2012 nero per il turismo nautico

Il 2012 si è concluso con un bilancio negativo anche per il turismo nautico.

I numeri parlano chiaro: rispetto al 2009, la spesa dei diportisti su territorio nazionale è crollata del 56%, con allarmanti indici negativi dei contratti di ormeggio annuali (-26%), di ormeggi di transito (-34%), di ricavi di ormeggi a gestione pubblica (-39%) e per il fatturato del settore charter (-21%).
Questi sono i dati, nefasti, riportati dal quarto Rapporto sul Turismo Nautico, a cura dell’Osservatorio nautico nazionale appena presentato a Roma.

Traducendo in cifre le percentuali, si è passati da circa 1,1 miliardi di spesa complessiva dei diportisti stanziali a poco più di 484 milioni di euro.
Aumenta l’offerta di infrastrutture portuali sul territorio nazionale: fra il 2007 e il 2012 sono aumentate del 9,6%, per un totale di 546 unità.
Al primo posto c’è la Sicilia con 89 infrastrutture, seguita dalla Sardegna (80) e dalla Liguria (53).

Vera MORETTI

Fare Sistema: la chiave per la ripresa del turismo italiano

 

Infoiva non poteva non salutare questa settimana a tutto turismo senza interpellare Marco Serioli, direttore exhibitions Fiera Milano. La scorsa settimana il polo espositivo ha ospitato BIT 2013, fulcro D.O.C. di un sistema di networking intorno al quale hanno ruotato anche le piccole imprese legate al mondo dell’ospitalità e alle sue risorse. Com’è andata?

Quali prospettive sono emerse dall’ultima Bit relativamente al settore turistico italiano?
Bit 2013 si è aperta con un convegno inaugurale in cui il Ministro Gnudi ha presentato ufficialmente il Piano Strategico per il Turismo. Si tratta di un segnale forte di attenzione verso il settore, un piano atteso da anni. La scelta di Bit come sede privilegiata per presentarlo è la conferma che il settore fieristico, e la Borsa Internazionale del Turismo, in particolare, svolge un ruolo di traino importante.

Avete già avuto un feedback dagli espositori presenti?
Il feedback dei nostri espositori ci dice che, chi si è preparato bene alla manifestazione, ha fatto molto business, incontrando anche molti stranieri. Nonostante la crisi, infatti, il numero degli operatori professionali in Bit è rimasto costante, mentre abbiamo riscontrato un comprensibile calo nel pubblico.
Il punto sta proprio qui: prepararsi, fare sistema. Il turismo italiano ha ancora ampi margini di crescita: abbiamo asset unici al mondo, che nessuno può imitare. Ma, in un mercato sempre più globalizzato, non possiamo più andare in ordine sparso confidando che, per vedere Roma o Venezia, “tanto i turisti vengono lo stesso”.
Basti pensare che oggi sono sul mercato destinazioni che 40 anni fa, quando eravamo primi al mondo, non erano nemmeno aperte al turismo internazionale. La Cina, per esempio, che non a caso quest’anno era ospite d’onore a Bit 2013: è già la terza destinazione al mondo ed entro il 2015 sarà anche il primo mercato outgoing, con importanti flussi verso l’Italia. E le economie emergenti in genere, che alla Bit di quest’anno erano protagoniste.
Dobbiamo coordinarci di più e fare sistema. Se lo facciamo, l’obiettivo indicato dal Piano di passare dall’11 al 13-14% di quota di mercato nella nostra area di riferimento, quella euro-mediterranea, è assolutamente alla nostra portata.

Si tratta di un settore che soffre di molti mali. Quali i più gravi?
Il turismo subisce innanzitutto le stesse dinamiche che affliggono in generale l’economia italiana in questo periodo.
Anche la grande frammentazione dell’offerta diventa un problema quando dobbiamo confrontarci sui mercati internazionali, dove invece i Paesi nostri concorrenti, come Francia e Spagna, possono contare su imprese di grandi dimensioni.
Ma il quadro non è solo negativo: gli imprenditori del settore hanno dimostrato un’eccezionale capacità di risposta in questi anni, sviluppando nuove proposte che rispondono alle esigenze dei target emergenti.

Lo chiediamo anche a lei: quali sono gli “anticorpi” su cui può contare per guarire?
Innanzitutto, come dicevo, l’eccezionale spirito imprenditoriale dei nostri operatori, che in questi anni hanno letteralmente creato dal nulla nuovi segmenti di offerta. Basti pensare al boom degli agriturismi, e all’enogastronomia in generale, ma anche alle molte modalità nuove in cui è stato declinato il turismo culturale, o al turismo della natura.
Per continuare a svolgere un ruolo di primo piano nell’industria turistica globalizzata, l’Italia, considerando anche la nostra struttura dei prezzi, non può che puntare sulla fascia alta e sviluppare un turismo di qualità. Dobbiamo puntare al segmento Affluent, i turisti con alta capacità di spesa, che amano il Made in Italy e lo stile di vita italiano. Il “brand Italia” è di certo un “anticorpo” molto potente: è fortissimo nel mondo ed è particolarmente apprezzato proprio nelle economie che crescono di più, come la Cina o la Russia.
Un anticorpo vincente è senz’altro puntare ancora di più sui turismi tematici, valorizzando l’incredibile varietà di paesaggi, culture, tradizioni enogastronomiche del nostro paese, di un’ampiezza probabilmente unica al mondo.
Dobbiamo anche sviluppare una politica continuativa di grandi eventi che attraggano flussi importanti di turisti, con l’obiettivo di fidelizzarne delle quote importanti. Expo 2015 è l’esempio principe di questo approccio, solo dalla Cina i Tour Operator locali si sono impegnati a portare un milione di persone. Dobbiamo far sì che non rimanga un momento isolato, ma sia il volano di una crescita costante.

In Italia la ricettività turistica è sinonimo, per la maggior parte dei casi, d’impresa familiare. Vantaggio o svantaggio? Perché?
In se stesse le dimensioni non sono né un vantaggio né uno svantaggio, sono una caratteristica. Il nostro intero tessuto economico è dominato da PMI, spesso di eccellenza, che esportano in tutto il mondo. I lati positivi delle dimensioni ridotte sono la flessibilità e la personalizzazione – pensiamo alla riviera romagnola –; quelli negativi, la minore capacità d’innovazione e d’investimento e, talvolta, una preparazione meno adeguata ad accogliere i turisti internazionali. Sarebbe importante rafforzare nella ricettività i nostri campioni nazionali, mettendoli in grado di competere con le grandi multinazionali anglosassoni, francesi e spagnole.
Una “via italiana” potrebbe venire dal nuovo strumento delle Reti d’Impresa, che può riunire aziende che rimangono indipendenti – un requisito spesso irrinunciabile per molti imprenditori italiani – ma uniscono le forze su alcuni punti chiave, moltiplicando la capacità di investire. Anche le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo importante, specie nella preparazione, là dove le PMI non possono arrivare con i propri mezzi.

Qual è il suo punto di vista sulla fiscalità che grava sulle imprese turistiche? Eccessiva, giusta, è un freno…?
Non è un segreto per nessuno che in Italia la pressione fiscale sia eccessiva in generale, e le aziende turistiche non fanno eccezione.
A saldi invariati, sarebbe importante riuscire a modulare la leva dell’Iva per portare le aliquote del turismo a livelli paragonabili a quelli dei nostri concorrenti più diretti, Francia e Spagna, che in media hanno aliquote più basse delle nostre.
Il vero problema è il riequilibrio della fiscalità generale, soprattutto liberando dall’eccesso di tassazione il lavoro e le attività produttive.

Per molte imprese italiane il 2013 sarà un anno decisivo: scampare o morire? Anche nel turismo siamo arrivati a tanto?
Non sarei così drastico.. Se consideriamo il mercato globale, che ormai è l’unico vero mercato, il turismo è un settore in costante crescita e anche nel 2013 crescerà, tra il 3 e il 5%. Anche lo scorso anno, il calo di presenze degli italiani è stato compensato dagli arrivi di stranieri e la bilancia dei pagamenti turistica ha incrementato il suo surplus. Anche nel turismo ci sono naturalmente tante imprese in difficoltà, ma un certo livello di ristrutturazione fa parte di qualsiasi crisi. Quello che dobbiamo fare è favorire la riconversione in altri settori delle attività che sono ormai fuori mercato, ad esempio facilitando il cambio di destinazione d’uso per gli immobili della ricettività, e concentrare gli aiuti sulle imprese che invece possono restare sul mercato sviluppando nuovi modelli di business.

Che cosa dovrebbe fare il prossimo governo, a suo parere, per rilanciare l’impresa turistica italiana?
Dovrebbe innanzitutto riprendere e sviluppare l’ottimo lavoro che è stato fatto con il Piano Strategico. Noi come sistema fieristico siamo pronti a dare il nostro apporto in questo senso e già portiamo all’estero molte fiere Made in Italy promuovendo l’Italia come sistema-paese.

 

Paola PERFETTI

BIT 2013: il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo

 

Cala il sipario sulla 33esima edizione della Bit, la Borsa Internazionale del Turismo, conclusasi a Milano il 17 febbraio 2013. Molti sono stati gli interventi e le proposte avanzate dai professionisti del settore; tra questi, quella di maggiore rilievo è stato senza dubbio alcuno il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo presentato nel corso dell’evento dal ministro per gli Affari Regionali del Turismo e dello Sport Piero Gnudi. 

L’obiettivo primo dell’ambizioso progetto consiste nell’arricchire il Pil italiano di 30 miliardi entro il 2020, creando 500mila nuovi posti di lavoro attraverso una strategia unitaria che suggerisce un totale di 61 azioni indispensabili nel restituire al turismo italiano il ruolo di leadership e competitività da sempre ricoperto ma perso negli ultimi anni. 

Nonostante siano indiscusse l’inimitabile ricchezza culturale e l’impareggiabile risorsa turistica di cui l’Italia gode, il Paese non può vivere di rendita, anzi, è indispensabile un repentino cambiamento culturale per arrivare a considerare il turismo come una grande opportunità.  Come fare? Ponendo innanzitutto il settore al vertice dell’agenda governativa. Ma questo non basta.

Il Piano strategico analizza la situazione del territorio, sottolineando come negli ultimi anni il turismo italiano abbia perso quote di mercato, scendendo dal primo posto a livello europeo (anni ’80 e ’90) al terzo, dietro a Spagna e Francia. Questa perdita di posizione è dovuta soprattutto alla difficoltà del Belpaese di attrarre investimenti internazionali con il risultato di infrastrutture insufficienti, scarsa formazione delle risorse umane, incapacità di costruire nuovi prodotti turistici, debolezza e frammentazione nella governance di settore. 

Secondo lo studio presentato, l’Italia presenta una forte asimmetria: se le prime cinque regioni hanno generato il 91% della crescita nel periodo 2000-2010, quelle del Sud pesano solamente per il 12% del totale, generando nel decennio sopracitato appena il 5% della crescita totale italiana. Non è dunque un caso se una delle sette linee guida suggerite dal Piano per valorizzare il Sud prevede la creazione di due grandi poli del turismo (sul modello della Costa Smeralda) nella parte meridionale del Paese, con l’intento di attrarre investimenti privati. 

Ad ogni modo, le linee guida presentate saranno la base su cui articolare le 61 azioni specifiche: il rafforzamento del ruolo del ministero del Turismo, il rilancio dell’Enit, il miglioramento dell’offerta che, oltre ai poli del Sud, include anche la creazione di 30-40 nuovi poli turistici rivolti ai segmenti di fascia alta e ai Bric, la riqualificazione delle strutture ricettive, un intervento sul piano aeroporti e collegamenti intermodali, la riqualificazione della formazione turistica e il rilancio delle professioni e, ultimo ma non ultimo, un piano che stimoli gli investimenti internazionali tramite l’erogazione di incentivi fiscali e la drastica riduzione della burocrazia.  

Si tratta dunque di un progetto piuttosto articolato e ambizioso che, a detta del ministro Gnudi, dovrà avvalersi di una task force dedicata che dipenderà direttamente dal ministro del Turismo. 

Nel caso in cui venisse realizzato entro il 2020, il Piano potrebbe portare il contributo del settore turistico al Pil nazionale dai 134 miliardi attuali a 164 miliardi, incrementando i ricavi dell’incoming dall’estero (da 44 a 74 miliardi), mantenendo stabili a 90 miliardi quelli legati al turismo domestico.

Speriamo bene; avremmo tutti bisogno di una bella vacanza made in Italy.

Giulia DONDONI

‘L’Italia è il turismo, e il turismo lavora per l’Italia’

 

Il nostro viaggio nell’industria del turismo italiana fa tappa quest’oggi in quella che può essere considerata per antonomasia la patrie del turismo made in Italy: la riviera romagnola. Per capire qual è la temperatura del settore e l’umore degli addetti ai lavori, le piccole e medie imprese del turismo della Romagna, Infoiva ha intervistato Patrizia Rinaldis, Presidente dell’AIA Rimini, l’Associazione Italiana che raccoglie gli albergatori di Rimini.

Rimini è da sempre un punto fermo del turismo made in Italy, anche in tempi di crisi: confermate quest’affermazione?
Assolutamente si. Fortunatamente vive ancora di un brand e di una reputazione che hanno un valore enorme, sia a livello italiano che internazionale. E’ questo il valore aggiunto che ci ha permesso di superare le difficoltà del momento: Rimini non ha mai perso posizioni, ha mantenuto stabile il numero di presenze turistiche a differenza di altre regioni, è riuscita a mantenere un certo equilibrio rispetto al passato.

Qual è il vostro valore aggiunto?
Rimini mantiene quel famoso rapporto qualità/prezzo che soprattutto in un momento complesso come quello che stiamo attraversando gioca a sua favore e naturalmente a favore delle famiglie. Inoltre è stata premiata dalle presenze turistiche grazie alla sua offerta che non è legata soltanto al balneare, ma spazia grazie alla presenza dei parchi, senza dimenticare le bellezze dell’entroterra. Un ruolo importante è svolto poi dalle operazioni del settore congressuale e fieristico, che hanno contribuito ad aumentare l’appeal del territorio.

Quali sono le vostre prospettive e attese per la stagione turistica 2013 alle porte?
Io sono un’ottimista per natura. E’ vero, i tempi sono cambiati rispetto al passato, la vacanza ormai la si decide all’ultimo momento e non è più generica. Ma Rimini continua ad avere una percentuale di clientela fidelizzata molto alta: se prima era all’80%, adesso siamo attorno al 60%. Sono pochissime le località in Italia che vantano questi numeri.

Più italiani o più stranieri?
La percentuale italiana resta altissima, anche se la presenza straniera è cresciuta negli ultimi anni fino al 28-30%. I turisti stranieri sono importantissimi, perchè vanno a sopperire al calo della domanda interna: Rimini è un crocevia in un momento in cui i dati del turismo sono in continua evoluzione. La gente si muove, viaggia. Le faccio un esempio: i turisti stranieri che provengono dai Paesi del BRICS hanno numeri elevatissimi e una capacità di spesa che prima non avevano. Per noi è importante aprirci a mercati come la Cina, la Russia, un mercato che abbiamo già in parte aggredito in passato ma che è in continua espansione. La crisi porta ad allargare i propri orizzonti.

Come associazione albergatori riminesi su cosa avete deciso di puntare per favorire l’affluenza turistica? (prezzi più bassi, settimane corte, offerte ad hoc…)
Non possiamo puntare sui prezzi più bassi, perché la riviera ha già prezzi molto competitivi ed economici.Oggi occorre più che mai puntare sulla qualità del servizio, per difendere i nostri consumatori e garantire loro standard competitivi, che però hanno un loro costo. Come AIA abbiamo deciso di puntare sulla promozione e sulla professionalità. La nostra filosofia in tempi di crisi è: vendere il sogno della tua vacanza. Una vacanza su misura, che sia davvero un momento di distrazione, divertimento, che soddisfi davvero i sogni e bisogni del turista. Sono convinta poi che la crisi porterà a un miglioramento della professionalità dei nostri operatori, che forse avevano perso lo slancio al rinnovamento. Adesso è più difficile che mai, perché il tuo competitor non è più il tuo vicino ma è il mondo.  Occorre rimboccarsi le maniche, rinnovarsi, evolversi. Il turismo è un’industria sotto tutti i punti di vista e come tale deve essere trattata: anche i nostri albergatori devono pensare che non sono solo affittacamere ma veri e propri imprenditori.

La regione Emilia Romagna offre degli incentivi per chi desidera avviare un’attività turistica nella vostra zona?
No. Il grosso nodo problematico per il turismo nella nostra Regione è il fatto che non siano mai stati previsti incentivi fiscali, soprattutto per quanto riguarda la ristrutturazione. Una volta c’era la Legge 40, poi la Legge 3.  Il turismo è ormai un prodotto maturo e in questo momento ha una necessità enorme di ristrutturarsi perché gli standard qualitativi sono cambiati. Consideri che la sola città di Rimini possiede 1100 strutture ricettive: molte sono datate, noi chiediamo loro di riqualificarsi.  Il problema della regione è che non c’è continuità nell’ aiutare le imprese a riqualificarsi: l’anno scorso i finanziamenti sono stati trovati nel residuo di bilancio, la famosa Legge 3. Quest’anno invece sono stati stanziati circa 7 milioni di euro per l’intera regione Emilia Romagna destinati alla riqualificazione delle strutture congressuali. Il massimo che si può fare con questa cifra è accontentare 28-30 strutture nell’intera regione con un finanziamento di 200 mila euro.

Quali sono le maggiori difficoltà che il vostro settore si trova ad affrontare oggi?
Oltre agli incentivi fiscali, avvertiamo la necessità di una politica di acquisizione da parte degli affittuari, con delle leggi ad hoc che possano sgravare chi decide di acquistare le strutture. Inoltre credo che il turismo abbia bisogno di un’ economia di sviluppo legata alle infrastrutture, alle autostrade, alla qualità della balneazione. Il turismo è un bene primario per il Paese: è triste vedere che l’Italia, che possiede l’82% delle maggiori bellezze artistiche e culturali del mondo, sia scesa agli ultimi posti dal punto di vista turistico.

Se potesse fare un appello al Ministro Gnudi, quali sono le priorità da affrontare per il settore turistico in Italia?
Occorre considerarlo un settore industriale sotto tutti i punti di vista, conferendogli quella dignità che gli spetta di diritto.  Il settore turistico in Italia è l’unico che non ha perso forza lavoro e che continua ad avere un’incidenza positiva sul Pil. Ma deve esserci una cabina di regia sul turismo, le problematiche del settore devono essere affrontate a livello nazionale. L’Italia è il turismo, e il turismo lavora per l’Italia.

Alessia CASIRAGHI

Giulia DONDONI

Turismo, pilastro dell’economia in Italia

 

Lo speciale di Infoiva dedicato al turismo in Italia fa tappa quest’oggi tra gli operatori del settore: agenti di viaggio e tour operating. ‘Migliorare l’accessibilità delle destinazioni turistiche del nostro Paese e favorire sinergie all’interno della filiera del comparto turistico‘ è il diktat per Fortunato Giovannoni, Presidente di FIAVET, la Federazione italiana che riunisce le Associazioni di Imprese, Viaggi e Turismo.

Partiamo dalla Bit 2013: dimensione ridotta, meno presenze straniere. Un cattivo segnale per la stagione turistica italiana che si sta avvicinando?
Nonostante i numeri della Bit, la Fiera rimane un’importante occasione di incontro tra tutti gli attori del comparto ma, soprattutto, tra gli agenti di viaggio, sia italiani che internazionali, perché il ruolo degli agenti rimane strategico: è grazie a loro che il turismo viene stimolato, incentivando lo scambio di flussi dei viaggiatori.  

Quali sono le vostre prospettive come Fiavet per la stagione turistica dell’estate 2013 in Italia?
Purtroppo è ancora troppo presto per poter fare delle previsioni, l’anno è appena iniziato e le prenotazioni per la stagione estiva, che rappresenta il periodo durante il quale il traffico è più intenso, non sono ancora partite. In più, l’incerta situazione economica e politica non agevola l’avvio delle prenotazioni. E’ ormai accertato che, quando ci sono in programma le elezioni politiche, si registra un freno alle partenze e agli acquisti di viaggi e vacanze; i clienti hanno bisogno di tranquillità e di stabilità politica per poter pensare di affrontare un viaggio.

Proprio alla Bit 2013 è stato presentato il ‘Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia’ del Ministero. Qual è il vostro parere in merito? Lo giudicate uno strumento che regalerà una boccata d’ossigeno al comparto turistico italiano?
Un Paese che fa del turismo uno dei pilastri della propria economia come l’Italia non poteva non avere un Piano strategico che dettasse le linee guida entro cui far muovere l’azione promozionale delle Regioni e degli Operatori. Ma il Piano ha degli obiettivi di medio lungo periodo mentre al settore servono misure concrete oggi, soprattutto a favore delle imprese turistiche che, con fatica, stanno tenendo in piedi in turismo nel nostro Paese. Tanto più che, nel Piano, sono quasi del tutto assenti le misure dedicate alle imprese, soprattutto con riferimento al comparto agenziale e del tour operating. Inoltre, contestiamo il fatto che si è caduti di nuovo nell’errore di non coinvolgere gli attori del comparto turistico nella scrittura di provvedimenti e direttive con la conseguenza che il Piano del Turismo risulta alla fine fumoso e privo di misure veramente efficaci.

Qual è attualmente l’umore dei vostri associati? Pessimista o ottimista?
Sicuramente non c’è particolare ottimismo, soprattutto in conseguenza dell’andamento sottotono dei movimenti turistici dell’anno appena trascorso. Ci auguriamo che il 2013, dopo la stabilizzazione della situazione politica, possa tornare a far segnare risultati positivi per il settore.

Quanto ha penalizzato e pesato nelle tasche degli imprenditori turistici l’Imu?
Le conseguenze per le imprese sono rilevanti, anche perché l’Imu va ad aggiungersi ad altri oneri che già gravano sulle spalle degli imprenditori, che distolgono così risorse importanti che invece potrebbero essere destinate ad altri fini, come gli investimenti a favore dell’innovazione e volti al miglioramento della propria attività.

Se potesse fare un appello al Ministro Gnudi, quali sono le 3 priorità che chiederebbe per il settore turistico in Italia?
Chiederei soprattutto di mettere davvero a sistema il turismo, creando sinergie tra le istituzioni pubbliche e private e gli operatori, di migliorare l’accessibilità delle destinazioni turistiche del nostro Paese, soprattutto in alcune aree, come il Mezzogiorno. E infine, un provvedimento che potrebbe essere messo in atto in modo semplice è la modifica del codice Ateco per le Agenzie di viaggio, perché queste possano essere classificate all’interno della categoria turismo e non della categoria servizi come invece accade oggi.

Alessia CASIRAGHI

Resistere: la parola d’ordine per le imprese del turismo

 

Davide PASSONI

Turismo italiano uguale sole, mare, accoglienza. Terminata BIT 2013, e appurato che la Borsa del travel italiano è ancora oggetto di attenzione da parte di visitatori e buyer, soprattutto stranieri (i dati parlano di 600 top buyer provenienti da 50 paesi, + 25% rispetto alle passate edizioni; più di 2.000 seller italiani), in che modo i piccoli imprenditori del settore possono contrastare la crisi che c’è e si fa sentire?

L’ISNART è l’Istituto nazionale di ricerche sul turismo del sistema delle Camere di commercio italiane che, riportiamo fedelmente, “realizza studi e pubblicazioni sul turismo, indagini, rilevazioni e progetti di fattibilità, elaborazione dati, costituzione e forniture di banche dati ed Osservatori, svolgimento di attività editoriali e di promozione e diffusione con ogni mezzo dei propri servizi, organizzazione di convegni, seminari e dibattiti in ambito turistico”.

Con il Presidente Maurizio Maddaloni, 58 anni napoletano, laureato in Giurisprudenza, già operatore turistico del settore incoming che ha ricoperto numerosi incarichi nel settore, tra i quali presidente di Promuovi Italia, consigliere dell’Enit e che oggi è presidente della Camera di Commercio di Napoli, presidente di Unioncamere Campania, numero uno di Confcommercio Campania (a livello nazionale è stato vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia e attualmente siede nel Consiglio generale della FIAVET, la federazione nazionale degli agenti di viaggio di cui è presidente onorario della Campania), abbiamo misurato la temperatura del sistema turismo nel Belpaese, controllando lo stato di salute delle sue piccole imprese. Il referto? Non troppo buono…

Quali prospettive sono emerse dall’ultima Bit relativamente al settore turistico italiano?
L’appuntamento fieristico è stato innanzitutto una conferma della crisi ancora in atto nella nostra economia e nel turismo in particolare. Secondo una recente indagine del nostro istituto, il 64 per cento delle imprese turistiche non effettuerà investimenti nel 2013. Il turismo interno soffre notevolmente il peso delle manovre fiscali. Le nuove tasse incidono sui consumi turistici e i periodi di vacanza tendono a diminuire.

Si tratta di un settore che soffre di molti mali. Quali i più gravi?
Il crollo della domanda interna e la zavorra della burocrazia che impedisce nuovi investimenti. Poi c’è ancora da decidere come e chi fa promozione dell’Italia. E’ stato uno dei principali interrogativi anche durante i giorni della Bit quando il ministro Gnudi ha presentato il piano strategico per il 2020. Bisognerà puntare, con il prossimo esecutivo nazionale, ad un modello di governance condivisa tra Stato e sistema delle Regioni.

Quali sono gli “anticorpi” su cui può contare per guarire?
Serve un passo diverso nelle politiche di promozione e un forte rafforzamento del nostro sistema di offerta. E’necessario puntare su una radicale semplificazione delle procedure amministrative per le imprese che vogliono investire nel turismo in Italia e, naturalmente, una netta riduzione della pressione fiscale.

In Italia la ricettività turistica è sinonimo, per la maggior parte dei casi, di impresa familiare? Vantaggio o svantaggio? Perché?
Il nanismo imprenditoriale è una caratteristica strutturale della nostra imprenditoria turistica. Incentivare le reti d’impresa e quindi la possibilità di consorziare una serie di attività da svolgere sul territorio, può essere una strategia vincente. Fare rete e puntare sulla certificazione di qualità, sono le direttrici obbligatorie da seguire per vincere la concorrenza dei mercati internazionali, basata sull’offerta di strutture e servizi con standard molto elevati.

Per molte imprese italiane il 2013 sarà un anno decisivo: scampare o morire? Anche nel turismo siamo arrivati a tanto?
Il turismo è una cartina di tornasole infallibile per misurare lo stato di salute della nostra economia. In più soffre della concorrenza spietata dei mercati internazionali. C’è da aspettare almeno la seconda metà del 2013 per iniziare ad intravedere un po’ di luce proveniente dal tunnel della recessione. Resistere, per molte imprese, significa non abbassare gli standard di qualità e investire innanzitutto sulle risorse umane e sulla capacità, tutta italiana, di fare dell’accoglienza un valore aggiunto fondamentale e decisivo.

Che cosa dovrebbe fare il prossimo governo, a suo parere, per rilanciare l’impresa turistica italiana?
Abbassare la pressione fiscale su imprese e famiglie, innovare l’offerta per renderla appetibile ad un turista con minore capacità di spesa, dare un ruolo più forte alla politica nazionale per rafforzare il comparto del turismo. Appena qualche giorno fa abbiamo concluso un’indagine su “Quale politica per il turismo dal nuovo governo nazionale” attraverso 1615 interviste complete. Operatori e imprenditori intervistati ritengono, nel 60,2% dei casi, che è necessario un rapido intervento del governo nazionale sul fronte della riduzione della pressione fiscale sulle imprese mentre per un altro 36% il nuovo governo dovrebbe innanzitutto ridurre le tasse sulle famiglie.

“Turismo, non facciamo fuggire gli imprenditori”

di Davide PASSONI

Quella di Confimprese Turismo Italia non è una delle voci che, nel panorama dell’impresa turistica italiana, ama farsi sentire con proclami altisonanti che rimangono poi lettera morta, come altri invece fanno. Ecco perché, allora, la presa di posizione del suo presidente, Giuseppe Sarnella, in occasione della Bit 2013 va considerata con attenzione.

Confimprese Italia è un “sistema plurale” a cui appartengono oltre 60mila imprese e professionisti. Si propone di rappresentare e tutelare gli interessi dei retailer moderni e di dialogare con le istituzioni – siano esse comunitarie, nazionali o regionali – per favorire la progressiva liberalizzazione dei mercati e sviluppare reti di vendita e marchi.

Su queste basi e con questa mission, Sarnella è stato chiaro: “È necessario – ha detto durante la Borsa Internazionale del Turismomonitorare il mercato turistico. Dobbiamo renderci conto di cosa accade intorno a noi e fare di tutto per lo sviluppo del territorio. Siamo un Paese che costringe imprenditori come l’Aga Khan, Briatore e molti altri a lasciare l’Italia, dopo aver contribuito a far crescere la nostra economia. E questo non deve accadere. Riportiamo in Italia le nostre eccellenze e puntiamo sul turismo italiano“.

Un messaggio e un auspicio che vogliono partire da quanto di unico offre il territorio italiano. “Dobbiamo valorizzare i nostri mari, le nostre coste, le isole – ha affermato Sarnella. Abbiamo isole fantastiche, tra le più belle al mondo, ma alcune di loro vengono usate soltanto come terreno di inconvenienti diplomatici. È importante, inoltre, rilanciare il termalismo, puntando sulle eccellenze del territorio e sulla qualità delle nostre acque, uniche nel loro genere e presenti solo in Italia e in Giappone. È da qui che dobbiamo ripartire per un reale sviluppo del territorio e del comparto turistico italiano“.

Come detto in apertura, Confimprese Turismo Italia è nota per non lasciare cadere nel vuoto appelli e iniziative. Per il bene delle imprese turistiche italiane e degli imprenditori che le animano, ci auguriamo che anche questa volta sarà così.