Ecco come (e di quanto) si sono alleggerite le buste paga degli italiani

di Vera MORETTI

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro fornisce chiarimenti circa gli effetti che le nuove addizionali Irpef regionali e comunali.

La nota dolente è che si faranno sentire sulle buste paga dei lavoratori dipendenti e sulle pensioni perché “lavoratori dipendenti e pensionati pagheranno il loro tributo al salvataggio del Paese”. E le buste paga saranno alleggerite a seconda della città in cui si pagano le tasse, anche se l’aumento delle addizionali regionali è uguale per tutti, ovvero dello 0,33%.

Gli scaglioni di reddito interessati sono pari a 20.000 euro, 40.000 euro e 60.000 euro e il calcolo è effettuato sullo stipendio lordo annuo.
In ciascuna provincia e per ciascuno scaglione di reddito, sono stati fatti i confronti con i singoli prelievi che sono con segno positivo (maggiore prelievo) e automaticamente è stato messo in evidenza quanto diminuisce il netto in busta (con segno negativo).

Con questo metodo, emerge che nel Lazio il netto in busta paga scende di 86 euro su un reddito di 20mila euro l’anno, di 172 su 40mila e di 258 su 60mila. In Lombardia, il netto diminuisce di 65,48 euro per il primo scaglione, di 210,46 per il secondo e di 316,46 per il terzo. In Puglia, la perdita è, rispettivamente, di 126 euro, 276 e 442 euro. La situazione è uguale per coloro che abitano in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Sicilia: si perdono 66 euro su 20mila annui, 132 euro su 40mila e 198 euro su 60mila.

Fondi anti-sismici anche per i privati

di Vera MORETTI

Nonostante molti lo ignorino, il Governo ha stanziato un miliardo di euro, per l’esattezza 965 milioni, tra il 2010 e il 2016 per la prevenzione anti-sismica.

La prima tranche di questo finanziamento, che consisteva in 42,5 milioni ed era stata erogata nel 2010-2011 (quasi tutti spesi), ora ne parte una seconda, più consistente, da 145,1 milioni, che si contraddistingue non solo per la cifra, ma anche perché per la prima volta riguarderà anche gli edifici privati.
A chi sono diretti questi finanziamenti? Le quote più consistenti andranno, ovviamente, a Regioni e Comuni a più elevato rischio sismico e in particolare a Calabria, Sicilia e Campania, poi Friuli, parte del Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo, Molise, Marche, parte del Lazio, Toscana, Basilicata.

La domanda che sorge spontanea è se la cifra stanziata è sufficiente. Risponde Mario Dolce, dal 2006 capo dell’ufficio Rischio sismico e vulcanico della Protezione civile: “E’ tanto rispetto a quanto fatto finora e possono diventare 1,5-2 miliardi con i co-finanziamenti regionali e privati. Dopodiché, certo, per mettere in completa sicurezza sismica gli edifici pubblici e privati in Italia servirebbero 100-300 miliardi. Occorre considerare, però che i terremoti degli ultimi 50 anni sono costati circa 150 miliardi e 4.500 vittime“.

Per quanto riguarda la tranche di 42,5 milioni, stanziata a fine 2010, è stata destinata per 4 milioni a indagini di microzonazione sismica, per 34 min a interventi su edifici pubblici e per altri 4 milioni a infrastrutture.
La seconda tranche, anche grazie alla liquidità maggiore, darà la possibilità di assegnare una cifra compresa tra un minimo di 26 a un massimo di 52 milioni di euro ai privati, con bandi comunali, per la messa in sicurezza anti-sismica delle loro abitazioni.

Si tratta di un successo, considerati i precedenti, ma questi fondi copriranno solo una quota minoritaria della spesa, oscillante fra il 20 e il 60% circa a seconda del tipo di intervento e delle condizioni dell’edificio, e il resto dovranno metterlo i privati. Per saldare la quota rimanente, comunque, sarà possibile beneficiare anche delle detrazioni Irpef del 36%, arrivando così a una copertura dei costi complessivi stimabile fra il 50 e il 75 per cento.

Alla microzonazione sono assegnati 10 milioni, 130 milioni insieme alle categorie degli interventi su edifici e opere pubbliche d’interesse strategico e edifici privati (a questi ultimi il 20-40%, a scelta della Regioni); e infine 4 milioni per altri interventi urgenti e indifferibili.
Agli edifici privati di rafforzamento locale spettano contributi pari a 100 euro a metro quadrato di superficie lorda coperta dell’edificio, che, in sostanza, copre il 50% del costo totale, mentre per il miglioramento sismico si sale a 150 euro.

Contributi alle filiere produttive delle biomasse

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha approvato un bando con il quale cerca di sviluppare il processo di attivazione delle filiere produttive delle biomasse in alcune regioni meridionali (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia).

Il testo prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro a sostegno delle filiere produttive sviluppate dalle società, dai consorzi e dalle società consortili, che adottino uno statuto che contenga un esplicito riferimento allo svolgimento – anche attraverso il ricorso a componenti della propria compagine sociale o consortile – di tutte le attività economiche inerenti al ciclo di vita della biomassa, oggetto del programma di investimento.

I richiedenti potranno avere accesso ai contributi per due diverse classi di investimento. La prima è relativa al settore dell’energia, con ammissione di spese per impianti di cogenerazione e trigenerazione alimentati da biomasse legnose, biocombustibili liquidi, biogas o della frazione organica di rifiuti solidi urbani, con potenza da 1 a 4 MWe, e impianti di produzione di energia termica associati ad una rete di teleriscaldamento o teleraffrescamento, alimentati da biomasse legnose, biocombustibili liquidi o biogas, con potenza tra i 3 MWt e i 20 MWt.

Fonte: gazzettadellavoro.com

Sicilia: approvato codice etico per le imprese

di Vera MORETTI

E’ stato approvato il codice etico a cui dovranno attenersi artigiani e piccole e medie imprese di Confartigianato Sicilia, che prevede, in primo luogo, una applicazione rigorosa dei contratti di lavoro e, di conseguenza, rapporti corretti con la pubblica amministrazione e la politica.
Il via libera è stato dato dalla giunta regionale della confederazione e presentato alla Camera di Commercio di Palermo.

Alla firma era presente anche Valeria Grasso, l’imprenditrice “coraggio” che ha denunciato i suoi estorsori, a dimostrazione che il codice vuole essere uno stimolo per osservare la legalità.

Le imprese, però, che si impegneranno ad osservare l’eticità del codice, dovranno sentire l’appoggio delle istituzioni, come ha sottolineato anche Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato: “Noi vorremmo che anche nelle rappresentanze politiche e istituzionali ci fosse un’adesione concreta e fattiva a questo codice per sviluppare l’economia in un ambiente sano“.

L’iniziativa “virtuosa” presto raggiungerà altre regioni d’Italia.

In Sicilia protesta il Movimento dei Forconi

La crisi ha portato all’esasperazione alcuni settori dell’economia della Sicilia. Il Movimento dei Forconi raggruppa sotto le sue insegne, pescatori, contadini, autotrasportatori, edili e disoccupati che stanno bloccando i punti nevralgici dell’isola. Il movimento chiede le dimissioni del presidente regionale Raffaele Lombardo e la riforma delle classe politica. I trasporti sono bloccati, centinaia di persone sulle barricate chiedono la defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica.

Fonte: nanopress.it

Microimprese: se il posto fisso non è più un miraggio

di Alessia CASIRAGHI

Il miraggio del posto fisso non sembra più così lontano. Almeno se si guarda alle microimprese. Sono loro infatti, dati alla mano, le aziende ad aver garantito nel 2011 ai propri dipendenti più sicurezze economiche e contrattuali. Termini ormai desueti come contratto a tempo indeterminato, posto fisso, stabilità economica tornano in auge se si guarda alle microimprese.

“Nel 2011 le imprese con meno di 10 dipendenti hanno offerto un lavoro a 4 persone su 10” si legge nella ricerca condotta da Fondazione Impresa, contro le grandi imprese, quelle con oltre i 250 dipendenti, che hanno garantito il posto a solo 2 italiani su 10.

Non solo: sono proprio le microimprese a garantire più stabilità con il 47% delle assunzioni non stagionali a tempo indeterminato, un dato superiore di 2 punti percentuali rispetto al dato complessivo (44,9%).

Dati alla mano, quello che sorprende è che sono proprio le piccole imprese del Mezzogiorno ad avere una propensione maggiore ad offrire il posto fisso: al primo posto troviamo la Sicilia (66,3%), seguita da Campania (63,5%) e Molise (61,9%). Nel Nord Italia capofila è il Veneto, con il 41,4% di assunzioni a tempo indeterminato per le microimprese.

Un dato in controtendenza se si pensa che nel terzo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione registrato nel Mezzogiorno era pari al 12,4%, con picchi riguardanti la disoccupazione giovanile al 36,7%, e un tasso di inattività con punte del 49,6%.

Le microimprese non hanno paura di investire e appaiono il vero traino dell’economia in un momento di profonda crisi. “Le microimprese hanno già dimostrato di sostenere l’occupazione nel medio periodo e anche durante la crisi – confermano i ricercatori di Fondazione Impresa. – Nell’anno più buio, il 2009, hanno perso appena l’1% dell’occupazione mentre l’intero sistema delle imprese ha evidenziato una contrazione occupazionale doppia (-2%). E con le prospettive economiche di recessione per il 2012 la piccola impresa potrebbe continuare a rappresentare il vero ammortizzatore sociale dell’economia italiana”.

Al via i saldi: serviranno a risanare un’annata difficile?

di Vera MORETTI

Una volta si diceva che “l’Epifania tutte le feste si porta via” e, in concomitanza con l’archiviazione di alberi di Natale, decorazioni e presepi, che per un anno tornavano a riposare in soffitta, si dava il via alla stagione dei saldi invernali.
Ma ora, complice un’annata disastrosa e una crisi che ha pesantemente condizionato le spese degli italiani, i negozianti stanno già disfacendo palle ed addobbi dalle loro vetrine per lasciare spazio ad enormi insegne che non lasciano dubbi: i saldi non aspettano la Befana, ma giocano d‘anticipo.

Ad inaugurare la stagione dei ribassi è stata la Sicilia, dove da ieri è possibile acquistare prodotti scontati, ma sarà presto seguita da tutte le altre regioni dal 5 gennaio. Ad eccezione di Molise ed Alto Adige, che daranno il via agli sconti “solo” il 7 e la Valle D’Aosta, che aspetterà fino al 10 gennaio, quando anche gli ultimi turisti se ne saranno andati.
Giorno più, giorno meno, comunque, la stagione di promozioni e ribassi è arrivata, e con essa la speranza, da parte degli acquirenti, di potersi aggiudicare ciò che era stato accantonato ad un prezzo favorevole.

Le stime rese note dall’Ufficio Studi di Confcommercio parlano di 403 Euro che ogni famiglia spenderà per capi di abbigliamento ed accessori, per un totale di 6,1 miliardi di Euro, pari al 18% del fatturato annuo del settore. La media, dunque, dovrebbe essere di 168 Euro a persona, che viene accolta con ottimismo da parte delle associazioni consumatori e con sfiducia da parte dei commercianti, perché la situazione economica si rifletterà, anche in questo caso, sulle spese degli italiani.
Più pessimista è il Codacons, che prevede, per questa stagione, un flop clamoroso con il 40% delle famiglie in grado di spendere, e comunque con un budget ridotto all’osso, per una spesa totale di 11 Euro pro capite. Se ciò dovesse corrispondere a realtà, le vendite registrerebbero un calo del 30% rispetto ai precedenti saldi invernali.
Stessa “fumata nera” arriva da Federcosumatori e Adusbef che stimano una spesa complessiva di 2,4 miliardi di euro, con una spesa di 223 Euro a famiglia.
Insomma, la stagione appena inaugurata rischia di rappresentare una vera e propria Caporetto per i commercianti, e di conseguenza per l’economia nazionale.

E c’è chi dice che una delle cause di questa stagione negativa sia la scelta di inaugurare la stagione dei saldi solo con il nuovo anno e non, come avviene in paesi come Stati Uniti ed Inghilterra, a ridosso o subito dopo Natale.
Lillo Vizzini, di Federconsumatori, ha infatti affermato: “Anticipare le vendite a saldo, come avvenuto in molte città a livello internazionale, avrebbe sicuramente aiutato a registrare un andamento delle vendite meno disastroso. Credo sia venuto il momento di rivedere le norme sui saldi e le vendite promozionali”.

Le associazioni dei consumatori, inoltre, mettono in guardia gli acquirenti sulle “truffe” nelle quali si potrebbe incappare, e si rivolgono soprattutto a chi, preso dalla foga dello shopping, potrebbe essere un bersaglio perfetto. A questo proposito, infatti, si ricorda di diffidare degli sconti superiori al 60%, non comprare capi che non possono essere provati e di far valere il diritto di pagare con carte di credito e bancomat in tutti i negozi in possesso del Pos.

La regola d’oro, comunque, rimane quella di “verificare, prima della partenza ufficiale dei saldi, il prezzo pieno del prodotto che si intende acquistare. Solo in questo modo sarà possibile valutare la reale convenienza dell’acquisto e combattere le furbate di qualche commerciante scorretto”, aggiunge Vizzini.

In conclusione, dunque, possiamo dire che la speranza è l’ultima a morire, e, finché la stagione non sarà partita ufficialmente e non sarà possibile fare una stima reale circa l’andamento delle vendite, si fa affidamento sui prezzi, che con i saldi diventano davvero vantaggiosi, e sul freddo, che finora si è fatto attendere, per incoraggiare gli acquirenti a comprare più di quanto ci si aspetta.

Se il Natale non è riuscito a “compiere il miracolo”, riusciranno i saldi ad evitare la caduta libera verso la quale le vendite stanno precipitando?

Ecco, di seguito, il calendario della stagione dei saldi regione per regione:

 

  • ABRUZZO: dal 5 gennaio al 4 marzo;
  • BASILICATA: dal 2 gennaio al 2 marzo;
  • CALABRIA: dal 5 gennaio al 28 febbraio;
  • CAMPANIA: dal 5 gennaio per 90 giorni;
  • EMILIA ROMAGNA: dal 5 gennaio per 60 giorni;
  • FRIULI VENEZIA GIULIA: dal 5 gennaio al 31 marzo;
  • LAZIO: dal 5 gennaio al 15 febbraio;
  • LIGURIA: dal 5 gennaio al 18 febbraio;
  • LOMBARDIA: dal 5 gennaio per 60 giorni;
  • MARCHE: dal 5 gennaio all’1 marzo;
  • MOLISE: dal 7 gennaio per 60 giorni;
  • PIEMONTE: dal 5 gennaio per 8 settimane;
  • PUGLIA: dal 5 gennaio al 28 febbraio;
  • SARDEGNA: dal 5 gennaio per 60 giorni;
  • SICILIA: dal 2 gennaio al 15 marzo;
  • TOSCANA: dal 5 gennaio per 60 giorni;
  • UMBRIA: dal 5 gennaio per 60 giorni;
  • VALLE D’AOSTA: dal 10 gennaio al 31 marzo;
  • VENETO: dal 5 gennaio al 28 febbraio;
  • BOLZANO e provincia: dal 7 gennaio al 18 febbraio.

L’high tech non ha più misteri per le donne impreditrici

L’Osservatorio sull’imprenditoria femminile curato dall’Ufficio studi di Confartigianato porta buone nuove a proposito, appunto, dell’imprenditoria in rosa. A quanto pare, infatti, nonostante la crisi e il clima funesto che avvolge l’economia italiana, le aziende al femminile del Belpaese non solo “reggono” ma sono le prime in Europa per quantità.

Nel 2011 risultano in Italia 1.531.200 imprenditrici e lavoratrici autonome e, se consideriamo che la Germania, seconda in classifica, ne conta 1.383.500, il primato è scuramente ragguardevole.

A conferma di questi dati è anche il peso che l’imprenditoria femminile ha sul totale delle donne occupate: si tratta del 16.4$, a fronte di una media europea del 10.3%.

Ma dove si concentrano le imprenditrici, per quanto riguarda il territorio? La regione leader è il Friuli Venezia Giulia, seguito da Emilia Romagna e Umbria. Maglia “nera”, invece, per Calabria, Sicilia e Puglia.

I settori che impegnano maggiormente questo piccolo grande esercito non sono più quelli prevalentemente femminili, perché, ormai, le donne si occupano anche di high tech. La presenza “rosa” in questo campo è di 12.261 imprenditrici, che ora è riduttivo definire pioniere, e che si occupano di robotica, elettronica, chimica farmaceutica, produzione di software e apparecchiature ad alta precisione, telecomunicazioni, ricerca scientifica e consulenza informatica, per un totale del 22.5% di imprese innovative capitanate da donne.

Un bel numero, che ci auguriamo possa aumentare ancora di più.

Vera Moretti

Le imprese siciliane in crisi si appellano ad un manifesto

Per far fronte alla crisi, le associazioni siciliane di categoria dell’artigianato, commercio, agricoltura e cooperazione hanno presentato a Palermo un manifesto con le proposte programmatiche necessarie per superare questo periodo di difficoltà. L’appello al governo è molto semplice: far approvare una legge che contenga otto misure indispensabili per salvare le imprese siciliane.

L’iniziativa è stata promossa da Rete Imprese Italia Sicilia (Confcommercio-CNA-Confesercenti-Confartigianato-Casartigiani), AGCI Sicilia, CIA Sicilia, CLAAI Sicilia, Confagricoltura Sicilia, Confcooperative Sicilia, Legacoop Sicilia.

Giuseppe Cascone, coordinatore di Rete Imprese Italia Sicilia, ha così commentato: “Abbiamo una grande responsabilità, noi stiamo facendo la nostra parte: avanziamo proposte concrete, ma il governo e tutto il mondo politico devono ascoltarci, per il bene della nostra isola“.

Col “manifesto” vengono chiesti un piano straordinario per il lavoro; assicurare il credito alle imprese e i pagamenti della pubblica amministrazione; abbattere le tasse; ridurre le procedure burocratiche attivando la semplificazione; garantire i servizi sociali e le politiche di welfare; contrastare le attività abusive; sostenere tutti i settori strategici dell’economia, in particolare agricoltura, commercio, artigianato e turismo; ridurre drasticamente i costi della politica e della Regione.

Sono 100mila i manifesti che saranno distribuiti e affissi nelle attività commerciali, negozi e botteghe artigiane della Sicilia.

Vera Moretti

Confartigianato Sicilia: agevolazioni per le imprese rosa

Agevolare tramite un sostegno creditizio le 3000 imprese femminili del territorio siciliano che rischiano la chiusura. Maria Concetta Cammarata, presidente regionale di Confartigianato Donne Impresa ha incontrato il presidente dell’ABI Sicilia Roberto Bertola, responsabile di territorio del Gruppo Unicredit, per discutere le misure da adottare al fine di offrire un sostegno economico alle quote rose della realtà imprenditoriale siciliana.

Nell’isola infatti, sono circa 3000 le donne imprenditrici che rischiano la chiusura della propria azienda a causa delle anomalie presenti all’interno del sistema bancario, che di frequente disattende gli accordi stipulati a livello nazionale con le Associazioni di categoria.

A denunciarlo è proprio Maria Concetta Cammarata, presidente regionale di Confartigianato Donne Impresa: “accade sempre più spesso che i referenti di zona e le agenzie locali non applichino i protocolli d’intesa siglati, opponendo alle imprese del territorio eccessivi ostacoli, determinandone talvolta anche il fallimento. In più, i Direttori delle filiali non informano le imprese dell’esistenza di misure di agevolazione concepite proprio per favorire l’accesso al credito da parte delle PMI. Come le garanzie prestate dai Consorzi fidi che possono arrivare sino al 50%, consentendo agli imprenditori – altrimenti non capaci di adeguata copertura – di accedere ai finanziamenti, e la possibilità di beneficiare di un abbattimento del 60% degli interessi dovuti sugli affidamenti, fruibile nel caso di Confidi convenzionati con la Regione.”

Al termine dell’incontro, il responsabile per la Sicilia del Gruppo UniCredit, Roberto Bertola ha confermato il proprio impegno nell’aprire un dialogo con la Confartigianato, al fine di trovare degli accordi che favoriscano la crescita delle imprese al femminile, ma soprattutto per esaminare i casi concreti di irregolarità.

Alessia Casiraghi