Ceramica d’eccellenza, la forza dei piccoli

Continua il viaggio di Infoiva all’interno della filiera della ceramica italiana. Un mondo che non è fatto solo di piastrelle e sanitari, ma che annovera tra le proprie eccellenze zone e distretti nei quali la ceramica da artigianato diventa arte.

Una di queste zone è Caltagirone, in provincia di Catania, dove la lavorazione della ceramica ha radici antichissime e, nel 2012, è portata avanti principalmente da piccole e piccolissime imprese, che cercano di resistere alla crisi puntando sull’export e sull’eccellenza. Con una difficoltà a fare sistema che, purtroppo, ne mette a rischio la sopravvivenza.

Leggi l’intervista a Marcello Romano, Presidente dell’Associazione Ceramisti Calatini

Il bello della ceramica, l’arte di Caltagirone

Ceramica in Italia è anche sinonimo di arte: una tradizione che risale alla preistoria e all’antica maestria dei ceramisti arabi giunti in Sicilia dopo la conquista musulmana dell’isola. Caltagirone è un esempio eccellente di come l’attenzione per il bello e la tradizione artigianale abbiano dato vita a un’area produttiva basata quasi unicamente su piccole imprese, se non microimprese a conduzione familiare, che producono ceramiche e pezzi d’artigianato conosciuti e apprezzati in tutto il mondo.

Infoiva ha deciso di andare alla scoperta di questa antica tradizione per conoscere da vicino una realtà, che pur non potendosi fregiare del titolo di distretto industriale, raggruppa moltissime aziende artigiane che danno voce al made in Italy in tutto il mondo.

A raccontarcele è Marcello Romano, Presidente dell’Associazione Ceramisti Calatini.

Quante imprese conta l’associazione delle ceramiche di Caltagirone?
Siamo circa una quarantina di imprese produttrici di ceramiche artistiche. Si tratta per la quasi esclusività di piccole imprese artigiane a conduzione perlopiù familiare, con una media di 4-5 adetti ai lavori.

Qual è l’indotto generato dalle imprese produttrici di ceramiche nell’area di Caltagirone?
In media, soprattutto a causa della crisi che ha fortemente inciso sul nostro territorio, le imprese fatturano tra i 40 e 50 mila euro l’anno.

Quanto la crisi ha inciso sulle imprese produttrici di ceramica?
Le imprese che hanno chiuso dallo scorso anno ad oggi sono circa il 20%, mentre se facciamo il confronto con il 2010 la quota sale al 30%.

Le vostre ceramiche artistiche sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo. Quali sono i vostri maggiori mercati di export?
Una grossa fetta della nostra produzione è destinata al mercato nazionale, per quanto riguarda l’export i mercati più interessanti attualmente riguardano l’area mediorientale: Kuwait, Bahrain, Dubai. Gli Emirati Arabi sono interessati soprattutto alla produzione di maioliche e piastrelle artistiche destinate alla decorazione di hotel e ristoranti, riceviamo discrete richieste anche alcuni Paesi del Nord. In Europa la domanda è invece nettamente inferiore.

Come contrastate la concorrenza che arriva dall’estero e dall’Asia in particolare?
Le nostre ceramiche sono belle, fatte a mano e dotate di una costante ricerca della giusta armonia cromatica. Pensi che la produzione della ceramica a Caltagirone risale a un’epoca antichissima, è una tradizione che risale a prima della nascita di Cristo, grazie alla presenza nella zona di numerose cave d’argilla. La nostra è una ceramica difficilmente imitabile sia nella forma che nei decori, prodotta attraverso la pasta rossa che dà origine alla maiolica. Le ceramiche che arrivano dall’estremo oriente sono invece prodotte con pasta bianca, di minor qualità, anche se è innegabile che da 10 anni a questa parte l’avvento sul mercato di produzioni a basso costo provenienti dalla Cina ha impoverito le nostre casse. La concorrenza si combatte a mio avviso con la qualità, la ricercatezza delle materie prime e la maestria artigiana che è nelle nostre vene.

La Regione Sicilia offre forme di aiuto o sostentamento alla piccola imprenditoria della zona di Caltagirone, per salvaguardare questo tassello importante del made in Italy?
No, purtroppo no. Non esistono politiche della Regione che offrano aiuti concreti per non far morire un comparto, tutto è demandato alla capacità individuale dei singoli artigiani, che hanno tentato negli scorsi anni di unirsi in forme associative, sono stati fatti dei tentativi di dare vita a consorzi sul territorio, ma purtroppo le aziende sono troppo piccole e differenziate per poter avere una reale incisività sul mercato. Noi come Associazione Ceramisti Calatini abbiamo deciso di organizzarci con un punto vendita in cui espongono e vendono circa 40 artigiani della zona e con un sito internet, per far conoscere le nostre produzioni in Italia e nel mondo.

Qualche mese fa la Sicilia è balzata agli onori delle cronache per il rischio default dei conti della Regione. Come vanno oggi le cose? Quali sono le maggiori criticità per il vostro settore?
Lei ha presente Caporetto? La situazione attuale è tragica e soprattutto non si può modificare con nessun tipo di azione. Per il nostro settore la Regione non fa nulla: in passato venivano offerte alle piccole imprese del settore della ceramica sovvenzioni finalizzate alla partecipazione delle aziende alle fiere di settore in tutta Italia, prima fra tutte il Macef di Milano, anche se poi a conti fatti i soldi erano sempre pochi e alla meglio si finiva nell’ultimo padiglione in fondo alla fiera. La Regione non si è mai curata di dare una buona visibilità ai suoi prodotti, alle particolarità industriale che la caratterizzano, come la ceramica artistica per esempio, che viene prodotta non solo a Caltagirone ma anche a Santo Stefano e Sciacca. Si poteva, si doveva fare molto di più.

Alessia CASIRAGHI

Rischio default Sicilia? Per salvarsi fare inversione a U e non abbandonare l’isola

 

Clima incandescente in Sicilia, e non parliamo solo di quello afoso tipico della stagione o della fumosa  cima “della montagna”, l’Etna. E’ a rischio default sì o no la bella terra di Trinacria? Cosa ne dicono i siciliani D.O.C.? E chi fa impresa, per davvero e con serietà, come sta affrontando la situazione?

Infoiva prosegue il focus della settimana a tu-per-tu con il Dottor Vittorio Messina, presidente vicario della Confesercenti regionale.

Dottor Messina, come stanno vivendo gli esercenti della sua Regione questo pericolo di collasso del sistema?
Direi in maniera drammatica, sconfortati per i numeri della crisi che, nel solo settore del commercio, segnano la perdita di 12 mila posti di lavoro, senza contare quelli che si nascondono dietro il sommerso e che sfuggono alla statistica. Fra il 2011 e il 2012 sono invece circa 15 mila le aziende che si sono viste costrette a far fronte alla chiusura o al fallimento, come riportano i dati forniti dalle associazioni di categoria.

La recente stagione dei saldi e quella turistica stanno aiutando il sistema esercenti? Il trend dei consumi e dei fatturati delle piccole imprese dell’isola sono in positivo?
E’ ancora presto per fare un bilancio che possa valutare l’incidenza della stagione turistica rispetto alle vendite, ma già dalle prime settimane dei saldi si conferma un trend decisamente negativo che anche quest’anno vede il settore del commercio al dettaglio come quello più colpito dalla crisi. In Sicilia inoltre va considerato che, dato l’esiguo numero di industrie presenti nel territorio, il settore del commercio è quello che fornisce occupazione più di tutti gli altri, rappresentando ben il 33 per cento delle imprese operanti nell’Isola, rispetto al 27 per cento della media nazionale, secondo quanto rimarcato dal Rapporto Sicilia 2011 di Unioncamere Sicilia.

Che cosa servirebbe, per lei, per risanare l’economia della sua Regione?
Un’inversione ad U nel modo non solo di amministrare il pubblico denaro ma di tenere in considerazione le esigenze di chi porta avanti un’intrapresa economica che deve essere vista come un occasione di crescita per tutto il territorio. Non è una sorpresa rilevare che il primo ostacolo che incide maggiormente nella crisi delle imprese del settore è la crescente riduzione del mercato interno a fronte altresi di continuo aumento dei costi di produzione. Allo stesso modo, stando al sondaggio stilato nel Rapporto Sicilia di Unioncamere, il 45 per cento degli imprenditori isolani intravede nella riduzione dei costi il fattore determinante per tornare a competere e a contrastare la crisi. Un altro problema molto avvertito è quello dell’accesso al credito. Noi viviamo in una terra molto attraente ma non facciamo nulla per approfittare dei doni che la natura ci ha reso, anche dal punto di vista delle risorse immateriali di cui l’Isola è ricca. Penso alle giovani energie che non riusciamo a trattenere.

Ed il buon nome della Regione Sicilia?
A conferma delle cose già dette prima, ritengo che il buon nome della Sicilia necessita di interventi non solo di maquillage ma di segnali concreti che ne rilancino l’affidabilità del sistema regionale verso chi intende investire nell’isola o verso chi dobbiamo convincere a non abbandonare la Sicilia. In questa direzione la politica locale non aiuta questo compito che è molto impegnativo ma che rappresenta la vera sfida culturale per l’intera classe dirigente.

Come sta andando la stagione: quest’anno in moltissimi hanno puntato sulla Sicilia, dice che questo trend aiuterà la vostra piccola economia?
Purtroppo non riusciamo ad attrezzarci per cogliere le potenzialità di una tendenza che è reale. L’Isola è a metà classifica nel gradimento dei visitatori, ma si riducono le permanenze per i costi. La programmazione degli eventi nella stagione estiva viene fatta con molto ritardo. I collegamenti con le isole minori lasciano a desiderare. Una nota di speranza potrebbero essere i distretti turistici di recente istituzione per organizzare un’offerta che sia adeguata all’appeal dei luoghi.

I negozi e gli esercizi, ad oggi, sono grandi indirizzi del franchising o piccole imprese familiari? Quali sono quelle che stanno resistendo di più alla crisi? Ci dia qualche numero.
In prevalenza sono imprese familiari, ma anche diversi sono i punti vendita in franchising. Condivido intanto la necessità di istituire un tavolo permanente che abbia come obiettivo principale quello di monitorare la crisi del commercio con particolare riferimento al settore terziario, come proposto recentemente dall’assessore regionale alle Attività Produttive, Marco Venturi. Un percorso virtuoso da intraprendere subito d’intesa con le forze sociali perché i problemi del commercio sono sovrapponibili a tutti gli altri settori produttivi dell’economia siciliana, tali da suggerire risposte organiche e urgenti tenendo conto che i lavoratori vanno  considerati una risorsa su cui investire e non certo un problema. Nel corso dei primi mesi del 2012 la tendenza negativa  è andata ancora più accentuandosi: 3 mila 337 esercizi commerciali hanno chiuso i battenti, con una stima che potrebbe toccare, alla fine dell’anno, quota 13 mila 400 fra fallimenti o chiusure di imprese dedite al commercio. Anche quest’anno il settore più colpito è quello del commercio al dettaglio, seguono le imprese di vendita all’ingrosso e quelle di commercio all’ingrosso e al dettaglio .

Secondo lei, ha senso intraprendere nuove start up, oggi, nella sua Regione?
Ha senso sicuramente e non solo perché abbiamo il dovere di fare professione d’ottimismo. Ha senso perché ci sono  grandi potenzialità da sfruttare in questa meravigliosa terra, perché esistono le condizioni per utilizzare le opportunità che vengono offerte dalle misure a sostegno delle nuove imprese e perché abbiamo un grande patrimonio sociale da mettere a valore se sappiamo motivare le nuove generazioni che aspettano segnali incoraggianti per organizzare insieme la speranza del territorio.

 

Paola PERFETTI

Sicilia a rischio crollo?

Voci allarmanti, una lettera scritta di pugno dal Presidente del Consiglio e un susseguirsi si smentite e conferme. Tre gli attori in scena: Raffaele Lombardo, Presidente della Regione Sicilia, il presidente Mario Monti e Confindustria.

La Sicilia è davvero a rischio default?

Ci sono delle criticità, nessuno lo nega, ma il nostro debito è di circa 6 miliardi e pesa su un bilancio di 27 mld” sono le ultime dichiarazione del Presidente Lombardo, che ha confermato la presenza di “un’obiettiva crisi di liquidità nei conti della Regione”.

A fare i conti in tasca ai piccoli imprenditori ci ha provato Infoiva, grazie all’aiuto di Giuseppe CasconePresidente di CNA Sicilia (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccole e media impresa). A lui abbiamo chiesto quanto la gravità della situazione politica nella Regione, che ormai ha assunto proporzioni nazionali, incida sulla piccola e media imprenditoria e quali sono le reali difficoltà che un’azienda o un aspirante imprenditore sono costretti ad affrontare, per ‘fare impresa’ in una Regione ancora così ricca di contrasti e luci e ombre.

La piccola imprenditoria in Sicilia: quante sono le piccole imprese? In quali province sono maggiormente diffuse? Quali settori produttivi sono favoriti?
La piccola impresa è diffusa in maniera omogenea in tutte le 9 province siciliane e rappresenta l’asse portante del sistema produttivo, soprattutto oggi dopo il venir meno, nel nostro territorio, di una grande industria come la Fiat. Agricoltura, Artigianato e Commercio sono i settori in cui operano le oltre 300.000 imprese del territorio siciliano.

La Regione offre degli incentivi a chi decide di avviare una nuova attività in Sicilia?
Purtroppo oggi in Sicilia non c’è alcuna misura incentivante per le imprese Start Up.

Quali sono le maggiori difficoltà che un aspirante imprenditore deve affrontare nell’avviare la propria attività?
I giovani che vogliono intraprendere una nuova attività imprenditoriale devono combattere con la burocrazia per le autorizzazioni e con le banche per i finanziamenti necessari.

Negli ultimi giorni è balzata alle cronache la notizia di un possibile rischio default della Sicilia. Le cose stanno davvero così?
Non so se la Sicilia stia rischiando di fallire, quello che so è che migliaia di imprenditori siciliani sono in difficoltà soprattutto perché la Regione Sicilia non fa niente per il lavoro produttivo dentro le imprese.

A questo proposito, lo Stato ha reagito con l’immissione di 400 milioni di euro nelle case della Sicilia. Il problema della mancanza di liquidità quali conseguenze ha avuto sulla piccola imprenditoria? Quante imprese sono state costrette a chiudere?
Al 31 dicembre del 2011 le imprese artigiane iscritte agli albi camerali risultavano 5 000 in meno rispetto a qualche anno fa. Le conseguenze di un calo così profondo sono da riscontrarsi nella crisi economica e nell’ assoluta mancanza di iniziative da parte della Regione e dello Stato volte a contrastare la crisi.

Quanto la pressione fiscale (in questi giorni si parla di livelli record, pari al 55%) soffoca la piccola e media imprenditoria in Sicilia?
La pressione fiscale è molto più pesante in Sicilia che nel resto del Paese per l’inefficienza degli Enti locali e della Regione. Sulle imprese Siciliane si riversa il costo della macchina pubblica regionale e i costi della Sanità, l’Irap costa di più alle imprese siciliane che alle imprese del nord.

La conseguenza di una pressione fiscale così alta è l’evasione? Quanto è diffusa?
Il lavoro nero e l’evasione sono una piaga che affligge tutte e 9 le province siciliane. Si tratta di fenomeni che vanno contrastati, lo Stato deve intervenire, soprattutto in alcuni settori, come quello dei servizi alle persone.

Su cosa dovrebbe puntare la piccola imprenditoria siciliana in un momento di crisi così forte come quello che stiamo vivendo?
La preoccupazione dell’imprenditoria siciliana dovrebbe essere quella di puntare sui mercati interregionali e su processi e prodotti innovativi.

Che cosa potrebbe fare lo Stato per venire in soccorso delle piccole realtà imprenditoriali della vostra regione?
Lo Stato deve assicurare sicurezza alle imprese , liberalizzazioni, riduzione della spesa pubblica e quindi delle tasse e soprattutto sburocratizzazione di tutte le procedure.

La Sicilia ha la classe politica che si merita? Secondo noi no, secondo lei?
Ogni popolo ha la classe politica che si merita perché la sceglie con il proprio voto. E’ tempo che i siciliani scelgano di cambiare davvero, rinnovando e ringiovanendo la propria rappresentanza politica.

Alessia CASIRAGHI