Se la PA non paga, l’impresa crolla (e anche il Paese)

 

Il rischio è quello di un cedimento strutturale: dell’impresa prima, del Paese poi.  Sono 19 i miliardi di euro che la PA deve ancora alle imprese impegnate nell’edilizia e nelle opere pubbliche in Italia; pagamenti non ancora onorati che se procrastinati, potrebbero costare alle imprese un conto salatissimo, la chiusura dell’azienda.

Mentre ieri si è svolta a Roma la Manifestazione promossa dall’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per gridare il loro no al Patto di Stabilità che strangola le imprese, Infoiva ha incontrato Paolo Buzzetti, Presidente di ANCE, l’associazione che riunisce i costruttori edili.

Quante sono le imprese vostre associate colpite dalla piaga del ritardo dei pagamenti da parte delle PA?
Quasi tutte le pubbliche amministrazioni pagano in ritardo. In media le imprese attendono 8 mesi in più per vedersi onorare il corrispettivo dovuto ma spesso si arriva anche a due anni. Per questo tutte le nostre aziende che lavorano con la PA , su tutto il territorio nazionale, subiscono l’odioso fenomeno. Un malcostume che per le imprese di costruzione si traduce in 19 miliardi di crediti non pagati.

Quanto è pericolosa per la piccola e media impresa oggi la combinazione fra crisi economica e ritardo nei pagamenti delle PA?
Stretta del credito da parte delle banche e ritardati pagamenti sono un cocktail micidiale per le imprese che di fronte alla mancanza di liquidità non hanno soluzioni se non quella di chiudere. Un meccanismo che ha toccato anche le imprese sane, quelle con lavori in portafoglio, che si sono trovate nell’impossibilità di proseguire i lavori, di pagare i propri dipendenti e i fornitori. Un intero settore industriale, quello delle costruzioni, che rischia di scomparire. Gli sforzi seppur apprezzabili del ministro Passera e del Viceministro Ciaccia hanno però solo scalfito un macigno fatto di politiche depressive e reiterate nel tempo. E’ necessario, quindi, intervenire subito e con maggiore coraggio.

Come commenta la presa di posizione da parte dell’ANCI di affrontare il problema sforando il patto di stabilità per pagare le imprese?
Insieme ai Comuni siamo stati i primi a denunciare l’effetto perverso che un’applicazione così restrittiva del patto di stabilità stava producendo sul tessuto economico e sulle imprese e per questo abbiamo promosso in collaborazione con l’Anci l’iniziativa pubblica del 21 marzo. Una platea di sindaci e imprenditori compatta nel chiedere al Governo un piano immediato di sblocco dei fondi degli enti locali già disponibili. Già nel 2010 tutta la filiera dell’edilizia raccolta negli Stati generali scese in piazza per manifestare una situazione che ormai era divenuta insopportabile. Oggi, a distanza di tre anni, il debito della Pa nei confronti delle imprese di costruzione è cresciuto a dismisura e quasi nullo è stato l’effetto della certificazione dei crediti che il governo Monti ha introdotto nella speranza di smuovere qualcosa. Come sempre il problema va risolto all’origine e cioè è necessario un allentamento del patto di stabilità altrimenti tutti gli sforzi risultano vani e per pagare le imprese non rimane alle amministrazioni che sforare il patto.

Il ritardo nei pagamenti della PA è un male tutto italiano. Perchè?
Il livello del debito pubblico italiano e la necessità di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 hanno imposto all’Italia sacrifici ingenti. Gli enti locali sono stati costretti a tagliare e questo ha generato un meccanismo a cascata che ha finito per sacrificare l’anello più debole ossia le imprese. La cosa più grave è che per tutto questo tempo si è nascosto il problema sotto il tappeto, utilizzando un artificio contabile che fa emergere il debito nel bilancio della Pa solo quando viene pagato. Paradossalmente in questo modo non pagare le imprese significa non avere debiti e quindi essere virtuosi, cosa che in realtà non è. Così facendo non si è fatto altro che scaricare sulle aziende le inefficienze dello Stato.

Quali sono le prime misure che chiedete di mettere in campo al nuovo Governo per fronteggiare questa emergenza?
Sono necessarie poche azioni concrete. Innanzitutto occorre definire un piano effettivo di smaltimento dei debiti pregressi della PA per lavori eseguiti, da concordare con le istituzioni europee come misura una tantum. Proprio su questo punto negli scorsi giorni i Vicepresidenti della Commissione europea Rehn e Tajani hanno aperto a un’ipotesi di superamento dei vincoli del patto di stabilità per il pagamento delle imprese. Con l’Anci abbiamo proposto un Piano in tal senso che prevede lo sblocco di 9 miliardi di euro di fondi disponibili solo nel 2013, una boccata d’ossigeno per le aziende. Ma per modificare davvero questo malcostume occorre inoltre rivedere il Patto di stabilità interno, introducendo una golden rule che salvaguardi la componente di investimento nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e applicare pienamente la direttiva europea sui ritardati pagamenti per i nuovi contratti anche nel settore dei lavori pubblici.

Alessia CASIRAGHI

Faccio le valigie e vado in Carinzia

 

Cinquanta imprenditori, tutti provenienti dalla Regione Veneto, pronti a fare le valigie e a trasferire la propria azienda oltreconfine, ma non troppo. Meta: la Carinzia. Provocazione o reale opportunità?

Mentre in Italia la pressione fiscale sale alle stelle, gli incentivi per piccola e media impresa si fanno sempre più ristretti, fare impresa all’estero può trasformarsi in una reale possibilità di crescita.

Ma l’Italia della piccola e media impresa è davvero come la descrivono? Si può fare qualcosa di più?

Infoiva lo ha chiesto a Alessandra Polin, imprenditrice veneta che insieme a Sandro Venzo, anima del movimento dei 50 imprenditori, in Carinzia a fare un sopralluogo ci è andata davvero.

Di che cosa si occupa la sua azienda? 
La mia azienda si occupa di produzione e vendita di filtri per l’aria (unità di trattamento aria, aziende ospedaliere, farmaceutiche, industrie) ed è nata nel 1963 dall’ingegno di mio nonno, di ritorno dagli Stati Uniti dove era emigrato. Ha iniziato il suo percorso imprenditoriale aprendo una ditta individuale e nel 1982 si è trasformata in Generalfilter Italia, mentre nel 1986 è diventata una Società per azioni. Nel 1990 abbiamo aperto la prima filiale estera, Generalfilter Iberica, in Spagna ad Arganda del Rey (Madrid) e più recentemente abbiamo installato un sito produttivo in Turchia , Generalfilter Havak (prevalentemente per il mercato del Medio Oriente) e una sede commerciale in Francia, Generalfilter France. In Italia la nostra azienda fattura circa 15.000.000 euro e dà lavoro a circa 110 collaboratori.

Che cosa spinge un imprenditore non più solo a delocalizzare la produzione ma a trasferire l’intera azienda fuori dall’Italia?
Il nostro intento non è quello di creare disoccupazione in Italia, vogliamo però che cambi in Italia il modo di percepire l’imprenditore e l’azienda, che devono essere considerati un valore aggiunto. Confesso che allo stato attuale delle cose, se dovessi pensare a investimenti futuri per la mia azienda, mi guarderei intorno perchè ci sono Paesi che offrono numerosi vantaggi per chi fa impresa. Al contrario dell’Italia, dove oggi un imprenditore è spinto ad andare all’estero dalla tassazione che ha raggiunto picchi elevatissimi (lo scorso anno l’84% del mio utile si è volatilizzato per il pagamento delle imposte), dall’IMU,  dalla burocrazia farraginosa, dalla mancanza di stabilità normativa, e ancora la difficoltà di accesso al credito, i rapporti sindacali che penalizzano gli imprenditori…insomma, per essere competitivi almeno in Europa, dobbiamo giocare tutti con le stesse regole!

Quali sono le tasse che gravano maggiormente sulle piccole e medie imprese in Italia? 
Le tasse che si pagano in Italia rispetto alla Carinzia, sono decisamente più rilevanti… L’Ires italiano è molto simile alla tassazione carinziana, ma lì non esiste l’Irap che grava in maniera pesante sulle imprese, soprattutto sulle imprese che decidono di assumere collaboratori, quindi, per assurdo è tassato di più chi crea occupazione.

Essere una piccola o media impresa in Italia è un vantaggio o uno svantaggio?
Essere una media impresa oggi nel nostro Paese è uno svantaggio a partire ad esempio, dall’articolo 18, applicabile per aziende oltre i 15 dipendenti: la riforma del lavoro sembra studiata ad hoc per disincentivare le assunzioni. Piccole imprese o start up si scontrano inoltre con il problema sempre più grave dell’accesso al credito e del supporto attivo in fase di avvio. Per non parlare della questione dei crediti incagliati, ovvero quando i clienti non pagano le fatture e il recupero di liquidità diventa difficoltoso.

La regione Veneto offre incentivi a chi vuole aprire una nuova attività imprenditoriale o per chi vuole puntare sulla ricerca e innovazione per la propria azienda?
Esistono dei bandi finanziati dalla Regione ma sono di difficile accesso e in ogni caso non coprono molte delle spese necessarie. In Carinzia al contrario è possibile usufruire di contributi fino al 60% per le aziende che fanno ricerca e sviluppo, e quindi è naturale che molti imprenditori sono incentivati a spostarsi…

Perché proprio l’Austria e la Carinzia?
Perchè è vicina e facilmente controllabile! Noi non vogliamo, come accaduto nel passato per alcuni imprenditori, andare alla ricerca del paradiso fiscale o della manodopera a basso costo (e spesso di scarsa qualità), noi vogliamo essere sostenuti nel fare impresa dal Paese. E’ questa la grande novità!

Che cosa vi aspettate dal nuovo Governo? Quali misure dovrebbe mettere in campo per evitare la fuga non solo di cervelli, ma di intere imprese?
Vogliamo una politica industriale diversa, meno burocrazia, poche regole e certe, un taglio dei costi dello Stato che possa tramutarsi in una diminuzione delle tasse per tutti, in grado di far ripartire i consumi, e ancora diversi rapporti sindacali… Dobbiamo partire dal presupposto che siamo tutti partner che servono a far andare avanti il Paese, non organismi in lotta tra loro.

Alessia CASIRAGHI

Se lo Stato mette in ginocchio l’edilizia

L’emorragia della piccola e media impresa della filiera edile in Italia sembra destinata a non fermarsi: imprese che chiudono, soffocate dai debiti o dall’assenza di liquidità, dalla domanda interna in forte calo, ma anche e soprattutto a causa dell’insolvenza dei ‘grossi’ creditori,  Stato e Enti locali in primis.

Ma come reagisce il settore dell’edilizia a questa crisi? Il settore dell’export e le commesse provenienti dai Paesi esteri possono almeno in parte arginare le crepe strutturali, almeno dal punto di visto economico, che ormai affliggono l’industria nostrana?

Infoiva lo ha chiesto a Massimo Trinci, segretario generale di Feneal Uil, la Federazione Nazionale Lavoratori dell’Edilizia industrie affini e del Legno.

I numeri parlano da soli: la crisi del settore edile in Italia vale 72 Ilva. Perché c’è silenzio su questa strage?
E’ una strage silente quella che sta dilaniando il settore delle costruzioni, ed è sempre stato così, ma questa volta dietro i numeri ci sono migliaia di persone, famiglie e professionalità che vengono distrutte quotidianamente. Tutto questo ha poca risonanza sui mass media rispetto a quello che accade nelle grandi industrie perché riguarda un sistema produttivo, come il nostro, estremamente frammentato, costituito da piccole e piccolissime imprese in cui in media lavorano 5 dipendenti. Globalmente nel settore ci sono 2,4 dipendenti per impresa ed, inoltre, si tratta di un lavoro temporaneo e precario dove molto spesso alla fine di una commessa le imprese licenziano i dipendenti e la cosa purtroppo fa notizia soltanto quando un imprenditore o un operaio, in preda alla disperazione, finisce per suicidarsi.

Come si riflette sul fatturato dei vostri associati questa crisi?
Parliamo di una diminuzione di operai iscritti al sistema casse edili dal 2008 al 2012 del 31% di manodopera, circa 250 mila operai che corrispondono ad una diminuzione globale del settore di circa 500 mila occupati. La diminuzione del monte salari è del 25%.

Esistono realtà più strutturate, attive anche sul mercato estero, e che in tal modo riescono a tenere a freno l’emorragia della domanda interna in Italia?
Le grandi imprese strutturate riescono a resistere alla crisi e sopravvivere proprio perché hanno un fatturato per i lavori all’estero superiore al 60% della loro attività ma purtroppo questo incide poco sulla manodopera italiana in quanto il sistema impresa è organizzato in modo tale che in maniera ridotta venga utilizzato personale italiano e specializzato, mentre la maggior parte della manodopera, per ragioni ovvie, è locale.

La crisi si riflette maggiormente sull’edilizia residenziale o anche su quella commerciale/produttiva?
L’unico settore che risente meno della crisi è quello della ristrutturazione e riqualificazione dell’edilizia residenziale.

Quanto vi preoccupa la stretta del credito che ha fatto crollare le concessioni di mutui per l’acquisto delle case?
Moltissimo, in quanto la stretta del credito non riguarda solo la concessione dei mutui ma anche e soprattutto la questione dell’insolvenza dei debiti dello Stato e degli enti locali nei confronti delle imprese. Non è più accettabile e sostenibile che lo Stato, mentre esige dai cittadini il pagamento delle tasse e dei contributi, non paghi i debiti contratti. Proprio a causa di ciò moltissime imprese sane stanno o hanno già chiuso mentre continuano a sopravvivere quelle che ricorrono al lavoro nero o utilizzano capitali di provenienza illegale.

Banche, pubblica amministrazione, politica, burocrazia: chi ha più colpe in tutto questo? Ci siamo dimenticati di qualcuno?
La colpa è indubbiamente di tutti i soggetti citati. La finanza ha monopolizzato l’economia che a sua volta governa la politica e la crisi è diventata recessione dell’economia reale. Che si voglia o no dalla crisi se ne esce insieme e solo se l’Europa comincerà a usare le risorse per finanziare lo sviluppo.

Che cosa serve secondo voi per uscire dalla palude?
Come provvedimento immediato noi crediamo che lo sblocco della legge di stabilità possa liberare subito risorse concrete, utili alle amministrazioni pubbliche sane, per pagare le imprese e finanziare nuovi e indispensabili progetti, che vanno dall’edilizia scolastica alle piccole infrastrutture. Ma per uscire dalla crisi occorrono molti altri investimenti, innanzitutto per la tutela e la salvaguardia del territorio, atti a prevenire calamità naturali e proteggere il nostro patrimonio storico-artistico dall’incuria, e poi per lo sviluppo di un piano di grandi infrastrutture. Tutto ciò non senza l’affermazione di un diverso concetto di sviluppo dell’edilizia basato su sostenibilità e qualità, e che non sia più solamente incentrato sulla costruzione di nuove abitazioni e di seconde case, come era fino al periodo pre-crisi, ma che essenzialmente sia diretto al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente secondo canoni di risparmio energetico e di bioedilizia. Questo aiuterebbe non solo il settore ma tutto il Paese. Infatti la grande ricchezza dell’Italia è rappresentata proprio dal suo territorio, dalle sue bellezze naturali ed artistiche, oltre al fatto che per la sua posizione al centro del Mediterraneo lo sviluppo infrastrutturale è l’unico modo per valorizzare la sua collocazione.

 

Alessia CASIRAGHI

Sapori di Puglia, tra masserie e agriturismi

Turismo enogastronomico e ambientale sembrano essere le voci preferite dagli italiani in questa calda Estate 2012. La voglia di trascorrere il tempo libero all’aria aperta o di gustare i sapori del territorio, il cibo cosiddetto a Km 0, valgono più di resort da sogno e notti da vivere fino all’alba. Continua la ricerca di Infoiva su e giù per lo stivale per dare voce alle realtà del settore turistico italiano che vedono maggiormente impegnata la piccola e media imprenditoria.

In Puglia masserie e  agriturismi continuano ad esercitare enorme fascino su turisti italiani e stranieri, che desiderano coniugare la vacanza balneare alla scoperta delle particolarità regionali in materia enogastronomica. Per fare il punto sulla situazione del turismo nel tacco d’Italia, fra innovazione e tradizione, mare cristallino e entroterra incontaminato, abbiamo deciso di dare la parola a Silvia Godelli, Assessore al Mediterraneo, Cultura, Turismo della Regione Puglia.

Estate 2012 in Puglia: qual è il bilancio dei primi mesi?

Dall’indagine conoscitiva realizzata dall’Osservatorio turistico regionale, in collaborazione con Isnart e Unioncamere, per rilevare l’andamento delle prenotazioni per l’estate 2012 e la percezione complessiva degli operatori turistici in merito al suo andamento, è emerso che ad inizio giugno 2012 il 37% circa delle camere disponibili risultavano essere prenotate. Bene anche il mese di luglio seguito dal picco stagionale di agosto al quale, sin da giugno, corrispondeva un tasso di prenotazione del 41%.

Quali sono le località della Puglia più richieste per questa estate?
Dalle prenotazioni emerge che la stagione favorisce soprattutto il comparto ricettivo della provincia di Lecce, che finora ha ricevuto prenotazioni per oltre la metà delle camere disponibili (in media il 56%): 47% a giugno, 51% a luglio, 53% ad agosto. I tassi più bassi (il 20% delle prenotazioni sul totale camere) si registrano nella provincia di Bari che, con il capoluogo, è prevalentemente una destinazione destagionalizzata di business e cultura. Buone performance anche per il Gargano, l’area dell’Arco ionico tarantino e la Valle d’Itria.

Quale tipologie di strutture alberghiere vengono predilette? 
La necessità di risparmio dei turisti/viaggiatori potrebbe penalizzare in particolare il settore alberghiero che, secondo l’indagine ISNART-Unioncamere, fa registrare in Italia nei primi tre mesi del 2012 un calo del tasso di occupazione camere del -7% rispetto allo stesso periodo del 2011. Nel dettaglio, in Puglia, si evidenziano tassi di prenotazione più elevati per le residenze turistiche alberghiere (56%), i 5 stelle (47%) e i campeggi (42%). Le masserie e gli agriturismi continuano ad esercitare enorme fascino su quanti alla vacanza balneare vogliano coniugare il turismo rurale ed enogastronomico.

La Puglia è meta di turismo prevalentemente italiano o anche straniero?
La componente straniera, che ha fatto registrare elevati tassi di crescita degli ultimi anni, incide sul totale degli arrivi e delle presenze per il 16%. Il processo di internazionalizzazione, avviato nel 2005, sta portando ad un aumento delle quote straniere:  dal 2009 al 2011, l’incoming dall’estero è cresciuto di 2,77 punti percentuali per gli arrivi e del 2,16 per le presenze. Nel confronto con le altre regioni italiane, nel biennio 2008-2010, la Puglia è stata la seconda regione per variazione delle presenze straniere, pari a +7,87%, la più alta dopo la Lombardia, che ha aumentato la quota di turismo straniero del 12,41%. Con più di 100mila arrivi nel 2011 la Germania si conferma il primo mercato di riferimento, seguita da Francia, Giappone e Svizzera. Per quanto concerne la domanda nazionale è la stessa Puglia il primo mercato, ovvero il turismo domestico rappresenta il 22% del totale italiano.

Quali iniziative sono state promosse dalla Regione per favorire il turismo straniero?
Oltre alla partecipazione alle principali Fiere internazionali di settore con stand tematici e azioni di promo-commercializzazione dei prodotti turistici pugliesi, l’Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo e l’Agenzia Puglia promozione hanno attuato due grandi campagne di comunicazione in Russia e Germania.
La Puglia offre ai turisti non una semplice vacanza ma un’esperienza di viaggio, fatta di conoscenza diretta dei pugliesi, del loro stile di vita e della loro terra. Tutto ciò è racchiuso nel claim “100% Puglia style”, la campagna di comunicazione che tra aprile e maggio ha raggiunto i principali target cui è destinata la promozione della destinazione turistica Puglia in Russia, attraverso l’area metropolitana di Mosca.
Quest’estate, proseguendo e innovando il fortunato ciclo di Città Aperte, è partito il progetto “Open Days” dove valorizzazione e fruibilità del patrimonio regionale si declinano in iniziative che si svolgono in contemporanea in tutta la regione, come in una grande sightseeing tour per i turisti. Con “Open Days” l’inaccessibilità diventa accessibilità sostenibile, patrimonio collettivo, bene comune. Oltre 150 Beni del patrimonio culturale, in 54 Comuni; mille eventi per 54 comuni; 20 tra parchi e aree protette che interessano circa altri 60 Comuni.

Tre motivi per trascorrere una vacanza in Puglia
Resta tra i luoghi più affascinanti e incontaminati del Mediterraneo europeo, è divertente, è economica.

Quanto ha inciso l’applicazione dell’IMU sul bilancio delle strutture alberghiere? Quali conseguenze avrà?
L’Osservatorio turistico regionale sta portando a termine un’analisi per misurare l’impatto dell’IMU sui bilanci delle strutture ricettive pugliesi. Di certo si è trattato di un ulteriore aggravio fiscale ma appare prematuro creare allarmismi.

I piccoli imprenditori del turismo sono stati costretti a ridurre le unità del personale alberghiero? Se sì, in che percentuale?
A soffrire maggiormente del calo generalizzato dei consumi potrebbero essere le grandi strutture alberghiere per le quali i costi fissi sono più elevati. Semplici politiche di pricing al ribasso possono essere dannose in quanto abbassano i margini di guadagno. Piuttosto una differenziazione dell’offerta e un adeguamento dei servizi alle esigenze di una domanda che valuta sempre di più il value for money, inteso come rapporto qualità prezzo, appare essere la miglior strategia perseguibile. Va comunque segnalato che dal 2010 al 2011 la Puglia ha registrato un aumento complessivo degli addetti al settore turistico pari al 19,5%.

In Puglia una soluzione di alloggio molto diffusa è la masseria. Se dovessimo tracciarne un profilo, quante sono? Dove sono diffuse? Qual è il plusvalore di trascorrere una vacanza in una masseria?
Le masserie sono un’espressione tipica del paesaggio agricolo e turistico della Puglia. Il repertorio delle masserie presente nel territorio regionale si caratterizza per numerosissime declinazioni, ciascuna delle quali rappresenta un esempio unico. Il numero delle masserie distribuite nel territorio regionale è rilevante, di queste circa 1.400 sono state riconosciute di particolare rilevanza storica e appartengono tanto a enti pubblici territoriali, come i Comuni, quanto ad alcuni privati. Le masserie la cui attività prevalente o esclusiva è riconducibile all’ospitalità, nel 2011 sono oltre 200, di cui il 23% alberghi, il 30% circa agriturismo, e il restante in B&B e altre tipologie. Le masserie contribuiscono all’offerta ricettiva pugliese con 2.000 camere circa e 4.200 posti letto, di cui oltre il 28% disponibili nelle strutture alberghiere. La maggior concentrazione di masserie si trova nella provincia di Lecce (45% ), seguita dalla provincia di Brindisi ( 13%) e di Bari ( 10%), il resto è distribuito tra le altre province di Foggia, Taranto e Barletta – Andria – Trani.
Le masserie offrono un contributo significativo alla destagionalizzazione dei flussi, anche per effetto dell’attivazione di numerosi servizi accessori volti a valorizzare l’identità e la cultura locale, come ad esempio l’attivazione di corsi di cucina pugliese e la creazione di eventi esclusivi per far conoscere l’identità del territorio, la produzione di prodotti e piatti tipici volti ad attrarre il turista enogastronomico.

Se un piccolo imprenditore dovesse decidere di aprire una masseria, la Regione offre incentivi (sgravi fiscali, aiuti finanziari) in tal senso?
Il nuovo regolamento varato dalla Giunta regionale (con delibera n. 257 del 14.2.2012) introduce importanti novità per incentivare l’offerta turistica made in Puglia. Di fatto, il Contratto di Programma regionale, incentivo destinato fino ad oggi alle grandi imprese del manifatturiero, per la prima volta viene esteso al mondo del relax, del tempo libero e delle vacanze,  con la nascita del Contratto di Programma Turismo. Il Titolo II Turismo, un incentivo che fino ad oggi ha riservato aiuti per le piccole e microimprese, col nuovo regolamento è destinato anche alle aziende di media dimensione. Allo stesso tempo – ed è la terza novità ‐ si amplia la tipologia delle opere finanziabili collegate alla struttura recettiva principale: per la prima volta potranno essere agevolati i parchi tematici, gli immobili di pregio e i teatri privati.
Così la Regione, che ha ammesso a finanziamento fino ad oggi con gli aiuti “Titolo II” e “PIA Turismo” investimenti per 98,8milioni di euro (di cui 35,4 le agevolazioni), guarda al futuro, con un occhio attento alla congiuntura economica e l’altro ad uno sviluppo dell’industria turistica rispettoso del territorio, senza mai dimenticare la domanda di lavoro.

Come si incentiva il turismo in un momento di crisi?
In questo momento di particolare difficoltà per la congiuntura economica internazionale, abbiamo voluto essere al fianco degli operatori turistici con il potenziamento degli strumenti di pianificazione promozionale e di sostegno alle imprese, che costituiscono anche una preziosa leva di controllo della qualità del brand, dello sviluppo sostenibile e del customer satisfaction come obiettivo strategico.

Alessia CASIRAGHI

Gli italiani hanno fame: la parola all’esperto

Gli italiani si sono messi a dieta. E non certo per questioni estetiche, ma più di portafoglio. Se le statistiche diffuse dallIstat rivelano che la spesa media mensile per famiglia nel 2011 è stata pari a 2.488 euro ( segnando +1,4% rispetto al 2010), quello che è cambiato è il modo di consumare degli italiani, soprattutto per quanto riguarda il settore dei prodotti agroalimentari.

Coldiretti denuncia il calo nell’acquisto di prodotti ortofrutticoli e di alimenti come carne e pesce, a cui si aggiunge una particolare tendenza verso il ‘fai da te’ casalingo: con l’aumento record negli acquisti di farina (+8 %), uova (+6 %) e burro (+4 %), i cittadini dimostrano come sia meglio, e soprattutto più economico preparare in casa pane, pasta, conserve e yogurt.

Non solo. Il dato che emerge con maggior evidenza riguarda la scelta di acquistare i prodotti alimentari non più attraverso il canale classico del supermarket, ma attraverso le catene di discount e hard discount. Si compra meno, e soprattutto si guarda meno alla qualità di quello che si porta in tavola.

Questo fenomeno è destinato a ripercuotersi inevitabilmente sulle piccole e medie realtà di produttori agricoli e di beni alimentari, che ricevono sempre meno richieste e si trovano costretti a vendere a prezzi più bassi, contraendo il loro indotto economico. Dall’altro lato è in forte crescita il fenomeno dell’agricoltura a Km zero e degli orti urbani (quasi una famiglia su 3 in Italia possiede un orto, sempre secondo Coldiretti).

Che cosa dovrebbe fare allora la piccola e media impresa del settore agroalimentare per venire incontro alle esigenze del consumatore finale?
La parola all’esperto: ecco cosa ne pensa Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori, su come siano cambiate oggi le abitudini dei consumatori italiani.

Stiamo assistendo all’aumento esponenziale della tendenza ad acquistare prodotti alimentari nei discount. Lo denuncia Coldiretti, lei cosa ne pensa?
Occorre fare chiarezza. Innanzitutto questa tendenza c’è da anni, ma adesso stiamo assistendo alla sua consacrazione. Il consumo di prodotti agroalimentari, come tanti altri prodotti di altri settori, sta calando. Ed è gravissimo, perché non è che tutti gli italiani si siano improvvisamente messi a dieta, ma piuttosto è calato il loro potere d’acquisto. I cittadini comprano di meno in quantità, ma la cosa più grave è che comprano minore qualità, preferendo utilizzare gli hard discount o altri canali di approvvigionamento che non sempre sono sinonimo di qualità. Le famiglie italiane acquistano prodotti che costano di meno, mettendo in gioco anche la qualità stessa che sta all’origine delle produzioni.

E’ possibile differenziare il fenomeno e dire di una maggior diffusione di supermercati al Nord e di discount al Sud?
I cittadini si comportano sempre nello stesso modo: laddove ci sono gli hard discount, sia al Nord che al Sud, preferiscono puntare al risparmio, anche a discapito della qualità.

Coldiretti ha proposto come alternativa per il risparmio, l’acquisto di prodotti a Km zero o direttamente dai produttori agricoli. Una soluzione vincente o un fuoco di paglia?
Di norma comprare a km zero costa di meno. Ma c’è di più: esiste un protocollo d’intesa, siglato tra FederConsumatori e Coldiretti, che prevede che i mercati di Campagna Amica, a km zero, siano tenuti ad applicare uno sconto del 30% sui propri prodotti rispetto alle medie dei prezzi applicati in quel territorio.

Che cosa, allora, ne pensa del fenomeno degli orti urbani?
Un fenomeno ancora poco diffuso in Italia. Magari ce ne fossero di più. Li si intravede soprattutto nelle periferie delle grandi città, o a Roma e Bologna. Io sono per il sostegno e per lo sviluppo di queste realtà, perché permettono al cittadino di risparmiare.

Come cambia l’atteggiamento di chi acquista?
Il consumatore si adegua, cercando di risparmiare. La sua battaglia consiste nel cercare di aumentare il suo potere d’acquisto. In una fase in cui il potere d’acquisto è basso, per non dire bassissimo, usa l’arte dell’arrangiarsi: discount, mercati, produttori agricoli. Fa qualche passo in più alla ricerca di un posto dove sia possibile spuntare un prezzo migliore. Tiene gli occhi aperti sulle promozioni.

Federconsumatori come aiuta il cittadino?
Noi continuiamo a fare il nostro lavoro di denuncia e sensibilizzazione. Non abbiamo nessuno potere se non la forza della denuncia.

Alessia CASIRAGHI

CNA Roma: tutti gli artigiani della capitale a portata di smartphone

 

di Manuele MORO

La vostra auto fa le bizze e siete alla disperata ricerca del meccanico più vicino? Oppure vi serve un idraulico per sistemare un tubo che perde? Bene, da oggi potete mettere definitivamente in soffitta le tradizionali pagine, bianche, gialle o utili che siano. Non dovete nemmeno accendere il vostro PC e chiedere aiuto ad Internet.

Tutte le informazioni che vi servono su artigiani e imprese, infatti, sono ora disponibili direttamente sul vostro smartphone e facilmente consultabili in pochi click. Come? Grazie ad una nuova applicazione mobile creata dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa.

L’iniziativa per ora riguarda la sola città di Roma, ma considerando anche il soggetto promotore sembrano esserci tutte le premesse affinché il progetto venga progressivamente esteso a tutte le altre maggiori città d’Italia, fino a coprire auspicabilmente l’intero territorio nazionale.

Presentata in occasione dell’evento Arti & Mestieri, tenutosi qualche settimana fa nella città capitolina, CNA Roma, questo il nome dell’applicazione, è costruita su un database di oltre 2000 attività imprenditoriali nelle più diverse aree di mercato: dall’enogastronomia fino all’alta oreficeria, passando per fabbri, falegnami, meccanici e farmacisti.

Ogni azienda ha una propria scheda, contenente tutte le tradizionali informazioni di contatto (numero di telefono, email, indirizzo fisico, sito web), una breve descrizione commerciale e una mappa per calcolare il percorso più rapido per raggiungere la meta. Dal punto di vista dell’utente, inoltre, molto interessante è la possibilità di attribuire un voto in base alla qualità del servizio ricevuto.

CNA Roma è in realtà già alla versione 2.0, ma la nuova release introduce sostanziali novità rispetto alla precedente, pur mantenendone invariata l’impostazione di base. Oltre alla rinnovata veste grafica, da segnalare innanzitutto l’ottimizzazione del software, ora disponibile anche su tablet, con una significativa crescita del bacino potenziale di diffusione rispetto alla comunque ragguardevole cifra di 8000 download già raggiunta.

Estremamente utili, poi, sono le due nuove funzionalità Affari e SOS: la prima raccoglie tutti gli sconti e le promozioni che le aziende della capitale offrono al cittadino in ogni dato momento, mentre la seconda permette di trovare rapidamente aiuto in caso di emergenza, contattando ad esempio l’ambulatorio medico o l’ascensorista più vicino all’utente.

L’applicazione Cna vuole essere un punto di incontro virtuale per gli artigiani romani e la loro potenziale clientela”, afferma Lorenzo Tagliavanti, direttore della Cna Roma. “Abbiamo investito molto in questo progetto, con l’idea di sfruttare le tecnologie più avanzate per offrire sia alle piccole imprese sia al cittadino un servizio altamente qualificato”.

CNA Roma è disponibile gratuitamente su Apple Store, Android Market e Windows Marketplace.