Il canone Rai a rate

Il pagamento del canone Rai può essere, per chi ha un reddito molto basso, un onere difficile da sostenere.
Per questo, gli abbonati Rai con reddito annuo da pensione, previdenziale o assistenziale, non superiore ai 18mila euro, hanno la possibilità di dilazionare il pagamento del canone con più rate mensili.

Per usufruire di questa opportunità, gli interessati devono ricordarsi di chiedere, entro il prossimo 15 novembre, al proprio ente pensionistico, in qualità di sostituto d’imposta, di scalare, mese per mese, da gennaio a novembre, la quota che consentirà di ripartire, nell’arco degli undici mesi, la somma complessivamente dovuta.

Questa possibilità è stata introdotta con il Dl 78/2010 a partire dall’anno 2011. La scadenza della prossima settimana, quindi, rappresenta, in assoluto, il secondo appuntamento utile per questo tipo di agevolazione, riservata a determinate categorie di utenti.
Le modalità applicative della misura sono state definite con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010, che deve essere rinnovata anno per anno.

Chi percepisce più pensioni, e complessivamente non raggiunge i 18mila euro annui, può decidere a quale ente fare richiesta per ottenere la rateazione, a patto che l’importo erogato da quell’istituto consenta di recuperare l’intero canone.
Per chi ha già usufruito della rateazione, il limite deve essere verificato con riferimento all’anno precedente a quello della richiesta, mentre per i neopensionati il conto si fa rapportando ad anno la mensilità percepita al momento della presentazione dell’istanza.
In caso di cessazione dell’erogazione della pensione, sarà l’ente previdenziale a comunicare all’utente, o agli eredi, il numero di rate già versate e l’ammontare del residuo ancora dovuto. L’Agenzia delle Entrate, da parte sua, comunicherà le modalità di pagamento.
La stessa modalità va seguita nel caso in cui le ritenute mensili non risultano sufficienti a coprire l’intero canone.

L’istituto previdenziale, verificata la posizione del suo assistito, dovrà fargli sapere, entro il 15 gennaio, se è in regola con i requisiti e se la sua domanda di rateazione è stata accolta: la prima quota sarà detratta a partire da gennaio. L’ente certificherà poi, con il Cud, che il canone è stato pagato.
Sarà poi l’istituto stesso a comunicare all’Agenzia delle Entrate i nominativi di coloro i quali beneficeranno della rateazione, entro il 20 gennaio. Inoltre, ogni due mesi dovranno essere trasmessi telematicamente i dati degli abbonati per i quali è cessata la ritenuta, l’importo pagato, quello residuo e i motivi della cessazione. La prima scadenza è entro febbraio. Entro dicembre, infine, dovranno essere resi noti i dati di coloro per i quali sono state effettuate trattenute pari all’intero canone.

Il pensionato che vuole chiedere all’Inpdap di pagare il canone a rate, deve collegarsi sul sito internet dell’Istituto e scaricare il modello, compilarlo e presentarlo direttamente a un ufficio dell’ente oppure trasmetterlo, a scelta, on line, via fax o per posta, insieme alla copia di un documento di riconoscimento. Con la presentazione allo sportello, l’operatore che accetta la domanda può consegnare in tempo reale all’assistito la notifica di accoglimento o rifiuto della richiesta.

Medesimo procedimento per i pensionati Inps, con punto di partenza il sito dell’Istituto previdenziale. Per accedere alla sezione riservata ai servizi telematici occorre il Pin, che, quindi va richiesto. Una volta ottenuto, si procede nella stessa maniera.

Vera Moretti

La domanda di pensione sbarca online

Messi da parte gli inconvenienti da crash informatico che hanno colpito il sito dell‘Istat, adesso anche l‘INPS ha deciso di offrire ai suoi ‘dipendenti’ la possibilità di compilare online le domande di pensione. A decorrere dallo scorso 30 settembre, è attiva sul sito dell’inps la modalità di presentazione telematica in via esclusiva delle domande di pensione e delle principali prestazioni previdenziali ed assistenziali.

Per chi ancora deve familiarizzare con l’etere, è previsto un periodo di transizione, durante il quale domande e prestazioni potranno ancora essere richieste secondo le modalità tradizionali. Tale termine scadrà il prossimo 31 gennaio 2012. Questo significa che dal 1 febbraio 2012 le domande di pensione dovranno essere presentate esclusivamente per via telematica.

La circolare n. 131 del 10 ottobre 2011 elenca le domande per le quali è stata attivata la modalità di presentazione telematica:

  • ricostituzioni supplementi assegni familiari
  • ricostituzioni documentali
  • ricostituzioni contributive
  • ricostituzioni reddituali
  • pensioni di anzianità e vecchiaia
  • assegni sociali, pensioni/assegni di invalidità e inabilità, ad esclusione di quelli di invalidità civile, cecità civile, sordità civile poichè già telematizzati
  • pensioni ai superstiti
  • pensioni di reversibilità

Alessia Casiraghi

Buone notizie sulle pensioni

Che le pensioni fossero diventate un miraggio sempre più lontano ed irraggiungibile, già si sapeva ma qualcosa di buono, in quello che sembrava un panorama del tutto negativo, a quanto pare c’è.

E’ proprio l’allungamento dell’età minima delle pensioni che rende l’importo della pensione stessa non così basso: potrà essere pari al 70% dell’ultimo stipendio per un lavoratore dipendente e del 57% per un parasubordinato.

Questa stima deriva dal metodo di calcolo contributivo che si applica a chiunque abbia cominciato a lavorare dopo il 1995: più anni di contributi si versano, più tardi si va in pensione, e più si prende.
Il calcolo presunto era sempre stato fatto considerando i parametri precedenti: 58-60 anni per la pensione di anzianità (con 35 anni di contributi) e 65 per quella di vecchiaia (60 per le donne). Ma per chi comincia a lavorare oggi, le cifre sono molto diverse.

Un giovane che si sta avviando al lavoro andrà in pensione nel 2046, a 65 anni e 3 mesi, ma solo se avrà i 35 anni di contributi. Altrimenti l’attesa si prolungherà fino a 69 anni e 3 mesi, per la vecchiaia. Dunque, ciò significa che anche chi smetterà di lavorare a quell’età avrà versato contributi per 35 anni.

E’ questo il calcolo che ha fatto Stefano Patriarca, responsabile dell’area pensioni dell’ufficio studi dell’Inps in un rapporto che verrà presentato oggi alla Scuola superiore di economia e finanze Ezio Vanoni.

Patriarca conosce a fondo il metodo di calcolo contributivo, poiché è stato uno dei fautori dello stesso, in qualità di membro della commissione tecnica che preparò la riforma Dini-Treu del 1995.
Quindi proprio lui, rifacendo i calcoli alla luce delle ultime novità legislative, ha scoperto che la situazione previdenziale dei giovani è meno peggio di quanto si immaginava.

Lo stesso Patriarca commenta così i risultati della sua ricerca: “Non è tanto ma non è neppure il 30% di cui si parlava prima. Semmai il problema è che se la retribuzione è bassa allora la pensione potrebbe non essere sufficiente, ma questo riguarda il mercato del lavoro e non il sistema previdenziale, perché non si possono avere pensioni ricche se le retribuzioni sono povere“.
In ogni caso, aggiunge, l’ipotesi di un precario a vita riguarda una ristretta minoranza. Già simulando la pensione di un lavoratore discontinuo (10 anni in nero, 6 da parasubordinato e 22 di lavoro dipendente), si arriverebbe a un assegno pari al 59% dell’ultima retribuzione.

Occorre puntualizzare che lo studio si basa su tassi di copertura al netto delle tasse e non al lordo, come si fa di solito, e poiché sulle pensioni non si pagano i contributi e si versano meno imposte che sulla retribuzione, ecco che il tasso di copertura se ne giova.

Inoltre, bisogna considerare il Tfr che aumenterebbe il tasso di copertura di 13 punti, in caso di carriera contributiva piena. Ciò significa che i fondi pensione integrativi non sarebbero così indispensabili per assicurare ai giovani una pensione, e quindi una vecchiaia, dignitosa. Piuttosto, sarebbero consigliati per i mercati di lavoro più deboli, che non potrebbero neppure fare affidamento sugli accantonamenti per la liquidazione, i Tfr appunto.

Conclude Patriarca: “La vera emergenza non è rappresentata dalle pensioni di un generico universo giovanile, ma dalle condizioni di lavoro di aree ben definite ma drammatiche, a partire dal lavoro nero e dalle nuove partite Iva. È qui che bisogna intervenire. Quanto al resto, bisogna dire una volte per tutte che il vecchio mix anzianità-sistema retributivo, che ancora si applica alla stragrande maggioranza dei nuovi pensionati, chi nel ’95 aveva meno di 18 anni di servizio, è insensato“.

Vera Moretti

INT: Convegno Nazionale sul sistema Italia

Si danno appuntamento a Roma i tributaristi dell’INT – Istituto Nazionale Tributaristi in occasione del XV Convegno Nazionale sul tema: ‘Sistema Italia, cambiamento necessario‘. Il convegno si svolgerà martedì 11 ottobre salle ore 10.00 alle 15.30 presso la Sala Capranichetta di Piazza Montecitorio.

Fra i relatori il Consigliere INT Giuseppe Zambon e alcuni esponenti parlamentari come l’Onorevole Giuliano Cazzola ed il Senatore Enrico Morando. Saranno presenti anche il Presidente dell’INT Riccardo Alemanno e il giornalista Franco Stefanoni del settimanale ‘Il Mondo’, oltre ad altri rappresentanti del mondo istituzionale e professionale. Dopo il convegno è prevista l’Assemblea dei Delegati provinciali INT del centro-sud.

Sempre a Roma, lunedì 10 ottobre si svolgerà il Consiglio nazionale dell’Istituto Nazionale Tributaristi, presso l’ufficio di rappresentanza di Via Sistina, per discutere le tematiche professionali e analizzare i nuovi scenari aperti dalla riforma delle professioni.

Un momento per fare il punto su una situazione sempre più precaria per il nostro Paese” ci tiene a sottolineare il Presidente Alemanno “daremo indicazioni ai rappresentanti del Parlamento circa le priorità che riteniamo inderogabili e non più rinviabili per l’Italia: fisco, pensioni, burocrazia, spesa pubblica, professioni e giovani. Indicazioni che abbiamo già fornito nell’ambito dei Tavoli di confronto sulla riforma fiscale e che ribadiamo in ogni occasione pubblica di dibattito.”

E a proposito degli obiettivi futuri da perseguire, Alemanno precisa: “Serve determinazione, serietà e buon senso e soprattutto bisogna evitare che le richieste egoistiche e corporative dei conservatori, refrattari al cambiamento ed alla modernizzazione, abbiamo il sopravvento sulle riforme che invece servono urgentemente al Paese“.

Alessia Casiraghi

Manovra economica: i punti salienti

Queste sono ore determinanti per l’Italia che, in attesa di risollevarsi dalla crisi economica, ha atteso i risultati della manovra finanziaria da parte del governo.

Vi riassumiamo le conclusioni emerse:

L’aumento dell’Iva è stato scongiurato, almeno per ora, e il lavoro maggiore sarà quello di contrastare gli evasori fiscali e chi, per pagare meno tasse, cercherà di appoggiarsi a società di comodo. Previsto anche un taglio dell’Ires pari a 350 milioni di Euro.

Per quanto riguarda le pensioni, punto dolente di questo accordo PdL-Lega, è previsto un “ritocco” nel 2013 e gli anni del servizio di leva e di laurea non potranno essere conteggiati per accedere alle pensioni di anzianità, ma solo per il calcolo della pensione.

L’iter per il taglio dei parlamentari sarà lungo ed articolato, perché farà parte di una vera e propria riforma costituzionale, mentre non c’è traccia, in questa manovra, di tagli economici ai ministri e al rimborso dei parlamentari.

Il contributo di solidarietà toccherà solo a parlamentari e calciatori, per i quali è stato raddoppiato, mentre non riguarderà tutti coloro che hanno un reddito superiore a 90 mila Euro.

Taglio netto per le province al di sotto dei 300 mila abitanti, che porterà ad un risparmio di 10 miliardi. D’ora in poi saranno coordinate direttamente dalle regioni di appartenenza. Ciò potrebbe rappresentare un primo passo verso l’intenzione, per ora remota, di eliminare tutte le province e delegare le competenze alle regioni, non solo per il risparmio economico notevole ma anche per dare maggior responsabilità, oltre che alle regioni, ai comuni.
Per quanto riguarda i comuni, invece, nessun taglio li colpirà, anche se i più piccoli verranno sfavoriti dalla distribuzione dei “tesoretti”.
I fondi erogati agli enti locali sono diminuiti dai 9 miliardi precedenti ai 4,5 attuali.

L’argomento festività, che aveva suscitato scalpore sui quotidiani questa estate, non è stato affrontato, forse per il desiderio di difendere l’industria del turismo, importante per il territorio italiano e che, con l’abolizione dei “ponti”, ne risentirebbe pesantemente.

Novità anche per gli immigrati, soprattutto per chi non ha un contratto di lavoro regolare o una posizione Inps: in questi casi la tassa per la spedizione all’estero dei soldi guadagnati in Italia aumenterà.

Tributaristi: non serve un nuovo ordine

Infoiva pubblica in esclusiva un articolo tratto dal numero di giugno del “Giornale delle partite Iva”, il mensile diretto da Francesco Bogliari, pubblicato da Cigra, distribuito da Mondadori e rivolto al vasto pubblico dei professionisti autonomi.

Bisogna perseguire il riconoscimento delle associazioni professionali. E affrontare il problema chiave delle pensioni. Parla Riccardo Alemanno, presidente di Int

di ROSAMARIA SARNO

“Il tributarista è un professionista la cui attività di lavoro autonomo non prevede l’obbligo di iscrizione a Ordini professionali. Opera con codice di attività Iva 692013, è intermediario fiscale autorizzato ai sensi del D.P.R. n. 322 del 22/07/98 e successivi decreti ministeriali, può svolgere quelle attività del settore contabile-tributario non soggette a riserva a favore di altre categorie professionali; come gli altri professionisti del settore economico è soggetto agli obblighi relativi all’antiriciclaggio D. Lgs. n. 56/2004; essendo professionista privo di Cassa di previdenza privata è obbligato al versamento dei contributi previdenziali nel Fondo di Gestione separata dell’Inps ai sensi della legge 335/95.

Inoltre i tributaristi, se iscritti nei Ruoli dei periti e degli esperti in tributi, possono svolgere attività loro demandate per legge contestualmente ad altre categorie, quali l’assistenza e rappresentanza avanti le Commissioni tributarie e l’apposizione del visto di conformità”. Così Riccardo Alemanno, presidente dell’Int, l’Istituto nazionale tributaristi, una delle principali associazioni professionali di settore, illustra il ruolo e le competenze di questo professionista. Per esercitare la professione sono richieste formazione e competenze adeguate. “Bisogna distinguere se il tributarista è iscritto o meno a un’associazione di rappresentanza professionale come ad esempio l’Int”, spiega Alemanno. “Infatti, per chiarezza e correttezza, va evidenziato che per svolgere tale attività non è necessario essere iscritti a  un’associazione. Ovviamente i tributaristi iscritti a un’associazione devono sottostare a regole e obblighi che danno una maggiore garanzia all’utenza”.

I tributaristi iscritti all’Int tra i vari obblighi e regole devono:

• avere svolto un periodo di pratica e/o attività nel settore tra i tre e cinque anni, a seconda del titolo di studio;

• essere abilitati alla funzione di intermediari fiscali autorizzati;

• avere partita Iva con codice 692013;

• sottoscrivere adeguata polizza assicurativa di r.c. professionale verso terzi;

• rispettare il codice deontologico;

• svolgere aggiornamento professionale con verifica su  base biennale.

La professionalità deve partire dall’università

Quanto alle attitudini personali e alle abilità necessarie per poter operare, il presidente Int avverte che sono sicuramente fondamentali una preparazione legata al percorso di studi ed esperienza nel settore, abbinate a un costante aggiornamento professionale: “Oggi più che mai è necessario studiare con grande attenzione le incessanti modifiche e novità normative del comparto tributario che il legislatore non fa di certo mancare.

I tributaristi devono svolgere il proprio mandato con correttezza, serietà e competenza, in una sola parola con professionalità”. Ma qual è la posizione dell’Int rispetto al sistema ordinistico: per l’esercizio della professione chiede l’istituzione di un nuovo Ordine professionale o il riconoscimento delle associazioni professionali? “Noi chiediamo il riconoscimento delle associazioni ai sensi delle direttive comunitarie, ovvero la possibilità di rilasciare un attestato di competenza (che già rilasciamo ai nostri iscritti) che, se inserito in normativa diriconoscimento, permetterebbe ai tributaristi di operare anche negli altri Paesi dell’UE. Abbiamo grande rispetto”, chiarisce Alemanno, “per chi ha intrapreso il percorso dell’Ordine professionale e della successiva iscrizione all’Albo, avendo peraltro un ventaglio di opportunità professionali più vasto del tributarista non iscritto ad Albi o Ruoli, ma il nostro obiettivo non è la  costituzione dell’ennesimo Albo professionale.

Rispettiamo gli Ordini e i loro iscritti, ma esigiamo altrettanto rispetto. Non entriamo nel merito delle loro attività sino a quando le loro iniziative o richieste non rischiano di compromettere la nostra attività. Come già detto, l’iscrizione a un Albo professionale consente di avere prerogative di attività ben più ampie di quelle del tributarista e ovviamente non abbiamo mai contestato tale situazione, ma quando si vogliono creare nuove riserve allora non possiamo stare zitti e fermi. Più in generale, noi abbiamo una visione differente sulla gestione delle professioni, crediamo che sia il sistema delle università che debba dare professionalità. Vuoi fare il libero professionista? Dopo il percorso di laurea, due anni di specializzazione con un sistema coordinato tra università e mondo del lavoro, poi potrai spenderti sul mercato e, se sei bravo, troverai i tuoi spazi. Non siamo d’accordo con l’attuale sistema, troppo autoreferenziale: vorremmo che non ci fossero più diseguaglianze a seconda della latitudine o longitudine della residenza di questo o quell’aspirante professionista.

Come ha affermato una giornalista durante un’intervista, i tributaristi sono dei liberalizzatori ante litteram e, aggiungo io, non sempre compresi e spesso fraintesi; detto questo, devo sottolineare che i rapporti tra i singoli professionisti, siano essi iscritti o meno in Albi, sono spesso volti a una collaborazione professionale, un insegnamento ai dirigenti di Ordini e associazioni professionali, sottoscritto compreso”.

Due le princpali problematiche

Attualmente i tributaristi con partita Iva sono circa 30.000, suddivisi tra coloro che operano con studio o   associazione professionale e coloro che lavorano attraverso società di servizi. “Per quanto riguarda i tributaristi Int”, informa Alemanno, “sono oltre 2.000 gli attuali iscritti di cui 1.850 esercenti attività di lavoro autonomo con partita Iva e i restanti iscritti nella maggior parte dei casi lavoratori dipendenti che desiderano utilizzare i nostri strumenti di aggiornamento professionale per restare sempre al passo con le nuove disposizioni normative e gli obblighi tributari”. Quanto alle problematiche dei tributaristi, il presidente Int sottolinea che sono principalmente due:

“La prima, di tipo tecnico-professionale, si affronta giorno per giorno soprattutto attraverso un continuo aggiornamento e ciò è condiviso con tutti gli altri professionisti del settore; la seconda è causata dalla voglia di  esclusive di talune categorie, voglia che a volte viene soddisfatta dal legislatore o dalle interpretazioni di enti. In tutti e due i casi è fondamentale il lavoro svolto dalle associazioni, per la prima problematica fornendo strumenti di  aggiornamento, per la seconda intervenendo a difesa della categoria nelle sedi competenti e cercando di evidenziare  come il mercato dei servizi professionali sia profondamente mutato rispetto agli anni di creazione degli Albi  professionali. Spesso con risultati positivi, a volte no, ma senza mai abbandonare la strada di una riforma e della  liberalizzazione del settore”. Per quanto riguarda invece i problemi comuni a tutti i liberi professionisti del settore tributario, Alemanno pone l’accento sull’esclusione dai benefici riservati alle imprese di servizi e sul non pieno risconoscimento della loro importanza nello svolgimento della funzione di intermediari fiscali, nonché sulla necessità di dover operare in condizioni di continua emergenza tra norme complesse e scadenze che si susseguono senza soluzione di continuità. “Solo la loro professionalità, e mi riferisco a tutti i professionisti del settore, permette di superare questi ostacoli e di fornire servizi di qualità alla propria utenza. Infine”, aggiunge, “un problema gravissimo per i tributa risti, ma che sta diventando tale anche per chi ha un Cassa di previdenza autonoma, è quello dei contributi previdenziali e di una futura pensione. Noi siamo obbligati, in quanto professionisti privi di Cassa autonoma, al versamento nel fondo di Gestione separata dell’Inps con aliquote oltre al 27%. Un prelievo pesantissimo che impedisce di avere liquidità da investire nella previdenza integrativa. Da anni chiediamo una modifica normativa, ma le esigenze di cassa hanno avuto sempre la meglio sull’equità; anche progetti di legge giacenti in Parlamento prevedono modifiche ma sono rimasti lettera morta. Sono lontani i tempi dei professionisti privilegiati rispetto ad altre categorie”.

I costi per iniziare l’attività e per l’aggiornamento

“È difficile dire con precisione quali sono i costi medi per iniziare un’attività standard come libero professionista perché variano a seconda della sede. Un consiglio è quello di fare investimenti di pari passo con la propria crescita professionale”, suggerisce Riccardo Alemanno. “Comunque oggi il professionista che inizia un’attività deve sopportare costi che un tempo non erano sostenuti nell’ambito di attività professionali: penso alla necessità dei sistemi telematici e dei loro aggiornamenti, di avere un numero adeguato di collaboratori per poter gestire tutti gli obblighi tributari dei propri clienti, delle spese di aggiornamento professionale, di uno studio adatto alle sempre più pressanti esigenze di archiviazione della documentazione. In ogni caso, i costi iniziali minimi di investimento si possono aggirare sui 20.000-30.000 euro escludendo la locazione dello studio o il suo acquisto”. Quanto alle spese generali costanti ordinarie, l’aggiornamento software e hardware richiede circa 10.000 euro annui, altri 20.000-25.000 sono necessari per un collaboratore, 10.000-15.000 per le altre spese di studio, 5.000- 6.000 per l’aggiornamento (libri, riviste, corsi ecc.). “Per questi ultimi, c’è la possibilità di detrarne solo il 50%. Ecco perché cerchiamo di fornire strumenti di aggiornamento di qualità a costi contenuti o come nel caso dell’Int gratuiti per gli iscritti”.


Pensioni più ricche per i professionisti

Gli enti di previdenza  potranno innalzare fino al 5% il contributo integrativo, destinando una parte delle risorse alla pensione grazie all’approvazione alla Camera del disegno di legge Lo Presti, sostenuta dall’Associazione degli enti di previdenza.

La modifica all’articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 permette agli enti di previdenza privati, che applicano il sistema di calcolo retributivo, di elevare il contributo integrativo dal 2 al 5 per cento. Ad essere interessate sono le casse nate con il Dlgs 103/96 tra cui psicologi, biologi, agrotecnici e periti, e le due Casse Privatizzate con il Dlgs 509/94 che hanno adottato il contributivo (dottori commercialisti e ragionieri).

Per permettere una pensione più ricca saranno però penalizzati i clienti che dovranno sopportare una parcella maggiorata non solo nella parte relativa all’integrativo, ma anche nell’Iva, poiché l’integrativo è imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e il privato non può recuperarla.

M.Z.