Gli architetti italiani: cambiare l’Investment compact

Durissima lettera degli architetti italiani al governo contro il cosiddetto Investment compact, la legge che, riservando le politiche di incentivi destinati alle start up e Pmi innovative alle sole società di capitale esclude i professionisti italiani. Cosa ancor più grave perché, sottolineano gli architetti italiani, già avvenuta per la reti d’impresa e il voucher digitale.

Ecco allora che Leopoldo Freyrie, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, a nome di tutti gli architetti italiani ha scritto una lettera di fuoco al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e ai ministri dello Sviluppo economico, Federica Guidi, e dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

Ancora una volta – scrive Freyriesi è messo in atto un vero e proprio apartheid economico sociale che esclude milioni di professionisti, ‘regolamentati’ o no: tra essi centinaia di migliaia di giovani talenti che ogni giorno sfornano idee e progetti indispensabili allo sviluppo dell’Italia, come peraltro è sempre stato nella storia economica italiana dal dopoguerra, dall’esperienza di Olivetti, per arrivare al made in Italy del design, della moda, del cibo, del digitale”.

Non volendo credere ai complotti – continuano gli architetti italiani – ci immaginiamo che ancora una volta la visione miope di un mondo ‘duale’ ottocentesco, composto solo di imprenditori e lavoratori abbia la meglio su una visione strategica e globale, in cui l’economia della conoscenza sia centrale, in cui gli ‘autonomi’ con la loro indipendenza, mobilità e flessibilità accendano scintille di impresa e di internazionalizzazione”.

Nel momento in cui l’Italia dovrebbe implementare i segnali di crescita, coinvolgendo tutta la comunità nazionale e l’energia espressa dalle idee dei professionisti, relegarci in un ghetto fiscale da partita Iva fa male ai nostri redditi, ormai vicini alla soglia di povertà, ma fa malissimo all’Italia che mortifica i suoi talenti migliori”.

Nella lettera, gli architetti italiani chiedono un’immediata revisione dell’Investment compact, “evitandoci l’odioso atto di ricorrere contro il nostro Paese in sede comunitaria per far valere i diritti sanciti agli articoli 48, 81 e 82 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee”, articoli secondo i quali “si deve considerare impresa qualsiasi entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che svolga un’attività economica, incluse in particolare le entità che svolgono un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono regolarmente un’attività economica”.

Inoltre, gli architetti italiani chiedono al Governo e al ministro Guidi di “modificare definitivamente e urgentemente sia nelle politiche e norme già in essere che in quelle future, l’atteggiamento sbagliato di ‘razzismo economico-sociale’ che esclude interi settori della comunità produttiva da incentivi economici e politiche sociali”.

Gli architetti a difesa dell’ edilizia italiana

La crisi dell’ edilizia italiana è una brutta bestia che colpisce trasversalmente tutti i comparti e le professionalità del settore. Imprese costruttrici, fornitori, produttori di materie prime, architetti, ingegneri, tutta la filiera è interessata da una sofferenza che, come dimostrano i dati dell’Istat, in 5 anni è costata all’ edilizia italiana un quarto dei suoi occupati.

A proposito di professionisti che operano nel campo dell’ edilizia italiana, una dura presa di posizione contro le politiche del governo in questo ambito, ritenute inefficaci, miopi e troppo morbide, viene dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “Ora che organi di stampa e personalità pubbliche sembrano aver compreso l’allarme degli architetti italiani, ovvero che mentre si discuteva dell’art. 18 centinaia e centinaia di migliaia di persone rimanevano senza lavoro, il Governo intende finalmente intervenire?”, recita una nota del Cnappc.

Sembra, infatti che solo ora molti si accorgano, Istat in primis, che l’ edilizia italiana ha pagato, con la perdita di mezzo milione di posti di lavoro – ottocentomila per l’Ance – più di ogni altro settore in questi cinque anni di crisi e che il deficit italiano è stato finanziato con una delirante imposizione fiscale sulla casa e sul settore delle costruzioni che ha distrutto il comparto della progettazione e delle costruzioni che era vanto dell’Italia nel mondo”, continua la nota.

Il Consiglio, preoccupato dalle conseguenze che la crisi dell’ edilizia italiana ha sui fatturati degli architetti, ricorda di avere “lanciato l’allarme – senza che i Governi se ne preoccupassero – che la perdita di metà dei fatturati dei progettisti con redditi sotto la soglia di povertà, e per questo motivi costretti a chiudere gli studi o ad emigrare, erano e sono segnali gravissimi per un settore che è trainante per tutta l’economia. L’unico risultato è stato quello di eliminare, in preda ad un furore degno di miglior causa, ogni regola tariffaria in nome di una illusoria idea di ‘concorrenza’ che però non ha toccato i grandi interessi monopolistici, di fare intervenire l’antitrust contro il principio di ‘dignità’ della professione legato ad un minimo di retribuzione dell’attività peraltro stabilito dall’art. 36 della Costituzione, che evidentemente si deve applicare a tutti meno che a noi professionisti”.

E gli architetti rivendicano il proprio ruolo chiave, sia nell’operatività sia nel suggerire proposte per affrontate la crisi dell’ edilizia italiana. “Le nostre proposte – ricorda il Cnappcsulla rigenerazione delle città, sulla manutenzione del territorio, sull’investimento nell’economia delle conoscenza, sulla semplificazione amministrativa, la valorizzazione dei giovani talenti e la promozione della cultura architettonica vista come espressione della cultura e della produttività del Paese sono da molto tempo sul tavolo della politica, anzi nei cassetti della politica, basterebbe aprirli e iniziare a fare per affrontare finalmente la crisi dell’ edilizia italiana”.

POS obbligatorio e sanzioni, l’ira degli architetti

Abbiamo scritto qualche giorno fa dell’idea del governo di introdurre delle sanzioni salate per quanti, esercenti e professionisti, non si sono ancora dotati del POS obbligatorio. Le reazioni delle associazioni professionali di fronte a questa prospettiva non si sono fatte attendere.

Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, nello specifico, ha definito la prospettiva sanzionatoria per quanti non avranno il POS obbligatorioingiusta, anacronistica, punitiva e inutile”.

E ha argomentato punto su punto in una nota i perché di questa presa di posizione contro il POS obbligatorio e le sanzioni: “Ingiusta perché si basa sul presupposto e sul pregiudizio che tutti i liberi professionisti siano evasori fiscali; anacronistica perché impone un’attrezzatura informatica già superata dalla fatturazione elettronica e dai pagamenti effettuabili via smartphone; punitiva perché, per quanto riguarda gli architetti, costi e sanzioni, andranno a colpire giovani che, come dimostra la ricerca del Cresme sullo stato della professione, hanno redditi mensili che oscillano tra 500 e 1000 euro frutto della emissione, nella migliore delle ipotesi, di non più di 10 fatture annue; inutile perché non costituisce in alcun modo un deterrente nei confronti dei pagamenti in nero e dell’evasione fiscale”.

E, a dimostrazione che il POS obbligatorio non va giù agli architetti italiani, la nota conclude: “Viceversa, l’imposizione della ‘macchinetta’ POS sembra avere tutte le caratteristiche di un favore ai suoi produttori e gestori, a scapito di milioni di professionisti. Sembra evidente che per il Senatore Aiello, che ha presentato il ddl, i liberi professionisti non facciano parte della categoria dei consumatori e, in fase elettorale, le campagne del suo partito per affermare il ruolo dei professionisti nell’economia e nel lavoro siano state solo parole al vento”.

L’Ue plaude agli architetti italiani

Importante riconoscimento per gli architetti italiani a livello europeo. Il Commissario europeo per la politica regionale, Corina Cretu, ha infatti inviato nei giorni scorsi una lettera al presidente degli architetti italiani Leopoldo Freyrie nella quale ha ricordato che “l’Unione europea già realizza investimenti volti al rafforzamento dei centri urbani. La politica di coesione dell’Ue poggia sul principio del partenariato, che conferisce maggior voce in capitolo alle autorità locali. Oltre il 50% degli investimenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) verranno destinati, nei prossimi anni, alle aree urbane e di questi investimenti almeno il 5% dei finanziamenti disponibili saranno gestiti direttamente dalle città interessate”.

Una lettera originata dalla diffusione, da parte degli architetti italiani, del cosiddetto “Manifesto per la rigenerazione delle città europee”, presentato a novembre 2014 nel corso del forum EU Cities Reloading.

Un manifesto nel quale gli architetti italiani chiedevano, tra le altre cose, di “avviare una politica integrata per la rigenerazione delle città europee, piccole e grandi, con particolare attenzione alle comunità escluse, come le città lontane dai corridoi infrastrutturali e i quartieri periferici o degradati delle grandi città e di promuovere questa stessa politica presso i Governi nazionali, allentando il patto di stabilità laddove impedisca investimenti pubblici che garantiscano standard minimi di sicurezza e salute dei cittadini e rispetto dell’ambiente”.

Ecco, dunque, il plauso degli architetti italiani alla lettera del Commissario, espresso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori: “Siamo soddisfatti per il vivo apprezzamento dimostrato dal Commissario europeo per la politica regionale, Corina Cretu, riguardo all’impegno degli architetti italiani teso a sottolineare la centralità delle città e la necessità di uno sviluppo urbano sostenibile”.

Luciano Lazzari alla guida degli architetti europei

Il Consiglio degli Architetti d’Europa avrà, per i prossimi due anni, un presidente italiano.
Il prescelto, infatti, è Luciano Lazzari e per il prossimo biennio guiderà circa 500 architetti europei.

Ovviamente, il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, ha accolto la notizia con granze soddisfazione e orgoglio: “questa elezione testimonia l’importante ruolo che l’Italia svolge da tempo per la valorizzazione della funzione civile della professione, per la promozione della qualità dell’architettura, intesa come elemento essenziale del miglioramento dell’habitat, e delle politiche di riuso“.

Il neo eletto ha già individuato le due priorità su cui lavorare: il futuro della professione e la tutela dell’ambiente.
Per centrare questi importanti obiettivi, è previsto anche un focus sul rapporto con le nuove generazioni che si affacciano sul mondo del lavoro, attraverso una migliore sinergia con le scuole di architettura.

Lazzari ha dichiarato che servirà “un rinnovato impegno nell’ambito del regolamento per i lavori pubblici e sul tema della libera circolazione dei professionisti attraverso il riconoscimento reciproco del titolo di architetto tra i Paesi europei e negli altri continenti. Gli architetti debbono essere registi dello sviluppo urbano sostenibile, partendo dal riuso del patrimonio esistente fino all’integrazione delle energie rinnovabili nei nuovi edifici e nei nuovi quartieri. Gli architetti europei posseggono una ricchezza culturale e professionale unica che deve affermarsi sul mercato globale attraverso il rafforzamento della rete internazionale per la promozione dei professionisti europei nei paesi emergenti: è per questo motivo che Ace/Cae deve rafforzare la propria voce di ambasciatore della professione nei confronti della società civile, del mondo politico e delle imprese“.

Vera MORETTI

Gli architetti sul Decreto del Fare

In occasione delle discussioni per la conversione in legge del Decreto del Fare, il Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, ha voluto lanciare un appello in favore dell’approvazione degli articoli 2, 18 e 30.

Il primo, se venisse definitivamente approvato, estenderebbe anche ai professionisti di accedere al Fondo centrale di garanzia, per i quali sarebbero previsti interventi di sostegno all’economia reale e di facilitazione al credito, in questo periodo di crisi necessari più che mai.

Il secondo riguarda invece la messa in sicurezza delle scuole, messe spesso a dura prova da terremoti o disastri naturali proprio perché prive di quelle precauzioni necessarie, e previste dalla legge, a garantire lì‘incolumità di chi le frequenta. Nel medesimo articolo è contenuto il progetto 6.000 campanili, volto a recuperare le piccole opere, anch’esse importanti quanto le grandi infrastrutture.

Il terzo, infine, sulla possibilità di modificare la sagome negli edifici esistenti con SCIA rappresenta un buon equilibrio tra la garanzia della qualità dell’edificato storico e la necessità di rendere energeticamente passivo la gran parte del patrimonio edilizio italiano.

Vera MORETTI

La proroga dell’ecobonus piace agli architetti

La decisione del Governo di prorogare l’ecobonus su efficienza energetica e ristrutturazioni edilizie di sei mesi per i privati e di un anno per i condomini e di aumentarlo al 65% è stata accolta molto positivamente dal Consiglio Nazionale degli architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

Gli architetti, infatti, sostengono che non si può prescindere dalla salvaguardia e dalla valorizzazione del nostro territorio se si vuole garantire al Paese una vera e propria ripresa.
A questo proposito, la categoria ha proposto al Governo una serie di misure finalizzate alla messa in sicurezza degli edifici, spesso in un pericoloso stato di degrado.

Ma, poiché si può sempre fare di più, il Consiglio Nazionale degli architetti chiede, più che una proroga, una vera stabilizzazione degli interventi, per aprire le porte ad interventi più importanti e duraturi e dare la possibilità anche agli investitori di godere del tempo necessario per pianificarne e realizzarne l’utilizzo.

Queste le parole del Consiglio: “Quello che ora è indispensabile – dopo anni di annunci e di investimenti sprecati in grandi opere rimaste per lo più incompiute – è una nuova stagione di politiche urbane mirate al riuso del patrimonio con più attenzione ai territori, all’habitat e alla messa in sicurezza di intere città e di quartieri“.

Vera MORETTI

Architetti: il Governo deve fare di più per i debiti delle PA

La prima mossa fatta dal Governo circa il tentativo di risolvere il problema dei debiti delle PA nei confronti dei professionisti non ha convinto il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

In un comunicato, infatti, viene chiesto di risolvere la situazione radicalmente, perché sarebbe considerato: “assolutamente inaccettabile che si preveda di trascinare questa situazione fino alla fine dell’anno perché per quella data si registrerà semplicemente la morte di migliaia di studi professionali di architettura – che già ora vantano crediti per oltre settecento milioni di euro – con conseguenze drammatiche per le loro famiglie”.

Il Consiglio nazionale, infatti, sottolinea la drammaticità della questione, e denuncia come i professionisti, almeno per ora, non siano rientrati nel programma di recupero crediti, come invece sta accadendo alle imprese.
Il Governo si renda conto, una volte per tutte, sia del ruolo economi sociale che svolgono i liberi professionisti italiani, sia delle loro difficoltà e acceleri dunque i tempi per il loro sostegno; l’adozione di comportamenti dilatori suonerebbe infatti incomprensibile dal punto di vista sociale e irridente verso quanti vedono la propria vita professionale ridotta al lumicino”.

Vera MORETTI

Anche gli architetti contro i ritardi delle PA

I ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione rappresentano una vera e propria piaga, perché ritenuti ampiamente responsabili della situazione critica dell’economia italiana.

Anche Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, è di questo avviso ed appoggia le preoccupazioni manifestate dai presidenti di Confindustria, Anci e Ance in proposito.
La richiesta partita da queste associazioni, ed indirizzata al Governo, è che vengano presi provvedimenti al più presto circa l’autorizzazione alle amministrazioni locali di sbloccare le risorse necessarie per fare fronte ai propri debiti.

Freyrie, infatti, ha dichiarato: “Anche gli architetti italiani ritengono del tutto inaccettabile il fenomeno dei ritardati pagamenti alle imprese e ai professionisti che hanno regolarmente, e da tempo, eseguito il loro lavoro. Questa situazione, infatti, mette a rischio l’esistenza stessa di migliaia di imprese e di studi professionali con effetti a dir poco devastanti su un comparto già duramente provato da una crisi economica che non accenna ad allentare la sua morsa”.

Vera MORETTI

Leopoldo Freyrie scrive a Mario Monti e ai suoi ministri

Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Mario Monti, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà e ai ministri della Giustizia e dello Sviluppo economico Paola Severino e Corrado Passera, affinché, prima delle elezioni, il Governo vari finalmente il regolamento che permetta di avviare le Società tra Professionisti.

La richiesta deriva dalla necessità di avviare apposite società da parte dei liberi professionisti, come già è possibile nel resto d’Europa.
Il carattere di urgenza della richiesta deriva dal fatto che “Ogni ulteriore ritardo sarebbe non solo ingiustificabile ma anche dannoso per oltre un milione di professionisti italiani, in particolare per i giovani che, anche grazie ai provvedimenti da voi stessi adottati quali le startup e le società a 1 euro, si troverebbe, invece, nelle condizioni per un migliore accesso al lavoro, integrando le competenze e mettendo assieme le risorse“.

Freyrie non si ferma qui, ma affronta anche la possibilità di accesso, da parte dei professionisti italiani, alle Reti d’Impresa, e che, finché l’accesso sarà loro negato, “non possono far parte dei G.E.I.E, Gruppo Europeo di interesse economico“.

Il presidente degli architetti conclude con un’ultima richiesta: “Mirare con azioni burocratiche ad hoc, ad impedire ai professionisti di fruire degli stessi vantaggi fiscali delle imprese, appare evidentemente in contraddizione con la volontà di rilanciare lo sviluppo e di creare, nell’interesse generale, nuove opportunità di lavoro“.

Vera MORETTI