Smart working, croce o delizia?

Negli ultimi anni il modo di lavorare è cambiato per sempre, soprattutto grazie al fatto che si è sempre connessi, in ogni luogo e in ogni momento della giornata. Una condizione che per molti è un vantaggio, per altri una galera. Lo smart working deve la diffusione sempre maggiore che sta incontrando, specialmente nelle grandi aziende, proprio grazie al fatto che la tecnologia e si è sviluppata al punto che, anche in mobilità, non si rinuncia a lavorare e ogni luogo può diventare un ufficio improvvisato.

Una tendenza che emerge chiaramente da una ricerca svolta da Regus il principale fornitore globale di spazi flessibili, su un panel internazionale di imprese clienti (per un totale di 44mila interviste in 105 Paesi), alcune delle quali italiane. Ebbene, secondo i risultati della ricerca, oltre la metà degli intervistati in Italia (53%, con una media globale del 49%) effettua un tipo peculiare di smart working controllando rapidamente e-mail e messaggi di lavoro al bar, ma solo il 30% di loro, contro una media globale del 39%, risponde subito ai messaggi ricevuti.

Anche i mezzi pubblici diventano un ufficio virtuale per il 50% degli italiani, che leggono e-mail di lavoro (contro il 41% di media globale); anche in questo casi solo, il 20% di loro (contro una media globale del 24%) invia subito delle risposte, anche se brevi.

La rapidità nella risposta è dovuta sicuramente al fatto che si tratta di ambienti che non favoriscono uno smart working pieno e completo, soprattutto perché si tratta di luoghi affollati e rumorosi, dove non è possibile leggere in maniera attenta documenti importanti né effettuare conversazioni telefoniche che dovrebbero restare riservate. Ecco perché dalla ricerca emerge che lo svolgere il proprio lavoro conservando la privacy è un fattore critico chi si dedica allo smart working.

Dall’analisi di Regus è anche emerso che il 60% degli italiani trova utile effettuare chiamate di lavoro mentre è alla guida della propria auto. Soluzione meno gradita (17%) per le conference call, soprattutto per il rischio di perdere la connessione con uno o più interlocutori.

Molto meglio, per chi pratica lo smart working, utilizzare per almeno mezza giornata una business lounge; lo pensa il 35% degli intervistati italiani, che vede in questa soluzione professionalità, privacy e la possibilità di accedere a diversi servizi di segreteria utili per il proprio lavoro, come stampe e fotocopie.

La business lounge si configura per 1 italiano su 4 anche come una soluzione ottimale per videochiamate o conference call. Il fatto che questo sia uno dei business principali di Regus, che ha elaborato la ricerca, è comunque relativo: i risultati dell’analisi raccontano che il “virus” dello smart working si sta diffondendo e non sarà facile fermarlo…

Si fa presto a dire smart working …

Si fa un gran parlare di smart working, ma in realtà non sono in molti a sapere che cosa esattamente implica né sono numerose le aziende che lo applicano. Ciò che è certo è che le modalità lavorative basate sullo smart working si stanno diffondendo sempre di più, sia in Italia sia nel mondo.

Una tendenza confermata dai dati raccolti da Regus – fornitore mondiale di spazi di lavoro flessibili – attraverso il suo panel internazionale di imprese clienti (44mila interviste in 105 Paesi), che evidenzia come oltre la metà dei manager intervistati (54% media globale) intenda accrescere il lavoro agile in azienda. Un trend confermato in Italia con il 46% dei rispondenti, oltre che in tutti i principali Paesi europei e negli Stati Uniti.

Tra i principali fattori che guidano il cambiamento delle aziende verso lo smart working, il 56% dei rispondenti in Italia (contro il 44% della media globale) ritiene che questi modelli organizzativi basati su agilità e flessibilità siano determinanti per reagire tempestivamente ai repentini mutamenti degli scenari di mercato.

Anche un corretto bilanciamento tra lavoro e vita privata (il cosiddetto work-life balance) è ritenuto necessario dal 58% degli imprenditori e manager italiani intervistati (contro una media globale del 61%) e la soluzione può venire dall’utilizzo di modalità di lavoro agile grazie alla possibilità di lavorare più vicino a casa, un’esigenza segnalata dal 45% degli intervistati in Italia (la media globale è del 48%).

Ma non è tutto qui. Secondo l’indagine Regus, altre necessità che potrebbero essere soddisfatte con lo smart working sono:

  • La riduzione dei costi di viaggio casa/lavoro per il 35% degli intervistati (media globale 32%);
  • La riduzione dei costi legati all’abitare in città, secondo il 12% (16% media globale), con la possibilità di lavorare anche fuori ufficio, da casa o vicino a casa;
  • La maggiore capacità di attrarre i migliori talenti (28% Italia e 29% media globale);
  • La riduzione degli spazi uffici con l’ottimizzazione dei costi e una maggiore flessibilità logistica e organizzativa (24% Italia e 17% media globale).

Lavorare da casa? Bello, sì, ma…

Ci sono persone che per lavorare da casa e avere la possibilità di gestire al meglio il proprio tempo e le proprie esigenze farebbe carte false e chi, invece, trova l’home working noioso e ripetitivo. Di sicuro, però, lavorare da casa ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi e, se si tende più spesso a mettere l’accento sui primi, anche i secondi non sono pochi.

A farlo ci ha pensato Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro flessibili, che con un’indagine internazionale ha rilevato che oltre il 50% (50,9% dato Italia e 52% media globale) dei professionisti intervistati dichiara di lavorare da casa molto spesso e spesso fuori ufficio, per almeno metà dei giorni lavorativi della settimana.

Una modalità di lavoro agile che comporta dei vantaggi, come la maggior flessibilità degli orari, l’ottimizzazione dei tempi evitando trasferimenti casa-ufficio nelle ore di punta e un miglior equilibrio tra vita lavorativa e tempo libero. Ma, secondo Regus, come in ogni cambiamento nelle abitudini consolidate sorgono delle criticità anche quando ci si trova a lavorare da casa.

Regus, nella sua inchiesta condotta a livello globale su un campione di 44mila manager e professionisti ha riscontrato negli intervistati che sono soliti lavorare da casa per molto tempo un profondo senso di solitudine (38% media globale), leggermente inferiore nel nostro Paese (28% il dato relativo all’Italia). Molto avvertito è anche il disagio dovuto a una minor interazione e possibilità di confronto con altri colleghi e professionisti (67% Italia e 64% media globale).

Inoltre il 40% degli italiani (62% media globale) avverte la necessità di programmare frequenti meeting, viaggi e incontri di lavoro fuori casa per compensare il senso di solitudine e isolamento che deriva dal lavorare da casa.

Rispetto alla tradizionale organizzazione di routine “casa-ufficio”, queste modalità di smart working o di lavoro agile a volte non sono del tutto comprese dalle famiglie, causando il timore in chi è solito lavorare da casa che la propria attività professionale venga sminuita e considerata meno importante. Una situazione particolarmente avvertita in Italia per il 45% degli intervistati, mentre il dato globale registra una media del 39%.

Un’altra considerazione degli intervistati, più collegata al benessere personale, riguarda il timore di ingrassare poiché, trascorrendo molto tempo a lavorare da casa alla scrivania si è tentati dagli snack fuori dall’orario dei pasti (il dato Italia e la media globale coincidono al 32%).

Ecco, in sintesi, il confronto fra il dato italiano e la media mondiale delle principali conclusioni del rapporto Regus:

  • il 50,9 % (52% media globale) dei professionisti segnala che lavorano fuori ufficio oltre la metà della settimana e molto spesso da casa;
  • Il 28% (38% media globale) dichiara di sentirsi solo e il 67% (64% media globale) avverte la mancanza di confronto con altri colleghi e professionisti;
  •    Il 40% (62% media globale) ha la necessità di organizzare meeting e viaggi di lavoro per sfuggire al senso di isolamento che deriva dal lavorare da casa;
  • Il 45% (39% media globale) teme che la sua famiglia percepisca che il lavoro svolto lontano dall’ufficio tradizionale sia meno importante;
  • Il 32% (media globale 32%) teme di ingrassare poiché a casa dispone di molti snack fuori pasto.

Madri lavoratrici, risorsa per le imprese

Come poter favorire un pieno e completo reinserimento lavorativo alle donne che rientrano dalla maternità? Una domanda alla quale ha provato a rispondere Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro condivisi.

Secondo un’indagine sul tema, il 77% dei manager e imprenditori italiani (contro l’83% della media globale) pensa che lo “smart working” possa essere la chiave per attirare e mantenere al lavoro le madri lavoratrici, evitando che le aziende perdano professionalità e competenze.

La ricerca di Regus evidenzia anche che le madri che rientrano al lavoro sono molto apprezzate dalle imprese per la loro esperienza e le loro competenze (50,3% in Italia e 55% media globale); inoltre i dirigenti e i manager ritengono le madri lavoratrici molto affidabili (19,2% Italia e 30% media globale), dotate di ottime capacità organizzative (Italia 21,8%, globale 31%) e con una maggior propensione a gestire tempo e scadenze (35,4% Italia e 35% media globale). Ultimo ma non meno importante e soprattutto il 19,8% degli intervistati (media globale 23%) ritiene le madri lavoratrici molto laboriose e più produttive rispetto alla media dei lavoratori.

Infine, secondo i manager intervistati, le madri che tornano a svolgere la loro attività lavorativa sono meno propense a cambiare lavoro o azienda (Italia 28,2%, media globale 34%); una propensione che consente alle imprese di risparmiare i costi di assunzione e di riqualificazione.

Questi nuovi risultati sulla percezione delle madri lavoratrici in azienda conferma una precedente ricerca svolta da Regus, la quale riscontrava che il 57% delle imprese è convinta che mantenere l’occupazione delle madri consenta di migliorare la produttività, con costi e tempi di formazione inferiori rispetto all’assunzione e all’inserimento di nuovi dipendenti.

Viaggi di lavoro? C’è da arrangiarsi

C’erano una volta i viaggi di lavoro negli hotel a cinque stelle e nelle business class di aerei e treni. C’erano, perché ora sembra proprio che la realtà degli spostamenti per professionisti e manager sia tutt’altro che comoda, almeno se si guarda ai risultati di una ricerca internazionale condotta da Regus, il principale fornitore globale di spazi di ufficio flessibili, intervistando oltre 44mila manager e professionisti in 100 Paesi.

Risultati che vanno letti anche considerando le stime della Global Business Travel Association, la quale prevede che il settore dei viaggi di lavoro crescerà del 6,2% entro la fine del 2015, superando quota 490 milioni in tutto il mondo.

Purtroppo per i viaggiatori, però, non sempre questi viaggi di lavoro hanno come meta grandi città o Paesi industrializzati, ma la globalizzazione fa in modo che spesso, per incontrare clienti e fornitori o per effettuare sopralluoghi in cantieri e unità produttive, si debbano intraprendere viaggi scomodi in luoghi remoti, trascorrere notti nelle lounge degli aeroporti o nelle stazioni ferroviarie, con poca possibilità di recuperare energie fisiche e mentali al momento dell’appuntamento di lavoro.

I risultati del sondaggio di Regus rivelano che ai manager intervistati, durante i propri viaggi di lavoro è capitato di pernottare nei luoghi più bizzarri: dalle baracche ai castelli, dalle tende condivise con più persone ai lussuosi resort a 5 stelle per fortuna. E anche sul fronte spostamenti, alla comodità di aerei privati o auto lussuose, si sono affiancati anche fuoristrada o autocarri.

Alla fine, Regus ha stilato la lista delle 10 sistemazioni per la notte più inconsuete indicate dai partecipanti all’indagine sui viaggi di lavoro: chiatta su un fiume; capannone industriale; ripostiglio; sala da bowling; baracca in legno in Asia; castello; container nella giungla; bunker; rimorchio per cavalli; cantiere di un cliente.

Quanto sono brave le madri lavoratrici

Un pieno e completo reinserimento nel mondo del lavoro per le madri lavoratrici che rientrano dalla maternità? fa bene a loro e anche all’azienda per la quale prestano la propria opera. Ne è convinta Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro condivisi, specialmente dopo aver realizzato un’interessante intervista sul tema.

Secondo l’indagine, il 77% dei manager e imprenditori italiani (contro l’83% della media globale) pensa che lo “smart working” possa essere la chiave per attirare e mantenere al lavoro le madri lavoratrici, evitando che le aziende perdano professionalità e competenze.

La ricerca di Regus evidenzia anche che le madri lavoratrici che rientrano in servizio sono molto apprezzate dalle imprese per la loro esperienza e le loro competenze (50,3% in Italia e 55% media globale); inoltre i dirigenti e i manager ritengono le madri lavoratrici molto affidabili (19,2% Italia e 30% media globale), dotate di ottime capacità organizzative (Italia 21,8%, globale 31%) e con una maggior propensione a gestire tempo e scadenze (35,4% Italia e 35% media globale). Ultimo ma non meno importante e soprattutto il 19,8% degli intervistati (media globale 23%) ritiene le madri lavoratrici molto laboriose e più produttive rispetto alla media dei lavoratori.

Infine, secondo i manager intervistati, le madri che tornano a svolgere la loro attività lavorativa sono meno propense a cambiare lavoro o azienda (Italia 28,2%, media globale 34%); una propensione che consente alle imprese di risparmiare i costi di assunzione e di riqualificazione.

Questi nuovi risultati sulla percezione delle madri lavoratrici in azienda conferma una precedente ricerca svolta da Regus, la quale riscontrava che il 57% delle imprese è convinta che mantenere l’occupazione delle madri consenta di migliorare la produttività, con costi e tempi di formazione inferiori rispetto all’assunzione e all’inserimento di nuovi dipendenti.

I manager italiani favorevoli allo smart working

Una ricerca realizzata da Regus, il principale fornitore globale di spazi di lavoro flessibili, con il coinvolgimento di manager e professionisti di tutto il mondo, ha fatto emergere il mood degli imprenditori circa la riduzione dei costi della gestione degli uffici, per utilizzare queste risorse in investimenti per la crescita e per nuovi posti di lavoro.

Si tratta di quello che viene definito smart working, che prevede anche lo svolgimento di alcune attività da remoto, poiché non è necessaria la presenza in ufficio, e che porta, come conseguenza, ad un notevole risparmio di spazi, tempi e denaro, che può dunque essere convogliato in progetti che riguardano il futuro e l’innovazione.

L’84% degli intervistati italiani, e l’81% della media globale, ritiene che i governi dovrebbero contribuire a promuovere la diffusione di contratti di lavoro agile favorendo lo svolgimento delle mansioni da remoto con modalità organizzative flessibili nei tempi e negli orari.
Secondo l’86% degli imprenditori e manager i governi dovrebbero incentivare il lavoro agile attraverso agevolazioni fiscali, poiché lo ritengono uno strumento che può favorire la crescita del PIL e incentivare l’occupazione.

Ovviamente, lo smart working è ben visto anche e soprattutto nei confronti dell’occupazione femminile, laddove si può favorire il rientro dalla maternità e permettere di bilanciare al meglio gli impegni lavorativi e la gestione dei figli.
Inoltre, il lavoro da remoto potrebbe favorire l’integrazione di nuove leve, soprattutto giovani, nel mondo del lavoro, e risolvere, seppur in parte, il problema della disoccupazione.

Mauro Mordini, country manager di Regus in Italia ha dichiarato: “lo smart working può svolgere un ruolo determinante per stimolare l’economia e per far crescere l’occupazione, in particolare nel nostro paese. Attraverso la riduzione di costi fissi per la gestione rigida di uffici e spazi lavoro, spesso sovradimensionati e inutilizzati, le imprese possono così liberare risorse da reinvestire nella crescita e nell’occupazione. Grazie a modalità organizzative del lavoro che prevedono agilità e flessibilità si consente inoltre a molte persone, in particolare le mamme, di poter conciliare al meglio la loro vita professionale e personale e di poter continuare a rimanere nel mondo del lavoro e di contribuire allo sviluppo economico del paese nel suo complesso“.

Vera MORETTI

I professionisti e la tecnologia

professionisti hanno da tempo nella tecnologia una compagna di lavoro inseparabile. Grazie ai nuovi sistemi di messaggistica istantanea e di condivisione di file, tempi, metodi e organizzazione del lavoro sono cambiati radicalmente anche pensando solo a 5 anni fa.

Dinamiche molto interessanti, che hanno spinto Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro flessibili, a condurre un’indagine sull’utilizzo e la confidenza che si ha con la tecnologia sul posto di lavoro.

L’indagine di Regus è stata condotta su un campione di oltre 44mila manager e professionisti che, in 100 Paesi, hanno parlato del loro rapporto con la tecnologia. Per quanto riguarda l’Italia, l’89% degli intervistati dichiara di usare strumenti tecnologici per la condivisione di file e di documenti, superando di poco il risultato della media mondiale, attestata sull’86%.

Tra questi, vince a mani basse Dropbox con il 64,1% (media mondiale 56%), seguito da Google Drive con il 48,2% (43% nel mondo) e da WeTransfer che in Italia tocca una media del 35,3% contro una media mondo che è quasi la metà, 18%. Si ritagliano un loro spazio anche la tecnologia di Google Hangouts (21,4% in Italia, 22% nel mondo) e Microsoft Remote Desktop (14,9% in Italia, 19% nel mondo). A parte questi ultimi due strumenti, come si vede, noi italiani siamo un passo avanti.

L’indagine Regus ha anche esplorato il rapporto tra i manager e la messaggistica istantanea, tecnologia particolarmente importante per i professionisti che si trovano molto spesso a lavorare in mobilità e non dalla propria postazione. Ebbene, stando ai dati rilevati dalla ricerca Regus, il 96% dei manager e professionisti italiani ha utilizzato almeno uno strumento di messaggistica istantanea nell’ultimo mese.

Come era prevedibile, stravince Whatsapp, che gli italiani apprezzano ben più degli altri utenti mondiali: 84,4% contro il 54% della media mondiale; lato VoIP vince il decano Skype, che gli intervistati italiani usano nel 73,5% dei casi contro una media mondiale del 60%. Percentuali in linea con il resto del mondo per quanti utilizzano Facebook Messenger, ossia il 48%. E, secondo Regus, c’è gloria anche per Viber (18,4% Italia contro il 13% mondo) e WeChat (5,9% Italia e 11% mondo).

Ma quanto cresce lo stress da lavoro!

Negli ultimi cinque anni, lo stress da lavoro è cresciuto, non solo in Italia ma anche nel mondo. E la colpa non è solo della crisi. A rovinare le giornate in ufficio degli italiani facendo aumentare lo stress da lavoro non sono solo le preoccupazioni sulla instabilità del lavoro e l’insicurezza del futuro, ma anche la routine del lavoro. Lo testimonia una ricerca globale svolta da Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro flessibili, su un campione di 22mila manager e professionisti in oltre 100 Paesi.

La ricerca ha certificato che oltre il 53% degli intervistati a livello globale ritiene che il livello di stress da lavoro sia aumentato sensibilmente rispetto a cinque anni fa. Nello specifico, per gli italiani, le cause principali dello stress da lavoro sono, oltre alla instabilità del posto (30% contro il 15% della media globale), le tecnologie obsolete e inaffidabili (30%), la carenza di personale e collaboratori (27%), la scarsa flessibilità degli orari e dei luoghi di lavoro.

Secondo Regus, che offre soluzioni flessibili per gli spazi di lavoro, proprio il lavoro flessibile da remoto aiuterebbe a ridurre lo stress da lavoro. Tre quarti degli intervistati (media globale 74%, in Italia 73%) ritiene infatti che lavorare qualche volta in un ambiente diverso dall’ufficio abituale, possa costituire un piccolo sollievo dallo stress da lavoro: il 61% degli italiani (contro una media globale del 59%) pensa che chi ha la possibilità di svolgere il proprio lavoro con maggiore flessibilità possa raggiungere un miglior equilibrio tra la vita e il lavoro.

Il 61% di chi, in Italia, già sperimenta il lavoro flessibile (58% a livello globale) ritiene di essere maggiormente soddisfatto e di soffrire meno di stress da lavoro e anche il 43% (55% media globale) dei lavoratori autonomi e dei free lance sostiene di avere raggiunto un buon bilanciamento tra lavoro e tempo libero.

Il manager preferisce il coworking

In italiano si chiama spazio di lavoro condiviso, ma per comodità, come spesso accade, per definirlo si usa un termine inglese, coworking. Un fenomeno in crescita, specialmente nelle grandi città, che è stato oggetto di una ricerca globale di Regus sul coworking, condotta in oltre 100 Paesi su 22mila manager e imprenditori, che ha indicato quali sono i vantaggi ottenibili dalla flessibilità e dalla condivisione degli spazi di lavoro.

Secondo gli intervistati, l’ottimizzazione dei costi di gestione è il principale beneficio riscontrato da chi sceglie il coworking (89%), seguito da una importante riduzione delle spese di manutenzione e pulizia (86%). I benefici per le imprese che utilizzano spazi di lavoro condivisi non si limitano però a una semplice questione economica: il 72% degli intervistati ritiene infatti che gli spazi di coworking possano costituire l’ambiente ideale per sviluppare nuove idee e per facilitare lo scambio di conoscenze e favorire l’innovazione. Anche la crescita di un forte spirito imprenditoriale (73%) è tra i benefici che derivano da questo tipo di scelta.

Secondo Regus, anche in Italia si registra una crescita di interesse verso modalità di lavoro in coworking  o anche solo verso l’utilizzo di spazi di lavoro flessibili nei business center, dove gli aspetti social di condivisione e di interscambio di esperienze sono più limitati, ma presenti.

Altri vantaggi identificati dalla ricerca Regus sul coworking sono: la possibilità di accrescere il proprio network di relazioni con fornitori e partner commerciali (80%) e l’opportunità di entrare in contatto con nuovi potenziali clienti (79%).

Senza contare un’esigenza dettata dalla difficile situazione economica, ossia l’importanza di svolgere la propria attività utilizzando ambienti di lavoro flessibili e condivisi che consentono di modificare gli spazi uffici in tempi rapidi senza costi o penali per adeguarsi alle mutate esigenze lavorative (73% degli intervistati).

Secondo Mauro Mordini, country manager di Regus in Italia, “manager e professionisti hanno identificato chiaramente quali sono i vantaggi nell’utilizzare uffici e spazi di lavoro in modo flessibile al fine di rispondere rapidamente alle condizioni dei mercati. Inoltre la possibilità di lavorare in modalità di coworking in un ufficio condiviso, presso una sede pratica e comoda come un business center, consente di svolgere la propria attività in modo produttivo in un ambiente collaborativo e stimolante che favorisce l’innovazione e lo sviluppo di una cultura imprenditoriale.