Il contributo di Confassociazioni al dibattito sulle reti d’impresa

Riflettere sul ruolo delle reti d’impresa e ragionare sul rapporto che si instaura tra reti e professionisti è oggi di basilare importanza per puntare ad una ripresa più solida e duratura. Infatti più è fluida la comunicazione tra reti e professionisti, maggiori sono le possibilità di mercato che le imprese possono cogliere”. Sono parole di Giorgio Roveri, Vice Presidente di Confassociazioni con delega al sistema Pmi.

Il convegno ‘Reti di impresa e di professionisti: quali orizzonti, quale futuro’ (10 novembre 2015, Roma, Palazzo Altieri, dalle ore 10) focalizza la sua attenzione – ha continuato il Vice Presidente di Confassociazionisu un aspetto bene preciso: l’apporto che i professionisti possono dare allo sviluppo di ogni business aziendale è importante, ma è realmente produttivo solo quando riescono a coordinarsi tra di loro interagendo in entrambe le direzioni: impresa verso professionista e professionista verso impresa. Una reciprocità di rapporto che esiste con figure manageriali evolute, ovvero con reali capacità di gestire questa relazione”.

La giornata del 10 novembre rappresenta un passo importante per noi – ha aggiunto il Presidente di Confassociazioni, Angelo Deianain quanto rappresentativo di un percorso evolutivo che ci vede sempre più in crescita e pronti ad ulteriori importanti traguardi. Ovviamente resi possibili proprio dalla partecipazione sinergica di ogni singolo rappresentante della Confederazione che ad oggi conta 209 associazioni con oltre 355mila professionisti iscritti”.

È evidente che il ruolo del manager – ha concluso Giorgio Roveririsulta essere strategico soprattutto per lo sviluppo delle reti d’impresa, perché è qui che nasce l’esigenza di comprendere e conciliare culture imprenditoriali talvolta discordanti. Sotto questa prospettiva assumono particolare rilevanza le qualità del manager di rete, ancor meglio del temporary manager che, essendo una figura autonoma e indipendente rispetto alle realtà imprenditoriali coinvolte nella rete, riesce ancor più a conciliare le divergenze e a promuovere rapporti di collaborazione e di condivisione tra i soggetti coinvolti”.

Alle startup conviene andare in rete

Se fanno gruppo e si aggregano in rete, le startup si dimostrano più efficaci e longeve. Questo è stato sottolineati e ribadito anche dal workshop “Reti di Imprese & Startup. Aggregazione per il successo” organizzato da Assoretipmi nella seconda giornata di SMAU Milano 2014.

Il punto di partenza è la conformazione tipica delle pmi italiane, che, per il 60%, hanno un solo dipendente e il 35% meno di 10.
Fare rete significa fare massa intorno ad un progetto, e non solo diventare competitivi dal punto di vista commerciale.

Per quanto riguarda le reti d’impresa esistenti in Italia, esse sono circa 1.777, contate all’1 ottobre e, considerando che ad aprile erano solo 200, le piccole e medie imprese hanno dimostrato di aver inteso quale vantaggio sia aggregarsi e fare gruppo.

Le imprese coinvolte sono quasi 9mila e, tra queste, la maggior parte sono quelle appartenenti ai settori di Industria (40%), e Servizi (30%), con l’Edilizia a 20%. A seguire, Agricoltura e Commercio.

Per quanto riguarda l’ICT, esse rappresentano il partner tecnologico delle reti stesse, soprattutto nei casi di startup tra aziende giovani con potenzialità innovative da condividere con le aziende più tradizionali che fanno parte della rete.
In cambio, ricevono know-how e massa critica per risolvere problemi fondamentali in fase iniziale: finanziamenti, gestione, fiscalità, posizionamento sul mercato, opportunità di business.

I costi di formazione e ingresso in una rete d’impresa sono bassi. Si tratta di 160-170 euro per la registrazione alle Camere di Commercio, circa 1.550 euro di spese notarili, più quelle per l’avvocato per stendere il contratto di rete.
I costi di gestione operativa, invece, dipendono dal modo in cui la rete è strutturata.

Vera MORETTI

Reti d’Impresa: la svolta del II semestre 2013

Il secondo semestre 2013 è stato a dir poco sorprendente per quanto riguarda le Reti d’Impresa. In sei mesi, infatti, sono stati registrati 389 nuovi contratti, con il coinvolgimento di ben 1.555 imprese coinvolte.
A fare da traino sono Lombardia, Abruzzo, Emilia Romagna e Lazio, regioni particolarmente attive negli ultimi sei mesi dello scorso anno.

A fine dicembre le reti registrate in Camera di Commercio erano 1.353 per un totale di 6.435 imprese aderenti.
A livello nazionale, alla fine del dicembre 2013 sono 1.353 i contratti di rete registrati in Camera di Commercio e 6.435 le imprese aderenti.

La Lombardia rimane la regione leader, da questo punto di vista, con 1.564 imprese in rete, seguita da Emilia Romagna, con 907 imprese e Toscana, con 689 aziende.
A queste tre regioni appartiene circa la metà delle imprese italiane in rete, e circa il 74,8% delle reti sono costituite da imprese della stessa regione.

Tra i settori maggiormente battuti, quello dei servizi riguarda il 44,3% delle imprese, ovvero ben 303 aziende. All’interno dei servizi, più diffuse sono le imprese che lavorano nel turismo (153 aziende, pari al 22,4%).

L’industria in senso stretto si colloca al secondo posto per numero di imprese (257, pari al 37,6% del totale). Spicca in particolare la filiera del sistema moda (131 imprese, pari al 19,2%), seguita dalla meccanica (30; 4,4%) e dai prodotti in metallo (28 imprese in rete, il 4,1% del totale).

Il terzo aggregato settoriale è composto dalle costruzioni e dall’immobiliare che vedono coinvolte in rete complessivamente 65 imprese (9,5% del totale). Di queste, poco meno della metà è composta da imprese delle costruzioni (31; 4,5%).

Chiude la classifica macrosettoriale l’industria agro-alimentare che, con 59 imprese coinvolte presenta un peso (8,9%) del fenomeno reti superiore rispetto alla sua rilevanza nell’economia italiana.

Vera MORETTI

Sempre più italiani vanno in rete

Ha avuto luogo il 6 marzo, al Mart di Rovereto, l’incontro sulle Reti d’Impresa organizzato da Manageritalia.

A questo proposito, i dati riguardanti l’Italia sembrano positivi, poiché dal 31 marzo al 30 novembre 2013, si è assistito ad un aumento del 69% dei contratti d’impresa, che sono passati da 768 a 1.298, con un conseguente aumento delle imprese in rete del 61%, passate infatti da 3.964 a 6.385.
Il trend si conferma in crescita anche in Trentino Alto Adige: Trento è in testa e passa da 20 a 32 contratti ( 60%) e da 32 a 50 imprese ( 56%), mentre Bolzano triplica da 3 a 8 contratti e da 5 a 15 imprese.
Durante l’incontro sono stati trattati i punti di forza di queste forme contrattuali insieme ad esponenti del mondo economico e delle professioni che stanno sperimentando direttamente i contratti di rete.

Tra gli ospiti, il notaio Andrea Cimino; Enrico Cacino del Centro regionale Assistenza per la Cooperazione Artigiana di Mestre (Venezia); Enrico Pollini, commercialista dello studio Matuella Monti di Rovereto, Roberto Saliola, project leader nazionale Innovazione Organizzativa per le imprese.

Il contratto di rete rappresenta un modo concreto per innovare collaborando, unendo expertise differenti, e dove la figura dei manager è determinante per far funzionare le imprese coinvolte come un team affiatato e con obiettivi strategici chiari.

Vera MORETTI

In Sardegna, progetto per incoraggiare le reti d’impresa

Nonostante le aggregazioni in reti d’impresa diano la possibilità, in molti casi, di difendersi contro la crisi e trovare risorse per poter investire in innovazione e tecnologia, e nonostante le imprese che fanno rete siano in continuo aumento, ci sono alcune zone d’Italia dove questo trend è ancora negativo.

Un esempio? La Sardegna, dove sono molto poche le aziende che si aggregano per diventare più competitive.
A comunicare ciò è il nuovo Rapporto di Confartigianato, che certifica come, a metà del 2013, in terra sarda sono stati stipulati solo 18 contratti di rete che hanno coinvolto 87 imprese.
Questi numeri corrispondono al 6,3×1.000 delle attività produttive della regione. Ciò conferma che sono molto poche le aziende che sono ricorse a questi strumenti di collaborazione per affrontare la crisi e andare alla ricerca di nuovi mercati.

Al contrario, la regione più dinamica, quando si tratta di fare impresa, è risultata la Lombardia, con 782 imprese che hanno sottoscritto 198 contratti.
In termini percentuali, è invece la Basilicata il territorio con la maggior propensione (13.9 contratti ogni 1.000 imprese) seguita dall’Emilia Romagna e dalla Toscana con 12,7.
Fanalino di coda non è la Sardegna, ma la Sicilia, con 0,6 contratti ogni 1.000 imprese, contro una media italiana del 6,5×1.000.

Luca Murgianu, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, ha commentato così questi risultati: “Soprattutto in questo periodo il contratto di rete si conferma un’occasione per rispondere alla difficile congiuntura economica e mantenersi competitivi sul mercato. Le aziende sarde da qualche settimana hanno la possibilità di lavorare e di crescere insieme a quelle del Veneto attraverso uno strumento che le renderà competitive, coniugando territori regionali e mercati internazionali”.

L’opportunità data alle imprese sarde è il “Progetto di Cooperazione Interregionale per l’Innovazione Sostenibile” ed interessa oltre 300 imprese sarde e venete, che appartengono ai settori dell’ICT, dell’agroalimentare, dell’edilizia sostenibile, del turismo e della green economy e viene sviluppato da un Organismo Intermedio costituito da Confartigianato Imprese Sardegna, Confindustria Sardegna e Confcooperative Sardegna e dalle omonime Associazioni venete.

Questa importante iniziativa sosterrà tra il 2014-2015, la cooperazione tra le aziende delle due regioni, con l’obiettivo di fornire loro servizi reali e finanziari, formazione, assistenza alla creazione di partnership e reti di impresa. Inoltre verranno messi a disposizione aiuti economici destinati a sostenere progetti integrati di collaborazione, per supportare processi di innovazione che riorganizzino e amplino le filiere, incrementando l’efficienza dei processi produttivi e lo sviluppo commerciale delle stesse.

A questo proposito, ha voluto aggiungere Murgianu: “Le esportazioni e l’innovazione nelle imprese “in rete” sono più elevate: è questo il punto di forza del contratto di rete perché consente ad ogni impresa che ne fa parte di aggregare competenze attraverso un rapporto di collaborazione organizzata, salvaguardando la propria autonomia“.

Vera MORETTI

Aspiranti imprenditori tarantini a scuola di reti d’impresa

Il 16 e il 17 dicembre prossimi si svolgerà a Taranto il seminario Le reti d’impresa: opportunità per la valorizzazione delle Pmi, organizzato dalla Camera di Commercio di Taranto.

Si tratta di un’iniziativa rivolta ad imprese e liberi professionisti interessati ad approfondire la tematica delle reti d’impresa, e promuovere ed attivare nel territorio provinciale lo strumento delle reti di impresa, favorendone la fattibilità operativa e le relative costituzioni.

Il seminario, la cui partecipazione è gratuita, affronterà le seguenti tematiche:

  • Reti di imprese e contratto di rete;
  • Le Reti: consistenza del fenomeno e settori;
  • Il quadro giuridico delle reti;
  • Elementi del contratto di rete: fondo patrimoniale, marchio, personale;
  • Il programma di rete;
  • Modello commentato di contratto di rete;
  • Elementi della gestione delle reti;
  • La governance delle reti: il management;
  • Le responsabilità della rete e dei retisti;
  • Come si esce dalle reti;
  • Tipologie di rete: modelli organizzativi e casi di successo;
  • Nuovi sviluppi: le reti per la rigenerazione urbana. Tipologie e prospettive.

I soggetti interessati dovranno confermare la propria adesione all’indirizzo e-mail area.promozione@ta.legalmail.camcom.it.

Vera MORETTI

Lombardia regina delle reti d’impresa

Le reti d’impresa vanno forte in Lombardia e in particolare nella provincia di Varese.
Da una ricerca realizzata dalla Camera di Commercio, infatti, è emerso che, a giugno 2013, in tutta la regione erano stati stipulati ben 378 contratti di rete con 1.393 imprese coinvolte. Di queste, 48 appartengono alla provincia varesina, e comprendono 94 imprese.

Questo exploit mette Varese al quinto posto in Lombardia, dopo Monza e Brianza, Bergamo, Brescia e Milano.

Ma di cosa si occupano maggiormente queste imprese? Su 94, 50 sono attive nel settore manifatturiero, 12 nelle attività professionali e 10 nel commercio, mentre ben 65 sono società di capitali e 17 società di persone. Da sottolineare la progressione temporale del fenomeno: la crescita registrata a partire da inizio 2012 conduce a un +135% di imprese coinvolte solo tra il mese di giugno 2012 e lo stesso periodo di quest’anno. Questo significa che lo strumento funziona e ha incontrato il favore degli imprenditori che lo adottano quale strategia per diventare più competitivi.

La CCIAA di Varese ha proposto il progetto “Dalla collaborazione al contratto di rete” per favorire la nascita di contratti di rete e realizzato dal sistema camerale lombardo a valere sull’Accordo di Programma 2010 Unioncamere/MISE, attraverso il quale sono state supportate/avviate 35 aggregazioni lombarde in forma stabile, di cui due in provincia di Varese.

Vera MORETTI

Le imprese fanno sempre più rete

Gli imprenditori italiani hanno capito che fare rete conviene.
Il terzo Osservatorio Intesa Sanpaolo – Mediocredito Italiano sulle Reti d’Impresa, infatti, ha rilevato che, nei primi tre mesi dell’anno, 455 realtà imprenditoriali hanno utilizzato questo strumento dando vita a 94 nuove reti, ovvero forme di collaborazione che permettono di mettere a fattore comune risorse e capacità con l’obiettivo di acquisire maggiore forza competitiva, produttiva e commerciale.

A fine marzo, dunque, il totale dei contratti registrati è di 792 unità, con ben 4.091 imprese coinvolte.
Tra le regioni più attive, spiccano Lombardia, Emilia Romagna e Toscana guidano con le prime due che possono essere considerate le artefici della forte accelerazione dell’ultimo trimestre 2012, nel quale 801 nuove imprese hanno deciso di mettersi in rete.

Per quanto riguarda il settore manifatturiero, nel 2011 le imprese coinvolte in reti d’impresa hanno registrato un aumento di fatturato pari al 10,1%, mentre l’aumento di quelle non in rete si è fermato al 4,6%.
La differenza, inoltre, è ancora più evidente se si considera il triennio 2009-2011.

Questo accade perché le aziende in rete acquisiscono un migliore posizionamento competitivo, anche perché una buona metà di esse fa già parte di gruppi economici
(contro il 35% circa delle imprese non in rete), hanno attività di export (50% circa vs. 31%), certificati di qualità (26,7% vs. 17,2%), partecipate estere (17,8% vs. 7,5%), marchi registrati a livello internazionale (16,4% vs. 8,5%), richieste di brevetti all’EPO (16,3% vs. 7,3%), certificazioni ambientali (8,2% vs.3,4%).

L’Osservatorio, per riportare dati ancora più precisi, ha effettuato un’indagine tra 360 imprese coinvolte in contratti di rete: il 50% di esse dichiara di partecipare alla rete per conseguire maggiori sinergie produttive (soprattutto al Sud e al Centro), rafforzare i canali di promozione/distribuzione (Nord) e realizzare progetti comuni di innovazione e di ricerca
(Centro e Nord-Est).

Inoltre, le reti d’impresa permettono di valorizzare la complementarietà industriale delle imprese.
L’83% delle reti è composta da imprese specializzate in comparti produttivi differenti. Inoltre, il 31% sono di piccole dimensioni o addirittura imprese cosiddette micro (51,2%), ovvero le più bisognose di andare in rete per mettere in pratica le proprie potenzialità e attivare progetti di internazionalizzazione e innovazione.

In questo caso, i macrosettori più presenti sono quello dell’industria e dei servizi, con il 76,1% delle imprese attive.
Anche la filiera delle costruzioni e dell’immobiliare, nonché quella dell’industria agro-alimentare sono ben rappresentate, soprattutto nelle regioni meridionali d’Italia, con la Sardegna che primeggia.

Per incoraggiare le reti d’impresa, tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, sono nati tre Laboratori regionali per le Reti d’Impresa, in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, che sono veri e propri incubatori attivati da Intesa Sanpaolo con associazioni datoriali locali ed enti di ricerca per promuovere la conoscenza di questo strumento e agevolare l’incontro tra potenziali partner.

A questi si affianca il Desk nazionale sulle Reti per la consulenza normativa e finanziaria di Mediocredito Italiano, la società di Intesa Sanpaolo specializzata nel sostegno alla crescita delle pmi.

La Banca Europea per gli investimenti ha attivato un importante finanziamento dedicato alle pmi e mid-cap, dell’importo totale di oltre 22 milioni di euro.

Vera MORETTI

Accordo tra Intesa Sanpaolo e RetImpresa per far entrare le pmi in rete

E’ stato siglato un accordo tra Aldo Bonomi, presidente di RetImpresa, l’Agenzia Confederale di Confindustria per le reti d’impresa, e Giuseppe Castagna, direttore generale e responsabile di Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo che si pone come finalità quella di sostenere e favorire lo sviluppo delle reti “di qualità” come strumento per accrescere la competitività delle imprese italiane sui mercati nazionali e internazionali.

Con questa intesa, che permetterà di unire due realtà che possono contare su competenze ed esperienze importanti, si vuole promuovere la rete come strumento indispensabile per le pmi, soprattutto per superare i limiti dimensionali, che a volte costituiscono un vero e proprio ostacolo all’internazionalizzazione e all’accesso al credito.
E’ prevista infatti un’offerta appositamente dedicata alle imprese che collaborano in rete, fatta di strumenti finanziari e servizi di assistenza specialistica.

In particolare, è compreso anche un supporto alla gestione ordinaria della rete, con soluzioni di smobilizzo dei crediti infra-rete e prodotti che semplificano la gestione dei rapporti commerciali.
Le pmi che aderiscono ad un contratto di rete possono usufruire del Fondo di Garanzia gratuito e di un plafond di 30 milioni di euro assegnato dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI).

A disposizione delle reti, inoltre, attraverso Mediocredito Italiano, la banca del Gruppo dedicata a sostenere lo sviluppo delle imprese italiane, c’è anche un Desk specialistico dedicato che garantisce un costante monitoraggio dell’evoluzione della normativa e che presidia il conseguente aggiornamento del modello di offerta.
A livello locale, invece, sono attivi presidi territoriali costituiti da professionisti in grado di analizzare il progetto industriale della rete, valutandone i benefici prospettici sulle singole imprese aderenti.

Trattandosi di un argomento, quello delle reti d’impresa, cruciale per il futuro delle pmi italiane, Sanpaolo e RetImpresa hanno deciso di proporre una serie di seminari e incontri tematici sul territorio, oltre ad iniziative di formazione mirate che metteranno in campo le competenze specialistiche delle rispettive strutture di Formazione.

Aldo Bonomi ha commentato: “Siamo contenti di questo ulteriore accordo per lo sviluppo delle reti. Infatti, la nostra idea è che imprese e banche si muovano unite nella stessa direzione. Le banche, soprattutto nostre partner in accordi come questo, possono finalmente guardare con maggiore attenzione alle reti perché, attuando i programmi industriali previsti dai contratti, aumenta la competitività e la trasparenza. L’importante collaborazione avviata con Intesa Sanpaolo viaggia in
quest’ottica e potrà essere di grande aiuto per le imprese in rete che riscontrano difficoltà nel finanziare investimenti di rilancio. Questo accordo guarda al futuro, intende sostenere i progetti con le potenzialità migliori e, con la volontà espressa dalla banca, risponde appieno a tutto ciò di cui le imprese hanno bisogno: maggiore liquidità a condizioni
migliori e una consulenza qualificata. La rete si sta dimostrando lo strumento ideale per le aziende italiane ed è necessario continuare a sostenerle con un’azione di sistema
“.

Giuseppe Castagna ha dichiarato: “La nostra è stata la prima banca in Italia ad aver dotato la propria struttura commerciale di un’offerta completa di servizi finanziari e consulenza specialistica in grado di supportare la costituzione delle reti d’impresa, finanziare i migliori progetti di aggregazione e sostenere i processi di internazionalizzazione e innovazione, soprattutto delle aziende meno strutturate. La possibilità di mettere a fattore comune esperienze e iniziative di sviluppo, infatti, permette alle aziende in rete di affrontare investimenti altrimenti non perseguibili individualmente e, dunque, di ottenere miglioramenti strutturali al proprio business che possono influenzare positivamente il loro merito creditizio. Proprio per capire se e in quale misura le reti d’impresa offrano concreti vantaggi competitivi alle imprese aderenti, Intesa Sanpaolo ha costituito un Osservatorio nazionale e Laboratori Regionali che presidiano e monitorano costantemente l’evoluzione di tale fenomeno”.

Vera MORETTI

Fare Sistema: la chiave per la ripresa del turismo italiano

 

Infoiva non poteva non salutare questa settimana a tutto turismo senza interpellare Marco Serioli, direttore exhibitions Fiera Milano. La scorsa settimana il polo espositivo ha ospitato BIT 2013, fulcro D.O.C. di un sistema di networking intorno al quale hanno ruotato anche le piccole imprese legate al mondo dell’ospitalità e alle sue risorse. Com’è andata?

Quali prospettive sono emerse dall’ultima Bit relativamente al settore turistico italiano?
Bit 2013 si è aperta con un convegno inaugurale in cui il Ministro Gnudi ha presentato ufficialmente il Piano Strategico per il Turismo. Si tratta di un segnale forte di attenzione verso il settore, un piano atteso da anni. La scelta di Bit come sede privilegiata per presentarlo è la conferma che il settore fieristico, e la Borsa Internazionale del Turismo, in particolare, svolge un ruolo di traino importante.

Avete già avuto un feedback dagli espositori presenti?
Il feedback dei nostri espositori ci dice che, chi si è preparato bene alla manifestazione, ha fatto molto business, incontrando anche molti stranieri. Nonostante la crisi, infatti, il numero degli operatori professionali in Bit è rimasto costante, mentre abbiamo riscontrato un comprensibile calo nel pubblico.
Il punto sta proprio qui: prepararsi, fare sistema. Il turismo italiano ha ancora ampi margini di crescita: abbiamo asset unici al mondo, che nessuno può imitare. Ma, in un mercato sempre più globalizzato, non possiamo più andare in ordine sparso confidando che, per vedere Roma o Venezia, “tanto i turisti vengono lo stesso”.
Basti pensare che oggi sono sul mercato destinazioni che 40 anni fa, quando eravamo primi al mondo, non erano nemmeno aperte al turismo internazionale. La Cina, per esempio, che non a caso quest’anno era ospite d’onore a Bit 2013: è già la terza destinazione al mondo ed entro il 2015 sarà anche il primo mercato outgoing, con importanti flussi verso l’Italia. E le economie emergenti in genere, che alla Bit di quest’anno erano protagoniste.
Dobbiamo coordinarci di più e fare sistema. Se lo facciamo, l’obiettivo indicato dal Piano di passare dall’11 al 13-14% di quota di mercato nella nostra area di riferimento, quella euro-mediterranea, è assolutamente alla nostra portata.

Si tratta di un settore che soffre di molti mali. Quali i più gravi?
Il turismo subisce innanzitutto le stesse dinamiche che affliggono in generale l’economia italiana in questo periodo.
Anche la grande frammentazione dell’offerta diventa un problema quando dobbiamo confrontarci sui mercati internazionali, dove invece i Paesi nostri concorrenti, come Francia e Spagna, possono contare su imprese di grandi dimensioni.
Ma il quadro non è solo negativo: gli imprenditori del settore hanno dimostrato un’eccezionale capacità di risposta in questi anni, sviluppando nuove proposte che rispondono alle esigenze dei target emergenti.

Lo chiediamo anche a lei: quali sono gli “anticorpi” su cui può contare per guarire?
Innanzitutto, come dicevo, l’eccezionale spirito imprenditoriale dei nostri operatori, che in questi anni hanno letteralmente creato dal nulla nuovi segmenti di offerta. Basti pensare al boom degli agriturismi, e all’enogastronomia in generale, ma anche alle molte modalità nuove in cui è stato declinato il turismo culturale, o al turismo della natura.
Per continuare a svolgere un ruolo di primo piano nell’industria turistica globalizzata, l’Italia, considerando anche la nostra struttura dei prezzi, non può che puntare sulla fascia alta e sviluppare un turismo di qualità. Dobbiamo puntare al segmento Affluent, i turisti con alta capacità di spesa, che amano il Made in Italy e lo stile di vita italiano. Il “brand Italia” è di certo un “anticorpo” molto potente: è fortissimo nel mondo ed è particolarmente apprezzato proprio nelle economie che crescono di più, come la Cina o la Russia.
Un anticorpo vincente è senz’altro puntare ancora di più sui turismi tematici, valorizzando l’incredibile varietà di paesaggi, culture, tradizioni enogastronomiche del nostro paese, di un’ampiezza probabilmente unica al mondo.
Dobbiamo anche sviluppare una politica continuativa di grandi eventi che attraggano flussi importanti di turisti, con l’obiettivo di fidelizzarne delle quote importanti. Expo 2015 è l’esempio principe di questo approccio, solo dalla Cina i Tour Operator locali si sono impegnati a portare un milione di persone. Dobbiamo far sì che non rimanga un momento isolato, ma sia il volano di una crescita costante.

In Italia la ricettività turistica è sinonimo, per la maggior parte dei casi, d’impresa familiare. Vantaggio o svantaggio? Perché?
In se stesse le dimensioni non sono né un vantaggio né uno svantaggio, sono una caratteristica. Il nostro intero tessuto economico è dominato da PMI, spesso di eccellenza, che esportano in tutto il mondo. I lati positivi delle dimensioni ridotte sono la flessibilità e la personalizzazione – pensiamo alla riviera romagnola –; quelli negativi, la minore capacità d’innovazione e d’investimento e, talvolta, una preparazione meno adeguata ad accogliere i turisti internazionali. Sarebbe importante rafforzare nella ricettività i nostri campioni nazionali, mettendoli in grado di competere con le grandi multinazionali anglosassoni, francesi e spagnole.
Una “via italiana” potrebbe venire dal nuovo strumento delle Reti d’Impresa, che può riunire aziende che rimangono indipendenti – un requisito spesso irrinunciabile per molti imprenditori italiani – ma uniscono le forze su alcuni punti chiave, moltiplicando la capacità di investire. Anche le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo importante, specie nella preparazione, là dove le PMI non possono arrivare con i propri mezzi.

Qual è il suo punto di vista sulla fiscalità che grava sulle imprese turistiche? Eccessiva, giusta, è un freno…?
Non è un segreto per nessuno che in Italia la pressione fiscale sia eccessiva in generale, e le aziende turistiche non fanno eccezione.
A saldi invariati, sarebbe importante riuscire a modulare la leva dell’Iva per portare le aliquote del turismo a livelli paragonabili a quelli dei nostri concorrenti più diretti, Francia e Spagna, che in media hanno aliquote più basse delle nostre.
Il vero problema è il riequilibrio della fiscalità generale, soprattutto liberando dall’eccesso di tassazione il lavoro e le attività produttive.

Per molte imprese italiane il 2013 sarà un anno decisivo: scampare o morire? Anche nel turismo siamo arrivati a tanto?
Non sarei così drastico.. Se consideriamo il mercato globale, che ormai è l’unico vero mercato, il turismo è un settore in costante crescita e anche nel 2013 crescerà, tra il 3 e il 5%. Anche lo scorso anno, il calo di presenze degli italiani è stato compensato dagli arrivi di stranieri e la bilancia dei pagamenti turistica ha incrementato il suo surplus. Anche nel turismo ci sono naturalmente tante imprese in difficoltà, ma un certo livello di ristrutturazione fa parte di qualsiasi crisi. Quello che dobbiamo fare è favorire la riconversione in altri settori delle attività che sono ormai fuori mercato, ad esempio facilitando il cambio di destinazione d’uso per gli immobili della ricettività, e concentrare gli aiuti sulle imprese che invece possono restare sul mercato sviluppando nuovi modelli di business.

Che cosa dovrebbe fare il prossimo governo, a suo parere, per rilanciare l’impresa turistica italiana?
Dovrebbe innanzitutto riprendere e sviluppare l’ottimo lavoro che è stato fatto con il Piano Strategico. Noi come sistema fieristico siamo pronti a dare il nostro apporto in questo senso e già portiamo all’estero molte fiere Made in Italy promuovendo l’Italia come sistema-paese.

 

Paola PERFETTI