Nell’ultimo decennio, aumentate le imposte sugli immobili

Assoedilizia rende noto che nel periodo 2000-2009 le imposte sugli immobili sono state in Italia pari in media al 2,2% del Pil, con un aumento del 42% nel 2009 rispetto all’anno precedente e un conseguente rialzo del Pil, 2,7% contro l’1,9% del 2008.

Quest’ultimo dato, il 2,7%, indica che la proprietà immobiliare subisce in Italia un prelievo tributario rispetto al Pil di gran lunga superiore sia alla media dei Paesi Ocse (1,8%) sia alla media dei Paesi Ocse appartenenti all’Unione europea (1,6%).

La Germania, ove vige il civile principio che “il prelievo fiscale ha il proprio limite nella capacità di reddito del patrimonio”, spicca fra i Paesi con il carico tributario più basso (0,8%).

A riprova che la difesa del risparmio, specie in edilizia, crea la crescita mentre, al contrario, la sua penalizzazione fiscale ha invece effetti depressivi esiziali.

Vera Moretti

“L’economia non va così male”, parola di Crédit Suisse

Dal rapporto degli analisti finanziari di Crédit Suisse, dopo il downgrade sul credito, emerge che l’Italia non è così grave come sembrava.

Stando a quanto dichiara il report, il rischio di default è inferiore a quanto si possa pensare. In Europa, solo la Norvegia e la Svizzera vantano un avanzo primario.

Il problema principale in Italia è la crescita molto bassa e l’unica via d’uscita che possa funzionare è una ripresa vigorosa globale, un euro più debole o più debole dei prezzi internazionali delle materie prime (in Italia le importazioni delle materie prime al netto sono circa il 4% del Pil) o, naturalmente, una caduta molto forte dei costi di finanziamento.

L’indebitamento complessivo in Italia risulta inferiore al livello medio della zona euro e questo, spiegano, perché i livelli molto elevati di debito pubblico (121% del pil) sono compensati da un basso debito privato“, spiegano gli analisti di Crédit Suisse, che sostengono inoltre che la perdita di competitività in Italia e la bassa crescita sono un problema “ma con un disavanzo delle partite correnti del 3,9% del Pil, la perdita di competitività sembra essere più piccola di quella di Grecia e Portogallo (dove il disavanzo delle partite correnti è rispettivamente al 9,6% e all’8,9% del Pil)“.

Per quanto riguarda poi il debito sovrano, circa la metà è di proprietà di investitori nazionali. Inoltre, la scadenza media è di 7,2 anni.

Ciò significa che, secondo il ministro delle Finanze italiano, ogni aumento dell’1% nel rendimento dei titoli dopo un anno aggiunge solo lo 0,4% del Pil per i costi di finanziamento.

In definitiva, sostengono gli analisti di Crédit Suisse, l’Italia è stata disponibile ad adottare alcune misure fiscali dolorose, con un nuovo pacchetto di austerità di 60 miliardi di euro (3,8% del pil) tra il 2011 e il 2014.

Quindi, conclude l’istituto elvetico, “riteniamo che il rischio di insolvenza prezzato sul mercato dei Credit default swap (le assicurazioni contro un eventuale crac) è troppo alto (20% ipotizzando un tasso di recupero pari a zero, il 32% assumendo un tasso di recupero 40%).”

La stima del mercato del rischio di default si esprime anche nella index linked del mercato obbligazionario, con i 10 anni indicizzato al 4,7% di rendimento, rispetto al -0,2% nel Regno Unito e prossimo allo zero negli Stati Uniti.

Marco Poggi

Confesercenti: crisi, la ripresa non arriva nemmeno nel 2012

Un Pil che fatica a raggiungere il +0,4%, i consumi delle famiglie italiane in caduta libera e l’export che dimezza per il prossimo anno l’attuale +4%. Una radiografia impietosa dell’attuale stato dell’economia italiana quella che emerge dal rapporto Ref-Confesercenti, che non lascia spazio a false speranze nemmeno per il 2012.

Un’economia ferma o quasi, che impone scelte rapide e decise soprattutto sul versante della spesa‘, così si legge nel rapporto stilato da Confesercenti.

La situazione si fa meno allarmante sul piano della disoccupazione, in calo dal 8,2% del 2011 al 7,9% per il 2012, mentre le previsioni sul debito pubblico segnano una diminuzione dal 120,5% del 2011 al 119,8% per il 2012.

I dati restano comunque preoccupanti, mentre i consumi delle famiglie registrano una netta diminuzione dal +0,6% del 2011 al +0,3% previsto per il 2012. La ripresa economica ha infatti tardato a manifestare i suoi effetti sui consumi a seguito dell’aumento dell’inflazione determinato dai rincari nei prezzi delle materie prime. Tale aumento ha ridimensionato il potere d’acquisto del reddito delle famiglie proprio quando il ciclo economico stava invertendo la rotta.

Le famiglie italiane subiscono i contraccolpi della politica fiscale, incrementati dalla manovra Iva da 4 miliardi, che penalizzerà ancor più la spesa dei cittadini. ‘Molte famiglie hanno esaurito l’ammortizzatore rappresentato dal flusso di risparmio, e la crisi ha anche ridimensionato la platea dei soggetti che possono contare sull’aumento del grado di indebitamento per sostenere il tenore di vita. Man mano che le famiglie interiorizzano che le prospettive di medio termine sono poco promettenti, potrebbe anzi verificarsi anche un nuovo aumento della quota di risparmio di natura precauzionale, finalizzata a fronteggiare eventuali shock inattesi sul reddito.’

Un andamento relativamente debole delle esportazioni e la crescente tendenza della domanda interna ad essere soddisfatta attraverso incrementi delle quantità importate hanno poi determinato una diminuzione della competitività dell’economia italiana sul mercato estero.

Alessia Casiraghi

Economia in crescita: Export + 6,5% e Pil +1,1%

Il Rapporto Unioncamere 2011 evidenzia che la spesa delle famiglie e gli investimenti mostreranno segni di ripresa seppur blandi, mentre una nota positiva va a favore del Pil che secondo le stime, crescerà del 1,1% grazie in particolare alle regioni Veneto e Lombardia che faranno da traino grazie soprattutto all’export.

Secondo le stime: ”Mentre la spesa delle famiglie, frenata da timori di ulteriori rialzi nei prezzi e da un recupero ancora modesto del reddito disponibile, dovrebbe crescere dell’1,0% (come nel 2010) e gli investimenti rallentare di circa 0,3 punti percentuali rispetto all’anno scorso, portandosi al +2,2%, l’export dovrebbe aumentare del 6,5%, consentendo così al nostro Paese di chiudere il 2011 con una crescita del Pil dell’1,1%”, in linea con le stime del Documento di economia e finanza del Governo“.

La crescita dovrebbe registrare una variazione consistente  specie al Nord-Est e al Nord-Ovest e decisamente meno significativa al Centro (+0,9%) e soprattutto al Mezzogiorno (+0,6%), con la Sardegna che dovrebbe chiudere l’anno con un modesto +0,3%. Lombardia e Veneto apporteranno invece un+1,6%, seguite nelle stime da Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna (1,3%), Trentino Alto Adige (1,2%), che dovrebbero registrare nel 2011 uno sviluppo del Pil superiore alla media nazionale (+1,1%). Le regioni che vedranno una crescita inferiore sono: Sardegna (0,3%), Campania e Molise (0,5% entrambe).

Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello’ sottolinea: “Sono 13mila le Pmi manifatturiere che stanno scommettendo sulle opportunità del gioco di squadra e fanno già parte o hanno intenzione di inserirsi all’interno di una rete‘; ma perchè le reti possano svilupparsi e raggiungere i mercati globali, c’è bisogno di favorire il loro raccordo con i centri di ricerca e con le università. Anche attraverso le reti si può disegnare un percorso di uscita del Mezzogiorno da quell’isolamento in cui continua, in gran parte, a restare ancora prigioniero. Un lavoro di raccordo, di supporto e di promozione che le Camere di commercio possono svolgere meglio di chiunque altro, perchè su questo ruolo si costruisce la loro identità”.

Mirko Zago

Pil: +1,2%. Ritoccate in positivo le stime

La percentuale di crescita del Pil italiano sarebbe leggermente migliore rispetto alle stime. Si parla infatti di crescita dell’1,2% contro le precedenti previsioni dell’1,1% stando ai dati Istat. Il motivo è semplice: lo 0,1% di incremento proviene da una giornata lavorativa in più presente nel 2010 rispetto al 2009. Si tratta quindi di una correzione che tiene in considerazione il calendario lavorativo precedentemente non considerato.

Per quanto riguarda il quarto trimestre, il Pil è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1,5% rispetto al quarto trimestre del 2009: si conferma così la stima preliminare diffusa a febbraio per il dato congiunturale mentre è stato rivisto al rialzo il tendenziale (+1,3%). Rispetto al terzo trimestre si registra un rallentamento sul congiunturale (+0,3% nel trimestre precedente) e un’accelerazione sul tendenziale (+1,2% sul trimestre precedente).

M. Z.

Pil: +1,1%. L’Istat rivede le stime, in Italia sale il prodotto interno lordo

Secondo l’Istat il Pil nel terzo trimestre del 2010 è salito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente (dal +0,2% della stima preliminare) e dell’1,1% (da +1%) rispetto al terzo trimestre del 2009. La crescita acquisita per il 2010 è ora pari a +1 per cento. In termini congiunturali, le importazioni di beni e servizi sono cresciute dello 4,7%. Dal lato della domanda, le esportazioni sono aumentate del 2,8% e gli investimenti fissi lordi dello 0,9%; i consumi finali nazionali sono saliti dello 0,2%. Nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti è aumentata dello 0,3%, mentre quella dell’Amministrazione Pubblica e delle Istituzioni sociali private è cresciuta dello 0,2%. L’aumento degli investimenti è stato determinato da una crescita del 2,2% degli investimenti in macchine, attrezzature e altri prodotti e del 0,6% degli investimenti in costruzioni mentre gli acquisti di mezzi di trasporto sono diminuiti del 2,5%. In termini tendenziali, le esportazioni sono aumentate dell’8,7% e le importazioni dell’11,3. La spesa delle famiglie residenti è salita dello 0,5%, quella della P.A. e delle Istituzioni sociali private è diminuita dello 0,5%. La spesa delle famiglie sul territorio nazionale ha registrato una variazione tendenziale dello 0,5%. Gli investimenti fissi lordi sono aumentati del 5% mentre gli investimenti in costruzioni sono scesi dello 0,7%. Nel terzo trimestre l’Istat ha rilevato andamenti

congiunturali positivi nel valore aggiunto dell’industria in senso stretto (+0,8%), per le costruzioni (+0,4%), per il settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali (+0,3%). Contrazioni del valore aggiunto si registrano invece nell’agricoltura (-1,2%) e per gli altri servizi (-0,2%). In termini tendenziali il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è salito del 4,3%, quello dei servizi dello 0,7%. In flessione il valore aggiunto dell’agricoltura (-0,8%) e delle costruzioni (-0,7%).

È tempo di previsioni: cosa ci aspetta nel 2011? Ecco a voi quelle di Unioncamere

Certo stiamo alla fine dell’anno ed in questo periodo si affollano in edicola ed in tv gli almanacchi astrologici per il nuovo anno. C’è chi preferisce Branko, chi Paolo Fox, chi Haruspex…. Noi preferiamo Unioncamere che assieme a Prometeia (il principale gruppo italiano per la consulenza e la ricerca economica e finanziaria attivo sull’intero territorio nazionale) ci fornisce una dettagliata previsione economica sul nostro Paese per il prossimo anno.

Secondo gli scenari elaborati, nel 2011 crescerà il Pil in Italia e ancora una volta a fare da traino c’è il Nord-Ovest che incrementerà il Pil dell’1,6%, contro una media nazionale prevista dell’1,3%.

Mentre nel 2010 il risveglio dalla crisi sembra aver interessato prima e con maggior intensità il Nord-Est (+1,8% l’aumento del Pil atteso per il 2010 a fronte di un incremento medio dell’1,2%), nel 2011 saranno infatti le regioni del Nord-Ovest quelle che, nel complesso, dovrebbero registrare le performance migliori, tallonate a brevissima distanza da quelle del Nord-Est (+1,5%).

La regione che dovrebbe crescere più delle altre pare debba essere la Lombardia, che dovrebbe arrivare ad un +1,8%, la seconda regione dovrebbe essere l’Emilia Romagna con l’+1,6%. Quindi, a pari merito, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, dove il Prodotto interno lordo dovrebbe crescere dell’1,5% nel 2011.

Decisamente più lenta la ripresa al Centro (+1,1%), dove solo le Marche potrebbero arrivare a superare, sebbene di poco, la media nazionale (+1,4%).

Passo lento e pesante, invece, quello del Mezzogiorno (+0,8%), con la Sicilia (+1,1%) che spinge più delle altre e la Campania (+0,5%) che invece fatica di più.

Ma come crescerà il Pil nel 2011? A spingere l’economia nostrana verso l’uscita dalla crisi saranno soprattutto le esportazioni, che, dopo il sensibile recupero atteso per quest’anno (+7,3% il dato stimato per il 2010), dovrebbero proseguire la loro corsa nel 2011, mantenendo un ritmo di crescita ancora consistente (+5,2%). Le attese migliori si confermano quelle del Nord-Ovest (+6,1%), seguite da quelle del Nord-Est (+5,7%). Più debole la dinamica, invece, del Centro (+3,8%) e del Sud (+2,6%).

Sarà la Lombardia a proseguire e irrobustire il percorso di recupero delle sue esportazioni rispetto al 2010: +7% l’aumento atteso nel 2011 dopo il 4,2% con il quale dovrebbe chiudersi il 2010. Alle spalle di questa regione e su valori superiori alla media nazionale si dovrebbero posizionare il Veneto (+6,3%), l’Emilia Romagna (+5,9%), la Calabria (+5,4%). Molise (0%) e Valle d’Aosta (+0,5%) mostreranno invece una sostanziale staticità.

A frenare un po’ la crescita però ci saranno i consumi interni che in tutte le ripartizioni dovrebbero registrare nel 2011 incrementi piuttosto modesti (+0,7% il dato medio). Sopra la media si dovrebbero collocare soprattutto le regioni del Centro (+0,9%), seguite da quelle del Nord-Est (+0,8%). Tra le regioni, gli andamenti migliori sono attesi in Trentino-Alto Adige, Lazio ed Umbria (+1,0%). Sul fronte opposto, la classifica regionale vede Sardegna, Molise e Abruzzo nelle posizioni di retroguardia (+0,3%).

Continueranno invece la salita già intrapresa quest’anno, gli investimenti fissi lordi (+2,5% atteso nel 2011), rafforzando così il recupero previsto per il 2010 (+2,2%). Più sensibile la propensione ad investire delle regioni del Nord (+2,7% in entrambe le ripartizioni) seguite da quelle del Centro (+2,5%). Sempre distaccato invece il Mezzogiorno (+2,0%). A livello territoriale, emerge lo sforzo dell’Emilia-Romagna (+3,0%), inseguita da vicino da Piemonte e Lombardia (+2,8%). Sul fronte opposto si collocano invece Molise (+1,5%) e Calabria (+1,6%).

Insomma, le previsioni per il 2011, dopo questi due anni terribili, sembrano riaccendere la luce sull’economia del nostro Paese. Noi, ottimisti di natura, siamo fiduciosi e restiamo a guardare ed ad incoraggiare la crescita. Avanti Italia, dalla crisi si può uscire!

Crescita economica: quest’anno +1%, nel 2012 +1,6%. Le previsioni dell’Ocse sono abbastanza positive

Secondo una stima dell’Ocse nel suo Economic Outlook, l’economia italiana ha avviato una fase di moderata ripresa che dovrebbe rafforzarsi nel corso dei prossimi due anni.

La crescita italiana si attesterà nel 2010 all’1%, nel 2011 all’1,3% e nel 2012 all’1,6%.

Le misure finora introdotte dal Governo sembrerebbero sufficiente, secondo l’Ocese,  per raggiungere nel corso dei prossimi due anni l’obiettivo sul deficit; tuttavia si tratterebbe di una ripresa più debole rispetto a quella delle proiezioni ufficiali e si rischierebbe di non riuscire a tenere il deficit sotto il 3% del prodotto interno. Il debito pubblico italiano crescerà nel 2012 a circa il 120 in rapporto al prodotto interno lordo. Secondo le ultime stime del Governo italiano, quelle contenute nella Decisione di Finanza Pubblica, il debito italiano nel 2012 dovrebbe invece cominciare a scendere e attestarsi al 117,5%. La crescita economica nell’area Ocse si attesterà quest’anno al 2,8% per scendere al 2,3% nel 2011 e risalire al 2,8% nel 2012. La ripresa globale e in corso ormai da qualche tempo anche se la disoccupazione resta ancora alta in molti Paesi.

Under pressure: l’Italia delle tasse è ai primi posti in Europa. Pressione fiscale troppo alta.

La pressione fiscale aumenta e l’Italia è quinta nell’Unione europea per il peso delle tasse. Lo rileva l’Istat, secondo cui nel 2009 la pressione fiscale complessiva rispetto al Pil è passata al 43,2%, dal 42,9% dell’anno prima. Nella classifica europea dell’incidenza sul Pil del prelievo tributario e contributivo, l’Italia si piazza quindi al quinto posto (insieme alla Francia), preceduta da Danimarca (49%), Svezia (47,8%), Belgio (45,3%) e Austria (43,8%). I valori più bassi sono invece in Lettonia (26,5%), Romania (28%), Slovacchia e Irlanda (29,1%). L’aumento della pressione fiscale in Italia, spiega l’istituto di statistica, “è l’effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessiva del gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in conto capitale), cresciute in valore assoluto di quasi 12 miliardi”.

fonte: Apcom

PIL in crescita. Secondo Eurostat + 0,5% per l’Italia.

Le esportazioni con un + 2,5% e le importazioni con un +4%, secondo i dati di Eurostat, fanno da traino per la crescita della zona-euro. Su base annua, nel primo trimestre 2010 il Pil dell’Eurozona torna positivo dopo mesi e mesi di segno meno, aumentando dello 0,6% rispetto al -2,3% degli ultimi tre mesi del 2009, il secondo e terzo trimestre 2009 avevano fatto segnare un vero e proprio crollo del Pil (-4,3% e -5,1%).