Iva sul pellet: quanto incide sul prezzo finale? Perché così alta?

L’Italia è uno dei Paesi al mondo per il numero di installazione di stufe a pellet che vanno a ricoprire soprattutto il riscaldamento residenziale. Il boom c’è stato dal 2010 in poi e attualmente c’è una certa stasi e questo perché il prezzo del pellet è aumentato vertiginosamente rispetto agli esordi e a incidere sullo stesso è anche l’Iva sul pellet, ma a quanto ammonta?

Iva sul pellet: quanto si paga in Italia?

Per quanto riguarda l’Iva è necessario prendere come punto di riferimento l’anno 2015. Infatti con la legge di stabilità del 2015, il pellet ha avuto il raddoppio dell’Iva che fino a quel momento era al 10%, come d’altronde la legna da riscaldamento. Dal 2015 si è passati all’aliquota ordinaria al 22%, nel frattempo la legna è rimasta al 10%. In parole povere questo vuol dire che ogni euro speso per l’acquisto del pellet, 22 centesimi sono da imputare all’iva, quasi un quarto del prezzo finale.

L’ammontare complessivo su un sacchetto da 15 kg (misura standard, ma in commercio vi sono anche sacchi più piccoli) cresce all’aumentare del prezzo, ecco perché fino a quando un sacchetto costava 5 euro, se di buona qualità, l’Iva era circa 1,12 euro (nel 2020-21 si poteva acquistare pellet di qualità a un prezzo di 3,50/4 euro), mentre con il prezzo del pellet raddoppiato, è difficile trovare pellet a meno di 10 euro (qualità media, cresce per la qualità alta), l’importo è di 2,22 euro di Iva.

Iva sul pellet: tante proposte ma nessuna riduzione

Di fatto quasi ogni anno sono proposti emendamenti volti a diminuire di nuovo l’Iva sul pellet, tra cui anche nel 2022, ma di fatto nessuno sembra ascoltare le ragioni degli acquirenti che spesso hanno installato le stufe a pellet quando l’Iva era ancora al 10%.

Tutti sembrano essere sordi a questa esigenza, anche ora che la congiuntura economica è catastrofica e il pellet incide in modo notevole nel creare extra-gettito fiscale proprio a causa del vertiginoso aumento dei prezzi. Affontano il problema in maniera diversa coloro che hanno optato per una stufa a biomassa o policombustibile che possono bruciare diversi prodotti e scegliere ogni volta il meno caro.

La situazione è parzialmente diversa in altri Paesi dell’Unione Europea, infatti i rincari vi sono stati ovunque, ma negli altri Paesi i prezzi sono inferiori a causa del diverso apporto dell’Iva, ad esempio in Spagna l’Iva sul pellet è al 5%, mentre in Francia al 10%.

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Al fine di far fronte alle difficoltà sono molti gli utenti che stanno scegliendo di modificare le proprie stufe a pellet per poter bruciare altri materiali, ad esempio nocciolino, ma è bene sottolineare che non tutti gli esperti del settore sono concordi con questa scelta in quanto ritengono che potrebbe compromettere la funzionalità della stufa a pellet nel lungo periodo.

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Taglio dell’Iva nella manovra finanziaria. Quanto si risparmia?

La manovra di bilancio porta il taglio dell’Iva su alcuni prodotti di largo consumo, ecco su quali prodotti il prezzo subirà una diminuzione per effetto della riduzione Iva dal 10% al 5% e in alcuni casi dal 22% al 5%.

Taglio dell’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia e tampon tax

L’Iva è una voce che incide in modo importante sul prezzo dei prodotti. Naturalmente l’importanza dipende dall’aliquota applicata, inizialmente si parlava di eliminare l’Iva sui beni di prima necessità come pane, pasta, farina, latte, cioè prodotti sui quali l’Iva si applica al 4%. Poi questa strada è stata abbandonata e si è passati a una riduzione dell’Iva al 5% su altri prodotti e in particolare su prodotti per l’infanzia e la più conosciuta tampon tax.

La tampon tax

Sulla tampon tax sono anni che si discute, non solo in Italia, ma in molti Paesi del mondo. Inizialmente l’Iva applicata agli assorbenti igienici femminili era del 22%, un importo secondo molti elevato considerato che le donne per un lungo arco della loro vita hanno bisogno di assorbenti mensilmente e non si tratta certo di un capriccio. Il governo Draghi, in seguito a pressioni varie, un anno fa ha portato l’Iva sugli assorbenti femminili dal 22% al 10%, ora si passa al 5%. In media un pacco di assorbenti costa 3 euro con una riduzione dell’Iva dal 10% al 5% il risparmio è di circa 15 centesimi per una confezione. Naturalmente stiamo parlando di prezzi medi ed esigenze diverse da donna a donna.

Secondo le stime de Il Sole 24 ore, in totale, cioè tra la riduzione iniziale dal 22% al 10% e questa ulteriore, il risparmio annuale per una donna dovrebbe essere circa di 13 euro.

Riduzione Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia. Quali beni sono coinvolti?

Non solo gli assorbenti, infatti viene ridotta al 5% anche l’Iva su prodotti per l’infanzia, qui però è necessario fare un passo indietro, infatti non è ancora stato reso noto l’elenco dei prodotti che effettivamente ne beneficeranno, per ora vi è certezza solo sui pannolini. In questo caso il risparmio è notevole.

Considerando che un bambino indossa pannolini almeno per i primi due anni di vita e che ogni giorno il numero di cambio minimo è di 3 al giorno, si può ottenere un buon risparmio economico. Questa misura può essere inserita tra quelle che intendono favorire le famiglie. Tra gli altri prodotti che dovrebbero essere interessati dal taglio dell’Iva ci sono biberon e si spera prodotti alimentari, come omogeneizzati e latte in polvere, ma si dovrà aspettare il decreto attuativo per conoscere tutti i dettagli.

Taglio dell’Iva sui beni di prima necessità sarà sostituito dalla social card

Per quanto riguarda invece l’iniziale ipotesi di eliminazione dell’Iva sui beni di prima necessità, il viceministro Maurizio Leo ha dichiarato che questa proposta è per ora accantonata. Si sta studiando una social card da consegnare alle famiglie con reddito inferiore a 15.000 euro e da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità presso negozi convenzionati. L’erogazione sarà gestita dai Comuni.

Come rilevato dallo stesso vice-ministro e da molti esperti del settore, il rischio vero quando si va ad operare sull’Iva è che rivenditori e produttori possano in un certo senso mangiare tale riduzione mantenendo inalterato il prezzo finale e andando a “trasformare” questa riduzione in un maggiore guadagno. Questo implica che i consumatori potrebbero neanche accorgersene delle riduzioni dell’Iva.