Online i curricula delle professioniste che vogliono entrare nei cda

Si tratta di una legge interpretata alla lettera e che ha avuto subito un gran seguito: dal 12 agosto 2012, infatti, è previsto che un quinto dei partecipanti ai cda delle società quotate in borsa debba essere costituito da donne, quota rosa che, a partire dal 2015, salirà ad un terzo.

Da quando, dunque, il decreto è diventato ufficiale, le commercialiste desiderose di entrare nelle “stanze dei bottoni” hanno inviato i propri curricula in massa e, finora, ne sono stati contati oltre 1300.

Per non arrivare impreparati alle scadenze previste dalla legge, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha deciso di istituire un elenco sul sito dedicato all’ordine con nomi e curricula delle interessate, dotate, ovviamente, delle competenze professionali richieste.

L’elenco è consultabile dalle imprese interessate dal rinnovo delle cariche dei consigli di amministrazione e la ricerca può essere effettuata per cognome o per ordine professionale di appartenenza, per una consultazione veloce ma efficace.

Vera MORETTI

Sorelle d’Italia, l’Italia s’è impresa

Finalmente una buona notizia nella valle di lacrime della crisi economica. Tra imprese che chiudono, imprenditori che si uccidono, operai che perdono il lavoro l’Italia dell’impresa, se non si scopre un Paese per giovani si scopre un Paese per donne. Secondo il rapporto sull’imprenditoria dell’Ocse, basato su dati del 2009 riferiti a 40 Stati, l’Italia è al secondo posto in Europa per donne imprenditrici.

I dati dicono infatti che nel nostro Paese il 16% delle donne impiegate è imprenditrice o lavoratrice autonoma. Un dato che si posiziona ben al di sopra della media europea, ferma al 10%, e che stacca di brutto quello di Paesi ben più avanti del nostro in termini di politiche del lavoro al femminile come la Francia, il Regno Unito e la saccentella Germania (tra il 6 e l’8%).

Altro dato incoraggiante, il 26,8% delle imprese italiane con proprietario singolo e almeno un dipendente fa capo a una donna. Ma quali sono i settori che più attraggono le energie, gli investimenti e la creatività delle imprenditrici italiane? Trasporti, accoglienza e commercio la fanno da padrone, settori nei quali le aziende rosa sono di più e longeve quasi quanto quelle guidate da maschi: il tasso di sopravvivenza a tre anni dalla nascita delle imprese femminili è risultato del 37,6% contro il 37,8% di quelle dei maschietti. E se durano più o meno per lo stesso tempo, le donne battono gli uomini in termini di natalità – 13,7% contro 10,7% – mentre sul tasso di crescita non c’è proprio partita: 10,7% contro 0,2%.

La nota dolente dell’Ocse, però, arriva quando si parla di quote rosa nei Cda, per le quali l’Italia è ben al di sotto della media dei Paesi avanzati. In Italia, le donne nei consigli d’amministrazione sono il 13,8%, dato che si dimezza al 7% nelle società quotate, contro una media Ocse che è al 10%. Un dato che ci fa sprofondare in classifica al 26esimo posto su 40. Consoliamoci: se la graduatoria è guidata dall’Ungheria (35,5%), la virtuosa Germania è 38esima, con il 5,7%. Aufwiedersehen, frau Merkel!