Quella legge s’ha da fare

di Davide PASSONI

L’Italia è il Paese del sole, dei campanili e delle… professioni. Non che non lo sapessimo, ma con il tour che Infoiva ha intrapreso durante la settimana attraverso il mondo delle professioni cosiddette “non regolamentate”, ne abbiamo avuto l’ulteriore conferma. Professionisti che guardano con diverso interesse e differenti punti di vista alla legge di riforma delle professioni che entro l’anno dovrebbe avere il via libera dal parlamento.

Un universo variegato, con le istanze più diverse, che si possono però riunire sotto l’auspicio che il presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi, ha espresso a Infoiva: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati“. Ci sono associazioni come Adico i cui associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda, operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti, e ci sono realtà come ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management, che ritengono fondamentale il riconoscimento della propria professionalità da parte di istituzioni e mercato.

E se il presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno è certo che “dalla riforma delle professioni deriverà un futuro importante sia per gli iscritti all’INT sia per la loro utenza“, per Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, la chiave del domani sta nella segmentazione delle professionalità, nel pragmatismo e nella capacità di fare rete.

Insomma, come avrete capito, la frammentazione delle idee e degli auspici è varia e diversa almeno quanto le professioni stesse. E se su un punto più o meno concordano tutti, Infoiva compresa (la legge di riforma delle professioni serve), sul futuro le visioni sono le più disparate. L’Italia è bella perché è varia…

Leggi l’intervista al presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi

Leggi l’intervista a Eugenio Casucci, consigliere delegato di ADICO, Associazione italiana per il marketing, le vendite e la comunicazione

Leggi l’intervista a Paola Palmerini, presidente di ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management

Leggi l’intervista al presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno

Leggi l’intervista a Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement

Temporanei per scelta, professionisti per vocazione

di Davide PASSONI

Sarà che in Italia nulla è più duraturo del temporaneo, fatto sta che esiste una professione – guarda caso non regolamentata – che con il perdurare della crisi economica e l’evolversi delle esigenze “manageriali” delle aziende assume sempre maggiore valore, ma che pochi conoscono. Si tratta del temporary manager, professione le cui istanze sono sostenute e difese da ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management. Quattro chiacchiere con la presidente Paola Palmerini, aiutano a capire perché un manager temporaneo non è “figlio di un dio minore” rispetto ai colleghi “stanziali”.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Il disegno di legge 3270 è frutto di un grande lavoro eseguito dal CoLAP, con il quale ATEMA ha sempre cooperato, in particolare con il comitato scientifico, presieduto da Angelo Deiana. Si comincia finalmente – mediante il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini e collegi – a riconoscere che esistono attività che sono vere professioni al di fuori di quelle regolate da ordini o albi. Il Temporary Manager è una di queste: una identità professionale che ATEMA ha contribuito a delineare nelle specificità e contestualità di applicazione nel nostro mercato, la cui qualificazione è promossa da ATEMA mediante un processo non autoreferenziale che funge da indirizzo per l’aggiornamento continuo del singolo professionista e da trasparenza e equità al mercato delle imprese che intendono usufruire del servizio di temporary management.

E per il temporary manager in particolare, quale futuro?
E’ un momento molto importante, un percorso iniziato già dalla legge 206/2007 della Comunità Europea alla quale come Associazione ci siamo adeguati, e per i TM: una figura professionale che diventa visibile anche in Italia, che è costituita da manager preparati a svolgere la professione del manager come liberi professionisti, generando valore economico nelle imprese indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro con il quale il loro apporto è regolato. Siamo consapevoli, e ATEMA è in questo impegnata,  che ciò implica competenze, abilità, formazione continua, multidisciplinarità, merito e competitività professionale. Ma ciò rende anche trasparente e competitivo il mercato, ed anche in questo .

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Dicono “finalmente!!!” se la legge sarà approvata, anche se l’umore oggi è più condizionato dalla situazione economica, dal lavoro sempre meno riconosciuto come valore economico in particolare nei servizi. Riconoscono l’impegno che ne consegue sia personale che della associazione, ma credo vedano cominciare ad aprirsi spiragli di maggior applicazione del temporary management. Il problema: le culture  – imprenditore e manager esterno – che devono imparare ad avvicinarsi, trovare sinergia nella distinzione di responsabilità e di abilità, nella esecuzione di un progetto comune per l’azienda.  ATEMA ha sviluppato su questo una specifica formazione sia per imprenditori che per manager. Attraverso un networking sempre più di contenuti, ATEMA ha poi generato possibili contatti con nuovi soci che vengono dai Paesi in cui il temporary management è normale professione manageriale, come Regno Unito e Usa, ha generato la possibilità di incontro tra soci che hanno creato nuove imprese, ACTISS Italia ne è un esempio (opera nel campo delle risorse umane e consulenza per temporary manager e imprese) e altre in campi di servizi o industriali.

Temporary manager: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Sono buoni, anzi devono essere ottimi manager – perché lavorano con tempi e condizioni di solito di emergenza, si pensi al turnaround, o di start up, le quali non devono durare come start up in eterno… altrimenti addio reddittività ordinaria. Sono Liberi Professionisti, e quindi marketing, commerciale si deve affiancare alle capacità gestionali e di problem solving, e perché no anche a quelle di natura imprenditoriale, quindi assunzione di rischi, sapendoli valutare. Tutte queste ed altre sono oggetto del ns processo di qualificazione della professione del temporary manager.

ATEMA fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
E’ stato fondamentale, sia per la forza di impatto quantitativo che da soli – in un mercato ancora così lontano dall’anglosassone nel tema del temporary management – non avremmo avuto la forza, sia per aver favorito, e oggi credo ancor più,  le alleanze tra associazioni: fattore determinante a mio parere per il prossimo futuro. E poi si è fatto squadra, e credo sia significativo oggi più che mai.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Rendita di posizione, forti personalismi ed interessi, anche non sempre palesi conflitti, difficoltà nel ricercare conciliazioni (win-win) rispetto ad una più facile e meno complessa gestione del mantenimento dello status quo, scarsa propensione a guardare oltre il proprio confine e interpretare bisogni delle comunità civili.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Non c’è dubbio: avere il riconoscimento da Istituzioni e mercato (quindi le norme e la comunicazione) della professione del temporary manager e della Associazione (siamo  l’unica aggregazione in forma Associativa regolamentata, che da tempo promuove il temporary management e da prima del 2007 rappresenta secondo le regole della legislazione in vigore la identità della professione del temporary manager). Abbiamo da poco incontrato UNI per avviare il nostro gruppo di lavoro per la norma tecnica della professione temporary manager. Ovviamente il numero degli iscritti, non solo per la rappresentanza, ma ancor più per la qualità del confronto e la cooperazione che deve essere il più ampio possibile per una professione così trasversale.

Poi?
Infine, ma non ultimo, la cooperazione con le Imprese e le aggregazioni, associative e non, di impresa: il valore del temporary management è una grande forma di flessibilità e progettualità, senza perdere in qualità professionale e del servizio, anzi!

Non regolamentati a chi? L’esercito dei professionisti senza ordini si fa sentire

di Davide PASSONI

Ormai al capolinea l’esperienza del governo Monti, resta ora da vedere quali “lavori” rimarranno in sospeso, quali saranno portati a termine, quali passeranno nelle mani del nuovo esecutivo.

Tra i “cantieri aperti” lasciati dal governo Monti, uno dei meno propagandati ma che riguarda in realtà decine di migliaia di persone è la cosiddetta “riforma delle professioni” o degli ordinamenti professionali. Un testo sul quale è stato fatto un lungo tira e molla, soprattutto da parte degli ordini professionali più potenti; un testo nato con l’idea di rendere meno cogente l’accesso alle professioni in Italia, cercando di trasformare gli ordini che – spesso con eccessiva demagogia – sono visti come dei fortini inespugnabili, in qualcosa di più aperto.

In realtà, però, non tutti sanno che nel nostro Paese esiste un esercito di professionisti che appartengono a professioni “non regolamentate”, ossia professioni per le quali non esistono degli ordini che ne tutelino interessi, posizioni, istanze in sede istituzionale e civile. Si tratta di professioni tra le più disparate: si va dai naturopati ai musicoterapeuti, dai temporary manager ai sociologi, dai direttori commerciali e marketing manager agli armonizzatori familiari. Una schiera di professionisti che, se anche non hanno il blasone di avvocati, notai, giornalisti, hanno comunque un percorso di studi e formazione e un valore sociale della loro professione assolutamente comparabili ai loro.

Ecco perché questa settimana Infoiva dà voce a loro: perché la professione, qualunque essa sia, è prima di tutto un valore e una scelta di vita e di impresa che portano ricchezza a chi li sceglie; perché Infoiva è il quotidiano delle partite Iva e ciascuno del professionisti “non regolamentati” merita di trovarvi spazio; perché la professione e la professionalità, se correttamente vissute e praticate, hanno una forza e una dignità che prescinde dall’esistenza o meno di un ordine.

Calderone: la riforma sulle professioni non deve diventare uno spot

“Negli Ordini c’è un problema di eccesso e non di accesso. E’ realmente difficile immaginare come si possa pensare di aumentare la produttività con la mera redistribuzione dei redditi. Credo che la riforma delle professioni sia una cosa seria che vada affrontata in modo organico, non con spot o slogan”. Con queste parole Marina Calderone, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, esprime il suo scetticismo nei confronti delle affermazioni del segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, che ha quantificato nel 4% l’incremento che dovrebbe derivare dalle liberalizzazioni delle professioni ordinistiche.

“Sarebbe interessante comprendere come viene calcolato l’aumento della produttività proveniente dalla riforma delle professioni – continua la Presidente del Cup, il Comitato Unitario delle Professioni. – E’ errato individuare il comparto dei professionisti come un sistema chiuso considerato che negli ultimi dieci anni vi hanno avuto accesso oltre un milione di under 45enni”.

Poco efficace, a suo avviso, il metodo scelto per intervenire sull’annosa questione della riforma degli ordini professionali in Italia. La Calderone ci tiene poi a sottolineare “la differenza di trattamento tra lavoratori aventi la medesima rilevanza costituzionale”, che calpesta l’articolo 1 della Costituzione Italiana, che sancisce come l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro, autonomo o subordinato. Due pesi e due misure, in sostanza, per gli ordini professionali, per i quali una nuova legge sembra imminente, e per la riforma sul lavoro, per la quale invece la stesura di una nuova legislazione appare sempre più lontana da venire.

“Non comprendo la differenza di trattamento riservata alle riforme relative al lavoro autonomo e a quello dipendente – precisa la Calderone. – Con i professionisti si è scelta la decretazione d’urgenza, mentre per le riforme del lavoro quella del percorso parlamentare ordinario. Per quale ragione?”