Terreni agricoli esenti Imu, ci siamo

Forse siamo alla parola fine in fondo alla telenovela sui terreni agricoli esenti Imu. Secondo quanto riportato nel decreto pubblicato sul sito del Ministero dell’Economia, sono terreni agricoli esenti Imu quelli dei comuni ubicati ad un’altitudine superiore a 600 metri, individuati sulla base dell’Elenco comuni italiani pubblicato sul sito dell’Istat, tenendo conto dell’altezza riportata nella colonna “Altitudine del centro (metri)”.

Secondo il decreto, sono terreni agricoli esenti Imu anche quelli dei comuni ubicati a un’altezza compresa tra 281 e 600 metri (individuati sulla base dello stesso elenco Istat) in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, purché iscritti nella previdenza agricola, e quelli concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, sempre iscritti nella previdenza agricola.

Il decreto sui terreni agricoli esenti Imu esclude quelli dei comuni della provincia autonoma di Bolzano la quale, al posto dell’Imu, ha introdotto l’imposta municipale immobiliare (la cosiddetta Imi) che ha regole autonome rispetto a quelle dell’Imu.

I terreni che si trovano in comuni diversi hanno l’obbligo di pagamento dell’Imu a partire dal 1° gennaio 2014. Il versamento dovrà essere effettuato in un’unica soluzione entro il 16 dicembre 2014.

Incertezza fiscale, una tassa occulta

Le imprese italiane sono preda delle tasse ma, soprattutto, della incertezza fiscale. Anche questa una vera tassa occulta il cui peso e costo sono stati quantificati dall’Ordine dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, che hanno realizzato una ricerca ad hoc per capire quanto incide in negativo sull’andamento delle aziende il peso della incertezza fiscale.

Il conto è presto fatto: servono almeno 137 ore di lavoro in media all’anno, pari a circa 17 giorni, per chiudere gli adempimenti tributari di carattere ordinario. Entrando nel dettaglio dell’incertezza fiscale, secondo i commercialisti milanesi servono oltre 37 ore per l’Iva, più di 46 per Ires/Irap e oltre 56 per Iuc/Tasi/Imu.

La ricerca dei commercialisti milanesi è stata presentata nei giorni scorsi all’Università Bocconi e, durante la presentazione, è stata messa in luce in maniera impietosa tutta la serie di carte, controlli e burocrazia messi in moto dal sistema fiscale che, per un’azienda, rendono l’idea della incertezza fiscale un incubo. Secondo il prof. Massimo Cremona, che ha curato la ricerca, “per lo spesometro, per esempio, servono oltre 27 ore e si ritiene che il risultato ottenuto, anche in termini di benefici per l’Agenzia delle Entrate, sia probabilmente sproporzionato rispetto ai costi sopportati dal contribuente e dalla stessa Agenzia per la fase di controllo dell’adempimento medesimo”.

Appare quindi chiaro come il rapporto tra imprese e fisco sia gravato dal fattore incertezza fiscale, generato soprattutto dalle continue variazioni della normativa, dalla nebulosità della norma e dalla aleatorietà delle decisioni giurisprudenziali. Tutto questo non fa altro che creare costi aggiuntivi: secondo la ricerca, infatti, il 20% delle società interessate dall’indagine è stata contattata dall’Agenzia delle entrate per richiedere verifiche, ispezioni o documentali e, di queste, oltre il 50% è incorsa in rilievi causati proprio dalla incertezza fiscale.

Non resta che provare a riderci su… amaramente.

Saldo Imu e Tasi, ecco le scadenze

Scadenze fiscali pesanti in arrivo per imprese e famiglie. Tornano a fare capolino Imu e Tasi, questa volta con il pagamento del saldo 2014. Il termine per pagare il saldo dell’Imu e il conguaglio Tasi è il 16 dicembre 2014.

Nel mese di giugno è stato pagato il primo acconto Imu e quello Tasi in alcuni comuni; in altri, l’acconto Tasi è stato versato a ottobre. A dicembre si dovranno pagare il saldo Imu e quello Tasi, che sono pari alla differenza tra quanto complessivamente dovuto e quanto pagato a giugno o ottobre.

Ma siccome sembrava troppo facile lasciare le cose come erano, la maggior parte dei Comuni ha cambiato le cose e la confusione la fa da padrona. Ricordiamo che all’Imu di solito sono soggetti tutti gli immobili ad eccezione dell’abitazione principale, sulla quale invece cade la scure della Tasi. Da ricordare che le due imposte sono diverse dalla Tari (la tassa rifiuti, che arriva normalmente a casa) e dalla Iuc, che à la somma delle tre tasse.

Il versamento minimo per Imu e Tasi di solito è di 12 euro per ogni singola categoria di immobili, ma la prudenza richiede di informarsi presso il Comune, in quanto ogni delibera potrebbe aver disposto diversamente. Gli importi da indicare non vanno arrotondati se si utilizza il bollettino postale, ma solo se si utilizza l’F24.

È bene ricordare a imprese e professionisti che nel 2014 l’Imu pagata sugli immobili strumentali è deducibile dall’imponibile Ires/Irpef per una quota del 20% ed è indeducibile dall’Irap. La Tasi, invece, è deducibile per il 100%.

Stop all’Imu sulle case, su l’Imu sui capannoni?

Una delle asimmetricità più evidenti della battaglia sull’Imu che si sta combattendo in questi giorni è quella relativa alle tipologie di immobili che potrebbero essere esentate dal pagamento dell’imposta. Se si va sempre più decisamente verso una sospensione della rata di giugno per le abitazioni principali, capannoni e immobili adibiti ad attività produttive continueranno a pagarla.

Purtroppo però la notizia che circola ultimamente è ancora più devastante per le piccole e medie imprese e per i professionisti: l’eventuale abolizione dell’Imu sulla prima casa potrebbe essere finanziata con l’aumento dell’imposizione sulle attività produttive. Un’ipotesi che ha fatto andare su tutte le furie il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Se fosse confermata, tale ipotesi sarebbe drammatica per le casse di milioni di piccole imprese, che sono sempre più a corto di liquidità. Si pensi che nel passaggio da Ici ad Imu, nel 2012 gli imprenditori hanno visto raddoppiare il prelievo sugli immobili“.

Un aggravio che si somma a quello complessivo del 2013 quando, con l’aumento di 5 punti del coefficiente moltiplicatore dell’Imu (60 a 65 punti), l’imposta sui capannoni costerà alle imprese circa 270 milioni di euro in più rispetto al 2012.

Come sarebbe possibile accettare un ulteriore aumento della tassazione sulle piccole attività, quando il Pil quest’anno registrerà una contrazione del -1,4%, i consumi delle famiglie del -1,6% e la disoccupazione salirà all’ 11,9% – commenta ancora Bortolussi? Oggettivamente, non è possibile pensare di uscire da questa situazione di crisi diffusa se si continuano a penalizzare le imprese“.

A supportare questa conclusione, tanto limpida e banale quanto poco tenuta in considerazione dal governo, la CGIA ricorda che gli alberghi sono stati gli immobili a destinazione produttiva che hanno pagato l’Imu più pesante: mediamente 11.429 euro (+4.740 euro rispetto al 2011). Dopo gli alberghi vengono i 7.325 euro della grande distribuzione (+3.020), i 5.786 euro dei capannoni (+2.385 euro), i 3.352 euro dei piccoli industriali (+1.376), i 1.835 euro degli uffici dei liberi professionisti (+1.030 euro), gli 894 euro dei commercianti (+494 euro) e i 700 euro i laboratori artigianali (+338 euro). Si può andare avanti così?

L’ABC dell’Imu

Ecco una piccola guida all’Imu, giusto per capire come funziona, che cifre fa girare e quanta gente guarda a una sua sospensione come a una salvezza per le proprie tasche.

Chi è tenuto a pagare l’Imu?
Decono paga l’Imu tutti i proprietari di immobili, compresi terreni e aree edificabili, di qualunque destinazione d’uso. Deve pagare l’Imu chi è in possesso di immobili già soggetti a Ici ma, a differenza dell’Ici, anche i fabbricati rurali ad uso strumentale vengono considerati tassati.

Quanti sono i comuni che hanno deciso di ritoccare le aliquote?
Il 17,8% dei Comuni ha aumentato l’aliquota Imu fino a un punto percentuale, il 7,5% ha elevato l’aliquota di 2 punti. Oltre il 25% del gettito derivante dall’aumento delle aliquote dei Comuni proviene da sole cinque città: Roma, Milano, Torino, Napoli e Genova.

Entro quando bisogna pagare la prima rata dell’Imu?
La scadenza è fissata per il 17 giugno (perché il 16 è domenica), ma è quasi sicuro che ci sarà una sospensione del pagamento della prima rata sull’abitazione principale per decreto legge. Un intervento che vale da due miliardi di euro.

Quanto ha incassato lo Stato nel 2012 dall’Imu?
Il gettito totale è stato pari a 23,7 miliardi. Di questi, la quota di maggior gettito che deriva dalle aliquote maggiorate fissate dai Comuni è stata pari a 3,8 miliardi, per cui il gettito Imu ad aliquota standard è stato di circa 19,9 miliardi.

Quanti saranno gli italiani interessati dalla sospensione?
Saranno circa 20 milioni di appartamenti, nei quali cui vivono 45 milioni di abitanti.

Quanti sarebbero i mancati introiti dei Comuni qualora fossero bloccati i versamenti Imu?
Per Roma saranno 283 milioni, per Milano 70 milioni di euro, per Torino 85 milioni.

Rispetto agli altri Paesi come è in Italia la tassazione degli immobili?
Oggi è sopra la media Ocse (1,1% del Pil), pari all’1,5%. Fino al 2011, dopo l’abolizione dell’Ici, l’Italia era il Paese con la minore tassazione della proprietà. Rielaborando i dati forniti dall’Ocse e dal ministero dell’Economia, l’Italia resta sotto il livello di tassazione britannico (3,5%), americano e canadese (circa il 3%), francese (2,5%).

Che cosa è l’ipotetica tassa Ics?
È una sorta di Imu 2.0. Ics è l’acronimo di “Imposta casa e servizi” e dal 2014 potrebbe sostituire Imu, Tares, imposta di registro e addizionale comunale Irpef che sarebbero rimpiazzate da un unica imposta.

Stop all’Imu, quanto vale?

di Davide PASSONI

Tra una schermaglia e l’altra in Parlamento, quanto vale veramente una possibile abolizione dell’Imu? Se lo chiedono in tanti, imprese e cittadini, che guardano alle decisioni che prenderà in merito il Governo con un misto di ansia e apprensione.

Per molti, la cancellazione o, quantomeno, il rinvio della rata di giugno significa una piccola o grande boccata di ossigeno ma per le casse dello Stato può fare una differenza enorme. Se, come è ormai chiaro, la tassazione sulla prima casa dovrà essere rivista e alleggerita non di poco, la sospensione del pagamento di giugno può dare tempo all’Esecutivo di intervenire in tal senso per eliminare l’obbligo del pagamento almeno per le fasce di reddito più basse.

In ogni caso, vuoto per pieno, si parla di circa 2 miliardi di euro dei complessivi 4 che l’Imu vale. L’acconto Imu si dovrebbe pagare entro il 17 giugno e dovrebbe essere calcolato sulle nuove aliquote decise dal proprio comune, purché la delibera sia adottata e inviata al ministero delle Finanze entro il 9 maggio e pubblicata sul sito del ministero entro il 16. Qualora ciò non venisse fatto, l’acconto sarà calcolato in base alle aliquote 2012, con un adeguamento alle eventuali nuove aliquote che avverrà al saldo di dicembre.

Come fare dunque? È probabile che una ipotetica rimodulazione dell’Imu per fasce di reddito porti a una manovra che aumenti le detrazioni sull’abitazione principale insieme a una scontistica sui carichi di famiglia favorevole ai nuclei familiari più numerosi. Un’operazione fattibile, che porterebbe a un costo costo finale che oscillerebbe tra 2 e 2,5 miliardi. Insomma, ci saremmo.

Un’altra strada è quella della riduzione dei coeffecienti di calcolo dell’Imu a favore della fasce di contribuenti più deboli. Tra i quali, ahinoi, non sembra possano figurare le imprese sui cui immobili, nel 2013, i Comuni potranno solo innalzare le addizionali. Se da una parte si vuole quindi aiutare le famiglie a mantenere liquidità per incentivare una ripresa dei consumi, dall’altro il tessuto produttivo italiano continuerà a rimanere fortemente represso dall’Imu. Con buona pace della ripresa.

Ah, e che succederebbe se, come vuole il Pdl, l’Imu sulla prima casa fosse abolita del tutto e fosse restituito ai cittadini quanto pagato nel 2012? Lo Stato dovrebbe scucire circa 8 miliardi di euro. Fattibile? Nella cifra sta già la risposta.

Imu, ci risiamo. Resta o viene tolta? Meglio rimodularla

di Davide PASSONI

E adesso vediamo un po’ che cosa succederà con l’Imu. Una delle imposte più detestate dagli italiani, introdotta dal governo Monti come condizione necessaria per risollevare un’Italia sull’orlo del baratro e accettata dai più come si ingoia una medicina amara – è per il mio bene, si pensa… -, adesso torna a essere materia di stabilità di governo, più che fiscale.

Da una parte, una delle prime dichiarazioni del neo primo ministro Enrico Letta era stata quella che l’Imu sarebbe stata cancellata, salvo poi dire prorogata la prima rata di giugno, poi congelata… Insomma, dichiarazioni da campagna elettorale più che da programma di governo, che hanno subito dovuto fare i conti con la necessità di reperire da qualche parte l’eventuale gettito Imu mancante (circa 4 miliardi) e con le minacce di Berlusconi.

Il Cavaliere, che detesta l’Imu quanto se non più dei comunisti, ha infatti subito legato l’appoggio del Pdl al governo Letta a una cancellazione (altro che congelamento o dilazione) dell’imposta. Un suo vecchio pallino che ora, sia per strategia politica o per reale questione di principio, rischia di far traballare un governo appena nato e incaricato di fronteggiare un’emergenza economica e sociale tra le peggiori di sempre.

In mezzo, come sempre, ci sono imprese e cittadini. Che, se da un lato vedono con presumibile favore uno stop all’Imu, dall’altra sono ben consapevoli del fatto che, da una parte o dall’altra, i soldi dovranno comunque rientrare. Certi che non rientreranno grazie al taglio delle spese, sono pronti a nuove imposte, per quanto il governo tenda a escluderlo.

Ebbene, questa settimana Infoiva vedrà di capire di più di questa nuova battaglia sull’Imu, partendo dal fatto che secondo noi si tratta di un’imposta che non va abolita ma rimodulata in modo da tutelare le fasce di contribuenti più deboli. Perché, così come è concepita, è di fatto una patrimoniale e di patrimoniali il nostro Paese proprio non ha bisogno ma necessita di un sistema fiscale razionale e meno oppressivo. E perché, lo ribadiamo, l’Imu è conseguenza mortale dell’abolizione dell’Ici, che chi oggi non vuole l’Imu (almeno su questo mostra coerenza) tolse in un momento in cui l’Italia non se lo poteva permettere. Più o meno come ora.

Imu, vademecum dal Consiglio Notarile di Milano

Il Consiglio Notarile di Milano ha messo a disposizione dei cittadini della provincia meneghina un piccolo decalogo per conoscere tutto quello che c’è da sapere sulla famigerata Imu, l’Imposta Municipale Propria introdotta dal governo Monti che sostituisce l’Ici e terminerà, nella sua fase sperimentale, il 31 dicembre 2014. Ecco le domande e le risposte per conoscerla meglio.

Chi deve pagare l’IMU? Chiunque possieda immobili (fabbricati o terreni), compresa l’abitazione principale e le sue pertinenze (es. cantina, posto auto, autorimessa), sul territorio italiano. I soggetti obbligati al pagamento (c.d. “soggetti passivi”) sono il proprietario o il titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, superficie ed enfiteusi) e l’utilizzatore in leasing. Non è invece tenuto al pagamento il titolare della nuda proprietà.

Come si determina il valore dell’immobile (base imponibile)? Per i fabbricati si continua a fare riferimento al valore catastale aumentato del 5%, ma rispetto all’ICI cambia il moltiplicatore: per l’abitazione e le relative pertinenze passa da 100 a 160, per i negozi da 34 a 55, per gli uffici da 50 a 80 e per i fabbricati industriali da 50 a 60; Per i terreni agricoli si continua a fare riferimento al reddito dominicale risultante in catasto aumentato del 25%, mentre il moltiplicatore è aumentato da 75 a 130; Per i terreni edificabili la base imponibile resta il valore di mercato.

Quanto si paga? L’aliquota base è fissata allo 0,76%, con possibilità per i Comuni di aumentarla o diminuirla dello 0,3%: l’aliquota potrà dunque essere compresa tra lo 0,46% e l’1,06% (l’aliquota ICI variava dallo 0,4% allo 0,7%). L’aliquota è ridotta per i fabbricati rurali strumentali alla coltivazione (0,2%), mentre per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti ed Imprenditori Agricoli Professionali sono previste specifiche riduzioni d’imposta.

Si paga anche per la prima casa? A differenza dell’ICI, l’IMU sperimentale deve essere pagata anche per la prima casa e le sue pertinenze. Vi sono, però, una serie di agevolazioni riferite alla prima casa, sia per quanto riguarda le aliquote (ridotte) che per la previsione di detrazioni. E’ considerata abitazione principale l’immobile (deve trattarsi di un unico mappale) nel quale il possessore dimora abitualmente ed ha la residenza anagrafica (per l’ICI era sufficiente la dimora abituale, indipendentemente dalla residenza anagrafica); Non è più considerata abitazione principale, inoltre, quella concessa in uso gratuito ai parenti, che sarà considerata come seconda casa; Quanto alle pertinenze, se ne ammette una sola per ciascuna categoria catastale C/2 (cantina), C/6 (autorimessa/posto auto) e C/7 (tettoia); Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la propria dimora abituale e residenza anagrafica in immobili diversi nello stesso Comune, la disciplina agevolativa per la prima casa si applica ad un solo immobile. L’aliquota d’imposta applicabile all’abitazione principale (e relative pertinenze) è fissata allo 0,4%, con possibilità per i comuni di aumentarla o diminuirla di 0,2 punti percentuali: l’aliquota effettiva potrà così variare tra lo 0,2% e lo 0,6%. E’ prevista, peraltro, una detrazione d’imposta di 200 euro annui per la prima casa, e un’ulteriore detrazione – solo per il biennio 2012-2013 – di 50 euro per ogni figlio convivente di età inferiore a 26 anni, fino ad un massimo di 8 figli. In caso di abitazione cointestata, la detrazione deve essere divisa tra i contitolari proporzionalmente alle loro quote. Infine, è considerata abitazione principale anche quella assegnata dal giudice all’altro coniuge (o ex coniuge) a seguito di separazione o divorzio, purché il coniuge proprietario non abbia un’altra abitazione nello stesso Comune.

Sono previste altre agevolazioni? – La detrazione per la prima casa (200 euro + 50 euro/figlio) si applica anche a chi sia assegnatario di abitazione di proprietà di cooperativa edilizia a proprietà indivisa o da IACP (Istituto Autonomo Case Popolari); l’aliquota è quella ordinaria (0,76%). – I Comuni possono prevedere che l’aliquota ridotta per l’abitazione principale, e la relativa detrazione d’imposta, si applichino anche alle abitazioni possedute da anziani o disabili che abbiano la residenza anagrafica presso istituti di ricovero o sanitari, purché tale abitazione non risulti locata, e all’abitazione posseduta da cittadini italiani residenti all’estero, purché non affittata.

Quando si paga? L’IMU si paga, con modello F24, in unica rata entro il 16 giugno o in due rate (16 giugno e 16 dicembre). A partire dal 1° dicembre 2012 l’IMU si potrà pagare anche mediante bollettino di conto corrente postale. Solo per il 2012: La prima rata è pagata in misura pari al 50% della somma determinata applicando l’aliquota di base e le detrazioni di legge, mentre la seconda rata sarà versata a saldo dell’imposta determinata in base ad eventuali modifiche che il Governo potrà apportare entro il 10 dicembre ed alle addizionali o riduzioni comunali; Esclusivamente per la prima casa (e sue pertinenze), il contribuente può effettuare il pagamento in tre rate: entro il 16 giugno in misura pari ad 1/3 della somma determinata applicando l’aliquota di base e le detrazioni di legge; entro il 16 settembre nella stessa misura della prima; entro il 16 dicembre a saldo dell’imposta complessivamente dovuta (sempre in base ad eventuali modifiche che il Governo potrà apportare entro il 10 dicembre ed alle addizionali o riduzioni comunali). Per l’anno 2012, in considerazione dei giorni festivi, le scadenze saranno 18 giugno, 17 settembre e 17 dicembre.

Fonte: Ansa.it