalmente separato possa beneficiare della pensione di reversibilità, ma cosa capita in caso di divorzio? Particolarmente complicata potrebbe essere la situazione in presenza di diversi ex coniuge e concorrenza con il coniuge/vedovo.

Cosa succede però se i coniugi sono diversi, cioè se vi è più di un ex coniuge? In Italia la pensione di reversibilità spetta anche all’ex coniuge. Fino a pochi mesi fa il riconoscimento aveva luogo solo nel caso in cui era titolare di un assegno periodico divorzile. Questo vuol dire che l’ex coniuge che aveva preferito la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile non aveva diritto a una quota della pensione di reversibilità. La stessa non spettava neanche all’ex coniuge che non aveva ottenuto l’assegno divorzile in quanto ha avuto l’addebito della separazione.

La circolare 19 del 2022 riconosce la pensione di reversibilità all’ex coniuge indipendentemente dal titolo della separazione

Tutto cambia con la circolare 19 del 2022 dell’INPS, questa infatti ha provveduto a rendere noti alcuni chiarimenti adeguandosi, tra l’altro, ad alcune sentenze della Corte di Cassazione.

La premessa della circolare ripercorre la disciplina.

La prima norma da ricordare è l’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 che riconosce il diritto a percepire la pensione superstiti per il coniuge che sopravvive, ma, sottolinea l’INPS, non prevede che per poterla percepire sia necessario il presupposto della vivenza a carico.

Segue la circolare 185 del 2015 dell’INPS in cui si sottolinea che la pensione superstiti spetta anche al coniuge che ha avuto l’addebito della separazione, se titolare di assegno alimentare.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione è andata però in diversa direzione riconoscendo il diritto alla pensione di reversibilità all’ex coniuge indipendentemente dal fatto che la separazione fosse o meno con addebito e che la parte fosse o meno titolare di un assegno divorzile. Proprio in ragione di ciò l’INPS ha emanato la circolare 19 del 2022 dove viene appunto riconosciuto il diritto ad ottenere la pensione di reversibilità per il coniuge o ex coniuge anche se non era titolare di assegno di divorzio o di assegno alimentare.

Come si determina l’ammontare?

Ciò che resta difficile è invece determinare il quantum, soprattutto nel caso in cui ci sia concorrenza tra più coniugi. In genere il coniuge vedovo riceve una percentuale maggiore, ma per determinare l’ammontare devono essere considerati diversi fattori, ad esempio la durata del matrimonio. Non esistono però criteri fissi di riferimento, ecco perché nel caso in cui si ritenga che la determinazione fatta dall’INPS sia contraria ai propri interessi, è possibile proporre ricorso.

Per capire a chi viene riconosciuta la pensione di reversibilità, o superstiti, c’è l’approfondimento: Pensione superstiti, o di reversibilità: a chi spetta e a quanto ammonta

Pensione di reversibilità: l’INPS la riconosce al separato con addebito

Novità per i coniugi separati: la pensione di reversibilità o superstiti spetta indipendentemente dal titolo della separazione (con addebito o senza addebito) e dalla corresponsione dell’assegno alimentare.

L’INPS cambia orientamento: la pensione superstiti spetta al coniuge separato con addebito

L’INPS con la Circolare 19 del 1° febbraio 2022 ha chiarito alcune disposizioni. L’INPS riprende la circolare 185 del 2015 in cui aveva specificato che la pensione di reversibilità era di spettanza del coniuge separato nel caso in cui, nonostante l’addebito della separazione, aveva ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno alimentare. Questa disposizione però di fatto era stata superata dalla giurisprudenza. La Corte Costituzionale con la sentenza 286 del 1987 ha infatti stabilito che la pensione di reversibilità spetta al coniuge separato indipendentemente dal titolo della separazione.

Di conseguenza trova applicazione l’articolo 22 della legge n. 903 del 1965 che non richiede l’assenza dell’addebito per riconoscere il diritto alla pensione superstiti.

Pensione di reversibilità al coniuge separato con addebito: le posizioni pendenti e già definite

L’INPS nella circolare chiarisce anche cosa succede con i rapporti pendenti. Per le domande presentate successivamente alla circolare devono essere applicate le nuove disposizioni. Per i rapporti pendenti, quindi per le richieste inoltrate e non ancora definite, si applicano ugualmente i nuovi criteri.

Nella circolare l’INPS sottolinea anche che è necessario riesaminare le domande respinte alla luce dei nuovi orientamenti. Vi sono però condizioni e limiti per fare ciò. In primo luogo è necessaria una nuova istanza da parte del coniuge separato la cui domanda per la pensione superstiti sia stata oggetto di rigetto. Inoltre, affinché si possa presentare la domanda e questa possa ottenere l’accoglimento, è necessario che non sia presente una sentenza passata in giudicato.

In caso di giudizi in corso, in primo grado o in appello, le strutture territoriali dell’INPS dovranno accogliere le istanze nei limiti della prescrizione quinquennale. Per i ricorsi amministrativi, dove possibile, le sedi territoriali INPS dovranno agire in autotutela.

Cosa succede se altri soggetti godono della pensione di reversibilità?

Può capitare che in assenza di coniuge altri soggetti abbiano ottenuto il riconoscimento della pensione di reversibilità, ad esempio i figli. Cosa succede in questi casi? L’INPS nella circolare 19 del 2022 chiarisce che in questo caso si rende necessaria la ricostituzione o la revoca della pensione già liquidata con effetto dalla decorrenza originaria, cioè dalla morte del soggetto titolare del diritto alla pensione.

Emerge da questa disamina che l’obiettivo dell’INPS è evitare/ ridurre il contenzioso in tale materia. Si adegua così all’interpretazione giurisprudenziale prevalente. Inoltre vita che possano esservi trattamenti diversi in situazioni analoghe, dovute alla mancata presentazione di ricorsi oppure da interpretazioni diverse operate dai vari giudici.

Naturalmente la questione si tratta in modo diverso in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero se i coniugi hanno perfezionato il divorzio. Occorre anche ricordare che non sempre ritornare a convivere interrompe la separazione.

Inoltre anche il TFR deve essere diviso con il coniuuge sebbene divorziato o separato. Per sapere come viene calcolato, leggi l’articolo: TFR e divorzio: quando l’ex coniuge ha diritto a una quota

Pensione superstiti, o di reversibilità: a chi spetta e a quanto ammonta

La pensione superstiti, o reversibilità, è una quota di pensione che viene riconosciuta ai “superstiti” cioè ai parenti del defunto, ci sono però delle condizioni affinché si possa ottenere questo assegno e soprattutto può goderne anche l’ex coniuge. Vediamo la casistica.

Requisiti per la pensioni superstiti

La pensione superstiti, o di reversibilità, viene riconosciuta ai parenti del defunto (coniuge, ex coniuge, parte dell’unione civile, figli, in alcuni casi anche i genitori e i fratelli/sorelle), si tratta di una quota del trattamento pensionistico INPS maturata dal defunto e versata per principio solidaristico ad alcuni parenti. Viene riconosciuto sia nel caso in cui il defunto era già titolare del trattamento pensionistico, sia nel caso in cui ancora non era “pensionato”. L’ammontare dell’assegno di reversibilità dipende da numerose varianti, in primo luogo dai contributi effettivamente versati e quindi dal trattamento pensionistico effettivamente maturato, in secondo luogo dipende dal numero dei superstiti che hanno diritto a percepire l’assegno stesso.

Affinché maturi il diritto a percepire la pensione superstiti o di reversibilità devono verificarsi delle condizioni:

  • il defunto deve aver versato all’INPS almeno 15 anni di contributi o, nel caso di lavoratore autonomo iscritto all’INPS, 780 contributi settimanali;
  • in alternativa, deve aver versato almeno 5 anni di contributi nel periodo immediatamente precedente la morte o 260 contributi settimanali per i lavoratori autonomi.

In presenza di tali requisiti i parenti hanno diritto alla loro quota di reversibilità, ma vediamo chi sono costoro.

A quanto ammonta la quota della pensione superstiti?

La quota di reversibilità è:

  •  del 60% del trattamento a cui avrebbe diritto il de cuius nel caso in cui a beneficiarne sia solo il coniuge;
  • dell’80% nel caso in cui con il coniuge concorra un figlio;
  • 100% nel caso in cui i beneficiari siano il coniuge e almeno 2 figli.
  • 15% per ogni altro familiare diverso dal coniuge o dai figli (ad esempio i genitori, fratelli e sorelle) vedremo in seguito quando tali soggetti possono ottenere la reversibilità o pensione superstiti).

Per quanto riguarda i figli si tratta di: legittimi, naturali, adottati, affiliati, in corso di riconoscimento al momento della morte, figli non riconosciuti ma che percepivano il mantenimento in vita.

Quando i figli maggiorenni possono percepire la pensione superstiti?

I figli maggiorenni possono percepire la quota di pensione superstiti solo in limitati casi:

  • fino a 21 anni per coloro che frequentano la scuola media superiore di 2° grado;
  • fino a 26 anni nel caso in cui frequentino l’università;
  • senza limiti d’età nel caso in cui si tratti di figli inabili.

Quando i genitori e i fratelli/sorelle possono percepire la quota di reversibilità?

La quota di pensione superstiti può essere riscossa da genitori e fratelli e sorelle, in primo luogo solo nel caso in cui non ci sia concorrenza con coniugi, ex coniugi.

I genitori possono percepire tale assegno solo se hanno superato 65 anni di età, non sono titolari di un trattamento pensionistico e alla morte del figlio erano fiscalmente a suo carico.

Fratelli e sorelle possono percepire la pensione superstiti nel caso in cui non vi siano coniugi e figli, siano celibi/nubili e al momento della morte siano a carico del defunto.

Infine, possono ottenere la pensione di reversibilità anche i nipoti, ma devono essere a carico del defunto al momento del trapasso.

Per ottenere la pensione di reversibilità superstiti occorre presentare online la domanda all’INPS, è possibile inoltre avvalersi dell’assistenza di patronati e CAF.

La quota di pensione di reversibilità per l’ex coniuge

Una questione difficile da dirimere è quella inerente l’ex coniuge, infatti la legge è chiara nell’ammettere che anche costui abbia diritto ad avere una quota di pensione di reversibilità, ma solo nel caso in cui fosse titolare di un assegno di mantenimento, mentre se tale diritto non gli è stato riconosciuto, ad esempio perché gli è stata addebitata la separazione, oppure nel caso in cui avesse una situazione economica parallela o migliore rispetto al defunto o, infine, perché aveva preferito un assegno una tantum, non ha diritto all’assegno di reversibilità o pensione superstiti. Il coniuge divorziato per poter accedere alla quota di reversibilità non deve essere passato a nuove nozze. Ciò che invece non è chiaro è a quanto ammonta la quota di reversibilità se ci sono in concorso coniuge superstite ed ex coniuge?

La giurisprudenza in caso di concorrenza tra coniuge superstite ed ex coniuge

La Corte di Cassazione sul punto ha fatto una ricognizione degli elementi da valutare al fine di ripartire la quota di reversibilità con l’ordinanza 8263 del 2020. In questa ha stabilito che, tenendo in considerazione la legge 898 del 1973 che regola il divorzio e in particolare gli articoli 9 e 5, per ripartire le quote della reversibilità tra più coniugi è necessario tenere in considerazione:

  • la durata del rapporto di coniugio;
  • le condizioni dei coniugi;
  • entità dell’assegno di mantenimento di cui era titolare l’ex coniuge;
  • durata delle convivenze pre-matrimoniali ( già tenuta in considerazione dalla Corte di Cassazione nella sentenza 5268 del 26 febbraio 2020). Deve però essere precisato che la sentenza della Suprema Corte 26358/2011 precisa che deve trattarsi di convivenza stabile ed effettiva);
  • la differenza di età tra il coniuge superstite e il coniuge divorziato in quanto questa incide anche sulla capacità lavorativa delle parti;
  • il contributo personale dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare ( in particolare deve essere tenuto in considerazione quanto ciascun coniuge abbia contribuito alla crescita del patrimonio familiare).

Corte di Cassazione: è importante evitare paradossi

Secondo la Corte di Cassazione nel determinare la quota di reversibilità per l’ex coniuge si deve evitare di cadere nel paradosso e cioè riconoscere una quota che sia del tutto inadeguata a sopperire alle più elementari esigenze di vita, inoltre si deve evitare che la quota di pensione superstiti sia sproporzionata rispetto all’assegno di mantenimento di cui godeva in precedenza. La Corte inoltre ribadisce che deve essere data rilevanza anche alla convivenza more uxorio verificatasi, nella controversia oggetto di sentenza, dopo la separazione dall’ex coniuge, ma prima che fosse pronunciata la sentenza di divorzio e questo perché in tale frangente temporale si era già manifestata la volontà del defunto di sostenere economicamente la persona che poi sarebbe diventata coniuge. La convivenza prematrimoniale secondo l’orientamento della Corte di Cassazione ha la funzione di correttivo nel determinare in modo adeguato le spettanze del coniuge e dell’ex coniuge.