Come compilare il prospetto capitali e riserve di Unico 2012

Per le società di capitali che sono tenute a presentare il modello Unico 2012 c’è l’obbligo di evidenziare, nel Prospetto del capitale e delle riserve del quadro RF le movimentazioni delle riserve avvenute nel 2011.

Il motivo deriva dall’esigenza di controllare, indipendentemente dai soggetti e dai bilanci, la struttura del patrimonio netto.

I dai da indicare nel riquadro devono essere distinti:

  • per “masse”, ovvero raggruppando le poste di natura omogenea anche se rappresentate in bilancio da voci distinte;
  • tra riserve “di utili”, “di capitale” ed “in sospensione d’imposta” in relazione al diverso trattamento fiscale in capo ai soci degli utili distribuiti dalla società in ossequio alle diverse “presunzioni” fiscali di distribuzione.

In caso di poste aventi ai fini fiscali natura mista (parte capitale e parte utile) il relativo importo va suddiviso nelle due componenti e riclassificato nei corrispondenti righi.

Per quanto riguarda le presunzioni fiscali si ricorda che:

  • Art. 47 c. 1 TUIR: indipendentemente dalla delibera assembleare, “si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale per la quota di esse non accantonata in sospensione d’imposta”. Questa presunzione non sussiste per le riserve di utili in “sospensione d’imposta” e per quelle “indisponibili” dal punto di vista civilistico. Si ritiene, inoltre, che tale presunzione non operi in caso di utilizzo delle riserve di utili per la copertura di perdite.
  • Art. 1 co. 2 DM 2/04/2008: “A partire dalle delibere di distribuzione successive a quella avente ad oggetto l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007, agli effetti della tassazione del soggetto partecipante, i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati con utili prodotti dalla società o ente partecipato fino a tale esercizio”. Pertanto, i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati con utili prodotti ante 31/12/2007. Se le riserve di utili sono utilizzate per finalità diverse dalla distribuzione secondo l’Agenzia “si possono considerare utilizzate prioritariamente le riserve formate con utili prodotti in esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007”.

Per compilare correttamente il prospetto bisogna considerare il diverso trattamento fiscale delle distribuzioni ai soci degli utili, delle riserve di utili e delle altre riserve e fondi facendo particolare attenzione:

  • alla diversa tassazione degli utili ante e post 2007 e delle altre riserve o fondi;
  • alla presunzione assoluta secondo cui sono distribuiti prioritariamente l’utile d’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale.

Nel dettaglio, nei righi da RF106 a RF115 occorre indicare:

  • il saldo iniziale, ovvero l’importo risultante dal bilancio dell’esercizio precedente a quello cui si riferisce la dichiarazione;
  • gli incrementi e decrementi: si tratta delle variazioni delle poste di Patrimonio netto intervenute nel corso dell’esercizio;
  • il saldo finale: ovvero l’importo derivante dalla somma algebrica delle precedenti colonne che costituirà anche il dato di partenza (“Saldo iniziale”) del prospetto della successiva dichiarazione.

Per quanto riguarda le srl in regime di trasparenza fiscale (art. 116 TUIR) è stabilito che:

  • gli utili e le riserve di utili formatesi anteriormente l’esercizio dell’opzione sono tassate in capo ai soci secondo le ordinarie modalità;
  • gli utili maturati in regime di trasparenza non concorrono a formare il reddito dei soci, anche se distribuiti successivamente al periodo di validità dell’opzione;
  • ai fini della copertura delle perdite pregresse mediante riserve di utili vanno prioritariamente utilizzate le riserve “trasparenti”.

Vera MORETTI

L’impresa migliore? La cooperativa

di Vera MORETTI

Per entrare nel mondo dell’imprenditoria, la soluzione migliore sembra essere l’impresa cooperativa, o, almeno, questo è quanto pensa la maggioranza dei liguri, a seguito di un sondaggio condotto da Legacoop Liguria nel 2011.

A quanto pare, infatti, le cooperative offrono maggiori garanzie, ma si dimostrano anche più dinamiche rispetto alle società di capitali e guidate da dirigenti competenti.
Ma non solo in Liguria la pensano così, perché sembra che le cooperative incontrino consensi a livello nazionale, per ben i 2/3 della popolazione.

Per quanto riguarda i risultati della ricerca, però, le percentuali sono maggiori rispetto al trend nazionale, con un 67% degli intervistati che riconosce alle cooperative maggior dinamicità e lungimiranza verso il futuro, e un 44% che sceglie di mettersi in proprio optando per una società cooperativa.

I pregi di questo tipo di impresa riguardano anche una superiore qualità del lavoro svolto e l’attenzione verso le esigenze del cliente, la cui soddisfazione risulta più importante del guadagno. E questo, sicuramente, è una rarità.

Il presidente di Legacoop Liguria, Gianluigi Granero, ha confermato che l’immagine delle cooperative si è evoluta rispetto al passato: “Non vengono più viste soltanto come realtà rivolte soprattutto alla solidarietà ed al sociale ma come dei veri e propri “incubatori di business”, come una possibile via d’uscita alla staticità dell’attuale andamento economico-finanziario”.

La crisi colpisce le società di persone

di Vera MORETTI

Le società di capitali, soprattutto quelle a responsabilità limitata, sono aumentate in Lombardia del 7,6% negli ultimi 4 anni e dell’1,5% nel 2011.

A registrare una maggiore crescita sono state le provincie di Mantova, +14,7%, Monza e Brianza, +14,2%, Bergamo, +13,8, e Pavia, +12,9%.
Periodo felice anche per le cooperative, aumentate, sempre secondo le stime degli ultimi 4 anni, del 18% a Bergamo, del 14,1% a Como e dell‘11% a Milano.

Tutto ciò a discapito delle società di persone, che sono calate, dal 2007, del 6,7%, con una ripresa che le ha portate a -0,1% nel 2011. Ad arginare i dati negativi sono i risultati provenienti da Sondrio, +0,5%, Bergamo, +0,4%, Lecco e Milano, entrambe a +0,2%.

Questi numeri sono stati discussi presso la Camera di Commercio di Milano in occasione del convegno: “Le diverse forme dei soggetti economici in Italia: modelli di crescita e nuove forme di cooperazione”.
Ciò che è emerso è che la crisi ha penalizzato pesantemente le società di persone, e modelli alternativi di governance rispetto a quelli tradizionali. A fare questa scelta, infatti, sono state solo le società per azioni non quotate, che dunque preferiscono un sistema di amministrazione e controllo di tipo monistico. Questo sistema sembrerebbe contraddistinguere società caratterizzate da una maggiore presenza di soci azionisti persone fisiche mentre nelle società con sistema di governance dualistico sembra siano i soci persone giuridiche a prevalere.
Oltre a ciò, c’è chi punta sull’appoggio a revisori esterni per la contabilità aziendale e dimostra di avere un certo interesse verso le emissioni di titoli di debito per le srl.

La musica cambia, invece, quando si tratta di società di capitali, che hanno registrato un aumento record del 23% in quasi cinque anni, e delle cooperative, forti di un +10,3% nello stesso lasso di tempo, a discapito di una flessione del 5,8% delle società di persone dal 2007 ad oggi.

Bruno Ermolli, Presidente dell’Osservatorio sul Diritto Societario della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato:

L’impegno del nostro Osservatorio che riunisce gli esponenti del mondo economico, sociale, istituzionale ed accademico riguarda il monitoraggio che realizziamo periodicamente sulla base di dati raccolti sia a livello locale che nazionale. Questi dati sono stati presentati nel corso di un’apposita “conferenza”, quest’anno dedicata all’impatto della crisi sulle imprese.
Un compito che riguarda il ruolo della Camera di commercio, che in seguito alla legge 580/93, ha anche il potere di proposta normativa per quanto riguarda il sistema delle imprese.
Gli Osservatori della Camera di commercio di Milano sono nati dieci anni fa proprio allo scopo di “ascoltare” le attese delle imprese in materia di normativa societaria, promuovere in fase ante-promulgazione il soddisfacimento di eventuali attese normative che vengono dalle imprese ed offrire al sistema delle imprese assistenza nell’interpretazione della normativa
”.

PEC: è obbligatorio esibirla?

di Vera MORETTI

La Posta Elettronica Certificata, la ormai conosciutissima PEC, è diventata obbligatoria per le società di persone e capitali iscritte al Registro delle Imprese. Questo, è diventato un dato di fatto.

Ma, la domanda che ora ci si chiede è: è obbligatorio pubblicare l’indirizzo della propria PEC sul sito web e sulla carta intestata aziendale? Insomma, la PEC diventa uno dei dati che, al pari del numero di partita Iva, deve essere esposto su tutte le pagine, cartacee e non, che riguardano la propria attività?

Per le persone fisiche, tale obbligo non sussisterebbe, a detta degli avvocati, mentre, per quanto riguarda il sito web aziendale, dovrebbe sempre apparire, per mantenersi in linea con gli obblighi di trasparenza da parte dell’impresa.

Lo conferma anche l’articolo 2050 del Codice Civile, che stabilisce che “le società che dispongono di uno spazio elettronico destinato alla comunicazione, collegato a una rete telematica ad accesso pubblico, sono chiamate a fornire, attraverso tale mezzo, tutte le informazioni relative alla sede sociale, al numero di iscrizione al Registro delle Imprese, al capitale sociale, all’eventuale stato di liquidazione, e all’eventuale dichiarazione di società a socio unico“.

E l’indirizzo di Posta Elettronica Certificata, che ormai è sempre più associato all’indirizzo fisico dell’azienda, fa parte di questi. E’ come se tale indirizzo avesse valore uguale e alternativo all’indirizzo della sede legale della società.

Questa tesi è sostenuta anche in base all’articolo 7 del decreto legislativo 70/2003, che prevede l’obbligo di rendere facilmente accessibile anche l’indirizzo di posta elettronica, quando ancora non si trattava di PEC.

Quindi, la risposta è sì, ogni homepage di siti web aziendali dovrebbe recare, tra gli altri dati, anche questo ma, per fare ordine, occorrerebbe l’intervento del legislatore che sancisca in modo esplicito l’obbligo di pubblicazione della PEC negli atti, nella corrispondenza e sulla pagina web del proprio sito.

ACE: cos’è e come si calcola

di Vera MORETTI

L’articolo 1 del Decreto Monti prevede, tra le altre cose, un’agevolazione fiscale che intende premiare gli imprenditori “virtuosi” e la capitalizzazione dell’azienda in proprio.
Tale agevolazione si chiama ACE, ovvero aiuto alla crescita economica, ed introduce la deducibilità dall’imponibile di parte dell’incremento di capitale proprio dell’impresa (calcolato rispetto al patrimonio netto alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010) moltiplicato per un coefficiente fissato annualmente dal governo.

Si tratta di una norma retroattiva, poiché si applica sulle ricapitalizzazioni realizzate nell’anno passato, ed è destinata a società di capitali, cooperative, enti commerciali, società che, pur non essendo residenti in Italia, hanno nel Belpaese la propria organizzazione. Sono comprese, inoltre, anche società di persone ed imprenditori individuali la cui contabilità sia ordinaria, ma per quest’ultima categoria occorre attendere un decreto specifico sulle modalità di calcolo, anche se non saranno molto differenti.

Per quanto riguarda le imprese soggette a IRES, il premio fiscale è dello 0,825% nel primo anno di applicazione e la deduzione si ripete negli anni successivi con una moltiplicazione del premio in caso di ulteriori incrementi di capitale.
Questa agevolazione è stata introdotta al fine di rafforzare il patrimonio delle imprese italiane con capitale netto cresciuto, nel triennio 2007-2010, più del 15%.

Con questo provvedimento, dunque, si mira a detassare le ricapitalizzazioni in una misura pari ad una percentuale di interesse simile a quella del mercato finanziario “per equiparare la deducibilità degli oneri finanziari di chi utilizza i prestiti con quella di chi si autofinanzia, con l’ulteriore beneficio della riduzione degli oneri finanziari che deriverebbero dall’utilizzo di capitali esterni“.

Come si calcola l’ACE?
Per il primo triennio, l’aliquota è stata fissata, per le società di capitali ed enti commerciali, al 3%, dopodiché verrò fissata dal MEF ogni anno entro il 31 gennaio, ed è da considerarsi coefficiente di riduzione del capitale proprio reinvestito, determinato alla chiusura dell’esercizio come differenza sull’anno precedente.
L’incremento di capitale su cui si deve applicare l’aliquota percentuale è dato dalla somma algebrica di variazioni in aumento e in diminuzione di capitale proprio rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2010.

Le variazioni in aumento riguardano i conferimenti di denaro ai soci ma non quelli in natura, che corrispondono a aumenti di capitale sociale, versamenti di sovrapprezzo di azioni o quote, versamenti in conto capitale o a fondo perduto, conversione in azioni di prestiti obbligazionali, gli utili non distribuiti ma accantonati a riserva ( dalla data della delibera di accantonamento, tipicamente la data di approvazione bilancio).
I versamenti dei soci come finanziamento non rientrano in queste categorie perché si tratta di debiti e non di poste del patrimonio netto.

Per quanto riguarda le nuove imprese, si considera incremento l’intero patrimonio conferito con l’inizio attività.

Nel caso delle COOP gli accantonamenti a riserva legale come tutte le riserve indisponibili non vengono considerati incrementi patrimoniali ai fini ACE. Sono da considerarsi decrementi di capitale l’attribuzione ai soci di utili, gli acquisti di partecipazione, gli acquisti di aziende e i conferimenti ai soci in natura a partire dal 1 gennaio dell’anno in cui sono stati effettuati.

Le perdite di esercizio, poiché non vanno attribuite a soci, ai fini ACE non sono rilevanti.

Forze nuove nel settore agricolo

di Vera MORETTI

Nel periodo compreso tra novembre 2010 e novembre 2011, l’unico settore che ha registrato un aumento delle partite Iva è l’agricoltura.

Questo perché, se in generale il gruppo dei servizi raccoglie il 45,6% delle aperture totali, è anche vero che accusa contemporaneamente il maggiore calo di aperture rispetto all’anno precedente. Assestato a -15%, infatti, “supera” anche i dati riguardanti il settore industriale, fermatosi ad un -14,8% altrettanto preoccupante.

In controtendenza, invece, il comparto agricolo, che, con un confortante +11,6%, segna un’annata in ripresa.

Questi dati, resi noti dall’Osservatorio del Dipartimento delle Finanze, inoltre rivelano che, nello specifico, prevalgono le persone fisiche, che, pur calando, arrivano al 68%, seguite a distanza dalle società di capitali, al 21,5% in grande salita e dalle società di persone, arrivate al 10%.

Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, il 41% delle nuove attività ha sede al Nord, il 23% al centro e il 36% al Sud e Isole.

Riporto delle perdite fiscali: novità per i soggetti Ires

Modifiche di rilievo per la norma relativa al riporto delle perdite fiscali in seguito all’introduzione del comma 9 dell’articolo 23 del DL 98/2011.
 
Il legislatore è intervenuto su due fronti: eliminando il limite temporale alla riportabilità delle perdite realizzate in un periodo d’imposta; introducendo un tetto quantitativo consentendo che le perdite possano essere utilizzate in diminuzione del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta in misura non superiore all’80% dell’ammontare (precedentemente non sussisteva alcuna limitazione).

In virtù delle modifiche subite dall’art. 84 del Tuir, le perdite delle società di capitali potranno essere compensate in un periodo successivo in misura non superiore all’80% del reddito di quel periodo: se la perdita è inferiore all’80% del reddito, la compensazione potrà avvenire integralmente; se viene superata tale soglia, il 20% dell’imponibile deve essere assoggettato a tassazione e la parte di perdita eccedente deve essere riportata in avanti per un eventuale utilizzo successivo.

La parte delle perdite che eccede l’80% degli utili e che non può essere dedotta nell’esercizio, può essere invece riportata negli anni successivi senza alcun limite. Nessun cambiamento invece per le perdite realizzate nel primo triennio di attività: continueranno a essere illimitatamente riportabili in misura piena, come avveniva in precedenza.

Risparmio su IRES e IRAP “per chi ci crede”.

 

Le agevolazioni del DL. 78/2009

Il DL. 78/2009 ha previsto un’agevolazione per diversi tipi di  società, che hanno effettuato aumenti di capitale sociale in un determinato periodo, pari ad un bonus del 3% su di un importo massimo.

Le società conferitarie interessate sono le società di capitali, le società cooperative, le società di persone che esercitano attività di impresa. I conferimenti possono essere effettuati da persone fisiche o da imprenditori individuali.

Sono ammessi gli aumenti di capitale sociale a pagamento, in denaro o in natura, e il capitale iniziale delle società neocostituite. Il beneficio è stato esteso dalla Circolare 53/E/2009 anche ai versamenti dei soci in conto futuro aumento di capitale e ai finanziamenti infruttiferi dei soci.

E’ necessario che gli aumenti di capitale siano perfezionati, ossia che la delibera di aumento del capitale sia iscritta nel registro delle  imprese, che i versamenti siano effettivamente eseguiti, che i soci abbiano fatto rinuncia ai crediti, esclusivamente nel periodo di agevolazione rilevante per legge che va dal 5 agosto 2009 al 5 febbraio 2010.
La detassazione consiste nella riduzione della base imponibile ai fini IRES o IRPEF e IRAP nella misura del 3% su un aumento di capitale massimo di euro 500.000 (rispetto al capitale di partenza alla data del 4 agosto) da ripartire nell’anno di ricapitalizzazione e nei 4 anni successivi e opera anche se la società è in perdita.

Dott.ssa IPPOLITA PELLEGRINI

Cosa devono ricordare le società di capitali : Limiti per bilancio abbreviato e collegio sindacale

Si ricorda che l’art. 2435-bis c.c. prevede che diventi obbligatorio redigere il bilancio in forma ordinaria se per due esercizi consecutivi vengano superati due dei seguenti tre limiti: 4,4 milioni di euro di attivo totale dello stato patrimoniale, 8,8 milioni di euro di ricavi, 50 dipendenti occupati in media.
L’art. 2377 c.c. afferma l’obbligo di nomina del Collegio sindacale quando:
– il capitale sociale è superiore a 120mila euro;
– per due esercizi consecutivi vengano superati due dei seguenti tre limiti: 4,4 milioni di euro di attivo totale dello stato patrimoniale, 8,8 milioni di euro di ricavi, 50 dipendenti occupati in media;
– la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
– la società controlla altra società obbligata alla revisione legale dei conti;
– la società ha utilizzato contributi o finanziamenti pubblici in misura superiore al limite fissato con decreto del Ministero Economia e Finanze;
– per due esercizi consecutivi venga superato il rapporto stabilito dal Mef tra i debiti e il patrimonio netto.

Cosa devono ricordare le società di capitali : Obbligo tenuta contabilità di magazzino

La tenuta della contabilità di magazzino diviene obbligatoria a decorrere dal secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui, per la seconda volta consecutiva, sono superati determinati limiti dell’ammontare dei ricavi (euro 5.164.569) e delle rimanenze (euro 1.032.914). L’obbligo viene meno a partire dal primo periodo d’imposta successivo a quello in cui, per la seconda volta consecutivamente, non sono superati i predetti limiti.
Di conseguenza, a decorrere dall’1.1.2010:
– hanno l’obbligo di redigere la contabilità di magazzino le imprese che hanno superato i predetti limiti nel 2007 e 2008;
– sono esonerate da tale adempimento le imprese che tenevano la contabilità di magazzino e che non hanno superato i predetti limiti nel 2008 e 2009.