Riscatto contributi con i premi di produttività, istruzioni

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 5 del 7 marzo 2024 fa alcune precisazioni sul welfare aziendale e tra queste vi è la possibilità di riscattare i buchi contributivi con i premi di produttività.

Premi di Produttività: cosa sono

I premi di produttività sono incentivi riconosciuti a lavoratori che contribuiscono a un miglioramento di redditività dell’azienda, efficienza, qualità e innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti nel contratto aziendale o territoriale.

Per questi premi è prevista un tassazione Irpef agevolata al 10%, aliquota ridotta al 5 % per gli anni di imposta 2023 e 2024.

Oltre a precisare ciò, l’Agenzia delle Entrate, nella circolare 5 ha specificato che il lavoratore può utilizzare i premi di produttività a copertura di buchi contributivi. Sappiamo tutti quanto sia importante, al fine di maturare un assegno pensionistico soddisfacente, maturare un elevato numero di settimane contributive. Purtroppo nel tempo il lavoro è diventato sempre più frammentario e soprattutto i più giovani si ritrovano con buchi nei contributi pensionistici. Al fine di evitare ciò, viene data la possibilità di versare i contributi volontari, sebbene con dei limiti. Specifica la circolare che “L’articolo 1, comma 126, della legge di bilancio 202428 prevede, per il solo biennio 2024-2025, la facoltà di riscattare, ai fini pensionistici, determinati periodi non coperti da contributi previdenziali”.

Come riscattare i contributi con i premi di produttività

La norma prevede che in via sperimentale, per il solo biennio 2023-2024, gli iscritti presso una delle gestioni previdenziali amministrate dall’INPS, privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione, possano riscattare, in tutto o in parte, i periodi antecedenti alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2024. I buchi contributivi possono essere riscattati fino a un massimo di 5 anni anche non continuativi e comunque antecedenti rispetto alla legge di bilancio 2024.

Con la circolare si specifica che i lavoratori che hanno maturato tali buchi contributivi possono chiedere al datore di lavoro di coprirli con i premi di produttività. In questo caso l’importo corrispondente è portato in deduzione dal proprio reddito d’impresa o dal proprio reddito di lavoro autonomo. Le somme a loro volta non concorrono a determinare il reddito da lavoro dipendente.

Leggi anche: Bonus dipendenti e fringe benefit, le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate

Welfare aziendale 2024, la circolare dell’Agenzia delle entrate

Lavoro straordinario: concorre alla formazione del TFR?

Le ore di lavoro straordinario possono concorrere a formare l’imponibile per il Trattamento di fine rapporto (TFR)? E, in analoga situazione, i premi di produttività senza la percentuale agevolata del 10% valgono per il TFR? Per rispondere a queste domande è necessario rifarsi alla natura della prestazione come disciplinata dal Codice civile e al contesto lavorativo nel quale si svolgano ore di straordinario e si percepiscano premi.

Cos’è il Trattamento di fine rapporto?

Il Trattamento di fine rapporto è definito dall’articolo 1320 del Codice civile. Nella situazione di cessazione del rapporto di lavoro, “il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola, sommando per ciascun anno di servizio, una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni”.

Come si calcola il Trattamento di fine rapporto (TFR)?

Il Codice civile dispone, dunque, anche come si calcola il TFR. Pertanto, per ogni anno di attività prestata a un datore di lavoro, è necessario dividere la retribuzione annua per 13,5. Lo stesso calcolo può essere fatto moltiplicando la retribuzione annua per il 7,41%. Il risultato costituisce l’accantonamento della quota di TFR per l’anno preso in considerazione e al quale fa riferimento la retribuzione.

Esempio di calcolo del TFR

Facendo un esempio, se la retribuzione annua è di 20.000 euro lordi, il calcolo del TFR inerente l’anno di lavoro è pari a 1.481 euro lordi. Il risultato costituisce l’accantonamento del Trattamento di fine rapporto per l’anno al quale si riferisce la retribuzione.

Retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR

Per comprendere pienamente se il lavoro straordinario rientra nel calcolo dell’imponibile utile ai fini del Trattamento di fine rapporto è necessario verificare cosa rientra nella retribuzione. Sempre l’articolo 2120 del Codice civile specifica che la retribuzione annua “comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese”.

Lo straordinario rientra nel calcolo del Trattamento di fine rapporto?

Da quanto deriva dall’articolo 2120 del Codice civile, il lavoro straordinario rientra nella retribuzione utile ai fini del Trattamento di fine rapporto se viene svolto in maniera continuativa. Diversamente, lo straordinario non rientra se viene svolto in maniera occasionale.

Esempi di calcolo TFR con lavoro straordinario in busta paga

È il caso, ad esempio, di un dipendente che svolga lavori su turni, con la conseguenza di un frequente ricorso al lavoro straordinario. Le maggiorazioni che ne derivano nella busta paga concorrono a formare il TFR. Nel secondo caso, per straordinari svolti in via occasionale, figurano ore di straordinario pagate in busta paga ma queste non concorrono alla formazione dell’imponibile per il Trattamento di fine rapporto.

E i premi di produttività concorrono al calcolo del TFR?

I premi di produttività, soggetti a normale tassazione, concorrono sempre all’imponibile per il calcolo del Trattamento di fine rapporto. Si tratta, infatti, di una parte della retribuzione che non può definirsi “occasionale” e che esula dal concetto delle prestazioni meramente “a titolo non occasionale” di cui parla l’articolo 2120 del Codice civile.

Quali sono le voci della busta paga che rientrano nel calcolo del TFR?

È possibile, pertanto, fare un resoconto delle voci della busta paga che devono essere incluse nel calcolo dell’imponibile per il Trattamento di fine rapporto. Oltre allo stipendio base, rientrano:

  • il lavoro straordinario svolto in maniera non occasionale;
  • i premi di anzianità o di fedeltà;
  • le ferie non godute;
  • le festività non godute;
  • i premi di rendimento individuale;
  • la quota retributiva, pari al 50%, delle trasferte;
  • il lavoro all’estero;
  • le indennità di alloggio;
  • il lavoro svolto in maniera non occasionale di notte, nei festivi e durante le domeniche.

Cosa non rientra nel calcolo dell’imponibile per il TFR?

Dal calcolo dell’imponibile ai fini del calcolo del Trattamento di fine rapporto devono essere escluse le seguenti voci:

  • i rimborsi delle spese;
  • le liberalità che il datore di lavoro concede ma che non sono connesse al rapporto di lavoro. Si tratta, dunque, di compensi e premi relativi a occasioni particolari, che non hanno la caratteristica della continuità, come ad esempio il cinquantenario dell’azienda;
  • di conseguenza, ogni compenso corrisposto in maniera occasionale non rientra nel calcolo del TFR.

Incentivi aziendali ai dipendenti: i premi di produttività

Come misura di sostegno al reddito dei propri dipendenti, molto imprese si dotano di un piano di welfare aziendale che mette insieme tutte le iniziative, i beni e i servizi delle medesime. Ma al suo interno, possono essere previsti anche dei premi di produttività che, se da un lato hanno lo scopo di motivare e incentivare i lavoratori assunti con un contratto a tempo indeterminato, dall’altro costituiscono un vantaggio anche per l’azienda che mira al raggiungimento dei suoi obiettivi.

Cosa sono i premi produzione

I premi di produttività sono regolati da norme ben precise e i target sono concordati tra l’azienda e il dipendente nell’ambito del contratto collettivo nazionale di lavoro. Tali premi sono integrativi dello stipendio base e vengono elargiti sulla base degli aumenti di produzione, qualità, redditività, efficienza e innovazione dell’impresa.

L’importo dei premi di produzione dipende dall’entità dei suddetti incrementi e possono essere di tipo individuale, quando è stabilito tra il datore e il lavoratore; aziendale se è concordato tra il datore e i sindacati. Infine, territoriale quando è fissato tra i rappresentanti dei datori di lavoro e le sigle sindacali.

La tassazione dei premi di produttività

I premi di produzione sono specificatamente tassati e fruiscono di alcune agevolazioni fiscali. Qualora siano previsti dai CCNL o da contratti territoriali di categoria, la tassazione è ridotta al 10% per i premi fino a 3.000 euro, ma solo in caso di reddito del dipendente inferiore a 80.000 euro. Se i lavoratori vengono coinvolti dall’azienda in modo paritetico, la soglia massima aumenta a 4.000 euro, ciò vale solo per i contratti sottoscritti in data antecedente il 24 aprile 2017.

Per i contratti stipulati dopo il 24 aprile 2017, è prevista una decontribuzione di una parte del premio erogato. Grazie ad essa, l’azienda può ridurre i contributi a proprio carico del 20% per la parte di premio di produzione non superiore a 800 euro, e che il dipendente non versi su questo importo i contributi a proprio carico.

Il godimento dei benefici fiscali sui premi di produttività non è automatico, in quanto legata a determinati adempimenti, come il deposito del contratto o dell’accordo aziendale presso l’Ispettorato territoriale del lavoro o la Direzione territoriale del lavoro entro trenta giorni dalla sua data di sottoscrizione. E’ possibile usufruire della detassazione quando il raggiungimento dell’obiettivo di incremento stabilito dal contratto avviene dopo la sua stipula.

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta per specificare che il risultato conseguito dall’azienda e che giustifica l’erogazione del premio e l’applicazione dell’imposta sostitutiva agevolata debba essere misurabile rispetto ad un risultato antecedente.

Esonero dalla tassazione premio produzione

E’ stato introdotto un regime particolarmente favorevole per incentivare il versamento dei propri contributi alla previdenza complementare, infatti, il premio produzione non viene tassato, ma non contribuisce neppure al raggiungimento della soglia massima di deduzione dal reddito.

I versamenti alla previdenza complementare si possono dedurre dal reddito entro un massimo di 5.164,57 euro annui, in caso di versamento del premio produzione, il limite diventa di 8.164,57.

Allo stesso modo possiamo dire che per gli enti o le casse aventi esclusivamente fine assistenziale, il premio produzione è esente da tassazione, infatti il limite massimo di deduzione previsto dal reddito è di 3.615,20 euro, ma che in caso di versamento del premio produzione diviene di 6.615,20.

Premi di produttività sotto forma di benefit

Il premio di produzione può essere concesso al dipendente anche sotto forma di benefit previsto dal welfare aziendale. In tal caso, il premio in denaro aggiuntivo in busta paga con la retribuzione, viene convertito in servizi. Questi, non è soggetto a tassazione nè a contribuzione, in quanto non considerato reddito. La conversione può avvenire per intero o parzialmente su volere del dipendente.

Il premio di produttività può essere rappresentato da molti tipi di benefit previsti dal welfare aziendale:

  • Asili nido,
  • Borse di studio,
  • Mensa,
  • Baby sitter,
  • Corsi di lingua, informativa, musica, teatro e danza;
  • Frequenza a ludoteche, a centri estivio invernali,
  • Tasse universitarie,
  • Libri di testo, trasporto scolastico, gite didattiche
  • Incentivi economici per studenti che conseguano livelli di eccellenza in ambito scolastico;
  • Servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti

Cause di esclusione detassazione premio produzione

Qualora il lavoratore subordinato decida di sostituire totalmente o parzialmente il premio produzione per ottenere alcuni benefit dall’azienda, automaticamente decade dall’agevolazione inerente alla detassazione dei premi di produzione. Sono, infatti, causa di esclusione dal beneficio della detassazione dei premi di produzione:

  • uso dell’auto aziendale da parte del dipendente;
  • prestiti concessi dal datore di lavoro;
  • alloggio concesso al dipendente;
  • viaggi gratuiti per i dipendenti del settore ferroviario;

Il valore di tali benefit è assoggettato a imposizione ordinaria, non è possibile assoggettarli a tassazione sostitutiva.

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Chi ha diritto al premio welfare?

Oggi andremo a vedere una piccola particolarità del mondo lavorativo, in particolare di quello aziendale. Andremo ad occuparci di un benefit che spetta ad alcune categorie di lavoratori. Ovvero, il premio welfare, cosa è, come lo si ottiene e a chi spetta.

Cos’è il premio welfare?

Innanzitutto, iniziamo col dire cosa è il premio welfare. Possiamo ben dire che quando parliamo di premio welfare, facciamo riferimento ad un’erogazione a discrezione dell’azienda che ne definisce modalità e importo. Inoltre, trattasi di un premio che per il dipendente non costituisce reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali.

In pratica, ci troviamo dinnanzi ad un premio aziendale per il proprio dipendente. L’azienda, in pratica al conseguimento di obiettivi precedentemente fissati, offre beni, opere o servizi di welfare a tutti o a specifiche categorie di lavoratori in aggiunta alla normale retribuzione. Tutto ciò avviene senza la necessità di un accordo territoriale o sindacale di secondo livello, ma semplicemente con un Regolamento Aziendale  interno.

Molto spesso sono offerti sotto forma di buoni pasto, da consumarsi in ristoranti specifici o utilizzarsi in supermercati che hanno convenzione.

Chi ha diritto al premio welfare?

La domanda più frequente in merito a questi premi è sempre la stessa: chi ha diritto, in un’azienda a poter ottener il premio welfare?

Partiamo col dire che sempre più aziende italiane, anche tra le PMI, hanno iniziato a riconoscono il valore del welfare aziendale e, pertanto decidono di offrire ai propri dipendenti benefit e incentivi di vario genere. Pure l’introduzione del Jobs Act, ha avuto la sua importanza, che si è posto come obiettivo l’introduzione di sistemi di welfare aziendale sempre più dinamici e innovativi.

Ad ogni modo, molto spesso sono gli stessi contratti collettivi di categoria ad imporre alle imprese di mettere a disposizione dei propri dipendenti misure di welfare aziendale di genere diverso. Altre volte, sono le aziende che decidono di offrirle spontaneamente ai propri lavoratori.

Ci sono, però, categorie come quella dei metalmeccanici ad aver inserito l’obbligo del premio welfare. Questa categoria è stata seguita, poi, da altri settori, tra cui le telecomunicazioni, gli orafi e argentieri, gli operatori di telefonia, il turismo e la ristorazione.

I beneficiari del piano aziendale welfare

Dunque, questa fruizione dei piani aziendali welfare è riservata ai lavoratori dipendenti delle aziende private, ma può, tuttavia, essere estesa anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che hanno un rapporto di lavoro continuativo con le stesse. Va aggiunto, in maniera insindacabile che i benefici del premio welfare non possono essere erogati ad personam ma devono essere rivolti alla generalità di dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori.
Tali beni e servizi erogati ad personam dall’azienda al dipendente non godono di una tassazione agevolata, essendo considerati parte integrante della retribuzione.

Con la definizione di categorie omogenee di dipendenti non si intende soltanto la più canonica distinzione tra dirigenti, operai o lavoratori che appartengono a determinati reparti. Tra le categorie omogenee di lavoratori che possono venire individuate dai datori di lavoro per l’erogazione del welfare aziendale, ad esempio, troviamo:

  • dipendenti con lo stesso livello contrattuale;
  • dipendenti che appartengono a una stessa sede aziendale, allo stesso ufficio o allo stesso settore;
  • dipendenti con figli a carico;
  • dipendenti appartenenti ad una determinata fascia di reddito;
  • dipendenti che decidono di convertire in welfare aziendale il proprio premio di risultato.

Un ultima domanda attanaglia il dipendente aziendale, andiamo a vedere quale.

L’azienda può stabilire differenti piani welfare?

Semplicemente non sarà possibile per un’ azienda commissionare ed istituire differenti piani welfare.

Un solo piano welfare può essere erogato da un’azienda, in quanto al suo interno vi sono già benefici differenti. Dopo aver individuato le categorie di lavoratori a cui destinare il welfare aziendale, l’azienda in questione decide quali debbano essere le misure di welfare da inserire all’interno del piano. Queste misure potranno riguardare la sfera lavorativa del lavoratore specifico, oppure quella familiare dello stesso. Ad esempio, possono riguardare la sanità, l’istruzione, la formazione personale del dipendente, la previdenza complementare, il tempo libero, i trasporti pubblici.

Dunque, questo è quanto vi era da sapere prevalentemente sul premio welfare, ora non vi resta che rimboccarvi le maniche e tornare al lavoro.

Novità 2013 sulla detassazione dei premi di produttività

Con la Legge di Stabilità 2013, è stato stabilito che, per il biennio 2013-2014, venga applicata la detassazione dei premi di produttività erogati ai dipendenti del settore privato.
Si tratta di un’agevolazione che consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali pari al 10% su un importo massimo di retribuzione di produttività pari a € 2.500.

Requisito fondamentale per accedere alla detassazione riguarda il reddito che il lavoratore dipendente deve aver conseguito nel 2012, che non deve superare € 40.000, al lordo delle somme assoggettate nel 2012 ad imposta sostitutiva.

Le novità presenti nella disciplina 2013 riguardano la nuova nozione di retribuzione di produttività e l’obbligo, per il datore di lavoro, di depositare i contratti presso la Direzione territoriale del Lavoro (DTL) territorialmente competente entro 30 giorni dalla sottoscrizione. Viene così definito un meccanismo più restrittivo al fine di limitare l’utilizzo indiscriminato della detassazione.

La detassazione è possibile ora solo a seguito della verifica dei nuovi vincoli introdotti dal D.P.C.M. 22.01.2013. In particolare, si dovrà fornire la “prova” che le somme erogate derivino da un effettivo aumento di produttività, competitività ed efficienza dell’impresa.

In particolare, l’art. 2 del decreto fornisce una doppia nozione di “retribuzione di produttività”. Per essa, infatti, si intendono:

  • le voci retributive erogate, in esecuzione di contratti, con espresso riferimento a indicatori quantitativi di produttività, redditività, qualità, efficienza, innovazione, che possono essere quindi anche incerti in quanto variabili in funzione dell’andamento dell’impresa;
  • le voci retributive erogate in esecuzione di contratti che prevedano l’attivazione di almeno una misura in almeno 3 delle seguenti 4 aree di intervento: modifiche dell’articolazione dell’orario di lavoro, sia in relazione ad una programmazione mensile di variazioni della quantità di ore sia alla loro diversa collocazione temporale; programmazione aziendale più flessibile, mediante una programmazione aziendale anche non continuativa, dei periodi di ferie eccedenti le 2 settimane; introduzione di misure che abbiano il fine di rendere compatibile la tutela dei lavoratori con l’utilizzo di nuove tecnologie funzionali all’attività lavorativa; individuazione di criteri di fungibilità delle mansioni e di implementazione delle competenze.

Le due nozioni di retribuzione di produttività possono coesistere all’interno del medesimo contratto collettivo e, quindi, è possibile dare esecuzione ad entrambe le fattispecie, pur sempre però nel rispetto del limite massimo di retribuzione agevolabile di € 2.500 previsto dal D.p.c.m.

I datori di lavoro devono depositare i contratti presso la Direzione del Lavoro (DTL) territorialmente competente entro 30 giorni dalla sottoscrizione, insieme all’autodichiarazione di conformità dell’accordo depositato alle disposizioni del D.p.c.m.

Questo permetterà al Ministero del Lavoro la raccolta ed il monitoraggio dei contratti depositati e al Governo di avere un confronto con le parti sociali entro il 30.11.2013 per valutare l’applicazione dei contratti e l’effettività idoneità delle disposizioni del D.p.c.m., anche al fine di orientare le successive determinazioni in materia.

Vera MORETTI

La detassazione sui premi di produttività non è retroattiva

La detassazione del 10% sui premi di produttività non è retroattiva. Le somme erogate nel 2011 ai lavoratori dipendenti legate a incrementi di produttività, prima della stipula del relativo accordo collettivo territoriale o aziendale, non possono essere soggette all’imposta sostitutiva del 10%, anche quando l’accordo prevede la retroattività al 1° gennaio. A chiarirlo è  la circolare n. 19/E dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero del lavoro dell’11 maggio scorso.

La tassazione agevolata al 10 per cento, vale per le somme erogate ai dipendenti del settore privato “in attuazione” di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali. Quindi non può essere applicata se prima non sono stati firmati tali accordi. I datori di lavoro che nei mesi di gennaio e febbraio hanno applicato la detassazione sulle componenti accessorie della retribuzione, pur in mancanza di accordi o contratti collettivi di secondo livello, non saranno soggetti ad alcuna sanzione.

Non dovranno pagare alcuna sanzione i datori di lavoro che nei mesi di gennaio e febbraio hanno applicato la detassazione sulle componenti accessorie della retribuzione, pur in mancanza di accordi o contratti collettivi di secondo livello. Ciò a patto che la differenza tra l’importo dell’imposta sostitutiva già pagato e quello effettivamente dovuto sia versata entro il primo agosto 2011.