Esame avvocato: ecco cosa deve sapere chi svolgerà la prova nel 2022

Novità importanti per chi deve sostenere l’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, o più semplicemente l’esame avvocato. Anche quest’anno non vi saranno prove scritte.

Come accedere all’esame avvocato 2021

La notizia ufficiale arriva dalla Gazzetta Ufficiale Serie concorsi (n.91 del 16-11-2021) con la pubblicazione del Bando di esame di abilitazione all’esercizio della professione – sessione 2021 firmato dalla Ministra Cartabia.

L’inizio delle prove è previsto per il 21 febbraio 2022 e si terranno presso le sedi delle Corti di Appello delle varie Regioni d’Italia.

Per poter partecipare è necessario aver terminato il periodo di pratica entro il 10 novembre 2021 e presentare una domanda telematicamente, i termini per la presentazione sono dal giorno 1 dicembre 2021 al giorno 7 gennaio 2022 ed è previsto il versamento di imposte varie per ammontare di 78,91 euro così suddivisi:

  • 12,91 euro di tassa;
  • 50 euro contributo spese;
  • 16 euro di imposta di bollo.

Il pagamento viene effettuato tramite il sistema PagoPA.

Per potersi iscrivere è necessario accedere al sito www.giustizia.it e accedere all’area “Strumenti/Concorsi, esami, assunzioni” con l’uso dello SPID di secondo livello, non sono ammesse altre modalità di identificazione digitale.

Nel momento dell’iscrizione è necessario anche esprimere la preferenza sulle materie d’esame.

Entro 10 giorni dalla scadenza dei termini della presentazione delle domande sarà effettuato il sorteggio per abbinare il candidato alle sedi.

Le prove per l’abilitazione all’esercizio della professione forense

Lo svolgimento dell’esame avvocato è diverso rispetto al periodo antecedente al Covid, infatti ci saranno due prove orali. La prima verterà sulla risoluzione di un caso concreto alla cui base vi è la verifica della conoscenza della norme processuali e del diritto sostanziale. I casi dovranno essere scelti tra quelli regolati dal diritto amministrativo, penale o civile. La scelta della materia viene effettuata dal candidato al momento dell’iscrizione all’esame per l’abilitazione alla professione forense.

Per accedere alla seconda prova è necessario avere ottenuto nella prima prova un voto almeno pari a 18.

La seconda prova si svolge a non meno di 30 giorni rispetto allo svolgimento della prima prova e consiste nella discussione di questioni su materie 5 materie scelte dal candidato. Vi sono però dei limiti alle scelte in quanto una deve essere obbligatoriamente tra diritto processuale civile e processuale penale (deve comunque essere una materia diversa rispetto a quella scelta per la prima prova), le altre tre sono a scelta tra le seguenti materie: diritto civile, diritto penale, diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell’Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico.

Nella seconda prova il candidato deve dimostrare di avere conoscenza anche dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri dell’avvocato.

La seconda prova deve durare non meno di 45 minuti e non più di 60 minuti.

Per l’idoneità il candidato alla seconda prova ha una valutazione per ognuna delle 6 materie trattate, deve ottenere almeno il voto di 108 totale e per almeno 5 materie il voto non può essere inferiore a 18.

Regole anti Covid per l’esame avvocato

Le prove si svolgeranno da remoto attraverso una camera virtuale collegata alla commissione centrale, alla seduta potranno partecipare tutti coloro che risultano candidati e ulteriori soggetti che ne facciano richiesta, in questo modo viene assicurata la pubblicità delle sedute.

Le sedute non possono essere audio-video registrate e non può essere utilizzata la funzione di “messaggistica” presente nella camera virtuale.

Nei locali i candidati potranno accedere esclusivamente con il Green Pass, oltre ai candidati possono accedere il personale amministrativo e addetti alla vigilanza.

I candidati devono inoltre indossare la mascherina e rispettare il distanziamento di almeno 2 metri. Ogni candidato deve accedere all’aula 15 minuti prima dell’orario di convocazione e uscire appena dopo aver concluso la seduta.

Regole specifiche sono previste per i candidati portatori di handicap, costoro devono indicare al momento della presentazione della domanda l’ausilio specifico di cui hanno bisogno per lo svolgimento della prova e devono allegare la documentazione sanitaria. In base alla domanda saranno predisposti i necessari ausili, ad esempio tempo aggiuntivo per le prove.

Professione forense, ecco il nuovo sistema disciplinare

Con l’anno nuovo l’avvocatura si regala un nuovo sistema disciplinare per potenziare gli aspetti della corretta professione forense. Dal primo gennaio è infatti in vigore, nell’ambito del Nuovo ordinamento della professione forense, un nuovo sistema disciplinare basato sui Consigli distrettuali di disciplina e su un procedimento disciplinare rivisto. La deontologia professionale ne esce così rafforzata.

Il nuovo sistema a garanzia della corretta pratica della professione forense è fondato sulla imparzialità dei nuovi organismi giudicanti, che sono proprio i 26 Consigli distrettuali di disciplina, sull’effettività del controllo disciplinare e su un procedimento disciplinare che sia garantito per l’incolpato ma, nel contempo, che risulti efficace e celere ai fini della verifica dell’eventuale inadempimento deontologico. Il tutto sulla base delle previsioni del Nuovo Codice deontologico forense, che è entrato in vigore il 15 dicembre scorso.

L’obiettivo di questo nuovo sistema disciplinare ha sempre come fine ultimo il cittadino che si trova a dover fronteggiare aspetti legati all’amministrazione della giustizia: il fine ultimo, infatti, è che i diritti dei cittadini siano garantiti attraverso la piena correttezza nell’esercizio della professione forense.

Avvocati, il coraggio di cambiare (per non soccombere)

La drammaticità dell’attuale situazione ci rende più coraggiosi; si tratta del coraggio della disperazione dettato da chi è consapevole che ormai siamo sull’orlo del precipizio.

Giusto o sbagliato che sia le coscienze assopite si risvegliano solo quando quasi tutto è perduto. Solo quando ci rendiamo conto di non avere più una pagnotta (seppure secca) da portare a casa ai nostri figli, allora siamo pronti a tutto. Ma forse è troppo tardi.


. Oggi in Italia esiste un avvocato ogni 200 abitanti, Con le liberalizzazioni ed il venire meno di ogni “limitazione” all’accesso, il rapporto sarà di 1 a 100. Su 100 cittadini quanti in un anno mediamente si rivolgono ad un avvocato? Direi non più di un 5%. Quindi, dovremo portare avanti o ancor peggio avviare uno studio potendo contare su una media di 5 clienti all’anno (i quali comunque prima di avviare un procedimento dovranno passare sotto le forche caudine dell’istituto della meda conciliazione obbligatoria rinunziando, la maggior parte delle volte, per una questione di costi a far valere i propri legittimi diritti).

Cosa racconteremo ai giovani avvocati che entusiasti delle liberalizzazioni entreranno a far parte dell’albo? Benvenuti nel mondo dei disoccupati!

Posso solo immaginare a quale livello sarà esasperata la lotta fratricida tra colleghi per accaparrarsi un cliente. E poi, trovato il cliente cosa avviene? Complice la crisi economica, complici i costi della media conciliazione obbligatoria, complice l’aumento sconsiderato del contributo unificato (ricordo che l’art. 28, Legge 183/2011 prevede l’ulteriore aumento del contributo unificato, pari al 50%, per il grado di Appello e del 100%, per i procedimenti innanzi alla Corte di Cassazione), il cliente sarà disposto ad “offrire” all’avvocato per il servizio espletato un compenso probabilmente nemmeno sufficiente per coprire le spese minime di gestione di un piccolo studio. Non solo non esistono più i minimi tariffari ma lo stesso tariffario forense è abolito (L’art. 10, co. 12, Legge 183/2011, prevede l’abolizione delle tariffe forensi dal 1° gennaio 2012).

Il rapporto avvocato-cliente sarà contraddistinto da un contrattazione al ribasso non solo del compenso ma anche delle condizioni contrattuali da applicare. Se il cliente è disposto a corrispondere un compenso di 1000 euro perché in quel momento non può oggettivamente versare una maggior somma, a quel cliente giustamente non interessa che di quei 1000 euro 200 serviranno per pagare il contributo unificato, il 23% servirà per il pagamento dell’IVA, il 4 % per la cassa di previdenza, ecc . Lui avrà corrisposto 1000 all’avvocato, perché più di 1000 euro non è in grado di corrispondere!

Evviva! Separazioni e cause condominiali a 500 euro, tutto compreso! (tratto da un sito web dell’era post liberalizzazioni). Dobbiamo forse arrivare ad augurarci che i cittadini litighino di più per poter sopravvivere come categoria? Assolutamente no visto che il legislatore ha pensato anche a questo: media conciliazione per riappacificare a forza gli animi rancorosi o ancora meglio per far desistere i potenziali litigiosi da ogni intento bellicoso.

Che Dio ci benedica e soprattutto ci dia l’intelletto per comprendere tale scempio e la forza per ribellarci.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Società di professionisti: muore la professione forense

È a rischio l’indipendenza della professione forense.

La legge di Stabilità appena approvata ammette la costituzione di società per l’esercizio dell’attività professionale secondo i modelli societari contemplati dal codice civile, incluse le società di capitali.

Potranno essere ammessi a far parte di tali società, in qualità di soci solo i professionisti iscritti ad ordini ed albi ma anche soggetti non professionisti (ad esempio banche, grandi imprese, compagnie assicurative, ecc.) soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento. L’espressione “soltanto” non è macabra ironia ma il termine esatto utilizzato nel testo della legge!

È facile capire come l’entrata di investitori esterni in società di professionisti finirà con l‘assoggettare la professione forense alle logiche del mercato e della concorrenza tipiche delle imprese commerciali. L’indipendenza ed autonomia del singolo professionista cederanno il passo alle spietate logiche del mercato finalizzate al raggiungimento del massimo profitto.

Ne deriverà un inevitabile braccio di ferro tra i professionisti operativi all’interno delle società professionali – impegnati ed intenti nel portare avanti i loro mandati professionali nel rispetto delle regole, anche deontologiche, imposte dall’ordinamento – e gli investitori non “professionisti” – interessati ad ottenere il massimo profitto dall’attività dei professionisti “lavoratori”. Gli avvocati inseriti in “società di professionisti” diventano di fatto dei dipendenti “sotto pagati” dagli investitori esterni, i quali, giustamente, così come fanno gli azionisti, chiederanno conto agli avvocati in merito al fatturato prodotto.

Le grandi imprese non dovranno più neppure costituire un ufficio legale interno; potranno, di fatto, investire, come soci di maggioranza, in società di professionisti, lucrando sul guadagno dei professionisti impegnati all’interno di tali società.

Altro problema di non poco conto è rappresentato dal conflitto di interessi che potrà nascere tra l’avvocato socio e l’investitore esterno. Il singolo cliente si rivolge alla società di professionisti per avviare una causa contro una banca, salvo poi scoprire che quella banca è il socio investitore di maggioranza di quella società di professionisti alla quale il cittadino si è rivolto.

Ci aspettano tempi molto duri.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

La politica delle parole

di Matteo SANTINI

La politica delle parole vale anche per la categoria forense; è la politica di chi fa finta di protestare contro provvedimenti osceni che stanno giorno dopo giorno annichilendo e mortificando la professione forense, mentre, di fatto, fa l’occhiolino ai poteri forti che vorrebbero una categoria forense a servizio delle grandi imprese. La politica delle parole è quella di chi coltiva solo il proprio orticello dimenticando che se non si lavora tutti insieme, le grandi carestie colpiscono inesorabilmente la terra di tutti.

Rassegnazione o vigliaccheria ? Forse entrambe le cose; il servilismo nei confronti dei potenti è un malcostume tipicamente Italiano, in parte giustificato dal timore che se si è da soli ad alzare il capo, si viene più agevolmente individuati e schiacciati. L’occhiolino ai potenti ci rende apparentemente più sereni; falsamente convinti di godere della protezione dei forti e magari speranzosi di potere un domani raccogliere le briciole della grande torta ormai divorata dalle grandi avide bocche.

E’ ora di cambiare ma le parole non bastano. E’ ora che tutti gli avvocati, si rendano conto che è in atto una campagna mediatica e legislativa finalizzata all’annientamento della categoria. Rispetto a quanto affermato nella recente manovra economica (approvata da “illustri” colleghi che siedono in Parlamento), rispondo che la professione forense mai e poi mai rientrerà tra le attività economiche di cui all’articolo 41 della Costituzione. La nostra non è attività di impresa.

La nostra tutela Costituzionale discende direttamente da un altro articolo (che non è il 41 come a molti fa comodo pensare): mi riferisco ovviamente all’articolo 24. Oltretutto, la funzione di interesse pubblico svolta dagli avvocati è confermata dalla stessa normativa comunitaria, recepita dall’ordinamento italiano. Quali sarebbero le indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni di cui all’articolo 3 del DL 138/2011 ? Se, consideriamo come indebite restrizioni le disposizioni volte a limitare il numero degli iscritti, a verificare l’effettiva preparazione degli aspiranti avvocati attraverso un esame di stato serio e rigoroso, a limitare forme di concorrenza sleale mediante aste al ribasso sulle tariffe dei servizi professionali, allora ciò significa che il nostro legislatore, oltre ad essere molto abile nel rovesciare e mistificare la realtà, possiede anche un macabro umorismo. In Italia siamo in 240mila avvocati: mi viene il dubbio che le restrizioni “debite” o “indebite” che si vogliono abolire, in passato non siano mai esistite o quanto meno non abbiano funzionato!

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.