DdL Concorrenza: novità per imprese, comunicazioni, notai e sanità

Il DdL Concorrenza è stato presentato nel pomeriggio del 4 novembre 2021 e si propone di rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, tutelare i consumatori e promuovere lo sviluppo della concorrenza. Si compone attualmente di 32 articoli che vanno a incidere su diversi settori tra cui le assicurazioni, mentre manca una norma molto attesa, inizialmente indicata, e che prevedeva la possibilità per i Notai di esercitare su tutto il territorio nazionale e quindi senza limiti territoriali. Vediamo meglio quali potrebbero essere le importanti novità che nei prossimi mesi saranno discusse dal Parlamento.

Concessioni balneari e licenze

Un’altra misura molto attesa e che invece non compare del DdL Concorrenza è la liberalizzazione delle concessioni balneari e delle licenze per gli ambulanti. In questo settore è prevista solo una mappatura delle concessioni balneari da realizzare nell’arco di 6 mesi. Novità potrebbero invece ancora arrivare per taxi e NCC (Noleggio con conducente) questione molto spinosa e che più volte ha portato i tassisti ad insorgere visto che vedrebbero svanire gli investimenti, di una certa entità, richiesti per ottenere l’autorizzazione. Molto probabilmente il premier Draghi affronterà la questione con un disegno di legge delega.

DdL Concorrenza e settore energetico

Nel campo delle energie, c’è un ritorno delle concessioni idroelettriche allo Stato ma solo nelle Regioni che hanno dimostrato di non essere capaci di gestirle. Importanti novità anche per l’installazione delle colonnine di ricarica sulla rete autostradale. Con la legge di bilancio per il 2021 il governo aveva previsto che le concessionarie autostradali dotassero la rete di loro competenza di punti di ricarica a elevata potenza per veicoli elettrici. La potenza doveva essere tale da effettuare la ricarica con tempi di attesa non superiori rispetto a quelli previsti per la fornitura di carburante. Con la nuova normativa, i gestori che non hanno adempiuto a tale obbligo possono mettere a gara con procedura trasparente, competitiva e non discriminatoria, la fornitura di tale servizio, quindi affidano a soggetti terzi l’incarico di procedere all’installazione delle colonnine di ricarica.

Trasparenza settore comunicazioni

Si richiede maggiore trasparenza anche nel campo delle comunicazioni (telefonia fissa e mobile, internet, abbonamenti televisivi) con l’obbligo di semplificare le procedure per passare da un gestore all’altro. I servizi premium non potranno essere attivati senza un consenso espresso, inoltre nel caso in cui la compagnia telefonica intenda proporre servizi in abbonamento offerti dai terzi, deve obbligatoriamente acquisire la prova del previo consenso. In questo modo non sarà possibile per i clienti ritrovarsi abbonati a servizi costosi senza averne avuto totale consapevolezza dei termini dei servizi.

Nel settore delle comunicazioni è inoltre previsto che per la realizzazione di opere necessarie allo sviluppo della connessione in fibra ottica, ci sia il necessario coordinamento tra le aziende che decidono di investire nei medesimi territori. Il coordinamento ha ad oggetto “ il processo di richiesta dei permessi, la non duplicazione inefficiente di opere del genio civile, la condivisione dei costi di realizzazione”. In questo modo si creano anche minori disagi per i cittadini e ci sono meno costi relativi alla realizzazione delle infrastrutture.

DdL Concorrenza e Sanità

Per quanto riguarda la Sanità, è prevista una modifica della procedura per la nomina dei dirigenti che dovrà essere basata sul curriculum, titoli professionali, capacità gestionali, volume dell’attività svolta, aderenza al profilo richiesto ed esito del colloquio finale. In caso di parità di punteggio tra più candidati, la nomina ricadrà su quello più giovane di età.

Novità anche per l’accreditamento delle strutture sanitarie, infatti non è più previsto il periodo transitorio di accreditamento provvisorio, ma in base alla qualità e al volume dei servizi da erogarsi viene concesso l’accreditamento. Le strutture da accreditare devono inoltre essere individuate applicando criteri equi, non discriminatori e procedure trasparenti. Sarà compito delle Regioni pubblicare un avviso indicante in criteri oggettivi per ottenere l’accreditamento. La selezione delle procedure da accreditare deve essere fatta periodicamente tenendo in considerazione la programmazione sanitaria regionale e verificando esigenze di razionalizzazione della rete.

Ultime novità del Disegno di Legge Concorrenza

Ulteriori semplificazioni sono previste anche per l’apertura di attività di impresa che può essere completata nell’arco di 4 giorni.

Nel campo delle assicurazioni invece è previsto l’obbligo di risarcimento diretto anche per le compagnie assicurative che hanno la sede sociale all’estero.

Occorre ricordare che il Disegno di Legge Concorrenza dovrà passare al vaglio del Consiglio dei Ministri e in seguito al Parlamento. Di conseguenza è molto probabile che vi siano modifiche determinate da emendamenti proposti dai vari partiti e in generale dall’iter procedurale.

 

Sanità in netto ritardo con i pagamenti ai fornitori

Un debito di 22,9 miliardi di euro è quanto la sanità italiana ha accumulato nei confronti dei suoi fornitori.
Nonostante sia in calo, il debito non rientra ancora sui limiti fisiologici, con criticità urgenti soprattutto nel Mezzogiorno, dove le Asl sono in evidente affanno con i pagamenti, e ciò mette in seria difficoltà molte piccole e medie imprese.

Tra le cause di questo problema davvero spinoso c’è anche la disparità delle forniture, che, come ha dichiarato Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, “continuano ad essere acquistate con forti differenze di prezzo tra le varie regioni. Se, come ha avuto modo di denunciare la Fondazione Gimbe, nella sanità italiana si annidano circa 22,5 miliardi di euro di sprechi, è verosimile ritenere che una parte dei ritardi nei pagamenti sia in qualche modo riconducibile alle distorsioni sopra descritte. In altre parole, non è da escludere che in alcune regioni, in particolar modo del Sud, avvengano degli accordi informali tra le parti per cui le Asl o le case di cura impongono ai propri fornitori pagamenti con ritardi pesantissimi, ma a prezzi superiori rispetto a quelli, ad esempio, praticati nel settore privato”.

Renato Mason, segretario della CGIA, ha poi aggiunto: “Nonostante l’ammontare degli sprechi, sarebbe sbagliato generalizzare. E’ importante sottolineare che la nostra spesa sanitaria pubblica è inferiore di un punto percentuale di Pil rispetto a quella francese e di 0,5 punti rispetto a quella britannica. Inoltre, l’ottima qualità del servizio reso a molti cittadini italiani, soprattutto del nord Italia, non ha eguali nel resto d’Europa”.

Guardando le cifre, la sanità regionale più indebitata è quella del Lazio, con 3,8 miliardi di euro, seguita dalla Campania con 3 miliardi di euro, la Lombardia con 2,3 miliardi, la Sicilia e il Piemonte entrambe con 1,8 miliardi di euro ancora da onorare.
Considerando invece la popolazione residente, primo è il Molise, con 1.735 euro pro capite. Seguono il Lazio con 644 euro per abitante, la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente.

Peggiore pagatrice dell’anno scorso è stata la Asl del Molise, che ha pagato i propri fornitori con un ritardo medio ponderato di 390 giorni. L’Asp di Catanzaro, invece, ha saldato i propri debiti dopo 182 giorni, mentre l’Asl Napoli Centro dopo 127 giorni. Le aziende sanitarie più virtuose, invece, sono state l’Usl Umbria 1 e l’Azienda sanitaria universitaria di Trieste. Addirittura in questi due casi il saldo è avvenuto con anticipo, rispettivamente di 24 e 13 giorni.

Considerando i tempi di pagamento relativi alle forniture di dispositivi medici, del 2016, in Molise il saldo della fattura è avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni.
In teoria, i pagamenti delle strutture sanitarie dovrebbero avvenire entro 60 giorni dall’emissione della fattura, ma nessun valore medio regionale rispetta questo termine e per questo motivo da giugno 2014 è stata aperta dalla Commissione europea una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenuta responsabile d aver violato la Direttiva europea sui ritardi di pagamento entrata in vigore nel marzo 2013, ad oggi ancora in corso.

Vera MORETTI

Sanità digitale contro gli sprechi

Appuntamento oggi pomeriggio alle 15.30 a Roma nell’Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, per il convegno “Sanità digitale. Il futuro del servizio pubblico”, organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dagli Ordini degli Ingegneri di Cosenza e Roma.

Un momento per fare il punto su un settore delicato come quello della sanità, nella consapevolezza del fatto che la sostenibilità della spesa sanitaria passa attraverso la sua razionalizzazione. Che non significa tagliare le prestazioni, ma imporre un modello che consenta l’equilibrio tra costi e prestazioni, anche attraverso la semplificazione burocratica per i cittadini.

Secondo Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni), i tempi per una sanità efficace e poco dispendiosa sono ancora lunghi, poiché “sono ancora molti i punti di criticità da risolvere e superare. Questi mettono in evidenza ritardi ancora persistenti, dati dalla resistenza delle strutture sanitarie ad accettare nuove modalità organizzative e di governance che il Fascicolo Sanitario Elettronico promuove. Mi riferisco, ad esempio, al conflitto tra progetto nazionale e realtà regionali ancora troppo diversificate e disallineate tra loro per maturità tecnologica e modalità di erogazione del servizio”.

Poi – prosegue Zambranoc’è la difficoltà a rendere uniformi protocolli e comportamenti degli operatori sanitari. L’integrazione delle diverse agenzie che operano sul territorio, inoltre, non è per niente semplice. Infine, ci sono gli aspetti legati alla tutela della privacy e all’effettiva funzionalità e utilizzo dello stesso FSE nella pratica medica e assistenziale quotidiana. La strada, insomma, mi sembra ancora lunga. Siamo sicuri che la Pa abbia le competenze tecniche per risolvere tutti questi problemi?”.

Le perplessità di Zambrano sembrano trovare conferma in una recente ricerca condotta dal Centro Studi Cni, dalla quale è emerso che in numerosi uffici della Pubblica Amministrazione alcune funzioni di tipo tecnico sono svolte da personale privo di competenze adeguate.

Eppure – aggiunge Angelo Valsecchi, Consigliere Cni e Coordinatore del Gruppo Ingegneri Informazione – se si riuscisse a superare queste difficoltà, la razionalizzazione delle spese sanitarie sarebbe davvero realizzabile. Per questo il Fascicolo Sanitario Elettronico dovrà essere utilizzato da tutte le strutture sanitarie e coprire tutti i pazienti. Sarebbe un modo molto efficace per avere dati certi sulle loro necessità e passare, nell’acquisto di medicine, dalla logica promozionale a quella prestazionale. Questo si tradurrebbe in un miglioramento del livello di salute nazionale e della vita quotidiana dei cittadini”, con benefici per la sanità nazionale.

Prendiamo il caso di un paziente – conclude Valsecchiche, a causa di una patologia cronica, ha la necessità di acquistare regolarmente un determinato farmaco: col FSE non dovrebbe più andare tutte le volte dal medico per la ricetta: gli basterebbe andare in farmacia. Certo, per realizzare tutto ciò in modo uniforme a livello nazionale c’è ancora molto da lavorare”.

Picchiato a sangue per una macchia sul vestito

 

Non è Scampia, Forcella o Sanità, ma il salotto buono di Napoli, quello di Chiaia, a essersi trasformato in teatro di un’assurda lite e un’assurda violenza nella notte di San Silvestro. Una violenza degna di Arancia Meccanica ha colpito infatti un 39enne di Mugnano che si trovava in un locale a festeggiare Capodanno in compagnia di una 29enne di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta.

L’uomo stappa una lattina ma qualche goccia della bevanda finsce per macchiare l’abito di un ragazzo. Un banale incidente che si trasforma in violenza allo stato puro: il giovane dall’abito macchiato prima si allontana poi torna insieme ad altri sconosciuti e insegue l’uomo, che viene picchiato selvaggiamente dal gruppo. L’aggressione avviene in vico Belledonne di Chiaia: sul posto giungono i carabinieri della stazione di Chiaia che riescono a identificare il gruppo di violenti mentre un’ambulanza trasporta il 39enne all‘ospedale Pellegrini. Se la caverà con una prognosi di 40 giorni.

La Cgia ribadisce l’importanza delle Regioni

Lo scandalo della Regione Lazio ha portato molti a desiderare che le Regioni, come istituzioni, vengano abolite. Non bastasse l’astio per le province…

Per questo, l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha condotto uno studio che pone l’attenzione, al contrario, sull’importanza di esse.
Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha inoltre ricordato come, se in precedenza i poteri delle Regioni, benchè citati dalla Costituzione, fossero in effetti gestiti dallo Stato, ora il potere è decentrato ad ogni regione singola, come conseguenza della riforma del 2001.

Lo Stato, da allora, detiene le redini di giustizia, difesa, politica estera, mentre le Regioni detengono i poteri su tutte quelle funzioni non riservate esplicitamente riservate allo Stato. In un decennio, le Regioni italiane hanno speso hanno speso 89 miliardi di euro in più, a fronte di una crescita della spesa del 74,6%, considerando l‘aumento dell‘inflazione fino al 23,9%. Ben 49,1 miliardi sono andati alla sanità.

Bortolussi, pur riconoscendo sprechi, sperperi ed inefficienze, che andrebbero il più possibile monitorati ed eliminati, ha dichiarato che “nell’ultimo decennio l’aumento della spesa delle Regioni è imputabile al nuovo ruolo istituzionale conferito loro e dalle nuove competenze assunte. In primis la gestione e l’organizzazione della sanità, ma anche dell’industria e del trasporto pubblico locale. Vi sono poi alcune materie nelle quali le Regioni hanno oggi una potestà esclusiva, mentre in precedenza dovevano sottostare ai limiti normativi dello Stato. Tra queste ricordo l’artigianato, l’agricoltura, il commercio, la formazione professionale, il turismo e l’ambiente”.

L’impennata delle spese regionali, inoltre, è dovuta anche ad un altro fattore, comune in quasi tutte le Regioni, da Nord a Sud: l’aumento dei costi socio-sanitari che le Regioni hanno dovuto farsi carico a seguito dell’invecchiamento della popolazione ma anche a causa di misure straordinarie adottate per sostenere la popolazione straniera giunta nel nostro Paese. A conferma di ciò è il dato della spesa cresciuta maggiormente in questo ultimo decennio, che riguarda l’assistenza sociale (+154,4%).

A livello di singola Regione, invece, la spesa pro capite più elevata si registra in Valle d’Aosta, con un importo pro capite pari a 13.139 euro. Seguono la Provincia autonoma di Bolzano, con 9.544 euro, e quella di Trento, con 8.860 euro. Le più parsimoniose, invece, sono le Marche, con 2.583 euro di spesa pro capite, la Puglia, con 2.342 euro e la Lombardia, con 2.202 euro.

Vera MORETTI

Estate nera per le imprese

Il bimestre estivo è stato nero per le imprese, dal momento che, nei soli mesi di luglio ed agosto ben 41mila aziende hanno cessato la loro attività.
Ma, nonostante si tratti del dato peggiore da qui al 2009, sembra che il numero di imprese che aprono sia ancora superiore a quelle che chiudono.

Il bimestre appena trascorso, infatti, ha chiuso in positivo, con un +9.668 unità, che corrisponde a un tasso di crescita dello 0,16%, come è stato confermato anche da una rilevazione effettuata da Unioncamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, elaborati da InfoCamere.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato in negativo queste cifre: “La crisi sta progressivamente erodendo la capacità di resistenza di tantissime nostre imprese, anche se non spegne la voglia d’impresa di tanti italiani. L’elevato numero di cessazioni e, soprattutto, il rallentamento della dinamica espansiva registrato nelle regioni settentrionali nel periodo estivo, suona come un campanello d’allarme delle condizioni difficili in cui sta vivendo il Paese e dello stato d’animo di incertezza dei nostri imprenditori. In questo contesto, si rendono ancora più urgenti le misure per la crescita che il Governo ha in programma di attuare”.

Le aree maggiormente colpite dalla crisi sono state, negli ultimi due mesi, quelle più sviluppate, dal punto di vista produttivo.
Il Centro Nord, infatti, ha registrato tassi di crescita più contenuti rispetto all’anno scorso e la zona più “sofferente” è proprio il Nord-Est, dove la crisi si misura anche dall’indicatore della natività-mortalità, ora allo 0,07%.
La situazione non cambia di molto neppure al Nord-Ovest e al centro, dove il tasso di crescita nel bimestre è pari allo 0,11%, in riduzione rispetto al +0,17% e +0,25% del 2011.
In controtendenza solo il Mezzogiorno, dove l’indicatore della crescita (+0,28%) segna un aumento rispetto a quanto registrato nel bimestre estivo 2011.

Considerando le province, sono Napoli, Palermo, Aosta e Salerno ai vertici della classifica per tasso di crescita mentre, tranne Macerata ed Oristano, sono tutte al Nord le sedici province in cui le cessazioni arrivano a superare le iscrizioni, generando così un saldo negativo che, in valore assoluto, è massimo a Vicenza (-86 imprese).

Le nuove imprese, per fronteggiare la crisi, optano per una forma giuridica più strutturata: +0,42% l’incremento delle società di capitali (in diminuzione comunque rispetto a quanto registrato lo scorso anno), +0,52% le Altre forme giuridiche, in crescita invece al confronto con il 2011. Modesti i tassi di incremento delle Ditte individuali (+0,09%) e delle società di persone (0,05%).

Il settore che perde il maggior numero di imprese è l’agricoltura, anche se la riduzione maggiore, almeno per quanto riguarda il trend attuale, è quello manifatturiero.

Le costruzioni chiudono il bimestre in positivo, pur avendo subito un consistente rallentamento che ha portato a 83 nuove imprese, contro le quasi 2mila dello stesso bimestre dello scorso anno.

Risente della congiuntura negativa anche il settore dei servizi, finora l’unico a non aver risentito della crisi, anche se le nuove attività che riguardano attività professionali, scientifiche e tecniche sono state 736, contro le mille del 2012.

L’eccezione è rappresentata da Sanità e assistenza sociale, in cui il saldo di 201 unità corrisponde a un tasso di crescita dello 0,59%, in aumento rispetto allo 0,41% del bimestre luglio-agosto 2011.

Vera MORETTI

Imprese a terra? C’è chi ancora vuole investire

 

 

Saldo in attivo per le imprese italiane, da Nord a Sud dello stivale: le aziende che aprono i battenti superano ancora nel numero quelle che cessano l’attività. La conferma viene dal saldo del bimestre luglio-agosto: saldo positivo e pari a +9.668 unità, con un tasso di crescita dello 0,16%.

E la crisi? Se da un lato, secondo quanto emerge da una rilevazione di Unioncamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di Commercio, le iscrizioni sono state lievemente più numerose dello scorso anno (quasi 51mila a fronte di poco meno di 50mila di luglio-agosto 2011), dall’altro però hanno superato quota 41mila le cessazioni registrate nel bimestre estivo 2012, il dato peggiore dal 2009.

Bilancio positivo, ma l’ombra inquietante della crisi continua a oscurare le aziende italiane.

La crisi sta progressivamente erodendo la capacità di resistenza di tantissime nostre imprese – ha sottolineato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, – anche se non spegne la voglia d’impresa di tanti italiani. L’elevato numero di cessazioni e il rallentamento della dinamica espansiva registrato nelle regioni settentrionali nel periodo estivo, suona come un campanello d’allarme delle condizioni difficili in cui sta vivendo il Paese e dello stato d’animo di incertezza dei nostri imprenditori”.

Ma qual è la mappa da Nord a Sud delle imprese che decidono di aprire?

Strano a dirsi, ma il rallentamento della crescita delle imprese ha colpito  le aree produttive maggiormente sviluppate: dal Centro-Nord, che presenta tassi di crescita più contenuti rispetto all’anno scorso, al Nord-Est la crisi sembra “raffreddare” l’anima imprenditoriale dei suoi abitanti. Anche se, va sottolineato, cresce l’indicatore della nati-mortalità di solo lo 0,07%, in contrazione dallo 0,18%  del 2011. Analoga sorte interessa Nord-Ovest e Centro, il cui tasso di crescita nel bimestre è pari allo 0,11%, in riduzione rispetto al +0,17% e +0,25% del 2011.

Segna un punto positivo invece il Mezzogiorno, dove l’indicatore della crescita (+0,28%) è in aumento rispetto a quanto registrato nel bimestre estivo 2011. A Napoli si contano addirittura quasi 2mila imprese in più rispetto a giugno 2011, mentre Palermo, Aosta e Salerno spiccano al vertice della classifica per tasso di crescita.  Maglia nera invece a Vicenza, con -86 imprese nel 2012, mentre in 16 province del Nord le cessazioni hanno superato le iscrizioni, generando così un saldo negativo.

Alla crisi le nuove imprese rispondono optando per una forma giuridica più strutturata: +0,42% l’incremento delle società di capitali, +0,52% le altre forme giuridiche, mentre modesti sono i tassi di incremento delle Ditte individuali (+0,09%) e delle società di persone (0,05%).

Dal punto di vista dei settori più svantaggiati, l’Agricoltura è in assoluto il settore che perde il maggior numero di imprese nel periodo (-416 imprese), mentre meno consistente è la riduzione che interessa il settore manifatturiero (-275 imprese). Saldo positivo ma in deciso rallentamento rispetto a luglio-agosto 2011 quello delle Costruzioni, settore che nel bimestre estivo 2012 aumenta di sole 83 unità, mentre frena la dinamica espansiva di tutti i settori dei servizi, in particolare delle Attività professionali, scientifiche e tecniche (736 le imprese nell’estate 2012 a fronte delle oltre 1000 registrate lo scorso anno). Fa eccezione la Sanità e assistenza sociale, in cui il saldo di 201 unità corrisponde a un tasso di crescita dello 0,59%, in aumento rispetto allo 0,41% del bimestre luglio-agosto 2011.

Alessia CASIRAGHI

Turismo, sanità e sociale: assunzioni in aumento nonostante la crisi

Ci sono alcune professioni che, in termini di assunzioni, fanno registrare una crescita significativa nonostante il momento di crisi. Si tratta di cuochi, camerieri, segretarie, addetti alla pulizia e alle persone, operai specializzati nell’edilizia, addetti all’accoglienza, conduttori di impianti industriali, addetti alla sanità e al sociale.

Alla realizzazione di questo ”borsino” delle professioni in tempo di crisi ha pensato la Cgia di Mestre che ha elaborato i dati presentati qualche giorno fa dall’Unioncamere – Ministero del lavoro, Sistema Informativo Excelsior. I dati si riferiscono alle previsioni di assunzione previste dagli imprenditori italiani nella periodica indagine campione realizzata dall’Unioncamere. Il risultato finale è stato ottenuto mettendo a confronto i dati emersi nel terzo trimestre 2012 e quelli relativi allo stesso periodo dell’anno precedente.

”Sono professioni -commenta il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi– legate, in particolar modo, alle attività che caratterizzano la nostra economia: come il turismo/ristorazione, i settori del made in Italy, la sanita’ ed il sociale. Mestieri non sempre di altissima specializzazione, ma indispensabili per mantenere in piedi i settori che stanno dando un contributo importante alla tenuta economica e occupazionale del nostro Paese”.

Complessivamente queste professioni dovrebbero garantire 20.000 posti di lavoro in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.  Dall’analisi della Cgia sono state elencate anche le professioni che, purtroppo, rischiano di registrare un preoccupante segno negativo. Specialisti in scienze economiche, operai specializzati nell’industria, operai metalmeccanici, personale non qualificato nell’industria e nella logistica, facchini, commessi nei negozi e altro personale occupato nella grande distribuzione e negli esercizi all’ingrosso sono i più a rischio disoccupazione. Secondo l’elaborazione della CGIA, questi mestieri potrebbero perdere, sempre in quest’ultimo anno di crisi, quasi 22.000 unità.

”Sono professioni -conclude Bortolussi- legate alle attività manifatturiere e a quelle commerciali che, da un lato, hanno risentito degli effetti dirompenti portati dalla concorrenza dei paesi emergenti, dall’altro, del forte calo dei consumi che ha caratterizzato il comportamento delle famiglie italiane”.

La Sicilia è in ottima salute

Una pioggia di nuove assunzioni: dirigenti medici, infermieri, personale sanitario e parasanitario ma anche ingegneri e geometri. La Sicilia ha salute da vendere. Almeno stando a quanto testimonia il nuovo bando che sarà a breve pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che promuove un numerosi concorsi nell’isola a caccia di nuovo personale sanitario. Le nuove assunzioni previste sono la conseguenza del riordino delle piante organiche avviato grazie all’assessore regionale Massimo Russo nel 2011.

Si comincia con Catania: il Policlinico mette a disposizione 5 posti per la carica di dirigente amministrativo indirizzati a “tutti i candidati presenti presso le Aziende sanitarie del bacino orientale, alla data del 29 luglio 2006 ovvero la data del 28 settembre 2007”. E poi previste assunzioni a tempo determinato di infermieri e tecnici sanitari di laboratorio. Il bando di concorso dell’ospedale di Catania è aperto anche a geometri, ingegneri, programmatori e per un posto di affetto stampa.

Salendo verso Messina si scopre che il Policlinico della città sullo stretto mette a disposizione 15 posti per dirigenti sanitari non medici in diversi reparti. L’ Ospedale Papardo-Piemonte, sempre a Messina, è alla ricerca invece di 2 dirigenti con la qualifica di ingegnere civile o edile e di un dirigente ingegnere meccanico.

Le opportunità di impiego nel settore sanitario in Sicilia riguarda anche l’Asp di Siracusa, che ha indetto un concorso per 3 posti di geometra. Poi ancora 20 posti per dirigenti medici e amministrativi a disposizione a Palermo, presso l’azienda Villa Sofia-Cervello, mentre a Ragusa si cercano un architetto, un sociologo e due amministrativi per l’Asp.

Per accedere all’elenco completo dei bandi per i posti messi a disposizione nella sanità e conoscere le modalità di accesso ai concorsi è possibile consultare il portale della Regione Sicilia.

Sì, premier Monti: è ora di tagliare

di Davide PASSONI

Forse il governo si è deciso. Oltre a continuare a ficcarci le mani nelle tasche per prendere tasse dove ormai non c’è più nulla da prendere, forse forse ha capito che per provare a raddrizzare i conti di uno Stato che fa sempre più fatica a uscire dalla sua “tassicodipendenza” (come la chiama il buon Oscar Giannino) bisogna vendere asset pubblici e tagliare. Tagliare davvero. Non una sforbiciatina da 4 miliarducoli pari allo zerovirgola della spesa pubblica che fa ridere i polli.

E tagliare dove ci sono le maggiori sacche di improduttività. Nei ministeri, per esempio. Uno degli obiettivi ai quali sta lavorando il governo nell’ambito della manutenzione dei conti parla proprio di 30 miliardi nel triennio 2012-14 da ottenere con tagli ai ministeri. Wow! E una parte di questi interventi potrebbe essere anticipata nel prossimo decreto legge sulla spending review.

Ma come fare a segare il giusto in queste macchine mangiasoldi che, per carità, hanno comunque i loro costi vivi? Del resto, il più della spesa pubblica non è tanto a livello centrale ma periferico, in regioni, province, comuni… Per raggiungere l’obiettivo dei 30 miliardi di tagli, i ministeri sarebbero chiamati a contribuire in modo proporzionale ai rispettivi budget. Ciascuno stabilirà poi come spalmare la sforbiciata tra i vari capitoli di spesa del proprio bilancio.

Una parte dei tagli, quelli relativi al 2012, dovrebbe essere anticipata nel decreto legge della spending review da varare entro fine giugno, mentre gli interventi sul 2013 e il 2014 dovrebbero arrivare insieme alla Legge di stabilità in autunno. Giusto per far rabbrividire, il bilancio di competenza 2012 dei ministeri, secondo una tabella elaborata dal servizio bilancio del Senato, ammonta in totale (funzionamento, interventi e spesa in conto capitale) a quasi 300 miliardi di euro.

Capitolo a parte, il buco nero sanità, che contribuirà alla spending review con un miliardo di euro di risparmi nel 2012. Con ogni probabilità gli interventi per reperire le risorse si concentreranno sull’acquisto di beni e servizi, che valgono annualmente circa 30 miliardi, il 30% del Fondo sanitario nazionale. Uno scandalo vero, visto che, senza scadere nel qualunquismo, si sa come vengono effettuati questi acquisti…

Vediamo se ce la faranno davvero. Finora abbiamo solo sentito chiacchiere e proclami sui tagli, sulla crescita non ne parliamo; il povero Passera si è sentito rispondere sempre e solo dei gran “no” dalla ragioneria generale dello Stato. La fiducia nostra comincia a venir meno. E la vostra?