Il Cnf vuole la riforma sull’avvocatura

di Vera MORETTI

Il Consiglio Nazionale Forense, nella persona del suo presidente Guido Alpa, ha inviato una lettera ai presidenti di Camera e Senato, nonché ai presidenti dei gruppi parlamentari e ai presidenti e ai componenti delle commissioni giustizia dei due rami del parlamento, con un elenco dei motivi che rendono necessaria la riforma sull’avvocatura.

Le “buone ragioni” sarebbero in sostanza tre, perché un’avvocatura qualificata si rende necessaria al fine di far funzionare al meglio la macchina giudiziaria. Il corretto funzionamento dell’amministrazione rappresenta certamente il fulcro su cui si poggia la richiesta di riforma dell’ordinamento forense, considerando che l’avvocatura è “componente essenziale della giurisdizione, e pertanto le misure che promuovono il corretto esercizio della professione e rafforzano le garanzie di qualità della prestazione professionale consentono una più piena soddisfazione dei diritti dei cittadini e, quindi, migliorano il funzionamento della macchina giudiziaria”.

E questo può avvenire anche grazie ad una maggiore competitività dei legali, se si tratta di introdurre misure idonee a sostenere lo sforzo competitivo degli avvocati italiani e a dare vita ad un mercato sempre più dinamico e specializzato.

Per non parlare dell’innovazione di cui l’ordinamento forense ha bisogno, ma considerando sempre di primo piano la difesa dei diritti dei cittadini.

La richiesta è piuttosto esplicita, dunque, e si chiede che la riforma sia disciplinata per legge, a seguito di un dibattito parlamentare già in corso.
Il Senato ha infatti approvato, benché in prima lettura, il testo del disegno di legge di tale riforma ed ora è sottoposto all’esame della Commissione giustizia della Camera.

Ma che non si posticipi più una riforma ormai urgente.

Il Cnf reclama una riforma già esistente ma mai approvata

di Vera MORETTI

Il Cnf prende atto della modifica, giudicata opportuna, dell’articolo 33 del decreto salva-Italia, che esclude l’abolizione degli ordinamenti professionali, circoscrivendola alle sole norme in contrasto con i principi di liberalizzazione. E la ferma richiesta al Parlamento che alla riforma dell’avvocatura si proceda per legge e non per regolamento, attesa la sua rilevanza costituzionale.

Per il Cnf, “l’emendamento dei relatori all’articolo 33 del decreto Monti è un atto dovuto del legislatore per evitare le conseguenze disastrose e senza senso di una abrogazione tout court degli ordinamenti professionali”.
E’ quindi considerato dalla categoria un atto dovuto ma insufficiente, poiché viene previsto che a disciplinare l’ordinamento forense sia un regolamento dello Stato e non la legge.

Per il Consiglio Nazionale Forense, infatti, l’aver delegificato le norme in materia di ordinamenti professionali, anche quelli che coinvolgono i diritti dei cittadini, è una palese violazione della Costituzione. E si fa riferimento ancora una volta alla riforma sull’avvocatura proposta in Parlamento due anni fa. Insomma, sarebbe già pronta, se solo il Governo l’approvasse: questo, in sintesi, è ciò che il Cnf sostiene.

Per il Cnf non c’è priorità per i diritti dei cittadini e da questo è impossibile prescindere.