Bar e ristoranti, contributi fino a 30mila euro per macchinari professionali

A favore del settore della ristorazione sono in arrivo i contributi a fondo perduto fino a 30 mila euro per comprare macchinari professionali. Bar e ristoranti hanno la possibilità di coprire fino al 70% del prezzo di acquisto dei macchinari senza incidere sulle imposte. Le risorse stanziate dal governo ammontano a 56 milioni di euro. I fondi sono distribuiti in 25 milioni di euro per l’anno in corso e 31 milioni per il prossimo anno.  In particolare, gli incentivi sono stati predisposti dal ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali a sostegno delle aziende che operano nella ristorazione.

Beni durevoli e innovativi a bar e ristorante: c’è l’incentivo del 70% entro il limite di 30mila euro

I 56 milioni di euro saranno assegnati a bar e ristoranti come copertura delle spese effettuate, fino al 70% del costo, per un tetto massimo dei macchinari acquistati di 30 mila euro per ciascuna azienda. Le spese ammissibili riguardano la fornitura di macchinari professionali e di altri beni strumentali. Si tratta di beni che dovranno possedere due caratteristiche: essere innovativi e durevoli. I riferimenti normativi della misura sono contenuti nella Gazzetta ufficiale numero 155 del 5 luglio scorso. La misura di riferimento è il decreto del ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali del 29 aprile scorso.

Chi può beneficiare degli incentivi per l’acquisto di beni durevoli riservati a bar e ristoranti?

Ammessi al finanziamento per l’acquisto di macchinari e beni durevoli sono le aziende che svolgono, in maniera prevalente, le attività indicate dai codici Ateco:

  • 56. 10, relativa ai servizi di ristorazione mobile;
  • 56.21, inerente la fornitura di pasti preparati e catering per gli eventi;
  • 56. 30, attività dei bar e gli altri servizi inerenti che non abbiano la cucina.

I dettagli delle imprese che possono presentare domanda per gli incentivi sui macchinari sono relative alle comunicazioni inviate all’Agenzia delle entrate con il modello AA7 e AA9. Inoltre, le aziende che presentano domanda devono essere iscritte al Registro delle imprese da non meno di 10 anni.

Richiesta di incentivi per l’acquisto di macchinari: cosa fare se non si hanno i 10 anni di iscrizione al Registro delle imprese?

Se non si hanno i 10 anni di iscrizione al Registro delle imprese, per la richiesta degli incentivi le imprese devono aver comprato prodotti con certificazione:

  • Igp;
  • Dop;
  • Sqnz;
  • Sqnpi;
  • prodotti biologici nell’anno che precede la pubblicazione del decreto dello scorso aprile.

Contributi a fondo perduto sui macchinari bar e ristoranti: non incidono sulla base imponibile imposte e valore produzione

L’incentivo fino al 70% del costo dei macchinari sono erogati sotto forma di contributi a fondo perduto. Gli incentivi rientrano nella disciplina comunitaria, in materia di aiuti di Stato alle imprese, relativi alla sezione 3.1 del Temporary Framework. L’ottenimento del contributo fino al 70% entro il limite di costi di 30 mila euro, inoltre, non concorre a formare la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi. Infine, l’ottenimento dei contributi non incide nemmeno sulla formazione del valore netto della produzione.

 

Crisi e famiglie, le strategie per resistere

Più vulnerabili e meno ricche. Le famiglie italiane si ritrovano ogni giorno a fare i conti con la crisi. Meno uscite – al cinema, al ristorante, nei locali – meno shopping e mete meno invidiabili per trascorrere le proprie vacanze. La conferma arriva anche dall’ultimo rapporto Istat 2012, diffuso in questi giorni, che registra come il potere d’acquisto delle famiglie italiane sia passato dai 130,2 miliardi del 2007, l’ultimo anno precrisi, ai 93,4 miliardi nel 2012.

Ma questa riduzione come ha inciso sulle abitudini quotidiane dei cittadini? Dove si cerca di risparmiare maggiormente? Infoiva ha scelto di chiedere ai diretti interessati, per capire come la crisi abbia influenzato stili di vita e tempo libero degli italiani. Che non si concedono più lussi, nemmeno quello ci credere che le riforme dell’attuale Governo possano davvero aiutarli a crescere. Ecco il video: vi riconoscete in queste storie?

Alessia CASIRAGHI

Gli italiani non rinunciano alla pizza. Cambiano le abitudini di consumo degli italiani, ma pizza e colazione non si discutono.

Durante l’Assemblea Elettiva Fiepet (Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici), tenutasi gli scorsi giorni, è stata presentata un’accurata indagine sulle abitudini di consumo degli italiani nei pubblici esercizi.

Dall’indagine risulta che il 15% degli italiani ha ridotto i consumi al bar, il 26% ha risparmiato sulle spese di ristorazione, ma resta una sana abitudine il rito della colazione ed alla pizza non si rinuncia. La pausa pranzo porta nei pubblici esercizi 8,7 milioni di consumatori ogni anno per un giro d’affari di circa 18,5 milioni di euro.

Conclusioni dell’indagine? in tempi di crisi, le abitudini di consumo degli italiani nei pubblici esercizi sono un po’ cambiate, ma le tradizioni resistono sempre.

Tre domande dei nostri lettori per chiarire il tema “buoni pasto”

  • Sono un imprenditore […] ho iniziato la mia attività da poco e sto imparando giorno dopo giorno come si gestisce un’impresa e i suoi dipendenti […] ho letto il vostro articolo sui buoni pasto e vorrei sapere se sono tenuto a darli obbligatoriamente ai miei 3 dipendenti. Potete rispondermi?

Non c’è nessuna legge che obbliga il datore di lavoro a concedere i buoni pasto. La loro erogazione come benefit può essere frutto solo di uno specifico accordo, in fase di contrattazione.

  • Sono un agente di commercio e pranzo sempre fuori. Spesso pranzo al bar e non posso chiedere al barista di emettere una fattura per una cifra così bassa. Posso utilizzare anche io i buoni pasto?

Sì, anche gli agenti di commercio possono utilizzare i buoni pasto. Per questo tipo di lavoro autonomo si è soggetti alla stessa disciplina delle imprese e non a quella dei liberi professionisti, in quanto l’agente di commercio è una ditta. Per questo motivo la deducibilità del costo dei buoni pasto è relativa al reddito d’impresa, mentre l’iva non è comunque mai deducibile.

  • Sono un consulente e già da qualche tempo utilizzo i buoni pasto. A volte mi capita che il ristorante non li voglia accettare. I ristoratori non sono tenuti ad accettarli per legge?

No, nessun esercizio è obbligato ad accettare i buoni pasto, è una libera scelta degli esercenti. Sui siti dei principali distributori puoi trovare gli elenchi degli esercizi commerciali con i quali sono convenzionati.

Professionista? Con i buoni pasto puoi scaricare quello che mangi

Un panino al baretto sotto l’ufficio? un’insalatona alla tavola fredda all’angolo? Mangia ciò che vuoi e dove vuoi,  ma sappi che anche tu, libero professionista, puoi utilizzare i buoni pasto per pagare (e detrarre dalle tasse…) quello che mangi. Questi piccoli titoli di credito colorati, conosciuti anche come ticket resturant, battezzati così da una delle più importanti aziende che li distribuiscono, sono ormai moneta corrente. Li vediamo utilizzati prevalentemente dai dipendenti delle aziende, che li usano durante la pausa pranzo per pagare il pasto, o al supermercato per pagare la spesa. Non sono in molti però i professionisti che sanno di poter utilizzare questi titoli di credito per pagare i propri pasti o la propria spesa, portando così in deduzione piccole spese quotidiane che altrimenti andrebbero “perse” (ricordiamo infatti che il semplice scontrino fiscale di una tavola calda, un ristorante, un bar o una pizzeria, non sono sufficienti per essere dedotti. Occorre sempre una fattura fiscale.).  L’acquisto dei buoni pasto per un professionista con partita iva è una cosa davvero semplicissima: possono essere acquistati online presso una delle aziende distributrici ed in pochissimi giorni (alcune aziende consegnano in 24 ore!) ci vengono consegnati a casa o in ufficio. Inoltre non esistono dei limiti minimi di spesa, se ne possono comprare quanti se ne vogliono, da un blocchetto ad infiniti blocchetti, ed il valore nominale di ciascun titolo può variare da € 5,16 a salire (esistono anche tagli da 7 e 10 euro). A meno che non si effettuino acquisti per grandi quantitativi, per cui magari si potrà richiedere una personalizzazione dei titoli all’azienda distributrice (stampando sul titolo i dati della propria ragione sociale), prima di utilizzarli dovremmo ricordarci di timbrarli con il nostro timbro personale al fine di renderli validi. Ma quanto può farci risparmiare sulle tasse, l’utilizzo dei buoni pasto? La disciplina fiscale dei buoni pasto per i liberi professionisti prevede che se ne possano portare in detrazione un importo massimo pari al 2% del reddito derivante dal proprio lavoro autonomo (attenzione, perché si cumula con le altre spese di ristorazione e alberghiere che porterai in deduzione), mentre l’iva, che è calcolata al 10%, non può essere portata in detrazione.

Insomma, iniziando ad utilizzare i buoni pasto durante la pausa pranzo non diventeremo certamente ricchi, ma potremmo iniziare a risparmiare quotidianamente, boccone dopo boccone, sulle tasse da pagare a fine anno.

Buoni pasto, un benefit che fa risparmiare l’azienda ed il dipendente.

Il buono pasto è un benefit, che le aziende spesso usano come incentivo per i propri dipendenti. Si tratta di un beneficio di sicuro vantaggio economico sia per i dipendenti, che possono guadagnare qualche centinaia di euro in più al mese (fino a 1.300 euro all’anno), sia per le aziende, che possono incentivare i propri dipendenti senza dover subire il peso degli oneri fiscali. Infatti, secondo le attuali regole, i buoni pasto sono esclusi dal reddito imponibile fino al limite complessivo giornaliero di € 5,29. In questo modo il datore di lavoro può corrispondere ai propri dipendenti, sotto questa forma, parte del reddito a loro spettante, rimanendo esonerato dagli oneri previdenziali. Anche il lavoratore ne trae dei benefici dal punto di vista fiscale, infatti il valore dei buoni pasto non concorre al reddito soggetto a tassazione.

Ma quali sono le regole che vanno rispettate relativamente alla materia “buoni pasto”? Innanzitutto le aziende non possono corrispondere ai propri dipendenti più buoni pasto rispetto alle giornate di effettiva presenza. Poi altre regole essenziali sono: non cumulabilità / non commerciabilità / non cedibilità / non convertibilità in denaro del buono; utilizzo del buono entro un dato limite temporale; utilizzo del buono esclusivamente per l’intero valore nominale.

Ma qual è l’effettivo risparmio per un datore di lavoro che incentiva i propri dipendenti con i buoni pasto?  Per rispondere a questa domanda ci aiuteremo con degli esempi pratici.

  • Esempio 1: mettiamo che la nostra azienda voglia offrire ad un proprio dipendente un bonus giornaliero di circa cinque euro in denaro. Il valore di questo bonus per l’azienda è di € 8,62 + € 3,47 di oneri previdenziali + € 2,87 di ratei tredicesima, quattordicesima, festivi, ferie, TFR + € 0,64 di IRAP + € 0,24 di IRE su Irap = € 15,84 spesi dall’azienda, contro € 5,16 incassati dal dipendente.
  • Esempio 2: mettiamo che la nostra azienda decida di incentivare un proprio dipendente offrendo lo stesso valore bonus quotidiano del precedente esempio, ma che decida di erogare questo bonus attraverso i buoni pasto anziché denaro contante. Il valore del bonus per l’azienda è di € 8,62 – € 0,79 di oneri previdenziali – € 2,66 di medie 34% IRPEF = € 5,17 spesi dall’azienda, contro € 5,16 ricevuti dal dipendente attraverso il  buono pasto.

Come potete vedere il risparmio per l’impresa c’è ed è dimostrato. E se tutto questo può servire per offrire un incentivo alla produzione, tanto meglio!

d.S.