Piccoli imprenditori, grandi lavoratori

Nelle realtà imprenditoriali locali, i piccoli imprenditori sono quasi insostituibili. Lo confermano le risposte a un questionario inoltrato dalla Camera di commercio di Milano a maggio 2016 a circa 240 imprese del territorio.

Dalle risposte emerge che il 53% delle imprese condotte da piccoli imprenditori ritiene che un’eventuale assenza del titolare creerebbe notevoli problemi. Il 25% ritiene che la mancanza dall’azienda comporterebbe una decrescita del fatturato dal 10 al 50%, per il 13% l’assenza del titolare non è proprio possibile per mancanza di alternative.

Ancora più alta la percentuale, rispetto alla media del 53%, nel settore bar e ristoranti e nelle imprese più piccole, quelle con un numero di dipendenti da 1 al 3: oltre il 60% degli intervistati in entrambi i settori, teme ripercussioni negative dall’assenza del titolare. Inoltre, il 17% dei piccoli imprenditori confida nella potenzialità dei soci, mentre l’11% si appoggia a persone di fiducia e familiari.

A oltre la metà dei titolari, precisamente il 54%, non è mai capitato di essersi allontanati dalla propria azienda, mentre quasi il 20% degli intervistati almeno una volta si è assentato per malattia (19%) o per un viaggio (19%).

E, almeno nel tessuto produttivo nel quale è stato somministrato il questionario, i piccoli imprenditori e le piccole imprese sono numerosissimi. Secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al primo trimestre 2015 e 2016, in Lombardia il 94% delle imprese ha meno di 9 addetti, ben 763mila su 813mila.

Cresce la quota dei piccoli imprenditori a Pavia, Lodi (96%), Cremona e Sondrio (95%). In un anno ci sono circa 3mila imprese in più in Lombardia e il contributo maggiore è delle piccolissime imprese con 1 addetto, oltre 5mila in più. Si tratta di un dato legato soprattutto alle imprese straniere, circa 4mila in più in un anno, sia in totale che nella classe con 1 addetto.

Per quanto riguarda i settori produttivi con le imprese più piccole, il 98% di quelle dell’agricoltura e dei servizi alla persona ha meno di 9 addetti, così come il 97% di costruzioni e attività finanziarie.

Tasse e spesa pubblica, ecco lo Stato bulimico

di Davide PASSONI

Gli artigiani italiani si ritrovano in assemblea e lanciano una pesante accusa allo Stato obeso, sprecone e bulimico di tasse: la pressione fiscale “effettiva” in Italia è al 53,7%, la spesa pubblica aumenta di 2 milioni ogni ora, le imprese “bruciano” in burocrazia 23 miliardi all’anno e ogni azienda butta dalla finestra 86 giorni all’anno in pratiche amministrative anziché concentrarsi a fare fatturato. Questi i punti essenziali del j’accuse lanciato dal presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini nella sua relazione all’assemblea di Confartigianato.

Negli ultimi 18 anni – ha rincarato la dose Guerrinisi sono succedute 5 proposte di riforma fiscale ma, contemporaneamente, il peso delle tasse è cresciuto di oltre 4 punti, passando dal 40,8% del Pil nel 1994 al 45,1% nel 2012. E, al netto dell’economia sommersa, la pressione fiscale effettiva è lievitata al 53,7%“.

Numeri impressionanti – prosegue Guerrini -: basti pensare che quest’anno il Pil cresce di 8 miliardi, le entrate fiscali di 46″. Senza contare che, sul costo del lavoro, il fisco “pesa per il 47,6%. Le imprese italiane ‘bruciano’ in burocrazia 23 miliardi l’anno, pari a 1 punto e mezzo di Pil. Ogni azienda spreca 86 giorni l’anno in pratiche amministrative e soltanto in questa legislatura sono state varate 222 norme fiscali ad alto tasso di complicazione, 1 ogni 6 giorni“. E tra il 2000 e il 2012, segnala ancora Guerrini, la spesa pubblica italiana è aumentata di 250 miliardi, “alla straordinaria velocità di crescita di oltre 2 milioni di euro all’ora“.

Ma ce lo possiamo ancora permettere, chiediamo? Ce lo possiamo ancora permettere in un momento nel quale l’economia reale, quella fatta dalle nostre imprese e dai nostri artigiani, è messa sotto scacco dall’economia delle Borse, capace di bruciare in pochi giorni patrimoni costruiti in anni e che punta a far cadere come le tessere di un domino tutti i Paesi eurodeboli, uno dopo l’altro? Con l’Italia prossima della lista?

Possiamo ancora permetterci di continuare a far crescere la spesa pubblica, fingere di non avere altra soluzione per il risanamento dei conti se non nuove tasse, lasciare nelle mani della Ragioneria Generale dello Stato la gestione di partite chiave come quelle della crescita, ben sapendo che finirà per tutelare gli interessi e fomentare l’ingordigia di quello Stato di cui è parte integrante e solida guardiana?

Possiamo ancora permetterci di non ascoltare il grido delle imprese e degli artigiani quando dicono: “I nostri imprenditori, le persone che noi rappresentiamo e che rappresentano il Paese che combatte ogni giorno per ripartire e riprendere a crescere, dicono che la misura è colma, che dobbiamo reagire con forza alla ‘sindrome del declino’ che sta pervadendo la nostra Italia“?

Sveglia governo! Se lo spread torna a sfiorare i 500 punti e se l’Italia entra in una recessione preoccupante non è colpa della Germania e della sua politica del rigore a senso unico. Primo colpevole è uno Stato che per anni ha finto che tutto andasse bene, mentre la mancata crescita dell’Italia è cominciata ben prima che scoppiasse la crisi; di uno Stato che non ha capito che per uscire dal pantano è lui il primo a dover tagliare tanto, subito e senza guardare in faccia nessuno; di uno Stato che se aumenta le tasse e poi scopre che mancano dei soldi dalle entrate fiscali previste deve capire che, forse, la gente comincia davvero a non avere più soldi per pagarle.

E allora siamo con Guerrini quando dice: “Fiducia: ecco ciò di cui abbiamo più bisogno. L’Italia ce la può fare a riagganciare la ripresa se istituzioni, politica, società, economia condivideranno coraggio e responsabilità. I piccoli imprenditori ce la stanno mettendo tutta“. Sì, siamo con lui. Ma ci sentiamo sempre più soli.

Intesa Sanpaolo: 1,3 miliardi per le Pmi del Veneto

Piccoli imprenditori veneti a rapporto. La Regione rafforza la sua vicinanza e il suo sostegno alle Pmi grazie al rinnovato accordo tra Piccola Industria Confindustria Veneto e le banche del territorio del Gruppo Intesa Sanpaolo, stanziando un plafond di 1,3 miliardi di euro a sostegno della piccola e media industria regionale.

Banca Intesa San Paolo, Cassa di Risparmio del Veneto e Cassa di Risparmio di Venezia hanno infatti ratificato l’accordo nazionale che prevede lo stanziamento di 10 miliardi di euro per le imprese italiane.

“E’ un’ intesa di grande importanza – sottolinea Alberto Baban, Presidente di Piccola Industria Confindustria Veneto – in un momento in cui stiamo facendo i conti con una grave crisi di liquidità che crea molte difficoltà agli investimenti”.

L’impegno, ha evidenziato invece il Presidente Piccola Industria Confindustria Veneto,Vincenzo Boccia, è di costruire “un percorso di collaborazione che guarda allo sviluppo e al futuro del sistema produttivo italiano”.

Intesa San Paolo conferma così la sua vocazione a sostegno della piccola e media imprenditoria made in Italy. “Oggi vi e’ una minore richiesta di credito da parte delle imprese – ha precisato Marco Morelli, Direttore Generale Vicario Intesa Sanpaolo – ma da parte nostra vi e’ la necessità di valutare con grande attenzione la concretezza del progetto e la struttura imprenditoriale del richiedente. Per questo porteremo dappertutto gli esperti delle nostre società specializzate: metteremo a disposizione delle aziende la nostra esperienza e ascolteremo proposte e critiche, suggerimenti e idee, territorio per territorio”.

Giovani imprenditori: in Italia si fa troppo poco per incentivare i giovani

Il presidente dei Giovani Imprenditori, Jacopo Morelli in apertura del 41esimo convegno di Santa Margherita Ligure lancia segnali d’allarme per la situazione dell’impiego giovanile: “Quest’Italia è “contro i giovani” ma non bisogna arrendersi ed è necessario alzare la testa: penalizzando le giovani generazioni non si porta’ ottenere “una robusta crescita economica“.

Se l’Italia si presenta come un Paese poco attento all’incentivo dei giovani, l’obiettivo è quello di diventarlo. Si tratta di un obiettivo propositivo e allo stesso tempo urgente per poter competere con i mercati emergenti e per non aggravare il divario con altri Paesi europei “Non ci arrendiamo dinanzi alle difficoltà e non ci rassegniamo, perche’ abbiamo le capacità per affrontare e vincere le grandi battaglie di un mondo globale”. Oggi, ha proseguito Morelli, “continuando a penalizzare le nuove generazioni, le loro forze, i loro talenti, sarà impossibile ottenere una robusta crescita economica, condizione indispensabile per garantire un avvenire sereno all’intera nazione” – ha proseguito.

L’invito di Morelli è che la politica si interessi a questi temi in un modo più attento e responsabile. Le priorità sono riuscire a permettere alla nuova generazione un lavoro meglio remunerato, un’istruzione al passo con i tempi, una prospettiva di crescita personale e professionale. Per raggiungere questo traguardo sarebbe utile diminuire la pressione fiscale verso i giovani: “Meno tasse significa più risorse disponibili, per consumare o per risparmiare. E’ cosi’, anche, che si risponde all’ansia di chi deve, in autonomia, costruire il proprio futuro. Un nostro laureato, fra i 25 e i 34 anni, guadagna l’80% della media della retribuzione dei laureati nel loro complesso: nei paesi Ocse è il 90%, nel Regno Unito siamo al 96%“. Oltre ai giovani particolare riguardo meriterebbero anche le donne, a cui potrebbe essere applicata una riduzione delle aliquote.

A Lecce apre la Fabbrica del Lavoro per incentivare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro

Confocmmercio Lecce ha deciso di istituire uno sportello che permetta di avvicinare giovani e mondo del lavoro fornendo consulenza per facilitare l’incontro tra domanda e offerta. Si tratta del progetto “Osservatorio Provinciale del Lavoro: Commercio, Turismo e Servizi“, che si pone l’obiettivo iniziale di raccogliere ed elaborare i dati relativi all’andamento del lavoro nella provincia di Lecce nel comparto del commercio, turismo e servizi, per fornire agli attori economici e istituzionali uno strumento per l’individuazione di politiche del lavoro più idonee a rispondere alle esigenze occupazionali del territorio.

Antonio Rizzo, direttore di Confocommercio ha affermato che “lo sportello denominato “La Fabbrica del Lavoro” svolgerà principalmente un’attività di monitoraggio e studio del pianeta lavoro del settore terziario che rappresenta un pezzo rilevante dell’economia salentina, in cui sono racchiuse buona parte delle potenzialità di sviluppo. Inoltre l’importanza di prestare maggiore attenzione per questo settore, risiede anche nel fatto che il 60% del Pil è dato proprio dal Terziario, che offre oltre il 53% dei posti di lavoro“.

Oltre a comparare dati e fornire una dinamica reale dell’andamento impiegatizio nella provincia, attraverso lo sportello e le iniziative inserite nel progetto sarà possibile “contrastare e superare lo scollamento esistente tra percorso formativo e mondo del lavoro, che rappresenta uno dei principali elementi di criticità dell’attuale dinamica economica. Di fronte alla richiesta da parte delle imprese di una forza lavoro con competenze sempre più specifiche, nonché di una pluralità di profili professionali, è necessario rispondere con un’adeguata offerta formativa. La formazione risulta essere per i giovani l’elemento chiave per inserirsi nel mondo del lavoro, in particolare in quei comparti produttivi, come quello terziario e turistico del nostro territorio, che rappresentano un reale fattore di sviluppo“.

“La Fabbrica del Lavoro” inserita all’interno della mediateca polifunzionale costituirà quindi un punto di riferimento per i giovani che intendo approcciarsi con una marcia in più al mondo lavorativo, confidando nell’aiuto di esperti.

Mirko Zago