Carta Acquisti Dedicata a Te, ecco cosa si può comprare. La lista

In questi giorni molti italiani stanno ricevendo a casa la Carta Acquisti Dedicata a te, si tratta di una misura una tantum del valore di 382 euro da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità. Siccome la locuzione può far sorgere dubbi vediamo ora cosa deve intendersi per beni di prima necessità avendo come punto di riferimento l’allegato messo a disposizione del Governo.

Cosa si può comprare con la Carta acquisti Dedicata a te?

La prima cosa da sottolineare è che con la Carta Dedicata a te non si possono acquistare alcolici, ma fatta questa premessa vediamo invece cosa si può acquistare.

Tra i generi alimentari di prima necessità figurano:

  • carne e pescato fresco;
  • latte e suoi derivati;
  • uova;
  • prodotti di panetteria, attenzione in questo caso perché si considerano rientranti anche i prodotti di pasticceria e biscotteria;
  • frutta, legumi, ortaggi, cereali ( riso, orzo, farro…);
  • acqua minerale;
  • cioccolato e cacao in polvere;
  • miele naturale;
  • lieviti naturali;
  • zuccheri ( di qualunque tipo);
  • aceto di vino ( essendo specificato, altre tipologie non possono essere acquistate);
  • caffè, tè, camomilla;
  • olio di oliva e di semi;
  • passata di pomodoro e pelati;
  • pasta;
  • farina;
  • alimenti per bambini compreso il latte in polvere.

Dubbi sugli acquisti con la Carta Dedicata a te

La carta può essere utilizzata solo per l’acquisto di beni alimentari, questo vuol dire che non si può usare in farmacia o in parafarmacia per l’acquisto di farmaci o altri prodotti che non siano prettamente alimentari. Questa caratteristica differenza la Carta Dedicata a te da misure simili adottate negli anni passati.

La lista naturalmente offre la sponda ad alcuni dubbi, ad esempio, visto che la lista specifica che può essere usata per il pescato fresco, molti si chiedono se sia possibile usarla per il pesce congelato. Inoltre visto che per la carne non è prevista la stessa limitazione, vi sono delle differenze?

Stesso dubbio avviene per i prodotti da panetteria, infatti si specifica biscotteria e pasticceria, ma se voglio acquistare un pacco di biscotti o di merendine confezionate al supermercato? Trattandosi di prodotti commerciali, magari sono più alla portata delle famiglie bisognose, ma nella lista non sembra esservi spazio per questi prodotti.

Il super assente della lista è il sale, ma molti sottolineano anche l’assenza di marmellata, mentre nella voce cioccolato forse potrebbe essere fatta rientrare la crema spalmabile.

Il Ministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare, Lollobrigida, interrogato sul punto ha chiarito che la lista intende favorire il prodotto interno italiano, ecco perché mancherebbe il pesce surgelato.

Ricordiamo, infine, che la carta deve essere usata almeno una volta entro il 15 settembre 2023, in caso contrario le somme sono introitate nuovamente nel sistema Inps per una nuova distribuzione.

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Carta risparmio Dedicata a te, chi non può riceverla

Niente ripresa se la spesa delle famiglie non aumenta

Si potrà parlare di vera e propria ripresa solo quando la spesa delle famiglie sarà tornata ai livelli del 2007 in tutte le regioni. Per ora questi dati sono stati registrati solo in sei regioni, un po’ poco per poter dire effettivamente che la crisi è solo un ricordo.

Si tratta del Trentino-Alto Adige, della Liguria, della Basilicata, della Valle d’Aosta, dell’Emilia Romagna e della Toscana, ma comunque con differenti intensità, e con incrementi maggiori nelle province autonome di Trento e Bolzano, con una spesa media annuale in aumento di 2.493 euro sul 2007. Seguono le famiglie liguri, che nel 2016 hanno speso poco più di mille euro in più (1.026) rispetto a quanto al pre-crisi. Al terzo posto c’è la Basilicata, che registra una spesa media familiare in ascesa di 434 euro sul 2007, poco lontano dagli incrementi di Valle d’Aosta (+389 euro a famiglia) e Toscana (+377). Ripresa in atto, ma per un soffio, per i nuclei dell’Emilia Romagna, ora assestati su una spesa media di 35.705 euro, 89 euro in più rispetto al periodo pre-crisi.

Le altre regioni, al contrario, ancora arrancano, con livelli di spesa nettamente inferiori a quelli del 2007, ma anche in questo caso le differenze territoriali sono notevoli.
Se, infatti, le famiglie lombarde si stanno avvicinando ai livelli pre-crisi (-163 euro l’anno), in altre Regioni si registrano picchi negativi molto preoccupanti, al Nord come nel Centro Italia e nel Mezzogiorno.
Le peggiori performance appartengono alle famiglie umbre, la cui spesa media annuale, nell’ultimo anno disponibile, è stata inferiore di -5.711 euro al dato registrato nel 2007. A poca distanza c’è la Calabria (-5.628 euro di spesa media) ed il Veneto, dove il buco del budget familiare si attesta a -4.881 euro. E, oltre al Veneto, tre altre Regioni hanno un deficit di spesa media superiore ai 4mila euro l’anno per nucleo familiare: Sardegna (-4.251 euro), Molise (-4.227 euro) e Marche (-4.037 euro).

Questa situazione ha decisamente contribuito a far aumentare il divario tra le regioni, perché, se nel 2007 la differenza annua tra Trentino e Calabria, rispettivamente la regione più ricca e più povera, era di 8.350 euro, oggi è di quasi 16.500, il 97% in più. Un aumento che porta la spesa meda delle famiglie calabre ad essere poco più di della metà (il 54%) di quella dei trentini.

Mauro Bussoni, Segretario Generale Confesercenti, ha dichiarato in proposito: “I segnali in arrivo da molti comparti dell’economia, turismo ed esportazioni, appaiono positivi come non mai. Dopo anni di difficoltà, la ripresa appare finalmente a portata di mano: un cambiamento che non può che avere che conseguenze positive sulla fiducia di cittadini e imprese. Ma se è vero che sono necessari tre indizi per fare una prova, dopo le buone performance della produzione industriale e dei flussi turistici, per confermare in pieno il ritorno alla crescita nostro Paese manca proprio la ripresa dei consumi delle famiglie. Che, come è evidente dai dati dell’indagine, non si è ancora materializzata nella maggior parte di Italia. Per questo riteniamo assolutamente necessario intervenire a favore delle famiglie e alle imprese che fanno riferimento alla domanda interna, dai negozi alle botteghe artigiane. La prossima legge di Bilancio, al netto di richieste draconiane da parte dell’Europa, potrebbe essere l’occasione per mettere in cantiere un intervento redistributivo che consolidi la ripartenza dei consumi. Ricordiamo, da questo punto di vista, che sono trascorsi dieci anni dall’ultima revisione delle aliquote Irpef”.

Vera MORETTI

Made in Italy sempre in testa alle scelte degli italiani

La crisi economica che ha imperversato in Italia negli ultimi anni ha profondamente cambiato le abitudini dei consumatori, invitandoli ad essere particolarmente prudenti e parsimoniosi.

Questo, ma era prevedibile, è emerso in un’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per IBC, l’Associazione delle Industrie dei Beni di Consumo, che ha analizzato gli elementi che oggi influenzano maggiormente le scelte delle famiglie.

Per quanto riguarda la spesa alimentare, ad esempio,ad incidere sul comportamento di più di due terzi degli italiani è la variabile costo e promozioni, che infatti fanno la parte del leone in tutti i maggiori supermercati del Paese.
Ma anche la marca rimane influisce molto sulla scelta, perché, per il 60% dei consumatori, rappresenta una certezza, dalla quale sembra difficile prescindere, seguita dalla provenienza dei prodotti: per il 57% devono essere di origine italiana.

Dal 2011 al 2017, la variabile “costo” ha raggiunto nel 2013 un’incidenza del 72%, mentre nel 2011 era del 59% ed ora del 68%. La corsa al miglior prezzo rimane, comunque, molto forte.
La fiducia nella marca e la conoscenza del brand sono rimaste centrali nelle scelte dei consumatori anche negli anni più difficili: e ancora oggi, pur 6 italiani su 10 continuano a prediligere le marche più note.

La tendenza che rappresenta una nota positiva è la ricerca del Made in Italy, che oggi ha un certo peso nelle scelte di 57 consumatori su 100.
Questo significa che, anche a causa della crisi, gli italiani hanno imparato ad essere esigenti, senza accontentarsi della prima cosa che trovano, nonostante la necessità di risparmiare esista ancora, ma le scelte alimentari rimangono comunque una questione di fiducia.

Non solo qualità, quando si tratta di fare una scelta, ma anche una fidelizzazione sempre più crescente, verso le aziende che si dimostrano attente all’impegno sociale e al rispetto per l’ambiente.

Vera MORETTI

La crisi invoglia al cibo spazzatura


Purtroppo la crisi economica colpisce anche nel settore alimentare e lo fa anche in maniera particolare. Infatti, gli italiani hanno sempre meno soldi e per questo motivo puntano su prodotti economici e di cattiva qualità puntando principalmente sul cibo spazzatura.
La conferma arriva dai dati ISTAT commentati dalla Confederazione Italiana Agricoltori. Il quadro base è davvero pessimo, nel 2012 il potere di acquisto delle famiglie è crollato con una forte propensione al risparmio.
Per questo motivo la maggior parte delle famiglie italiane non riesce a coprire le spese. Si decide di spendere il meno possibile anche per l’alimentazione, andando a fare la spessa nei discount e puntando su i prodotti che costano meno e che hanno anche meno qualità.
In aumento gli acquisti di cibo spazzatura e di surgelati, calano gli acquisti per i prodotti tradizionali,addio a frutta e verdura, carne e pesce.

Spesa di Pasqua: in calo del 30%

Calano del 10% gli ordini dei pacchi regalo, di uova, di colombe e degli altri prodotti tradizioni per la Pasqua nei piccoli negozi, mentre l’agnello segna addirittura -30% a vantaggio di carni più economiche. E’ quanto emerge dalle rilevazioni di Fiesa Confesercenti. “Le previsioni di consumo nel commercio alimentare al dettaglio sono pessimistiche”, afferma l’associazione in una nota.

Parte della responsabilità sarebbe della “banalizzazione di alcuni prodotti venduti sottocosto dalla grande distribuzione organizzata che così ne ha ridotto valore simbolico e prestigio”, secondo Fiesa. La crisi e il carocarburanti fanno il resto: “le prime anticipazioni sui dati inflattivi di marzo indicano l’inflazione al 3,3%, rispetto a marzo 2011, mentre l’indice per gli alimentari evidenzia un aumento dei prezzi di 2,5%”, continua Fiesa. “In un quadro di forte inasprimento fiscale che colpirà le famiglie e di aumenti trainati dai carburanti i consumatori sono sempre più oculati negli acquisti delle specialità alimentari anche in occasione di ricorrenze molto sentite”, conclude l’associazione.

Per la Confederazione italiana agricoltori (Cia), gli italiani spenderanno complessivamente circa 3,5 miliardi di euro, cifra analoga allo scorso anno, ma con un calo delle quantità acquistate stimato tra il 5 e il 7%. Anche per la Cia, i rincari dei carburanti, uniti agli aumenti dei prezzi di molte produzioni tipiche del periodo, hanno svuotato il già magro carrello alimentare delle famiglie. A incidere maggiormente sulla spesa saranno proprio i prodotti classici della Pasqua, come le uova di cioccolata (+5-8%), le colombe (+3%), l’agnello (+6 %), il salame corallina (+10%), le uova di gallina (+2%) e la pizza al formaggio (+4%). Nel dettaglio, l’associazione agricola ha calcolato voce per voce le spese: 800 milioni di euro per salumi, insaccati e soprattutto carne di agnello; 650 milioni per i formaggi; 610 per vini e spumanti; quasi 500 per le uova di cioccolata e le colombe pasquali; 290 per frutta, verdura (in particolare carciofi, asparagi e radicchio) e legumi; 280 per pane e pasta; 200 solo per l’olio d’oliva. Da non dimenticare, infine, le uova vere e proprie: durante tutta la settimana santa se ne consumeranno quasi 500 milioni, più di otto a testa, per una spesa complessiva prevista intorno ai 135 milioni di euro.

“La Pasqua 2012 conferma quanto avvenuto a Natale, con un calo del 2% nell’acquisto di prodotti per la tavola, a valori costanti” afferma Federalimentare che prevede “un 2012 difficile, con una tavola sempre più povera a causa della contrazione del potere d’acquisto dovuta da un lato al perdurare della crisi e dall’altro al costante incremento della pressione fiscale”. Il Centro Studi Federalimentare stima che per la Pasqua gli italiani spenderanno circa 3 miliardi di euro per imbandire la tavola. Una cifra che, depurata dall’inflazione, corrisponde a un calo reale di oltre due punti percentuale in quantità. “Nemmeno la Pasqua ci porta buone sorprese confermando le nostre preoccupazioni per il futuro. Lo scorso fine settimana, l’ultimo prima delle festività e immediatamente a ridosso del pagamento degli stipendi mensili, ha lasciato deluse molte attese, anche a causa di una busta paga alleggerita dall’aumento delle addizionali regionali” commenta il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua secondo il quale “per i prossimi mesi si continua a non intravedere alcun segno di ripresa”.

Fonte: repubblica.it

Italiani, con la crisi più attenti agli sprechi

Se c’è una cosa positiva che questa crisi infame ha portato è senza dubbio una maggiore consapevolezza nei consumi e una più elevata attenzione agli sprechi. Due fattori che sono testimoniati anche dai risultati dell’indagine Coldiretti-Swg sul cambiamento dei comportamenti d’acquisto con la crisi, dalla quale si evidenzia che ben 3 italiani su 4 (72%) danno maggiore attenzione alla spesa rispetto al passato.

Il 57% degli italiani ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi e tra questi il 47% lo ha fatto – sottolinea Coldiretti – facendo la spesa in modo più oculato: il 31% ha ridotto le dosi acquistate, il 24% ha utilizzato ciò che avanza per il pasto successivo e il 18% guarda con più attenzione la data di scadenza dei prodotti.

Secondo Coldiretti si tratta di una tendenza positiva in un Paese come l’Italia dove, a causa degli sprechi, dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate pari a un valore di 37 miliardi.

Il 61% degli italiani confronta con più attenzione i prezzi, il 59% guarda alle offerte 3×2 ma il 43% si accerta comunque della qualità dei prodotti e una percentuale analoga ne verifica la provenienza. Emerge quindi una tendenza alla ricerca del miglior rapporto prezzo-qualità per l’alimentazione, davanti alla vastità dell’offerta sugli scaffali ma, continua Coldiretti, solo il’16% degli italiani dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari.

Se un litro di gasolio costa più di un litro di latte

di Alessia CASIRAGHI

Nel 2012 ogni 1.000 euro di spesa per famiglia italiana, 191 se ne andranno in trasporti, combustibili ed energia elettrica mentre 190 in alimentari e bevande. E’ la prima volta che la spesa dell’energia supera quella alimentare. A renderlo noto un’analisi condotta da Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’aumento stimato del 2,8 % dell’inflazione nel 2011.

I dati relativi allo scorso anno hanno fatto registrare un aumento record dei prezzi per trasporti, combustibili ed energia – complice la benzina alle stelle – mentre l’aumento per gli alimentari e’ rimasto contenuto al 2,4 %, al di sotto dell’inflazione media registrata.

Nel solo mese di dicembre i prezzi del ‘fresco’, vale a dire frutta, carni e verdure, sono addirittura scesi dello 0,2%. Ad assorbire buona parte dei rincari, fa sapere Confagricoltura, i produttori agricoli, visto “il forte incremento tendenziale dei prodotti energetici, saliti nel 2011 dell’11,3%”.

Sempre a dicembre 2011, rispetto allo stesso mese del 2010, gli aumenti della spesa energetica sono stati del 15,8 % per la benzina, del 24,3 % per il gasolio da autotrasporto e del 16,8 % per il riscaldamento, mentre i trasporti aerei passeggeri sono lievitati del 18,3 % come quelli marittimi, seguiti da quelli ferroviari aumentati del 9,8 %.

In breve un litro di gasolio costerà di più di un litro di latte o di un chilo di pasta. E se nel 2012, come rende noto il Codacons, il costo della vita aumenterà di 1.059 euro per una famiglia media italiana, le previsioni sono tutt’altro che rosse: “Bisogna evitare il rischio reale che le famiglie italiane per far fronte ai rincari energetici – sottolinea Coldiretti – siano costrette a risparmiare con l’acquisto di cibo a basso prezzo, a cui può corrispondere anche bassa qualità e rischi per la salute”.

Compri due, paghi uno

Compri due, paghi uno, tutto a un euro, sottocosto e prezzi imbattibili. Fare la spesa sta diventando un compito da cervelloni. Occorre sapersi districare tra corsie delle superofferte, programmare un calendario dei giorni della settimana più inclini ai ribassi e stilare la propria personale classifica del supermarket del risparmio.

La spesa pesa, ora più di prima. Secondo un sondaggio Coldiretti/Swg, la crisi allunga il tempo trascorso a fare la spesa degli italiani. Ergo: dedicare più tempo alla spesa consente di risparmiare parecchio. Dopo anni si inverte la tendenza: il 72 % degli italiani ‘massai‘, ovvero che fanno regolarmente la spesa, dichiara di prestare una maggiore attenzione rispetto al passato nell’acquisto dei prodotti. Una confezione di spaghetti, un litro di latte, una lattina di birra, il paniere stilato da Coldiretti non lascia dubbi: i prezzi dei generi alimentari e non solo possono aumentare fino a triplicarsi passando da un punto vendita all’altro.

Qualche esempio? Yogurt e birra raddoppiano, la stessa confezione di latte cresce del 50%, mentre una confezione di pasta può arrivare a costare tre volte tanto. L’indagine condotta su 14 prodotti alimentari di marca in commercio in differenti punti vendita evidenzia una forte variabilità, con il prezzo massimo che è pari a circa il doppio di quello minimo per ben sette delle referenze analizzate e arriva a triplicare nel caso degli spaghetti.

Come è cambiato allora il modo di fare la spesa degli italiani? Il 61% dichiara di confrontare con maggiore attenzione i prezzi, mentre il 59% si dice affezionato delle offerte 3×2. C’è anche un 43% che rivela di accertarsi sempre dell’effettiva qualità dei prodotti, e un altro 43% che si interessa sulla reale provenienza delle merci acquistate. una percentuale analoga verifica la provenienza. Il minimo comune denominatore resta comunque la necessità evidente di risparmiare (il 16% dichiara di aver rinunciato o rimandato anche gli acquisti), anche se non stupisce l’interesse crescente verso la qualità dei cibi, la loro provenienza, se di origine controllata o meno, e la loro composizione, sintomo di un’attenzione e una consapevolezza maggiori verso l’alimentazione.

E gli altri settori di consumo? Secondo Coldiretti gli italiani avrebbero ridotto del 51% la spesa legata all’abbigliamento, del 50% quella per le vacanze e del 34% quella per i beni tecnologici. Insomma, il ristorante scordiamocelo per un bel po’.

Alessia Casiraghi

Gli italiani i consumatori più accorti d’Europa


A dirlo è la ricerca europea di Ipsos per Consumers’ Forum, l’associazione che riunisce le più grandi imprese italiane e le maggiori associazioni dei consumatori, in occasione della 4a edizione dell’analisi sugli stili di consumo.

Secondo questo sondaggio condotto su 2.600 cittadini europei e realizzato su campioni rappresentativi di 5 paesi (Italia, Germania, Polonia, Spagna, Regno Unito), il 59% degli italiani e il 58% degli spagnoli sentono come meno sicura la situazione economica personale rispetto ai cittadini tedeschi (41%) e polacchi (46%).

In sintesi, la crisi economica ci spaventa e condiziona le nostre abitudini di consumo al punto che risulteremmo i più accorti nell’usufruire di offerte speciali, nel confrontare i prezzi, e ci fidiamo di più delle associazioni di consumatori.

Purtroppo [i consumatori italiano, n.d.r.] non conoscono le iniziative di responsabilità sociale delle imprese pur essendo interessati a valutare i loro acquisti secondo parametri anche di eticità delle imprese” – ha commentato Sergio Veroli, presidente di Consumers’ Forum.

Ma come si comportano gli altri consumatori del Vecchio Continente? Gli inglesi sono più attenti nel ridurre le spese (71%) – di nuovo seguono gli spagnoli (63%) e gli italiani (60%) – , ma bene o male la maggior parte dei cittadini dei Paesi considerati sfrutta il web per informarsi sui prezzi (72%).

Dalla ricerca emerge pertanto una possibile indicazione per contribuire ad uscire dalla crisi: aumentare la fiducia dei consumatori puntando su un modo di fare impresa socialmente responsabile” – prosegue Veroli.

L’81% degli intervistati si dice molto attento a usufruire di sconti e di offerte speciali, con il picco maggiore in Italia (88%) e in Spagna (87%), mentre i consumatori europei intervistati preferiscono comprare negli ipermercati/centri commerciali (51%), seguiti dagli acquisti nei supermercati più vicini (47%) e sulle bancarelle (36%).

Italiani e spagnoli, poi, sarebbero i più propensi a pagare di più quei prodotti che rispettano l’ambiente (rispettivamente l’81% e il 68%) e che offrono garanzia di standard qualitativi (83% e 74%) o provenienti aziende che rispettano i diritti dei lavoratori (79% e 68%).

L’Italia si conferma il paese che in Europa ha più fiducia nelle associazioni dei consumatori (39%), seguita dalla Germania (34%) e dalla Spagna (31%), mentre i cittadini europei ritengono che le associazioni dovrebbero concentrare la propria attenzione nel controllo di qualità dei prodotti e dei servizi (78%), nella tutela e rappresentanza del consumatore (76%), nei servizi di informazione e tutoring (66%); meno fondamentali ma comunque importanti nel rendere le imprese maggiormente responsabili (20%).

Per i consumatori, in Germania come in Italia in particolare contano l’indipendenza delle organizzazioni (65% e 59%) le regole di democrazia interna (35% e 33%). In Italia e nel Regno Unito l’affidabilita’ di una associazione di consumatori e’ data anche dalla capillarita’ di sportelli sul territorio.

P.P.

Fonte | Ansa