Artigianato Veneto: troppi ritardi nei pagamenti

Gli artigiani veneti denunciano un eccessivo ritardo nei pagamenti o mancati pagamenti. Sono il 37% a lamentare la situazione su un campione di mille intervistati telefonicamente. Il problema principale è un aggravio della liquidità disponibile. Tale appesantimento si concentra particolarmente nelle aziende dell’edilizia e dei servizi alle imprese, mentre nel manifatturiero e nei servizi alle persone si assiste ad una maggiore stabilità.

I tempi medi per incassare sono di 79 giorni se il pagatore è un privato, 96 se è un’altra impresa e 180 giorni se si tratta della PA. Il presidente della confederazione Giuseppe Sbalchiero commenta: “Situazioni da Far West. Farsi pagare è sempre più difficile ed il livello di sofferenza delle imprese sta diventando insopportabile. Tra il 2010 e il 2011 i tempi dei pagamenti dei privati sono saliti di nove giorni e quelli delle imprese fornitrici di sette, a conferma che la crisi ha peggiorato la situazione. Una recente direttiva europea, approvata lo scorso febbraio, ha cercato di porre un freno a tali ritardi prevedendo misure particolarmente severe, specie quando il cattivo pagatore è la pubblica amministrazione. Ma l’Italia non si è ancora mossa per dare attuazione alla direttiva. C’è tempo fino al 2013, ma noi – conclude Sbalchiero – speriamo che si non attenda l’ultimo minuto“.

 

Cgia di Mestre: 15 miliardi di euro di stangata a regioni ed enti locali

La Cgia di Mestre ha sommato i tagli alle Regioni ed agli Enti locali previsti dalla manovra correttiva del 2010 e da quella appena approvata la settimana scorsa. Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre ha sottolineato: “Non ci sono solo gli effetti della manovra correttiva votata nei giorni scorsi a preoccupare i Governatori, i Presidenti delle Province ed i Sindaci. Ai 6,4 mld di euro di tagli previsti dal Dl 98/2011 , vanno aggiunti gli 8,5 mld introdotti dalla manovra correttiva approvata l’anno scorso. Nel 2014, quando gli effetti delle 2 manovre andranno a regime, la stangata in capo a Regioni ed Enti locali sarà di quasi 15 miliardi di euro“.

Mentre le casse dello Stato beneficeranno di una riduzione di spesa pari a quasi un punto di Pil -prosegue Bortolussi- è molto probabile che per far fronte a questi mancati trasferimenti le Regioni, le Province ed i Comuni aumenteranno le tasse locali per far quadrare i loro magri bilanci. Un’operazione già iniziata in questi ultimi mesi, visto che in molte città sono rincarate le tariffe dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti, le spese per le mense scolastiche o le rette delle case di riposo“.

Bortolussi evidenzia che le voci di spesa che maggiormente risentiranno di questi tagli saranno quelle legate al funzionamento della macchina amministrativa di ciascun ente locale, la scuola, i trasporti, la salvaguardia del territorio e i servizi sociali.

 

 

Assemblea 2011 dei Commercialisti, Siciliotti fa il punto della situazione

In occasione dell’Assemblea 2011 dei Commercialisti, il presidente della categoria Claudio Siciliotti ha presentato una relazione a tutto campo. Alla conferenza hanno partecipato anche i ministri della Gioventù, Giorgia Meloni, quello della Giustizia, Angelino Alfano e quello del Lavoro, Maurizio Sacconi. Oltre a loro, sono intervenuti anche il sottosegretario all’economia, Luigi Casero, il responsabile economico del Partito democratico, Stefano Fassina, il presidente dell’API, Francesco Rutelli e il presidente del Consiglio della Giustizia Tributaria, Daniela Gobbi.

Siciliotti a favore della lotta all’evasione, ha presentato un pacchetto di proposte che va dalla richiesta di un riequilibrio della tassazione tra redditi patrimoniali e da lavoro a quella di rimodulare, ad invarianza di gettito, gli effetti distorsivi per le imprese prodotti dall’Irap; da una richiesta di drastica riduzione delle detrazioni, deduzioni, regimi impositivi speciali e sostitutivi a una di utilizzo di redditometro e spesometro che preveda però un mediatore terzo nel contraddittorio tra Entrate e contribuente al fine di porre ordine.  E’ stata inoltre proposta l’istituzione di una piattaforma informatica che agevoli i contribuenti e che permetta il tracciamento dei pagamenti. Proposte, secondo Siciliotti “utili per poter impostare una lotta all’evasione che sia davvero efficace ed equilibrata, senza oscillare perennemente tra ricette repressive e ricette permissive, a seconda della vicinanza o lontananza alle scadenze elettorali e agli elettorati di riferimento della maggioranza politica di turno“.

Per quanto riguarda la giustizia tributaria, secondo Siciliotti “Nel bilancio previsionale dello Stato per il 2010 le somme stanziate per fare accertamento, ossia per far fronte agli oneri di gestione dell’Agenzia delle entrate, ammontano a circa 2.865 milioni di euro e quelle per fare riscossione, ossia per compensi ad Equitalia, ammontano a circa 325 milioni di euro. Le somme stanziate invece per la giustizia, ossia per compensi ai giudici tributari e per il funzionamento delle commissioni, ammontano solo a circa 70 milioni di euro. Una sproporzione clamorosa che impedisce in partenza alla Giustizia tributaria di lavorare al meglio“. Serve una riforma che non può più essere procrastinata nel tempo, visti i problemi urgenti da risolvere.

La proposta di riforma dei commercialisti punta molto sulla formazione di una magistratura tributaria più professionale e competente. I commercialisti propongono quindi l’apertura ai giudici non togati dei percorsi di carriera specifici in materia tributaria, attribuendo, sia per i giudici togati che non, valore abilitante ai soli titoli comprovanti una competenza specifica nella materia tributaria, anziché, come accade attualmente, nelle materie giuridiche in generale.

Secondo Siciliotti, il prezioso lavoro di front office telematico svolto dagli studi professionali è di estrema importanza per la pubblica amministrazione. Questo lavoro si traduce in costi diretti di strumentazione e indiretti di tempo. Un lavoro remunerato in maniera irrisoria dallo Stato che dovrebbe essere rivalutato. E’ stato toccato in seguito il problema dei ritardi dei pagamenti della PA: lo scorso anno il ritardo dei pagamenti del settore pubblico italiano, rispetto ai tempi previsti da contratto, è stato in media di 86 giorni, quasi il triplo dei 30 registrati nel settore privato. Una situazione che danneggia le imprese italiane e che aggrava il lavoro dei commercialisti che merita di essere risolto al più presto.

A conclusione dell’intervento si è parlato di conti pubblici. Per il raggiungimento del pareggio di bilancio alla fine del 2014, ha sostenuto, ci vorrà una manovra di oltre 40 miliardi. “Tra le righe del Documento Economico Finanziario si legge che la correzione dei conti pubblici per il biennio 2013 – 2014 dovrà essere all’incirca di mezzo punto di PIL per ciascuno dei due anni. Tradotto in numeri, questo significherebbe una manovra su base biennale da circa 17 – 18 miliardi di euro, o “forse qualcosa di più”, come ha detto a voce il Ministro Tremonti in sede di presentazione del Documento Economico Finanziario alla Commissione Finanze della Camera. In verità, i numeri che emergono dallo stesso Documento Economico Finanziario lasciano trasparire che quel “qualcosa di più” dovrà essere “qualcosa più del doppio”, perché appare ineludibile, per raggiungere un simile obiettivo, una manovra biennale di oltre 40 miliardi di euro”.

Pmi e ambiente: nuove semplificazioni burocratiche in arrivo

Il Consiglio dei Ministri ha approvato nei giorni scorsi un “pacchetto” di semplificazioni burocratiche in tema di prevenzione degli incendi e di tutela dell’ambiente relativamente agli adempimenti di carattere oneroso che coinvolgono circa 2 milioni di piccole e medie imprese italiane. Il commento del Ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta è stato: “per la prima volta viene affermato il principio di proporzionalità: gli adempimenti amministrativi vengono diversificati in base alla dimensione, al settore in cui opera l’impresa e all’esigenza di tutela degli interessi pubblici“.

Viene inoltre esteso l’utilizzo della rete grazie alla quale sarà possibile presentare online le domande utilizzando lo Sportello Unico. In questo modo si agevoleranno soprattutto le piccole imprese che sono la maggioranza nel nostro Paese: il 95% di quelle operanti nell’industria e nei servizi non supera il numero di 10 addetti. Nella nota si legge “il sistema amministrativo italiano tratta in modo sostanzialmente identico le une e le altre: le grandi come le piccole, l’attività di servizi turistici come l’impresa che tratta materiali chimici. Stesse procedure burocratiche, stesse autorizzazioni, stessi vincoli e, quindi, stessi costi per l’imprenditore. Per superare questa condizione insostenibile il Governo si e’ impegnato, con la manovra economica dell’estate 2010, a realizzare numerose semplificazioni che contribuiscano nell’azione di rilancio dell’economia, liberando risorse che fino a oggi sono state spese per attività amministrative inutili e che possono essere ricollocate sul fronte degli investimenti o, più semplicemente, dare fiato ai bilanci delle aziende in difficoltà“.

Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia (Confartigianato, CNA, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti) sul via libera del Consiglio dei Ministri ai regolamenti di semplificazione in materia ambientale ha affermato: “Oggi vediamo la prima attuazione dei principi dello Small Business Act. I provvedimenti di semplificazione approvati dal Governo vanno nella giusta direzione: alleggerire gli adempimenti burocratici a carico delle piccole e medie imprese, applicando il criterio di proporzionalità sulla base del numero dei dipendenti e del settore di attività“.

Mirko Zago

Cara P.A., ora paga i tuoi debiti alle PMI. Te lo impone l’Ue, basta ritardi

di Davide PASSONI

Oggi partiamo da una buona notizia. La Commissione Europea ha finalmente trovato un accordo con l’Europarlamento e con il Consiglio dei ministri Ue per varare una direttiva contro i ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Una piaga per l’economia, non solo italiana ma europea, una jattura con la quale si sono trovati a fare i conti molti dei nostri lettori che, quindi, sanno bene di che cosa stiamo parlando.

Nell’Ue i pagamenti in ritardo ammontano a quasi 2 miliardi all’anno, con tempi medi di 65 giorni e casi estremi che arrivano a 180. Ora, secondo la direttiva europea in via di approvazione, il termine ultimo per i pagamenti sarà di 60 giorni; dal 61esimo in poi, per le P.A. scatterà l’interesse dell’8% sul debito. Una mossa che dovrebbe sbloccare circa 180 miliardi, in buona parte a favore delle PMI.

Da noi la pubblica amministrazione ha un debito di circa 70 miliardi verso i propri fornitori, molti dei quali sono, guarda caso, PMI. Lo sa bene la Commissione Europea, visto che da Bruxelles ricordano che questa intollerabile morosità è spesso causa del fallimento di imprese che sarebbero altrimenti sane e produttive, specialmente se di piccole e medie dimensioni. Se aggiungiamo che in Italia, sempre secondo fonti Ue, i ritardi nei pagamenti sono passati da 138 giorni nel 2008 a 170 nel 2010 e che il 50% delle nostre imprese registra ritardi medi di 2-4 mesi e il 25% persino di 6, ecco che questo accordo tra Commissione, Europarlamento e Consiglio dei Ministri Ue appare quanto mai salvifico. Purché…

Purché chi nel Palazzo dovrebbe decidere sul futuro e sulla salvezza della nostra economia non trovi qualche gabola per decidere sulla salvezza della pubblica amministrazione. Di fatto già ora la P.A. fa spesso orecchie da mercante, fingendo di ignorare le disposizioni di legge che impongono il pagamento a 30 giorni dal ricevimento della fattura, oltre alla decorrenza e all’importo degli interessi per il pagamento ritardato. Un comportamento non più sostenibile, già più volte sanzionato dal Consiglio di Stato, che continua a essere tenuto con la scusa della mancanza di fondi, della crisi, dei costi della macchina pubblica.

In quest’ottica, c’è da sperare che i due anni concessi ai Paesi Ue per recepire la direttiva non diventino un alibi per prendere/perdere tempo. Lo sa bene il Taiis, che ha chiesto di definire in tempi rapidi la quantificazione dei debiti, per approvare una soluzione che possa sanare il pregresso senza incidere negativamente sui conti pubblici. Una soluzione fattibile con un piano di rientro decennale del debito che inciderebbe sul Pil fino a un massimo dello 0,4% all’anno. Se si pensa che il totale dei debiti commerciali in Italia equivale a 4 punti di Pil, è chiaro quanto la nostra economia possa trarre beneficio da una recuperata capacità di spesa e di investimento da parte delle imprese. 

Non basta quindi la crisi dei mercati mondiali; non basta la stretta sul credito operata dalle banche, che ha ridotto la circolazione di liquidità mandando in sofferenza le piccole e medie imprese che non hanno una capacità finanziaria adeguata per affrontarla; non bastano il nero e l’evasione, cancri che allignano nel nostro tessuto produttivo di base sottraendo ricchezza al Paese e, di conseguenza, risorse alle imprese stesse che credono di fare le furbe. Dobbiamo anche lottare contro una P.A. morosa e supponente.

Ora l’Ue dice basta, redde quod debes. Peccato che, come al solito, sia dovuta intervenire l’Europa per arrivare là dove non siamo in grado di arrivare noi, per furbizia, per ignavia o solo per pigrizia. Vedremo ora se alla P.A. converrà di più pagare a termine o continuare a voltarsi dall’altra parte, accollandosi quell’8% in più.

PEC, istruzioni per l’uso

Il servizio PEC, inizialmente riservato agli intermediari incaricati della trasmissione delle dichiarazioni, può essere, quindi, utilizzato anche dai contribuenti per inoltrare richieste di riesame in autotutela degli esiti derivanti dall’attività di liquidazione dei tributi.

In particolare, il servizio è stato attivato con riferimento a tutte le tipologie di modello Unico (Persone fisiche, Società di persone, Società di capitali, Enti non commerciali), al 730 e al 770.

L’invio nel 2010 delle comunicazioni di irregolarità relative a Unico 2008, rappresenta la prima occasione per i cittadini di usufruire del nuovo canale di assistenza.

La richiesta di assistenza sugli avvisi telematici e sulle comunicazioni di irregolarità deve avvenire tramite invio di un messaggio di PEC all’indirizzo: dc.sac.controllo_automatizzato@pce.agenziaentrate.it

Tale indirizzo può essere utilizzato, dagli intermediari abilitati o dai contribuenti dotati di PEC. Il messaggio deve necessariamente contenere nell’oggetto:

– in caso di comunicazione, l’indicazione “COMUNICAZIONE NUM. …” seguita dal numero relativo alla comunicazione per la quale si richiede assistenza;
– in caso di avviso telematico, l’indicazione “AVVISO NUM. …” seguita dal numero relativo all’avviso per il quale si richiede assistenza.
Per ciascuna comunicazione o avviso deve essere inviato un solo messaggio, al fine di consentire la più efficiente gestione delle risposte da fornire. Al messaggio dovranno essere allegati:
– il modulo standard appositamente predisposto per la tipologia di dichiarazione oggetto di controllo, compilato nelle parti di interesse;
– gli ulteriori documenti, ritenuti necessari per il riesame della posizione. 
 
Il richiedente (contribuente o intermediario) deve aver cura di sottoscrivere il predetto modulo. L’intermediario è, inoltre, tenuto a dichiarare che agisce per delega del contribuente.

Le richieste di assistenza pervenute sono esaminate da operatori specializzati che rispondono nel giro di pochi giorni, tramite posta elettronica certificata, comunicando l’accoglimento oppure il rigetto dell’istanza a seguito del riesame della posizione. Per i casi che presentano, però, una complessità tale da richiedere un più approfondito esame di merito, l’interessato sarà invitato a rivolgersi ai competenti uffici periferici.

Richiedere ed attivare il servizio di Posta elettronica certificata

Le caselle di PEC richieste dai cittadini sono state attivate in via sperimentale nel mese di settembre 2009 da ACI e INPS. La PEC rilasciata dall’ACI poteva essere richiesta telefonicamente (tramite il numero verde 800.999.030) oppure presso gli Uffici ACI. Per ottenere, invece, la PEC rilasciata da INPS era necessario effettuare una registrazione sul sito INPS e presentarsi ad un ufficio INPS.

A partire dal 26 aprile 2010 , invece, le caselle di posta elettronica sono state attivate da Poste Italiane, Telecom Italia e Postecom. L’Agenzia delle Entrate, dopo la fase di sperimentazione, ha, infatti, attivato a regime la nuova piattaforma del servizio PEC. In particolare, dal 26 aprile scorso, qualunque cittadino maggiorenne, può:

– richiedere gratuitamente la propria casella PEC, attraverso la procedura guidata disponibile sul sito www.postacertificata.gov.it;
– attivare la propria casella PEC presso uno degli Uffici abilitati all’attivazione;
– usufruire dei servizi offerti dalla piattaforma PEC.

Collegandosi al portale www.postacertificata.gov.it, il cittadino accede ad una procedura interattiva guidata che consente di inserire la richiesta in modo semplice e veloce. Al termine della procedura, al cittadino verrà presentato l’elenco degli Uffici pubblici abilitati all’attivazione del servizio PEC, nonché l’indirizzo di casella PEC.

Per attivare il servizio PEC è prevista una identificazione del cittadino richiedente. Infatti, il cittadino deve recarsi presso uno degli Uffici abilitati, munito di un documento di riconoscimento valido e del codice fiscale. L’ufficio abilitato effettua il controllo della correttezza dei dati identificativi del cittadino collegandosi al sito e, nel caso di esito positivo, consegna il Modulo di adesione per la sottoscrizione.

Posta Certificata per tutti: l’estensione della PEC ai cittadini

Considerata la funzionalità del servizio PEC con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 119 del 6 Maggio 2009, tale servizio è stato esteso anche ai cittadini.

Per i cittadini si tratta di un “diritto” e non di un obbligo. In sostanza, il cittadino può attivare una casella PEC e dialogare direttamente e gratuitamente con la Pubblica Amministrazione. Tale servizio offre notevoli vantaggi in termini sia di tempo, che di costo. In particolare, i cittadini possono comunicare con gli Uffici della PA direttamente via e-mail:

– senza dover produrre copie cartacee;
– senza doversi presentare agli Uffici;
– senza sostenere i costi di invio di raccomandata A/R;
– senza il pericolo che le pratiche vadano perse.

Le credenziali del servizio PEC del cittadino valgono come strumento di identificazione in rete. Il cittadino che aderisce al servizio PEC potrà, infatti, inoltrare istanze e dichiarazioni alla PA che, così, avrà certezza dell’identità dello stesso.

“Reti amiche”: Stretta di mano tra Befera e Brunetta

Il 20 luglio scorso il ministro Brunetta, di concerto con il presidente dell’Equitalia Attilio Befera, hanno firmato un protocollo d’intesa volto a promuovere il processo di semplificazione attuato con “Reti amiche”.

Grazie a quest’ultimo accordo gli avvisi e le cartelle di pagamento emesse da Equitalia potranno essere pagate, attraverso la presentazione del bollettino inviato dall’esattore, presso i circuiti di pagamento “Reti amiche”, quali:

– Tabaccai;
– Coop;
– Poste italiane;
– Ricevitorie di Lottomatica;
– Sportelli Intesa San Paolo e Unicredit.

Una volta presentato il bollettino, munito di codice a barre, il circuito di pagamento rilascerà quietanza di pagamento attraverso lo scontrino.  Questo significa che i cittadini non solo non saranno più costretti a sopportare lunghe code agli sportelli, ma potranno altresì effettuare i pagamenti di sabato o di domenica, considerando gli orari no stop dei centri commerciali.

Si attende a breve la stipula dei singoli contratti attuativi tra l’Amministrazione e i privati interessati alla fornitura dei servizi di pagamento.

Entro la fine dell’anno, assicura Brunetta, la procedura dovrebbe essere completamente operativa.

“Reti amiche”: Il progetto

Fortemente voluto dal ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta, il progetto “Reti Amiche”, avviato già nel 2008, viene incontro ai cittadini, ampliando i punti di accesso alla Pubblica Amministrazione e riducendo così i tempi di attesa agli sportelli.

Inizialmente attuato in via sperimentale con Poste e Tabacchi, si è successivamente esteso ad altri partner come l’Abi, le farmacie, i carabinieri, le ferrovie e la grande distribuzione.

Attualmente gli sportelli Reti amiche sono già 60.000, tra punti vendita e bancomat, a cui devono aggiungersi gli utenti raggiunti attraverso internet, la telefonia, la posta elettronica e la grande distribuzione.

Gli obiettivi del progetto sono:

– semplificare i rapporti tra la Pubblica Amministrazione e i privati;
– ridurre i tempi di attesa agli sportelli pubblici;
– permettere un accesso facilitato e rapido con Internet e le altre tecnologie ICT;
– rendere la Pubblica Amministrazione una presenza capillare nel territorio, in modo da abbattere i costi;
– ridurre la mobilità fisica in favore di quella virtuale.