Quanti impiegati ha una piccola impresa e quali sono i limiti ed i valori di fatturato

Il numero degli impiegati, ed i valori del fatturato, sono i parametri chiave che in Italia si utilizzano per identificare le imprese. Ovverosia, per distinguerle tra micro imprese, piccole imprese, medie imprese e grandi imprese.

Vediamo allora di approfondire, nel dettaglio, quali sono i parametri che nel nostro Paese identificano un’attività imprenditoriale come rientrante tra le piccole imprese. E quindi andiamo a vedere, nello specifico, quanti impiegati deve avere una piccola impresa, ed anche quali sono i limiti ed i valori di fatturato che devono essere rispettati per essere definita tale.

Cos’è una piccola impresa e quando può essere definita come tale

Sulla piccola impresa in Italia, prima di tutto, c’è da dire che questa forma, in tutto e per tutto, l’ossatura del sistema imprenditoriale nel Paese. La piccola impresa, insieme alla micro impresa, infatti, copre numericamente oltre il 95% delle imprese italiane.

Con la micro, la piccola e la media impresa che sono identificate con la sigla PMI. Detto questo, una piccola impresa per essere definita tale deve avere meno di 50 impiegati, e deve avere pure un fatturato annuo al di sotto della soglia dei 10 milioni di euro.

Inoltre, una piccola impresa con meno di 50 impiegati è definita tale pure quando non il fatturato, ma il suo bilancio è inferiore sempre alla soglia dei 10 milioni di euro. La differenza sta nel fatto che per il fatturato si guarda ai ricavi dell’anno precedente, mentre per il valore del bilancio si considerano le previsioni di ricavo dell’anno corrente o di quello a seguire.

Come si conteggiano gli impiegati di una piccola impresa per il rispetto del limite dei 50 lavoratori

Per il calcolo del numero dei dipendenti, inoltre, non tutti i lavoratori sono conteggiati allo stesso modo. Sono infatti esclusi dal conteggio non solo gli stagisti, ma anche le lavoratrici in maternità ed i lavoratori con il contratto di apprendistato. Così come il conteggio per i lavoratori part-time, rispetto a quelli a tempo pieno, è sempre parziale.

Qual è il limite di essere una piccola impresa

Per dimensioni, inoltre, la piccola come la media impresa spesso ha difficoltà non solo ad accedere al credito, ma anche ad attrarre capitali e quindi nuovi investitori. Per questo in Italia, a livello statale come regionale, sono costanti le politiche economiche ed anche finanziarie di sostegno alle PMI.

Microimpresa e piccola impresa, il confronto e quali sono le differenze

In Italia le imprese sono denominate e sono classificate sia in base al numero dei dipendenti, sia in ragione del loro fatturato annuo. Per esempio, in Italia ci sono tantissime microimprese, e lo stesso dicasi per la cosiddetta piccola impresa. Vediamo allora di fare il confronto tra le due, e vediamo anche di capire quali sono le differenze tra microimpresa e piccola impresa.

Cos’è una microimpresa

Nel dettaglio, in Italia sulle microimprese c’è da dire, prima di tutto, che queste rientrano tra le PMI, ed hanno meno di 10 dipendenti. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 2 milioni di euro.

Cos’è una una piccola impresa

La piccola impresa, invece, è un po’ più grande di una microimpresa. Dato che rientrano tra le piccole imprese le attività imprenditoriali che occupano meno di 50 lavoratori. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 10 milioni di euro.

Come si calcola il numero degli occupati nelle microimprese e nelle piccole imprese

Per il calcolo del numero degli occupati in una microimpresa, e lo stesso dicasi per una piccola impresa, sono conteggiati gli impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, e quelli con contratto a part-time. Mentre non sono conteggiati gli apprendisti, le lavoratrici in maternità e gli stagisti.

Quindi, una micro impresa può avere meno di 10 dipendenti, e classificarsi come tale, ma può avere pure stagisti e apprendisti, non conteggiati, così come avviene spesso per le microimprese e per le piccole imprese che sono operanti nel settore dell’artigianato.

Quali sono gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese, occhio alla fatturazione elettronica

Tra gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese ricordiamo che c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, molti contribuenti in regime fiscale forfettario rientrano tra le microimprese. Ma anche per loro, con ricavi o compensi sopra i 25.000 euro, dall’1 luglio del 2022 è scattato l’addio all’emissione di fatture cartacee.

Per la fatturazione elettronica le microimprese e le piccole imprese possono utilizzare dei software accreditati. Oppure, senza mai spendere un euro, c’è l’app FatturAE ed il portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ dell’Agenzia delle Entrate.

Micro, Piccola e Media Impresa: definizione e differenze

Diverse volte nel trattare argomenti inerenti le imprese e in particolare obblighi, aiuti, agevolazioni, si è visto che la normativa di riferimento ha come soggetto destinatario Micro, Piccola, Media Impresa (PMI), mentre imprese di grandi dimensioni sono destinatarie di norme diverse, a questo punto è bene cercare di delineare le differenze e soprattutto i confini tra queste varie forme.

Definizione di Micro, Piccola e Media Impresa

La disciplina che definisce le varie tipologie di imprese è prevista dall’Unione Europea e in particolare dalla Raccomandazione UE n. 2003/361/CE che è stata recepita con il decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18 aprile 2005 .

L’Unione Europea definisce come impresa ogni entità che svolge un’attività economica, quindi rientrano tra le imprese gli artigiani, le attività commerciali, ditte individuali, associazioni che svolgono attività economica.

Le differenze tra Micro, Piccole, Medie e Grandi Imprese vengono fatte avendo in considerazione 3 parametri, cioè il numero dei dipendenti, il fatturato dell’esercizio e il totale attivo del bilancio che rappresenta l’insieme degli averi di un’impresa.

In base all’articolo 2 del decreto ministeriale che recepisce la Raccomandazione dell’Unione Europea:

  • possono essere definite Micro Imprese quelle che hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo, o un totale di bilancio, inferiore a 2 milioni di euro;
  • sono definite Piccole Imprese quelle che hanno meno di 50 occupati e un fatturato annuo o totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro;
  • sono invece definite Medie Imprese quelle che hanno meno di 250 occupati e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro o totale di bilancio attivo inferiore a 43 milioni di euro.

Come devono essere valutati i requisiti

I requisiti visti non devono essere alternativi ma cumulativi cioè devono coesistere, quindi se un’impresa ha 11 dipendenti, ma un fatturato annuo inferiore a 2 milioni di euro, comunque ricade nella piccola e non nella micro impresa. Lo stesso discorso può essere fatto per un’impresa che ha 48 dipendenti ( quindi ricadrebbe nelle piccole imprese), ma un fatturato di 11 milioni di euro che deve quindi essere considerata media impresa e non piccola.

Il decreto precisa anche la natura degli elementi da considerate. Per occupati infatti si intende coloro che hanno un rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato o un contratto che comunque delinea un vincolo di dipendenza. Ad esempio i collaboratori occasionali non fanno parte degli occupati. Per fatturato invece si intende l’importo netto del volume di affari che comprende i proventi di vendite e prestazioni di servizio diminuiti dell’IVA e delle altre imposte connesse al volume di affari. Il bilancio comprende invece anche il patrimonio dell’impresa.

Si è visto che in alcuni casi le imprese non sono tenute alla redazione del bilancio, oppure per le attività di nuova costituzione non sono ancora disponibili tali dati, in questo caso per ricavare la qualificazione dell’impresa si fa riferimento esclusivamente al numero dei dipendenti. Ad esempio coloro che hanno scelto il regime forfettario non hanno l’obbligo di tenuta delle scritture contabili.

Associazioni di imprese e imprese collegate

In caso di associazioni di imprese per determinare la categoria entro la quale deve essere inserita l’impresa, si deve fare riferimento al fatturato aumentato della percentuale in cui l’impresa stessa partecipa alla associata.

Differente è il trattamento per le imprese collegate, in questo caso infatti c’è un’impresa che ha un ruolo dominante all’interno dell’altra, ad esempio attraverso la maggioranza dei voti in assemblea, in questi casi se le due imprese collegate non redigono il bilancio consolidato, per determinare la categoria di un’impresa devono essere sommati i risultati di entrambe.

La distinzione fatta tra Micro, Piccole, Medie Imprese e imprese di grandi dimensioni è importante per alcuni auiuti, ad esempio per le agevolazioni previste nella Nuova Legge Sabatini 

Diverso è invece il caso degli aiuti de minimis che possono essere erogati a imprese di qualunque dimensioni.

“Senza Impresa non c’è Italia”. A Roma protesta la piccola impresa

 

Al grido di “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro”, oggi si sono ritrovati alle 12 a Piazza del Popolo a Roma oltre 30mila tra commercianti, artigiani e piccoli imprenditori per la manifestazione indetta da Rete Imprese Italia che raggruppa quattro associazioni di categoria: Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti. “Siamo al giro di boa, non ne possiamo più di essere quelli che tirano la carretta e stanno zitti, la politica ci deve ascoltare e deve agire. Sono troppe le promesse fatte, ma nessuna finora è stata mantenuta. Saremo propositivi, ma non molleremo. Se non otterremo risposte ragionevoli torneremo di nuovo in piazza a protestare per far valere le nostre ragioni, non ne possiamo più di essere quelli che tirano la carretta e stanno zitti” ha commentato il  presidente di Rete Imprese Italia e Confesercenti Marco Venturi, voce della piccola impresa

La burocrazia costa alle Pmi 30 miliardi di euro l’anno, il credito è in calo dal 2011 e i numeri sono da brividi: 1000 azienda chiuse al giorno negli ultimi cinque anni, la disoccupazione è raddoppiata, passando dal 6,4% al 12,7% per un totale di 1,2 milioni di disoccupati in più, senza contare che la pressione fiscale ha raggiunto il 44,3% del Pil mentre quella “legale” si aggira intorno al 54%.

La manifestazione di oggi arriva “dopo un anno di richiami al governo Letta, di proteste, avvertimenti, denunce sulla politica totalmente inefficace” ha dichiarato Sangalli, presidente Confcommercio, il quale si alternerà sul palco di Piazza del Popolo insieme agli altri dirigenti delle associazioni di categoria.

Jacopo MARCHESANO

Disoccupazione e piccola impresa dobbiamo rassegnarci? Meglio di no

di Davide PASSONI

Ha fatto scalpore la presentazione nei giorni scorsi da parte della Cgil del rapporto ‘La ripresa dell’anno dopo – Serve un Piano del Lavoro per la crescita e l’occupazione’. Secondo i dati contenuti in questo studio, effettuato da Riccardo Sanna dell’Ufficio economico del sindacato, se l’Italia intercettasse la ripresa accreditata per il 2014 dai maggiori istituti statistici, ci vorrebbero tredici anni per ritornare al livello del Pil del 2007, 63 per recuperare il terreno perso sul lato dell’occupazione e non si riuscirebbe mai a recuperare il livello dei salari reali.

Dati che fanno riflettere soprattutto chi fa impresa tutti i giorni, che in Italia vuol dire la piccola e media imprenditoria. Sono queste infatti le realtà nelle quali l’emorragia di occupati è forse meno evidente alla maggior parte delle persone ma è più mortale. Se nella grande impresa – quella che occupa le prime pagine dei mass media – la disoccupazione fa notizia ma è controbilanciata da una dimensione aziendale e da una mole di aiuti, statali e non, che impediscono chiusure definitive (“too big to fail”, troppo grandi per fallire dicono gli inglesi), nella piccola, spesso, la disoccupazione significa la morte dell’impresa stessa.

Quante volte abbiamo sentito di imprenditori che si tolgono il pane di bocca per non chiudere i battenti e lasciare in mezzo alla strada dipendenti e famiglie? Oppure che, non riuscendosi, si tolgono la vita?

Ecco, di fronte a questi dati, di fronte a queste cifre sull’occupazione che non c’è che vengono dalle fonti più diverse, Infoiva proverà questa settimana a estrarre una visione d’insieme. Andando al di là del corporativismo delle associazioni, della miopia di quei sindacati ancorati a una visione del lavoro e dell’economia che è ormai di due secoli fa, della diffidenza della piccola impresa a confrontarsi con un fenomeno che, se fino a 5 anni fa era un problema degli altri, ora è per essa stessa questione di vita o di morte.

A Natale borse firmate? No, borse di studio

Il comparto della pelletteria è uno tra i più ricchi e vivaci per la piccola e media impresa italiana. Tenerlo attivo e creativo è interesse non solo del proprio settore, ma dell’intera economia del Paese. Ecco perché assume grande importanza l’iniziativa lanciata dall’Alta Scuola di Pelletteria Italiana (Aspi), che per Natale ha chiesto alle aziende associate di destinare al sostegno della formazione dei giovani, ovvero all’apprendimento e alla trasmissione di quel “saper fare” che costituisce la prima ricchezza del comparto della pelletteria di lusso, le risorse solitamente riservate agli omaggi natalizi.

L’appello di Karlheinz Hofer, presidente dell’Alta Scuola di Pelletteria Italiana: “A Natale risolvi il problema dei regali aziendali scegliendo un dono davvero speciale, che parli di te e della tua azienda. Scommetti sui nuovi talenti e sul futuro della pelletteria di lusso. E sponsorizza le borse di studio che permetteranno a tanti ragazzi e ragazze di acquisire le competenze adeguate per entrare da protagonisti nel mercato del lavoro“.

Molti imprenditori hanno già manifestato la volontà di intervenire a supporto dei tanti allievi della scuola, mettendo a disposizione nuove risorse economiche integrative. Gucci, per esempio, ha risposto alla proposta con ben dieci sottoscrizioni.

Durante tutto l’anno – prosegue Hoferorganizziamo percorsi formativi e di specializzazione, con l’obiettivo di trasmettere le competenze e la passione per la professione. Ma dato il costante aumento delle richieste di figure tecniche da parte delle aziende del nostro territorio e il rinnovato interesse dei giovani per questo settore, sentiamo anche il bisogno e il dovere di ricercare risorse finanziarie aggiuntive affinché i candidati meritevoli possano accedere ai vari corsi. Ogni anno, infatti, molti aspiranti pellettieri di talento, privi di basi economiche sufficienti, non riescono a frequentarli“.

E siccome non si fa niente per niente, in segno di riconoscenza e per dare la giusta visibilità all’impegno di chi ha aderito all’iniziativa, Aspi invierà a tutti i clienti e i fornitori degli sponsor un biglietto d’auguri elettronico personalizzato, impegnandosi a garantire un ritorno di immagine attraverso i suoi strumenti di comunicazione.

Per info: Laura Chini, 335 465935, Tiziana Morganti – Teresa Sampugnaro, 055 756039, www.altascuolapelletteria.it, info@altascuolapelletteria.it