Permessi studio: chi può richiederli e come funzionano

Anche studiare e lavorare può essere un accostamento pratico per costruirsi il futuro, ma non sempre l’uno riesce a coesistere con l’altro. Talvolta, è necessario gestire bene i tempi e quindi ottenere dei permessi studio. Ma come funzionano e chi può usufruirne? Scopriamolo nella nostra guida.

Permessi studio: di cosa si tratta

permessi studio non sono altro che quello strumento che consente al lavoratore dipendente di potersi dedicare alla propria formazione senza crearsi problemi per lo stipendio. Entro un certo limite di ore, infatti, i permessi studio consentono di assentarsi dal lavoro a chi ne ha bisogno per sostenere un esame, od anche soltanto per prendere parte a un corso di formazione, senza perdere la retribuzione per la giornata di lavoro: difatti, i permessi studio, rientrano nell’insieme dei cosiddetti permessi retribuiti.

Il permesso studio è anche noto anche come le 150 ore di diritto allo studio, ovviamente in riferimento alle ore limite di permesso da non superare nell’arco dei tre anni.

Tuttavia, in alcuni casi quel limite può essere superato.

Permessi studio, come funzionano

La capacità di stabilire quante ore sono concesse col permesso di studio sono i singoli contratti collettivi nazionali (CCNL). Infatti, ogni contratto ha delle specifiche clausole che regolano questo punto.

Ad ogni modo, la normativa decreta che l’ammontare di ore massimo per il diritto allo studio è di 150 ore annue individuali, concesse solo al 3% dei lavoratori a tempo indeterminato in servizio. Solo nel caso in cui il lavoratore debba conseguire un titolo in una scuola dell’obbligo allora il permesso di studio può salire fino a 250 ore annuali.

Quindi se un corso professionale dovesse avere durata di 300 ore ripartite su due anni solari, allora si può provvedere a concedere 300 ore di permesso e si potranno richiedere i permessi per i due anni del percorso.

Permessi studio: cos’altro c’è da sapere

Dunque, l’utilizzo dei permessi studio è solo per la frequenza dei corsi svolti in contemporanea con l’orario di lavoro.

Per poter richiedere ed ottenere tali permessi di studio è necessario il rilascio di un attestato di frequenza che va a certificare la presenza al corso durante l’orario lavorativo.

Non è possibile chiedere permessi studio per:

  • corsi a frequenza serale, qualora l’orario di lavoro non coincida con l’orario di svolgimento del corso;
  • corsi telematici, siccome non hanno un orario di frequenza obbligatorio e non comportano uno spostamento.

Non è possibile, dunque, richiedere dei permessi di questo tipo per le ore di studio utili alla preparazione di un esame.

Inoltre, i lavoratori studenti possono usufruire di altri diritti, oltre ai permessi studio. In primis possono richiedere di essere inseriti in turni lavorativi che possano agevolare la frequenza dei corsi e la preparazione degli esami.

Non sono tenuti, inoltre, al lavoro straordinario, tanto meno a coprire turni nei giorni festivi e o nei giorni di riposo.

Possono essere richiesti anche dei permessi giornalieri per poter affrontare e sostenere gli esami e discutere la tesi. In questo caso non sono previsti limiti di tempo, il permesso può essere preso per l’intera giornata, purché venga presentato un attestato dell’effettiva presenza all’esame o alla discussione della tesi.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito alle modalità e funzionalità di ottenere permessi studio.

Permessi per lutto e grave infermità: di cosa si tratta

Cosa c’è da sapere in merito alle modalità di chiedere e ottenere permessi per lutto e grave infermità, lo scopriamo nella nostra rapida ma esaustiva guida sull’argomento.

Permessi di lavoro, cosa sono

Innanzitutto, è bene partire dalla base della questione, ovvero specificare cosa sono i permessi di lavoro e come funzionano, di norma.

Sostanzialmente, i permessi retribuiti non sono altro che periodi di tempo duranti i quali al lavoratore è concesso, per particolari circostanze, di assentarsi dal lavoro senza perdere la normale retribuzione.

Trattasi dunque di una richiesta fatta dal lavoratore al suo datore di lavoro, per poter sospendere la propria attività per un lasso di tempo stabilito in precedenza. Tale permesso, va detto, può essere sia retribuito che non retribuito e questo dipende dalla tipologia del congedo che si richiede.

Andiamo, dunque nello specifico ad occuparci dei permessi di lavoro per lutto e di quelli per grave infermità.

Permessi di lavoro per lutto

La perdita di un famigliare o di un parente stretto è certamente un momento di forte sofferenza per chiunque. Sofferenza emotiva e problemi di burocrazia per gestire la dipartita vanno a complementarsi.

Questa situazione, naturalmente, richiede tempo per poter affrontare il più serenamente possibile una circostanza dolorosa e difficile.

Quindi, per chi lavora è necessario chiedere un permesso per lutto.

In tal senso, ciascun lavoratore dipendente ha diritto, stando a norma di legge, ad un tempo di tre giorni lavorativi all’anno di permesso retribuito per lutto familiare, ovvero per la morte del coniuge, di un parente entro il secondo grado o del convivente.

Ma come funziona la richiesta del permesso?

Il dipendente deve informare il datore di lavoro del lutto e dei giorni nei quali il permesso sarà utilizzato, che potranno pure non essere consecutivi. La richiesta deve essere accompagnata da documentazione apposita che certifichi la morte della persona o da dichiarazione sostitutiva, quando prevista.

In quali casi si può richiedere il permesso per lutto?

A scanso di equivoci, vediamo quali sono i casi di possibilità di richiedere tale permesso.

Il permesso per lutto può essere richiesto per la morte di persone che rientrano nel proprio gruppo familiare (anche in caso di funerale all’estero):

  • Genitori e figli
  • Fratelli e sorelle
  • Nipoti (figli dei figli) e nonni

Tuttavia, alcuni contratti collettivi nazionali del lavoro (CCNL) possono includere la facoltà di chiedere il permesso in un numero maggiore di casi rispetto a quanto stabilito dalla legge statale, ad esempio anche per la morte di suocero, genero, cognata, zii, ecc.

Andiamo a vedere, nel prossimo paragrafo come funzionano i permessi per grave infermità.

Permessi di lavoro per grave infermità di un familiare

Quando è possibile assentarsi dal lavoro per problemi di salute non personali, ma di un parente molto vicino? Lo scopriamo in questo paragrafo.

I tre giorni di permesso retribuito all’anno cosi come sono ammessi per lutto, sono eseguibili per grave infermità del coniuge, anche qualora sia legalmente separato, di un parente entro il secondo grado, anche non convivente.

Questi specifici giorni di permesso dovranno essere utilizzati entro un tempo di sette giorni dall’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti interventi terapeutici.
È possibile concordare con il datore di lavoro la modalità di fruizione dei tre giorni di permesso in modo articolato o frazionato. È quindi fattibile, in alternativa alla fruizione continua dei tre giorni, concordare una riduzione dell’orario lavorativo.

Come ottenere il permesso per grave infermità? 

Per poter ottenere questo tipo di permesso è necessario presentare, per la grave infermità, documentazione rilasciata da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, dal medico di medicina generale oppure dal pediatra di libera scelta; questa documentazione deve essere presentata entro cinque giorni dalla ripresa del lavoro. Il datore di lavoro può richiedere periodicamente la verifica dell’effettiva gravità della patologia.

Congedo per grave infermità

In ultimo, ma non ultimo, va detto che la Legge 53/2000 prevede anche la concessione di congedi per gravi motivi familiari. Il congedo è un periodo pari a due anni nell’arco della vita lavorativa e può essere utilizzato in modo frazionato o per intero, per una lunga pausa. La cosa necessariamente da considerare è, però, che il congedo in questione non è retribuito.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alle modalità di richiesta ed utilizzo dei permessi di lavoro, per lutto o grave infermità di un parente prossimo.

 

Permessi per gli impiegati nei seggi elettorali: come ottenerli

E’ sempre battuta la questione dedicata ai permessi nel mondo del lavoro, quando possono essere retribuiti e quando non è possibile usufruirne? Ma, in particolar modo, cosa accade quando a chiedere un permesso sono gli impiegati nei seggi elettorali? Scopriamolo nella nostra guida.

Permessi retribuiti, quando è possibile ottenerli

Prima di addentrarci nella questione inerente ai permessi per gli impiegati nei seggi elettorali, vediamo alcune cose in merito alla retribuzione per i permessi sul lavoro e sulla funzionalità degli stessi.

Va detto che ci sono permessi che offrono al lavoratore la possibilità di assentarsi dal lavoro per un giustificato motivo, ma senza retribuzione.

Il caso è quello ad esempio del congedo per la malattia del figlio di un dipendente. Per riuscire a comprendere a pieno i propri diritti di lavoratore è necessario comunque tenere sempre conto del CCNL (il contratto collettivi nazionale del lavoro).

Andiamo, invece di seguito, nel prossimo paragrafo come regolarsi nel caso dei lavoratori che chiedono un permesso per essere impiegati nei seggi elettorali.

Permessi per impiegati di seggi elettorali

Per quanto riguarda coloro che sono chiamati ad effettuare delle attività utili a salvaguardare il corretto svolgimento di una situazione elettorale (come le elezioni politiche, amministrative o referendum) ha il diritto ad assentarsi dal lavoro nelle giornate del voto.

Tali permessi spettano agli scrutatori, ai segretari e ai presidenti di seggio, ed anche a chi ricopre il ruolo di rappresentante di lista: l’assenza viene, dunque, concessa nella giornata antecedente al voto (quasi sempre nel week end), in quella dello svolgimento (quindi il sabato e la domenica) e per lo scrutinio (di norma il lunedì). Nel caso quest’ultimo non sia stato ancora completato entro la mezzanotte del lunedì, allora anche per il martedì si potrà beneficiare di un giorno di permesso.

Il permesso in questi casi viene retribuito?

Ovviamente, il primo punto da appurare in queste situazioni è se il permesso concesso al lavoratore, per essere impiegato in un seggio elettorale prevede la retribuzione.

La risposta a questa fondamentale domanda è Sì.

Infatti, i permessi per gli impiegati nei seggi elettorali sono interamente retribuiti e danno diritto a eventuali riposi compensativi per il dipendente.

Chi può fare lo scrutatore?

Andiamo a vedere, in tal senso quali sono i requisiti per essere scrutinatori – o scrutatori per dirlo alla maniera attuale.

Il ruolo in questione contribuisce a garantire la libertà e la segretezza del voto; assiste il presidente di seggio e il segretario nell’esercizio delle loro funzioni; rilascia al presidente di seggio il proprio parere in ordine a tutte le difficoltà e gli incidenti che si dovessero sollevare intorno alle operazioni della sezione.

Questi di seguito sono i requisiti per poter fare lo scrutatore:

i segretari comunali; i dipendenti comunali addetti o comandati a prestare servizio presso gli uffici elettorali comunali; i candidati alle elezioni per le quali si svolge la votazione; i rappresentanti di lista.

Ma quanto guadagna uno scrutatore?

Quando si tratta di elezioni amministrative e politiche, lo scrutatore intasca la somma di 120 euro, mentre per i referendum la paga è più bassa, ovvero 104 euro. Nel caso delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, il compenso per lo scrutatore è di 96 euro, ma se nella stessa tornata elettorale si sommano le elezioni europee e quelle amministrative, ecco che il compenso sale fino a 121 euro.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla questione dei permessi di lavoro per gli impiegati nei seggi elettorali e alle possibilità di guadagno di scrutatore durante le elezioni.

Permessi per concorsi ed esami: come funzionano

Molto spesso ci si ritrova a svolgere una attività lavorativa e contemporaneamente dover proseguire il proprio percorso di studi universitari. Come funziona in questi casi la possibilità di ottenere permessi di lavoro per certe occasioni? Lo scopriamo in questa guida.

Permessi di lavoro, cosa c’è da sapere

Iniziamo col determinare la definizione di permesso di lavoro e vedere come e quando si applica.

Un permesso di lavoro non è altro che una richiesta fatta dal lavoratore al suo datore di lavoro, per sospendere la propria attività per un lasso di tempo stabilito in precedenza. Il permesso di lavoro può essere sia retribuito che non retribuito; questo dipende dalla tipologia del congedo che si richiede.

In questa nostra guida andiamo a vedere come usufruirne nel caso in cui bisogna sostenere degli esami di studio od anche, in taluni casi, dei concorsi per ulteriori lavori o cambio di impiego, ma con la modalità di retribuzione inclusa.

Permessi di lavoro retribuiti, per esami o concorsi

Possiamo subito dire che quasi tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro (meglio noti come CCNL) del settore pubblico prevedono 8 giorni l’anno di permesso per sostenere concorsi ed esami.

Il permesso è valido solo per il giorno stesso dell’esame e il lavoratore è tenuto a presentare una certificazione della Commissione esaminatrice, che sia debitamente timbrata e firmata, allegata alla richiesta di permesso.

A tal proposito bisogna occuparsi anche del permesso di lavoro per studio, quando il dipendente deve sostenere un esame.

E’ sempre più frequente che giovani lavoratori, infatti, siano ancora in vista di prendersi una laurea e quindi di dover sostenere esami di studio.

Vediamo, pertanto, nel prossimo paragrafo in merito, cosa c’è da sapere in merito ai permessi di lavoro per studio.

Permesso studio retribuito

Dunque, trattasi di un permesso retribuito fino ad un massimo di 150 ore, delle quali si può usufruire entro un determinato limite temporale (genericamente si tratta di un tempo di 3 anni). Questo ammontare di ore può aumentare a 250 nei casi in cui il lavoratore ne abbia bisogno per completare la scuola dell’obbligo. Quindi, nei casi in cui si tratti di lavoratori piuttosto giovani od anche persone in età avanzata che vogliano completare gli studi sospesi in tenera età, magari con le scuole serali.

Ma a chi spettano, quindi questi permessi di lavoro per studio?

Questi permessi di lavoro retribuiti spettano non soltanto ai dipendenti che ancora sono senza laurea e vogliono conseguirla, ma anche a coloro che vogliano conseguire un secondo titolo di studio. Il permesso viene assegnato al dipendente indipendentemente dal risultato ottenuto all’esame e anche dall’orario in cui verrà sostenuto il test. Si dovrà comunque in caso di richiesta, presentare eventuale documentazione al datore di lavoro che ne faccia richiesta.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi sia da sapere in merito alle possibilità e modalità di ottenere permessi di lavoro per conseguire esami o concorsi, senza correre il rischio di avere problemi col datore di lavoro e senza andare ad intaccare la propria retribuzione in busta paga.

 

 

Permessi legge 104, spettano se il disabile ha la badante?

La legge 104 del 1992 ha come obiettivo la tutela delle persone con disabilità e riconosce ai familiari particolari permessi dal lavoro, tra questi vi sono i permessi legge 104 che consentono di usufruire di 3 giorni mensili (frazionabili anche ad ore) di permesso dal lavoro. Molti però si chiedono: I permessi legge 104 spettano se il disabile ha la badante?

Perché i permessi legge 104 spettano che il disabile ha la bandante?

Fin da subito possiamo dare risposta affermativa a questa domanda, ma vediamo nel dettaglio perché i permessi legge 104 spettano anche se il disabile ha la badante. Deve però essere in primo luogo sottolineato che i 3 giorni mensili sono retribuiti.

I motivi per cui sono riconosciuti anche se c’è una badante sono principalmente 2. In primo luogo la badante naturalmente non può essere presente h24 tutti i giorni, ha bisogno di giorni liberi e permessi.  Il disabile però ha bisogno di un’assistenza continuativa e di conseguenza i permessi possono essere utilizzati a tale scopo.

Inoltre la normativa prevede che l’assistenza disabili per i quali sono concessi i tre giorni di permesso retribuiti non è detto che debba essere svolta in presenza.  Si può trattare anche di tempo impiegato per svolgere mansioni diverse dall’assistenza fisica al disabile, ad esempio per impegni di tipo burocratico, per la gestione di pratiche e altre incombenze comunque a favore del disabile, ma che questi non può svolgere in modo autonomo.

Gli unici casi in cui viene meno il diritto ad avere i permessi legge 104 sono quelli in cui il disabile si trova in strutture in cui può ricevere assistenza continuativa. Ad esempio presso centri specializzati, case famiglia o similari. E’ bene però non abusare di tali permessi e non usarli a sproposito e per affari personali. Il datore di lavoro ha la possibilità di verificare l’uso che ne viene fatto. Per un approfondimento leggi l’articolo: Controlli del datore di lavoro sui permessi legge 104 del 1992

Altre agevolazioni per familiari e disabili

Ricordiamo che i parenti di persone con grave handicap possono usufruire anche di altre agevolazioni, ad esempio per l’acquisto di determinati prodotti, come dispositivi per la comunicazione. Per saperne di più, leggi l’articolo: acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano.

Per conoscere invece quali altri strumenti sono disponibili per l’assistenza a disabili, è possibile leggere:

Congedo straordinario legge 104 a chi spetta e come richiederlo;

Congedo straordinario legge 104: dopo cosa resta per assistere i disabili?

 

 

Lavoro e legge 104: quali sanzioni per chi abusa dei permessi?

Lavoro e legge 104/1992, oggi poniamo l’accento sul corretto utilizzo dei relativi permessi che devono assolutamente essere legati all’assistenza del familiare disabile. Un utilizzo improprio si trasformerebbe non solo in un abuso giuridico ma anche una violazione dell’etica del lavoro e della buona fede nei confronti non solo del datore di lavoro ma anche dell’ente assicurativo.

L’abuso dei permessi legge 104 può avere pesanti conseguenze, come il licenziamento e un procedimento penale per indebita percezione dei contributi INPS. La Corte di Cassazione si è nuovamente espressa nel merito, proprio con l’intento di ribadire le conseguenze di un tale scorretto comportamento da parte del fruitore dei permessi legge 104.

Le sanzioni per l’abuso dei permessi legge 104

Purtroppo, capita (e non dovrebbe) che il lavoratore che ottiene il permesso legge 104 retribuito per la durata prevista di tre giorni, sottragga delle ore dedicate all’assistenza del familiare disabile per svolgere mansioni che nulla hanno a che fare con essa.

I permessi retribuiti legge 104 non obbligano il fruitore a compiere azioni strettamente legate all’assistenza del familiare portatore di grave handicap, ma nemmeno vengono concessi per consentire attività estranee all’assistenza di cui sopra. Fare ciò, significa abusare del permesso e frodare. Per tale motivo, sono previste sanzioni che possono portare anche a un licenziamento per giusta causa del lavoratore.

Leggi anche: Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

L’abuso dei permessi legge 104: cosa dice la Cassazione su un caso di licenziamento per giusta causa

Una recente sentenza dei Giudici di Cassazione (n. 17102 del 16 giugno 2021) ha rigettato il ricorso di un lavoratore presentato alla Corte per contestare il subito licenziamento per giusta causa operato dall’azienda per cui lavorava.

Il fatto:

Il lavoratore aveva utilizzato dei permessi legge 104 concessi dall’azienda per assistere la madre del dipendente, per recarsi al mercato, al supermercato e successivamente al mare con la famiglia, invece di utilizzare le ore di assenza dal lavoro per assistere la madre convivente in casa con il marito. Ad aggravare la situazione, il cambio di residenza del familiare disabile non comunicato al datore di lavoro, se non a seguito delle contestazioni disciplinari, ciò ha impedito a quest’ultimo di svolgere i controlli.

La condotta del lavoratore dipendente ha provocato la rottura del rapporto di fiducia che si era instaurato con l’azienda, offrendo su un piatto d’argento la possibilità da parte del datore di lavoro di procedere con il licenziamento per giusta causa. Affinché ciò accada, non è necessario che vi sia stato un comportamento simile in precedenza, è sufficiente il fatto di per sé.

Tale condotta, ossia non utilizzare il permesso retribuito legge 104 per assistere il familiare disabile, rappresenta anche una truffa nei confronti dell’INPS. La legge 104/1992 a proposito di permessi retribuiti concessi ai lavoratori, non esige una cura continuativa e, quindi, una presenza constante del dipendente nei confronti del familiare per cui è stata chiesta assistenza, tuttavia, obbliga che la gran parte del tempo venga utilizzato per farlo. L’assistenza va concentrata soprattutto nelle ore di assenza da lavoro richieste per metterla in atto.

Sanzioni diverse per abuso dei permessi legge 104

Detto, come nel caso specifico di cui sopra trattato da una recente sentenza della Cassazione, di una delle sanzioni più pesanti che un lavoratore può ricevere per abuso dei permessi legge 104, ossia il licenziamento (in tronco) per giusta causa, esistono anche altri tipi di sanzione che vanno da una pesante sanzione amministrativa fino al carcere, in quanto si è di fronte a un reato.

Ad esempio, la querela esposta ai danni del dipendente da parte dell’INPS per indebita percezione dei contributi e dal datore di lavoro per retribuzione percepita indebita, può portare anche ad una pena detentiva che va dai sei mesi ai tre anni di reclusione. Tuttavia, se il denaro percepito indebitamente non supera i 3.996,96 euro, si applica solo (si fa per dire) una sanzione amministrativa che va da 5.164 euro fino a 25.822 euro.

Ma cosa è concesso dai permessi legge 104?

Come già anticipato poc’anzi, la legge sui permessi retribuiti per assistere un familiare disabile, non è poi così stringente. Il lavoratore che ne fruisce, può anche utilizzare una parte marginale del tempo per fare delle commissioni personale e ritenuti essenziali (una spesa veloce, accompagnare i figli a scuola, comprare medicine, accertarsi saltuariamente e rapidamente di come procedono i lavori, allontanandosi sporadicamente dal domicilio del familiare disabile.

In conclusione, si può affermare che i permessi legge 104 concessi per l’assistenza di un familiare disabile, non costringono a passare ogni minuto delle ore sottratte al lavoro per assisterlo, ma sicuramente per una gran parte del tempo, quando quella restante è impiegata per attività essenziali e di breve durata, che non possono essere certamente costituite da una chiacchierata in un bar con gli amici, dedicarsi al riposo casalingo o andare addirittura in gita, in quanto considerate attività continuative ed estranee a quelle richieste per la fruizione dei permessi retribuiti legge 104.

Leggi anche: Trasferimenti del lavoratore con legge 104: quando operano i limiti?

Permessi ROL in busta paga: cosa sono e come funzionano

Innanzitutto, cosa sono i ROL (Riduzione di Orario di Lavoro)? Si tratti di permessi di lavoro che vengono maturati ogni mese e retribuiti, ovvero, caricati in busta paga. Essi sono riconosciuti dalla contrattazione collettiva ai dipendenti che hanno l’esigenza di assentarsi per qualche ora dall’attività lavorativa per motivi personali.

I permessi ROL in busta paga

I permessi ROL presenti in busta paga vengono maturati mensilmente dal lavoratore e sono previsti per consentirgli di poter dedicarsi ad alcuni propri interessi o per fronteggiare esigenze personali e familiari. I ROL rappresentano un’alternativa alla richiesta di giorni ferie e permettono di non perdere la retribuzione e di conservare il proprio posto di lavoro.

A differenza di altre tipologie di permessi di lavoro che richiedono l’indicazione delle ragioni per le quali vengono richiesti, i permessi ROL non devono essere motivati o comunque non hanno bisogno di particolari giustificazioni.

I ROL sono permessi retribuiti ben distinti da quelli ex festività e da tutti gli altri permessi che sono specifici. Ci riferiamo ai permessi per lutto o grave infermità, a quelli per studio o per la donazione del sangue e del midollo osseo, o ancora dai permessi richiesti per cariche pubbliche elettive, per impegni presso i seggi elettorali, per matrimonio o permessi richiesti per l’assistenza di familiari disabili del dipendente.

Permessi ROL: a chi spettano e se possono essere negati

I permessi ROL spettano ai lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato ma anche determinato, inclusi i soci lavoratori nelle cooperative di produzione e lavoro.

Come tutti i permessi di lavoro richiesti per motivi personali o familiari, anche la concessione dei ROL può essere rifiutata dal datore di lavoro se ritiene che vada in contrasto con le esigenze lavorative e organizzative dell’azienda.

Può essere anche il datore di lavoro su propria iniziativa a far fruire dei permessi ROL il dipendente.

A scanso di equivoci, non hanno diritto ai permessi ROL i lavoratori autonomi e parasubordinati, così come gli stagisti e i tirocinanti.

Quanti permessi ROL spettano ai dipendenti?

Il monte ore ROL che spetta ai lavoratori dipende da quanto viene previsto da ciascun contratto collettivo. Con riferimento a quello del Commercio e Terziario – Confcommercio al lavoratore spettano 56 ore all’anno per le aziende fino a 15 dipendenti, che diventano 72 ore in caso di più di 15 dipendenti.

Il Contratto collettivo nazionale di lavoro Edilizia – Industria, ma anche quello Centri elaborazioni dati, prevede un monte ore LOL pari a 88 all’anno. Più basso il monte ore LOL nel CCNL Lapidei Industria pari a 64 all’anno. Il CCNL Pubblici esercizi, ristorazione e turismo riconosce 72 ore annue a titolo di permessi ROL, mentre quello Pulizia solo 40 ore.

Nel contratto Sanità ai dipendenti spettano 8,5 giorni di permessi ROL, che diventano 68 ore per i lavoratori con un’anzianità di servizio superiore ai dieci anni. Nel settore metalmeccanico le ore sono 72 all’anno, che aumentano fino a 92 ore ma solo per i lavoratori impiegati nell’ambito della siderurgia. Nel comparto Alimentari – industria le ore ROL sono 76.

E’ da tener presente, che il datore di lavoro può anche decidere di optare per un monte ore superiore a quello previsto dai vari contratti collettivi tramite accordo aziendale, al fine di soddisfare maggiormente il dipendente.

Permessi ROL goduti e non goduti

Ogni CCNL può stabilire un termine entro il quale i permessi ROL devono essere goduti dai lavoratori a cui spettano. In caso di ore ROL non godute alla scadenza del termine, solitamente il datore di lavoro le liquida in busta paga, quindi, il lavoratore non può più goderne.

E’ nella facoltà del dipendente richiedere la conversione in denaro da inserire in busta paga dei permessi ROL, possibilmente tramite richiesta scritta.

Retribuzione dei permessi ROL

Le ore di assenza dal lavoro in luogo di permessi ROL vengono retribuite allo stesso modo delle ore regolarmente lavorate. Poiché sono presenti in busta come retribuzione, i permessi ROL concorrono alla determinazione del reddito imponibili, sia ai fini fiscali che contributivi.

Ogni volta che vengono utilizzati o convertiti in denaro, i permessi ROL devono essere evidenziati in busta paga e sul Libro Unico del Lavoro.

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Permessi di lavoro retribuiti: quali sono

I lavoratori impiegati nel settore pubblico o privato, possono fruire di periodi in cui sono esonerati dall’obbligo della prestazione di lavoro, continuando a percepire la retribuzione e mantenendo il proprio posto di lavoro con il riconoscimento anche dell’anzianità di servizio. Stiamo parlando dei permessi retribuiti che sono previsti dalla legge o dai contratti collettivi nazionali di lavoro, ma solo per determinati casi.

Permessi retribuiti: quando spettano

I permessi e/o congedi retribuiti per i dipendenti pubblici o privati sono previsti dall’ordinamento del lavoro italiano, al verificarsi di determinate situazioni. Vediamo quali sono i principali, partendo dalle tipologie di motivazioni che giustificano l’assenza dal lavoro:

  • Permessi per motivi personali;
  • Permessi per cariche pubbliche o elettive;
  • Permessi per motivi medici e sanitari.

Permessi retribuiti per motivi personali

Il congedo matrimoniale rientra tra i permessi per motivi personali e viene riconosciuto al dipendente che contrae un matrimonio con validità civile. Può usufruire del congedo parentale il dipendente genitore per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali. Tuttavia, occorre precisare che il trattamento economico è pari al 30% della normale retribuzione. Il congedo formativo riguarda il dipendente che esercita il diritto di proseguire percorsi di formazione per l’intero arco della vita.

Tra i permessi per motivi personali, ci sono quelli previsti per decesso o grave infermità del coniuge (anche legalmente separato) o parte dell’unione civile. Oppure di un familiare entro il secondo grado di parentela (anche se non convivente) o ancora di un convivente risultante tale da certificazione anagrafica. I permessi per motivi di studio spettano al lavoratore per la frequenza di corsi di studio o per la preparazione e sostenimento degli esami, documentati su richiesta del datore di lavoro.

Permessi retribuiti per cariche pubbliche o elettive

I dipendenti che ricoprono determinate cariche pubbliche godono dei relativi permessi, in quanto consiglieri comunali, provinciali, di altri enti locali e anche come componenti di consigli circoscrizionali per Comuni con più di 500mila abitanti.

Inoltre, i membri di giunte comunali, provinciali, metropolitane, comunità montane, municipi, unione dei comuni, organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, unione dei comuni e dei consorzi tra enti locali, commissioni consiliari o circoscrizionali istituite in modo formale, commissioni comunali previste dalla legge, conferenze capigruppo e organismi di pari opportunità previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari.

E ancora, membri di organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi tra enti locali. Presidenti di consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti.

I lavoratori fruiscono dei permessi elettorali, in quanto impiegati nei seggi in veste di presidente, scrutatore, segretario, rappresentante di lista o di gruppo di partiti oppure di comitati che promuovono referendum.

Permessi retribuiti per motivi medici e sanitari

Tra i permessi per motivi sanitari e medici rientrano quelli previsti dalla legge 104. Quindi, ne usufruiscono i dipendenti disabili, i lavoratori che assistono familiari portatori di handicap (coniuge o parte dell’unione civile, convivente, parenti e affini entro il secondo grado). Per quanto concerne gli impiegati con un figlio disabile, i permessi variano a seconda dell’età del bambino.

I permessi per visite mediche riguardano i dipendenti che devono ad esse sottoporsi o per effettuare cure in situazioni particolari e in caso di tossicodipendenza e di soggetti disabili.

I dipendenti che effettuano donazione di sangue presso un centro di raccolta autorizzato dal Ministero della Sanità e per una quantità di almeno 250 grammi hanno diritto ai permessi per donatori. Così, come per i lavoratori che donano il midollo osseo, in tal caso, il permesso comprende gli accertamenti e i prelievi preliminari, l’atto di donazione e la successiva convalescenza.

Altre tipologie di permessi retribuiti

Esistono anche altri tipi di permesse retribuiti, oltre a quelli appartenente alle categorie sopra citate. Ad esempio, i permessi ROL (acronimo di Riduzione Orario di Lavoro) e i permessi ex festività di cui possono beneficiare i lavoratori per i giorni che un tempo rappresentavano una festività poi soppressa (San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini, Festa dell’Unità Nazionale, S.S. Pietro e Paolo (a Roma è ancora festivo).

Poi ci sono i permessi per i dipendenti che appartengono ad organizzazioni inserite nell’elenco nazionale del volontariato di protezione civile. E ancora, i permessi retribuiti sindacali o per attività sociali. 

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