Fatturazione elettronica per le pmi

E’ finalmente online il servizio di base che riguarda la fatturazione elettronica dedicato in particolare alle piccole e medie imprese iscritte alle Camere di Commercio che abbiano rapporti di fornitura con le Pubbliche Amministrazioni.

Ricordiamo che è dallo scorso 6 giugno che tutte le PA centrali sono tenute a ricevere fatture solo ed esclusivamente in formato elettronico e a partire dal mese di aprile del prossimo anno, l’obbligo sarà esteso a tutte le Pubbliche Amministrazioni.

Per questo motivo, il nuovo strumento, che è stato messo a punto dal Sistema Camerale in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Unioncamere, si rivolge a tutti i piccoli fornitori della Pa, senza alcun onere per l’impresa.

In tale modo, si vuole aiutare le pmi ad adeguarsi alle nuove regole in modo più rapido e funzionale, arrivando ad un utilizzo delle tecnologie digitali su larga scala.

L’anello di congiunzione sono le Camere di Commercio e proprio dai loro portali sarà possibile connettersi direttamente con la piattaforma che fornisce contenuti informativi sulla fatturazione elettronica. Attraverso questo servizio, le imprese potranno gestire un limitato numero di fatture in un anno.

Come si accede al sito? Niente di più facile. Occorre prima essere riconosciuti come titolari dell’impresa tramite la Carta Nazionale dei Servizi (CNS), strumento introdotto dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) per l’accesso telematico ai servizi della PA, consentendo la compilazione del documento contabile, l’individuazione della PA destinataria, la firma digitale, l’invio e relativa conservazione a norma.

Coloro che ancora sono sprovvisti di CNS, potranno ottenerli presso la Camera di commercio del proprio territorio, oppure rivolgendosi ad altri Enti o Amministrazioni Pubbliche, per la CNS, o ad operatori di mercato certificati per i dispositivi di firma digitale.

Vera MORETTI

Bankitalia: debiti delle PA in calo ad agosto

Il bollettino della Banca d’Italia “Finanza Pubblica, fabbisogno e debito” ha reso noto che il debito delle Pubbliche Amministrazioni nel mese di agosto è diminuito di 20,5 miliardi, arrivando così a 2.148,4 miliardi.

Motivo principale di questo sensibile calo è stata la riduzione di 27,3 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro, che ha più che compensato il fabbisogno del mese (6,9 miliardi); l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei Btp indicizzati all’inflazione (BTPi) hanno contenuto l’incremento del debito per 0,1 miliardi.

Considerando i sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è diminuito di 19,8 miliardi, quello delle Amministrazioni locali di 0,7 miliardi mentre il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.

Nei primi otto mesi dell’anno il debito pubblico è aumentato di 78,6 miliardi, riflettendo il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (39,4 miliardi) e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (44,8 miliardi).

Complessivamente, dunque, l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei BTPi hanno contenuto l’incremento del debito per 5,7 miliardi.
Inoltre, sul fabbisogno dei primi otto mesi ha inciso per 4,7 miliardi il sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro.
Nel complesso, la quota di competenza italiana del sostegno finanziario ai paesi dell’area era pari alla fine dello scorso agosto a 60,3 miliardi.

Per quanto riguarda le entrate tributarie, in agosto sono state pari a 32,6 miliardi, +1,3% (0,4 mld) rispetto allo stesso mese del 2013.

A fronte di questi numeri, Bankitalia ha chiarito che “tenendo conto di una disomogeneità nella contabilizzazione di alcuni incassi, la riduzione sarebbe stata più pronunciata“.

Vera MORETTI

Se la PA non paga, l’impresa crolla (e anche il Paese)

 

Il rischio è quello di un cedimento strutturale: dell’impresa prima, del Paese poi.  Sono 19 i miliardi di euro che la PA deve ancora alle imprese impegnate nell’edilizia e nelle opere pubbliche in Italia; pagamenti non ancora onorati che se procrastinati, potrebbero costare alle imprese un conto salatissimo, la chiusura dell’azienda.

Mentre ieri si è svolta a Roma la Manifestazione promossa dall’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per gridare il loro no al Patto di Stabilità che strangola le imprese, Infoiva ha incontrato Paolo Buzzetti, Presidente di ANCE, l’associazione che riunisce i costruttori edili.

Quante sono le imprese vostre associate colpite dalla piaga del ritardo dei pagamenti da parte delle PA?
Quasi tutte le pubbliche amministrazioni pagano in ritardo. In media le imprese attendono 8 mesi in più per vedersi onorare il corrispettivo dovuto ma spesso si arriva anche a due anni. Per questo tutte le nostre aziende che lavorano con la PA , su tutto il territorio nazionale, subiscono l’odioso fenomeno. Un malcostume che per le imprese di costruzione si traduce in 19 miliardi di crediti non pagati.

Quanto è pericolosa per la piccola e media impresa oggi la combinazione fra crisi economica e ritardo nei pagamenti delle PA?
Stretta del credito da parte delle banche e ritardati pagamenti sono un cocktail micidiale per le imprese che di fronte alla mancanza di liquidità non hanno soluzioni se non quella di chiudere. Un meccanismo che ha toccato anche le imprese sane, quelle con lavori in portafoglio, che si sono trovate nell’impossibilità di proseguire i lavori, di pagare i propri dipendenti e i fornitori. Un intero settore industriale, quello delle costruzioni, che rischia di scomparire. Gli sforzi seppur apprezzabili del ministro Passera e del Viceministro Ciaccia hanno però solo scalfito un macigno fatto di politiche depressive e reiterate nel tempo. E’ necessario, quindi, intervenire subito e con maggiore coraggio.

Come commenta la presa di posizione da parte dell’ANCI di affrontare il problema sforando il patto di stabilità per pagare le imprese?
Insieme ai Comuni siamo stati i primi a denunciare l’effetto perverso che un’applicazione così restrittiva del patto di stabilità stava producendo sul tessuto economico e sulle imprese e per questo abbiamo promosso in collaborazione con l’Anci l’iniziativa pubblica del 21 marzo. Una platea di sindaci e imprenditori compatta nel chiedere al Governo un piano immediato di sblocco dei fondi degli enti locali già disponibili. Già nel 2010 tutta la filiera dell’edilizia raccolta negli Stati generali scese in piazza per manifestare una situazione che ormai era divenuta insopportabile. Oggi, a distanza di tre anni, il debito della Pa nei confronti delle imprese di costruzione è cresciuto a dismisura e quasi nullo è stato l’effetto della certificazione dei crediti che il governo Monti ha introdotto nella speranza di smuovere qualcosa. Come sempre il problema va risolto all’origine e cioè è necessario un allentamento del patto di stabilità altrimenti tutti gli sforzi risultano vani e per pagare le imprese non rimane alle amministrazioni che sforare il patto.

Il ritardo nei pagamenti della PA è un male tutto italiano. Perchè?
Il livello del debito pubblico italiano e la necessità di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 hanno imposto all’Italia sacrifici ingenti. Gli enti locali sono stati costretti a tagliare e questo ha generato un meccanismo a cascata che ha finito per sacrificare l’anello più debole ossia le imprese. La cosa più grave è che per tutto questo tempo si è nascosto il problema sotto il tappeto, utilizzando un artificio contabile che fa emergere il debito nel bilancio della Pa solo quando viene pagato. Paradossalmente in questo modo non pagare le imprese significa non avere debiti e quindi essere virtuosi, cosa che in realtà non è. Così facendo non si è fatto altro che scaricare sulle aziende le inefficienze dello Stato.

Quali sono le prime misure che chiedete di mettere in campo al nuovo Governo per fronteggiare questa emergenza?
Sono necessarie poche azioni concrete. Innanzitutto occorre definire un piano effettivo di smaltimento dei debiti pregressi della PA per lavori eseguiti, da concordare con le istituzioni europee come misura una tantum. Proprio su questo punto negli scorsi giorni i Vicepresidenti della Commissione europea Rehn e Tajani hanno aperto a un’ipotesi di superamento dei vincoli del patto di stabilità per il pagamento delle imprese. Con l’Anci abbiamo proposto un Piano in tal senso che prevede lo sblocco di 9 miliardi di euro di fondi disponibili solo nel 2013, una boccata d’ossigeno per le aziende. Ma per modificare davvero questo malcostume occorre inoltre rivedere il Patto di stabilità interno, introducendo una golden rule che salvaguardi la componente di investimento nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e applicare pienamente la direttiva europea sui ritardati pagamenti per i nuovi contratti anche nel settore dei lavori pubblici.

Alessia CASIRAGHI

Fisco: chiarimenti sulle agevolazioni Irap

Le agevolazioni sull’Irap previste dal decreto legge n. 201 del 2011 (il cosiddetto ‘Salva Italia‘) sono al centro dei chiarimenti contenuti nella circolare della Fondazione Studi consulenti del lavoro n. 9 del 2011. Nel documento si esamina l’art. 2 del decreto che introduce, a decorrere dal periodo d’imposta 2012, un importante meccanismo per eliminare la doppia imposizione derivante dall’indeducibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) ai fini delle imposte sui redditi.

In particolare, la disposizione prevede la deduzione integrale, ai fini delle imposte sui redditi, dell’Irap versata, limitatamente alla parte riferita alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente ed assimilato. I soggetti interessati da tale agevolazione sono: società di capitali ed enti prevalentemente commerciali; società di persone e imprese individuali; banche, enti e società finanziarie; imprese di assicurazione; persone fisiche esercenti arti e professioni, società semplici e quelle ad esse equiparate.

I consulenti del lavoro spiegano che un’interpretazione estensiva fornita dall’Agenzia delle entrate ha portato a includere tra i soggetti aventi diritto alla deduzione anche gli imprenditori agricoltori; le pubbliche amministrazioni limitatamente all’attività commerciale eventualmente esercitata e gli enti privati non commerciali con riferimento alla sola attività commerciale esercitata.

Sempre l’art. 2, ricorda la circolare della Fondazione Studi consulenti del lavoro “dispone un incremento degli sgravi Irap forfettari (il cosiddetto cuneo fiscale Irap)” per le lavoratrici e per i giovani di età inferiore a 35 anni.

Anche questa disposizione trova applicazione a decorrere dal periodo di imposta 2012. “Va sottolineato -notano i consulenti- che le disposizioni operano su due binari distinti, posto che la deduzione integrale dell’Irap versata ha rilevanza nella determinazione del reddito (Irpef ed Ires), mentre la deduzione forfettaria per le dipendenti e per i giovani di età inferiore a 35 anni ha rilevanza ai fini della determinazione della base imponibile Irap”.

In particolare, l’art. 2 del decreto ‘Salva Italia’ prevede che la deduzione forfettaria per i lavoratori a tempo indeterminato (prima pari a 4.600 euro per ogni lavoratore) sia elevata a 10.600 euro per i lavoratori assunti a tempo indeterminato se donne o giovani under 35. Incrementata anche la speciale deduzione forfettaria per le assunzioni nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), che arriva a 15.200 euro se riferita a donne o giovani.

Fonte: adnkronos.com