Food&Wine Made in Italy: Dop e Igp da record

L’Italia ha consolidato il suo primato mondiale per numero di prodotti Dop e Igp raggiungendo quota 818 Indicazioni Geografiche registrate a livello europeo.

A livello territoriale, Parma rimane indiscussa leader, mentre l’Emilia Romagna è la regione prima in classifica con 43 Dop e Igp e un valore di 2,7 miliardi di euro. Segue poi la Lombardia con 34 Dop e Igp e 1,5 miliardi di euro.
Verona e Treviso sono invece il traino del settore vitivinicolo, soprattutto con il Prosecco, con il Veneto che si trova in vetta per quanto riguarda la classifica regionale del vino, con 53 Dop e Igp e un valore di 1,2 miliardi di euro. In questo caso segue la Toscana con 58 Dop e Igp e 442 milioni. Siena è la terza provincia vinicola italiana.

Mauro Rosati, dg di Fondazione Qualivita, ha commentato così questi risultati: “Una crescita che riguarda quasi tutti i territori d’Italia ma che appare particolarmente significativa nei distretti nei quali i Consorzi sono riusciti a rappresentare un ruolo guida in percorsi di sviluppo coerenti che hanno portato, per esempio, al ribaltamento del rapporto tra sistema Dop-Igp e industria alimentare che oggi mostra un interesse forte verso un settore sempre più strategico”.

Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole, ha aggiunto: “Abbiamo fatto un buon lavoro di squadra, è stato fatto un salto di qualità strutturale partendo dal presupposto non di legare le Dop e Igp a una strategia di conservazione, ma sviluppando un concetto evolutivo, considerando le nostre eccellenze la frontiera più avanzata nei confronti del mondo”.

Nel comparto del cibo, è Parma la provincia che contribuisce maggiormente, seguita da Modena, con un valore della produzione pari a 583 milioni di euro, e in calo del 6%. Cresce, al contrario, Mantova, con un aumento dell’81% che la fa diventare la terza provincia italiana per impatto economico con 437 milioni di euro. Seguono Reggio Emilia, Brescia e Udine.
Caserta è la prima provincia del Mezzogiorno con i suoi 186 milioni di euro. Per quanto riguarda le variazioni di impatto economico rispetto al 2015 sono da segnalare anche le performance positive delle province di Novara (+296%), Pavia (+119%), Bergamo (+112%), Bologna (+40%) e Salerno (+23%).

Nel settore del vino, invece, dopo Verona, Treviso e Siena, ci sono Vicenza (194 milioni di euro) e Padova (166 milioni di euro), che salgono rispettivamente di quattro e dieci posizioni nella graduatoria nazionale, anche se la quinta provincia, con 189 milioni di euro, è Cuneo.
Sopra i cento milioni di euro anche le province di Udine e Belluno, poi Trento, cui seguono Bolzano (95 milioni) e Asti con (85 milioni). Lecce è la prima provincia del sud Italia con 42 milioni di euro di impatto economico del vino sfuso, seguita da Chieti con 36 milioni di euro.

Vera MORETTI

Una rete per tutelare Dop e Igp

Agrodolce

In occasione del seminario “Promozione e valorizzazione dei prodotti Dop e Igp attraverso i beni culturali” organizzato da AICIG tenutosi presso la sede del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP nella Reggia di Caserta, è stato proposto dai partecipanti di creare una rete di comunicazione tra le varie aree geografiche, al fine di individuare gli strumenti più idonei per determinare e mettere in atto politiche di tutela del prodotto e al contempo valorizzare le eccellenze gastronomiche territoriali.
In particolare, si vogliono tutelare le eccellenze enogastronomiche e il patrimonio storico-artistico delle DOP e delle IGP.

In quell’ambito, Cesare Baldrighi, Presidente di AICIG e del Consorzio di tutela del formaggio Grana Padano DOP, ha dichiarato: “Siamo di fronte a dimensioni e capacità diverse di presentare i prodotti e ritengo che all’interno di una ampia attività di comunicazione ci possano essere canali più specifici di intervento che si tagliano meglio su determinati prodotti. Ogni consorzio, in virtù delle caratteristiche del prodotto e della sua capacità di intervenire sul mercato, si trova a scegliere quelle che sono le strade più confacenti al suo obiettivo, anche in base alla linea di comunicazione che intende perseguire e al target di consumatori a cui intende rivolgersi. Certo, più sono ampie le possibilità e più è facile raggiungere i potenziali consumatori, tuttavia se si sceglie di portare avanti una comunicazione molto mirata alla fine il ritorno che si ottiene ha la stessa efficacia”.

Fondamentale è la comunicazione, che va diversificata tra quella nazionale e quella internazionale, e in questo secondo caso aggiungere informazioni in più poiché all’estero i prodotti potrebbero non essere così conosciuti, dunque occorre accattivare il possibile consumatore.

All’incontro è intervenuto anche Domenico Raimondo, presidente del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP, che ha voluto ricordare quanto sia importante “valorizzare e promuovere l’intreccio tra cibo, arte e paesaggio, un volano possibile, una strada in realtà appena iniziata a essere battuta con l’esperienza del nostro consorzio. Nell’incontro di oggi ci è stato chiesto se è un modello replicabile: noi siamo convinti di si. Qui ci siamo riusciti grazie al dialogo e alla collaborazione tra privati e il pubblico: è grazie al sostegno del direttore della Reggia Felicori se abbiamo potuto realizzare il nostro progetto ed è grazie all’asse con il sindaco del capoluogo Carlo Marino se abbiamo appena raggiunto un nuovo traguardo ovvero la firma, ieri, di una convenzione con la scuola nazionale dell’amministrazione per utilizzarne la struttura nell’ambito delle attività della nostra Scuola nazionale di formazione lattiero-casearia. Bisogna favorire il dialogo tra i privati e il pubblico, per coinvolgere tutte le realtà di un territorio in una strategia di sviluppo, così come è necessario portare su questa strada anche piccole realtà consortili, con poche risorse a disposizione, ma simboli di intere aree di produzione con potenzialità tutte da esprimere”.

Vera MORETTI

Il Made in Italy eccelle grazie all’innovazione

Il Made in Italy, per rimanere ad alti livelli di eccellenza, deve necessariamente puntare su innovazione e tecnologie digitali e, non a caso, i settori che meglio rappresentano l’italianità all’estero, come moda, turismo e automotive, sono sempre al passo coi tempi grazie alle tecnologie digitali.
Sono proprio questi comparti che valgono il 20% del Pil totale e non hanno intenzione di fermarsi.

Di questo, e dell’importanza che ha l’innovazione nei settori chiave del Made in Italy, si è parlato durante il Deloitte Innovation summit 2017. Ciò che è emerso, tra le altre cose, è che secondo gli italiani occorre puntare su: università e centro di ricerca (26%), imprese (22%), Stato (20%), capitale umano (20%).

Come fare, dunque, per raggiungere obiettivi di eccellenza? Ciò che viene suggerito è puntare sullo sviluppo di hub innovativi, non solo guardando alla Silicon Valley, ma anche alla City di Londra, che ha saputo innovarsi pur mantenendo la sua tradizionale competenza finanziaria, oppure ricordando la Silicon Wadi israeliana e il distretto agritech della Nuova Zelanda. Tutti esempi che hanno saputo sfruttare le tecnologie mantenendo comunque un approccio metodologico e pragmatico applicato alle specificità del Paese.

L’Italia vanta posizioni di leadership nei tre settori prima citati, ovvero moda, turismo, automotive, ma anche nautica, agroalimentare, macchinari industriali. Ecco qualche dato:

  • fashion: vale oltre il 3% del pil, rappresenta il 35% del sistema fashion UE, primo posto nella competitività del commercio internazionale;
  • turismo: oltre il 3% del pil, primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per affluenza di turisti;
  • automotive: vale circa il 5% del PIL, l’Italia è il secondo esportatore di motocicli d’Europa e il primo mercato di auto a trazione alternativa;
  • macchinari industriali: vale circa il 6,5% del pil, siamo il secondo esportatore d’Europa, il primo nel mondo per le macchine di imballaggio;
  • agroalimentare: vale più del 7% del pil, ogni anno 1,2 miliardi di persone nel mondo compra almeno un prodotto alimentare italiano, l’export vale intorno ai 37 miliardi;
  • nautica: secondo produttore di imbarcazioni al mondo, leader per i superyacht.

Vera MORETTI

Il Made in Italy messo a rischio dalla contraffazione

Uno studio della Coldiretti sull’esportazione dei cibi Made in Italy ha fatto emergere una quantità di prodotti che vengono spacciati per veri mentre in realtà sono fasulli.

La ricerca, presentata a Fieragricola, denuncia quella che è stata definita agropirateria internazionale, che colpisce i prodotti che più di altri rappresentano l’essenza stessa dell’italianità alimentare e che reca notevoli danni economici e di immagine alla nostra agricoltura.

Tra i più copiati, e di conseguenza danneggiati, è il Parmigiano Reggiano, il cui nome cambia a seconda dei Paesi in cui è venduto e del quale esiste anche un kit per produrlo da soli.
Ma anche i vini italiani sono al centro di questa truffa, a cominciare dal prestigioso Valpolicella, ma la lista è lunga, e ha raggiunto tutti i Paesi del mondo dove il Made in Italy è particolarmente diffuso e amato, andando anche oltreoceano in Canada, Stati Uniti, Argentina e Brasile.

Tra le vittime c’è anche la pasta: diffidare dei maccaroni mit tomatensauce o degli gnocchi rucola-parmesan prodotti in Germania, ma anche della palenta realizzata in Croazia e accompagnata dal sugo fatto con San Marzano pomidori pelati coltivati negli States.
Anche l’olio e il vino rientrano nei prodotti italiani fortemente imitati all’estero dove si possono trovare il pompeian oil del Maryland (Stati Uniti) così come il falso Chianti americano, ma anche il kressecco o il meer-secco tedeschi che imitano l’inarrivabile Prosecco e persino il Barbera rumeno che, tuttavia non è rosso, ma incredibilmente bianco.

Ad approfittare di questa opportunità sono aziende estere che, spacciando per veri prodotti irrimediabilmente falsi, si impongono sul mercato grazie alla grande notorietà del Made in Italy, anche se, ahimè, con essi non hanno nulla a che fare.

Vera MORETTI

Produzioni certificate: l’Italia è prima

Non ha eguali in Europa la crescita delle produzioni certificate che si registra in Italia, che rimane ben salda in testa a questa speciale classifica.

Rivela Istat che, rispetto alle 248 certificazioni rilevate al dicembre 2012, il Belpaese ne ha guadagnate altre 7, arrivando così a 255 denominazioni tra Dop, Igp e Stg.
L’eccellenza agroalimentare Made in Italy non teme rivali, poiché Francia e Spagna, anch’esse sul podio, sono molto lontane: i cugini d’oltralpe, infatti, sono fermi a 197 riconoscimenti, mentre gli iberici sono a quota 162.

Pensando alla crisi economica che sta interessando l’Italia, il segmento dei prodotti italiani certificati è fondamentale per rimanere a galla, e vanta un fatturato al consumo di 12 miliardi nel 2012, di cui un terzo legato alle esportazioni.

Nonostante i numeri siano più che incoraggianti, i margini di miglioramento ci sono: se, infatti, si potenziassero gli strumenti di promozione e di marketing si potrebbero portare alla luce altre Dop e Igp ancora sconosciute e intensificare la lotta alla contraffazione.

Ad oggi, infatti, il 97% del fatturato del comparto è appannaggio di venti prodotti, ovvero quelli più conosciuti, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio.

Per questo, la Cia, Confederazione italiana agricoltori, sostiene che “ora bisogna lavorare per sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita; e farlo organizzando le filiere, incrementando i Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, rafforzando le politiche di promozione in primis sulle vetrine internazionali“.

Tolleranza zero, infine, per gli imitatori dei nostri prodotti di punta, che compromettono il prestigio del sistema alimentare italiano, sia dentro, sia fuori dai confini nazionali: “Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, con 10 milioni di chili di cibi “tarocchi” sequestrati soltanto nel 2012. Per non parlare dei danni ancora maggiori provocati dall’Italian sounding nel mondo, un business illegale che “vale” 60 miliardi di euro l’anno“.

Vera MORETTI

L’olio extravergine in Giappone parla italiano

Importante traguardo per il made in Italy alimentare: l’Olio Dante, a partire da luglio, sarà commercializzato dalla Nippon Flower Mills, grazie al più importante accordo a lungo termine sottoscritto da un’azienda meridionale per la distribuzione in Giappone di prodotti alimentari di alta qualità.

Si tratta di un contratto tra gli Oleifici Mataluni di Montesarchio (Benevento) e la Nippon, uno dei più grandi canali giapponesi di distribuzione, che verrà stipulato il 13 luglio. Biagio Mataluni, Presidente Oleifici Mataluni spiega: “E’ il coronamento di un lungo percorso avviato tre anni fa con la Nippon, che ha voluto testare accuratamente i nostri prodotti ed esaminare lo stabilimento e le linee di produzione. Abbiamo iniziato a concepire ed approfondire il progetto commerciale nel 2008. L’anno successivo abbiamo adattato la produzione agli standard qualitativi richiesti dai giapponesi. Quindi, abbiamo deciso di dedicare una intera linea esclusivamente al Giappone, realizzando un packaging innovativo ed un blend di alta qualità. Infine, nel 2010 abbiamo avviato il test operativo sugli scaffali e collaudato la logistica in vista dell’approvazione definitiva. E’ stato un periodo propedeutico al contratto di esclusiva per la distribuzione dei nostri prodotti in Giapponeconclude Matalunie rappresenta anche la prima fase di un complesso e ambizioso processo di internazionalizzazione che stiamo affrontando“.

La bottiglia in cui sarà venduto l’olio nostrano sarà in Pet per garantire maggior leggerezza, garantendo tutta la sicurezza necessaria grazie agli studi del Centro di ricerca degli Oleifici Mataluni (riconosciuto nel 2010 dal Miur).