“Sostenere il coworking per sostenere le idee”

di Davide PASSONI

Lo abbiamo scritto lunedì: la Camera di commercio di Ferrara si è dimostrata subito molto ricettiva nei confronti del fenomeno coworking, tanto da prevedere delle sovvenzioni ad hoc. Siccome a noi di Infoiva non piace limitarci a leggere e riferire ma vogliamo capire dalle persone il perché delle loro scelte e delle loro decisioni, abbiamo intervistato il Segretario Generale della Camera di commercio estense, Mauro Giannattasio, per entrare più nel dettaglio della questione.

Come Camera di commercio siete stati tra i primi in Italia a intuire le potenzialità del coworking: perché?
Quello riguardante il coworking non è un progetto a sé stante, ma si inserisce nel piano generale a sostegno dell’occupazione giovanile, avviato tre anni fa dalla Camera di commercio di Ferrara, e che segue tre direttrici fondamentali. La prima è il sostegno alle imprese che assumono o stabilizzano a tempo indeterminato giovani under 35: con questo strumento, in tre anni abbiamo avuto 206 tra stabilizzazioni e nuove assunzioni. Si tratta di 5mila euro a fondo perduto, che corrispondono grosso modo a un anno di contributi previdenziali che, di fatto, paghiamo noi al posto delle imprese; imprese che hanno risposto positivamente all’iniziativa.

Poi?
La seconda è la creazione di nuove imprese da parte di giovani under 35: sono 46 le start up nate in due anni con il nostro sostegno. Infine, la terza, è il consolidamento attraverso i Confidi delle imprese giovani già esistenti che, più delle altre, soffrono per la pesante contingenza economica. All’interno del primo e secondo punto abbiamo inserito il sostegno al coworking perché, verificando “sul campo” abbiamo constatato che sia tra gli imprenditori sia tra i giovani c’era molta attesa nei confronti di questa nuova tipologia di lavoro.

Di che cifre parliamo per il sostegno alle iniziative di coworking?
Si tratta di un contributo di circa 2mila euro a fondo perduto per ogni persona che abbia i requisiti per richiederlo: più o meno il costo annuo di una postazione. In questo modo il giovane si copre per il primo anno almeno i costi per “l’ufficio”.

Spesso questa formula di lavoro è associata a un’imprenditoria giovane: qual è, sul vostro territorio, la situazione dell’occupazione giovanile? E dell’imprenditoria giovanile?
Tra terremoto e crisi, nel nostro territorio ce n’è per tutti… Al 30 giugno 2012 la disoccupazione generale era cresciuta del 14,5% rispetto al 30 giugno 2011; del totale dei disoccupati il 48% era under 40 e il 57% donne. Al 30 settembre 2012, erano 3380 le imprese condotte da giovani, la maggior parte nel settore del turismo.

Non pensate che restringere i destinatari dei finanziamenti agli under 35 sia limitante? La crisi ha espulso dal mercato del lavoro molti over 40 che con il coworking potrebbero rimettersi in pista più facilmente…
Sì, ma era necessario che ci dessimo delle priorità. Con le risorse a disposizione, la giunta ha dovuto scegliere e ha scelto i giovani. Però, come ha sottolineato anche il presidente Roncarati, la giunta si è riservata di aprire i finanziamenti alle attività di coworking anche ai meno giovani, a seconda della risposta che avremo a questa prima iniziativa.

Pensa che in una realtà produttiva come quella del Ferrarese, fatta di artigianato e manifattura, il coworking possa attecchire in modo efficace?
Il coworking, soprattutto per come lo vorremmo intendere noi, non è solo aiutare un giovane ad aprire una postazione di lavoro e a condividerla: in tutte queste esperienze quello che conta è lo sviluppo naturale dello scambio di idee. A noi interessa che circolino le idee, perché il fatto che non circolino capitali non deve essere un alibi per le persone e le aziende per smettere di pensare, innovare, creare e svilupparsi.

Il coworking diminuisce i costi e aumenta le idee: come Camera di commercio, quali altri strumenti mettere a disposizione dei vostri associati per ottimizzare tempo, risorse e creatività?
Abbiamo un’ampia offerta di servizi per le imprese, a seconda del loro ambito di attività: per accesso credito, innovazione, internazionalizzazione, startup, reti aziendali… Aggiungiamo poi la possibilità di informare aziende e professionisti su tutti i finanziamenti erogati dai sistemi camerali e delle associazioni e si renderà conto che gli strumenti per fare impresa non mancano.

Coworking: numeri e tendenze

di Davide PASSONI

Il fenomeno del coworking è in continua ascesa nel mondo, non solo in Italia. Partiamo da qualche numero. Dal 2006 a oggi, la crescita mondiale degli spazi dedicati al lavoro condiviso è cresciuta in maniera esponenziale, raddoppiando di anno in anno. Attualmente, gli spazi di coworking a livello globale sono oltre 2mila, dei quali più di 800 solo in Europa. Emerge dal terzo sondaggio globale sul coworking condotto da Deskmag, webzine dedicata al fenomeno (CLICCA QUI PER CONSULTARLO).

La cosa interessante è anche la “morfologia” di questi spazi lavorativi. Molto spesso, infatti, le prime esperienze mondiali di coworking trovavano luogo in vecchi capannoni, edifici industriali dismessi, aree abbandonate rimesse in sesto con pochi soldi, tanto impegno e volontà. Oggi si assiste a una “riscossa” e a una “vendetta” dei luoghi di coworking, che da location “povere” si impadroniscono di uffici e centri direzionali desertificati dalla crisi; ora diventano luoghi di lavoro sociale, mettendo definitivamente in soffitta il telelavoro: comodo, utile ma poco “contaminante”.

Non è un caso, infatti, che tanti dei risultati emersi dal sondaggio di Deskmag vadano proprio nella direzione di una maggiore produttività legata alla contaminazione: la maggior parte degli intervistati sostiene che lavorare in uno spazio condiviso ha consentito loro di sviluppare nuove idee di business e creatività, oltre a permettere di focalizzarsi meglio sugli obiettivi nei tempi concessi. Facile intuire i motivi che hanno spinto gli intervistati a scegliere il coworking: atmosfera piacevole, valore della comunità, interazione con gli altri e condivisione sono al top della classifica.

Interessanti anche, in Europa, le dinamiche che hanno interessato donne e coworking negli ultimi 3 anni. Le quote rosa sono infatti cresciute costantemente (32% nel 2010, 34% nel 2011, 38% nel 2012) e l’Europa vanta la maggior percentuale di donne in coworking rispetto ad altre aree geografiche: 42%. La maggior parte dei coworker, inoltre, come ci si aspettava è composta da freelance (53-55%), ma non mancano imprenditori e persino impiegati.

Insomma, tante dinamiche da scoprire nel sondaggio Deskmag, una sola convinzione: per il coworking, the best is yet to come. E nei prossimi giorni, spazio ad alcune esperienze italiane di lavoro condiviso.

Investire nel coworking: ecco chi ci crede

di Davide PASSONI

Come ricordato nella nostra copertina settimanale, adesso che si stanno scoprendo le potenzialità del coworking in termini di “minima spesa, massima resa”, si moltiplicano i casi di bandi e finanziamenti destinati a sovvenzionare l’apertura di attività tramite questa particolare formula di lavoro.

Apripista in questo senso sono state le città di Ferrara e Milano. Se il capoluogo meneghino può vantare sul proprio territorio una presenza già significativa di spazi di coworking, nella città estense la locale Camera di commercio ha facilmente intuito le potenzialità di questa formula e ha voluto lanciare un bando pubblico destinato al suo sovvenzionamento: 2mila euro a fondo perduto per ogni giovane startupper che avvierà la propria attività imprenditoriale in coworking. Unici vincoli per i destinatari delle somme, l’essere under 35 e lo sviluppare la propria impresa esclusivamente in ambito di coworking. Un punto sul quale a Ferrara scommettono non poco, visto che questo finanziamento si inserisce in un bando la cui dote complessiva a favore dell’imprenditoria giovanile è di ben 300mila euro.

Milano invece, come ricordato sopra, ha già una piccola ma significativa tradizione nella condivisione degli spazi in coworking. Una tradizione che non è sfuggita, per fortuna, all’amministrazione comunale che ha annunciato un finanziamento di 200mila euro in voucher per stimolare la diffusione del coworking tra professionisti e imprenditori under 35. Il progetto, finanziato in buona parte dalla locale Camera di commercio, fa parte, così come a Ferrara, di una più ampia strategia di stimolo all’imprenditoria giovanile che vede anche lo stanziamento di 800mila euro dedicati ad agevolare l’accesso al credito di startupper anch’essi under 35.

In un Paese nel quale le cifre della disoccupazione giovanile sono la vera emergenza sociale del presente e dell’immediato futuro, chi decide di investire sulla propria professionalità utilizzando formule innovative e “low cost” va premiato senza se e senza ma. Se è il pubblico a farlo, onore al merito. Ma se anche qualche privato comprendesse tutte le potenzialità del coworking, siamo certi che tanti bilanci aziendali si alleggerirebbero mentre il tasso di idee e creatività dei consulenti diverrebbe per più pesante. Indovinate chi ci guadagnerebbe?

Coworking: abbassa i costi, innalza le idee. E aiuta la ripresa

di Davide PASSONI

Non c’è dubbio, la crisi che stiamo vivendo ormai da anni è una bruttissima bestia, per le famiglie e per le imprese. Non prendeteci per pazzi, però, se diciamo che anche la crisi ha i suoi aspetti positivi: visto che getta migliaia di persone in uno stato di necessità, a tante di queste, come recita il detto popolare, aguzza l’ingegno.

Ecco allora che, per far fronte al bisogno di lavorare contenendo i costi – ma non solo -, prende piede un fenomeno che per noi di Infoiva non è certo nuovo (lo abbiamo cominciato a conoscere e “studiare” nel 2011), ma che la maggior parte dei media comincia a scoprire solo ora: il coworking. Un fenomeno già diffuso da anni negli Usa e in molti Paesi europei.

Citando Wikipedia, visto che siamo digitali, “il coworking è uno stile lavorativo che coinvolge la condivisione di un ambiente di lavoro, spesso un ufficio, mantenendo un’attività indipendente. A differenza del tipico ambiente d’ufficio, coloro che fanno coworking non sono in genere impiegati nella stessa organizzazione. Attrae tipicamente professionisti che lavorano a casa, liberi professionisti o persone che viaggiano frequentemente e finiscono per lavorare in relativo isolamento. L’attività del coworking è il raduno sociale di un gruppo di persone che stanno ancora lavorando in modo indipendente, ma che condividono dei valori e sono interessati alla sinergia che può avvenire lavorando a contatto con persone di talento“.

Una definizione della quale vale la pena sottolineare due passaggi: “attrae liberi professionisti” e “sono interessati alla sinergia che può avvenire lavorando a contatto con persone di talento“. Il primo ci dice che questo nuovo modo di lavorare è fatto principalmente per coloro che compongono lo zoccolo duro dei nostri lettori, i liberi professionisti. Gente per la quale, spesso, tutto il mondo è ufficio (se non hanno uno studio loro, beninteso…) e alla quale, di conseguenza, la crisi ha poco da insegnare sotto questo aspetto. Il secondo esprime, invece, la vera essenza del coworking che, se da un lato è un risparmio in termini di costi, dall’altro è un arricchimento in termini umani e professionali. Lavorare insieme a persone che non fanno lo stesso mestiere ma che hanno voglia e necessità di condividere permette di contaminarsi, scambiarsi idee, visioni, illuminazioni e progetti. In una parola, permette di arricchirsi.

Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee“, diceva il grande drammaturgo irlandese George Bernard Shaw. E questa è l’essenza e il vero “tesoro nascosto” del coworking: la sua capacità di stimolare e mettere in moto idee, progetti, innovazione. Il suo essere non solo una risposta alla crisi in termini di costi, ma anche e soprattutto in termini di elemento di ripresa. Perché per far tornare a crescere l’economia servono sì capitali ma anche idee nuove. Forse per questo motivo, comuni, regioni, camere di commercio hanno cominciato in questo inizio del 2013 a guardare con interesse al fenomeno erogando finanziamenti, indicendo bandi, promuovendone lo sviluppo. E meno male, diciamo noi, visto che lo abbiamo scritto due righe più su: le idee nuove sono il motore della ripresa, ma senza la benzina dei capitali posso fare ben poco.

Ripresa del settore artigiano nel bergamasco

Le imprese artigiane di Bergamo hanno registrato timidi segnali di ripresa nell’anno: in netto calo le cessazioni. Secondo l’Associazione Artigiani di Bergamo nel secondo trimestre dell’anno il numero di nuove imprese ha superato nettamente quello delle aziende che hanno cessato l’attività.

Secondo i dati forniti da Movimprese al 30 giugno le nuove iscrizioni artigiane sono in crescita di 699 unità (+12,7% su base annua), a fronte di una decisa riduzione delle cessazioni (-11,9% tendenziale).

L’Associazione, che cita i dati di Movimprese, spiega come al 30 giugno le nuove iscrizioni artigiane sono in crescita di 699 unit (+12,7% su base annua), a fronte di una decisa riduzione delle cessazioni (-11,9% tendenziale). Risultano registrate 33.967 aziende artigiane, mentre lo stock delle imprese artigiane attive raggiunge le 33.884 unità, in crescita dello 0,3 per cento su base annua.

La provincia di Bergamo fa quindi registrare un saldo positivo tra nuove iscrizioni (1.862) e cessazioni (933) , a cui corrisponde un tasso di crescita trimestrale che sfiora l’1 per cento, il sesto più alto tra tutte le province d’Italia. Al termine del secondo trimestre del 2011 risultano registrate in provincia di Bergamo 96.049 imprese.

 

Occupazione, Bankitalia non vede la ripresa

Secondo il bollettino di Bankitalianon emergono segnali di una significativa ripresa dell’occupazione“, tanto che nel 2011 “risulterebbe ancora modesta la creazione di nuovi posti di lavoro“.

Secondo via Nazionale, a frenare l’occupazione sarebbe sopratutto “il graduale riassorbimento, nei processi produttivi, del personale in cassa integrazione” che, nel secondo trimestre dell’anno, “ha interrotto la riduzione delle ore autorizzate“. Per questo, secondo Bankitalia, la ripresa dell’occupazione “procederebbe a rilento“.

Sempre secondo il Bollettino, il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni è salito, nel primo trimestre 2011, di un decimo di punto ma la partecipazione al mercato del lavoro è ancora in calo: pesa “l’effetto scoraggiamento” che ha portato a una riduzione della partecipazione al 62,2% dal 62,4%.

In questo quadro di incertezza “le imprese continuano a prediligere le assunzioni con contratti flessibili e part-time“: secondo i dati di fonte Inail elaborati dal Ebitemp, nel primo trimestre hanno registrato un incremento delle ore di lavoro interinale del 24,3% su base tendenziale. Nello stesso periodo il numero degli occupati dipendenti a termine è aumentato del 4,1% rispetto al trimestre 2010 a fronte di una riduzione dello 0,1 di quelli permanenti. Il numero dei dipendenti a tempo parziale è poi cresciuto del 2,5% e il lavoro autonomo, che include i collaboratori a progetto, ha segnato un incremento dello 0,9%.

Confcommercio: Sud e turismo per la ripresa dell’Italia

È stato presentato nei giorni scorsi a Roma il Rapporto sulle “Economie Territoriali e il Terziario di Mercato 2011,” redatto dall’ufficio Studi di Confcommercio su dati Eurostat e Istat. I risultati del rapporto sono in linea con quanto da più parti lamentato riguardo allo stato attuale dell’Italia. In particolare, secondo quanto ha affermato il direttore dell’ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, “si ripresenta il tema della scarsa crescita che attanaglia l’Italia da dieci anni“.

Come avviare, dunque, la ripresa? Secondo l’ufficio Studi, è necessario potenziare e migliorare i servizi e valorizzare il Sud. Secondo Bella, il turismo è “il perno sul quale fondare una politica economica di rilancio. Il turismo è fatto di una pluralità di servizi – trasporti, logistica e infrastrutture – e l’intreccio turismo-mezzogiorno può essere una carta da giocare. Dobbiamo quindi riuscire a mettere a reddito il capitale turismo. Il Mezzogiorno ne beneficerebbe molto e ricordiamoci che senza il Mezzogiorno il Paese nel suo insieme non può crescere“.

In generale, l’ufficio Studi di Confcommercio ha rivisto al ribasso le stime sui consumi degli italiani per il 2011 e per il 2012. Secondo il rapporto, la spesa delle famiglie residenti, quest’anno, si attesterà a +0,7% dal +0,9% previsto a marzo. In calo anche la previsione per il 2012, con i consumi che cresceranno dell’1,2% rispetto all’1,5 previsto a marzo.

Imprese dei servizi di mercato e del commercio analizzati da Confcommercio

L’Ufficio Studi di Confcommercio ha analizzato il ruolo e l’evoluzione negli ultimi anni delle imprese dei servizi di mercato e del commercio evidenziando come negli ultimi decenni il macrosettore dei servizi abbia assunto un ruolo centrale nella nostra economia. Il documento evidenzia quali siano le difficoltà incontrate e le prospettive per il futuro: “Se l’ammontare complessivo di risorse destinabili ai consumi non cresce e se questo ammontare viene ulteriormente compresso dalla quota crescente di spese obbligate cui i cittadini devono fare fronte (es. bollette, affitti, utenze, ecc.), si comprende come le difficoltà incontrate dal commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio, siano di particolare gravità. Infatti, proprio queste spese, sostanzialmente al di fuori dalla potestà di scelta dei consumatori, sono cresciute in quota sui consumi totali dal 18,9% del 1970 al 29,5% del 2010. Uno degli effetti più visibili – l’altro è la riduzione dei margini delle imprese – di tali difficoltà, si riscontra dai dati di nati-mortalità delle imprese”.

Nel biennio 2009-2010 si sono registrate 129.664 cessazioni di attività al dettaglio che, a fronte delle oltre 98 mila nuove iscrizioni, hanno determinato un consistente saldo negativo, pari a -30.912 unità.il ruolo dei servizi e del commercio, pure in un contesto di stagnazione dei consumi, appare ancora vitale. Durante e dopo la recessione del 2008-2009, il commercio al dettaglio ha perso valore aggiunto per occupato nella misura dell’1,5%, in linea con l’economia nel complesso. La riduzione di occupazione nel settore (-2,3%), tuttavia, è stata inferiore sia a quella patita da altri settori (l’industria ha registrato un -10,5%), sia alla media dell’economia (-3,9%).

La concorrenza dei negozi al dettagli è elevata però nonostante questo occorre pensare ad una nuova produttività da giocarsi sotto 3 punti essenziali: “1) la liberalizzazione dei settori ancora protetti che assorbono risorse dal reddito disponibile dei cittadini, proponendo a prezzi troppo elevati soprattutto i consumi obbligati, e che implicano costi di produzione in eccesso per le imprese, in particolare le micro e piccole imprese e l’impresa diffusa; 2) il ritorno alla crescita dei consumi i quali, indirizzandosi per l’80% a produzione nazionale, sono lo stimolo che da troppo tempo manca per fare crescere il Pil; 3) lo sviluppo delle reti d’impresa e le politiche di incentivazione non discrezionale all’aggregazione tra imprese, non tanto in termini giuridici quanto, soprattutto, in termini organizzativi“.

Consumi in leggero aumento secondo i dati Censis-Confcommercio

Confcommercio in collaborazione con il Censis ha presentato i dati relativi all’andamento dei consumi degli italiani. La ricerca dal titolo “Clima di fiducia e aspettative delle famiglie italiane” testimonia una ripresa nei ritmi delle spese nel nostro Paese nonostante a prevalere sia ancora la prudenza. Confrontando i dati relativi al secondo semestre 2010 erano il 48,3% delle famiglie ad aver messo mano al portafogli, contro un 45,7% del primo semestre.

Oltre un quarto delle famiglie rispetto al 23,8% del semestre precedente crede che nei primi quattro-cinque mesi del 2011 i consumi siano aumentati, segnando un buon miglioramento. In leggero miglioramento anche il clima di fiducia delle famiglie: gli ottimisti sono il 41,3% a gennaio 2011 contro il 36,1% di giugno 2010. Continuando ad analizzare la situazione vediamo come oltre un terzo delle famiglie negli ultimi mesi non ha rinunciato a nulla mentre però le restanti hanno complessivamente ridotto gli sprechi o effettuato qualche rinuncia, la ripresa sembra dunque moderata e ancora parzialmente incerta. E’  l’instabilità del clima politico  a preoccupare il 46,3% e l’elevata disoccupazione nel 43,6% dei casi. Altri fattori che frenano i consumi e creano un clima di preoccupazione ci sono le difficoltà per le giovani generazioni (29,7%) e l’eccessivo livello delle tasse (24,5%).

M. Z.