BCE: arriva l’annunciato aumento del tasso di interesse. Spread vola

La decisione tanto attesa, e temuta, della BCE è arrivata e lo spread è subito salito. Da luglio aumento del tasso di interesse.

BCE: aumento del tasso di interesse di 25 punti a luglio

Avevamo anticipato nei giorni scorsi che la BCE era in procinto di terminare la politica espansiva del Quantitative Easing, cioè l’acquisto di Titoli di Stato da parte della BCE, attraverso cui si opera il finanziamento del debito pubblico. Inoltre era noto anche che a breve sarebbe arrivato l’annuncio dell’aumento del tasso di interesse. Già nell’articolo precedente si erano ipotizzate ricadute sullo spread.

Tutto ciò è effettivamente avvenuto. La tanto temuta riunione della BCE ad Amsterdam del 9 giugno 2022 ha sancito un rialzo dei tassi di 0,25 punti base nel mese di luglio 2022. Attualmente i tassi sono a -0,50%, questo implica che dal mese di luglio gli stessi saliranno a -0.25%. Per il mese di settembre molti ipotizzano un ulteriore aumento dello 0,25%, ma questo per ora resta in stand by. Si è invece sottolineato che un ulteriore aumento del tasso dipenderà dall’inflazione. Attualmente la stessa è al 6,80%, ma si stima una riduzione costante al punto che nel 2023 dovrebbe essere al 3,5%, mentre nel 2024 dovrebbe scendere ulteriormente al 2,1%.

Le reazioni dei mercati finanziari

Il rialzo del tasso di interesse di luglio 2022 sarà il primo dopo 11 anni. Nonostante la misura fosse stata lungamente annunciata e ormai fosse certa già da settimane, le reazioni dei mercati non sono mancate. A chiudere in negativo sono praticamente tutte le europee, ma Piazza Affari è la peggiore con FTSE-Mib che registra una riduzione di quasi due punti percentuali.

L’aumento dello spread in giornata è stato costante con chiusura a 216 punti nel giorno 9 giugno 2022 e questo porta a un aumento del debito pubblico italiano. Naturalmente il rialzo di queste ore potrebbe essere un fatto momentaneo dovuto all’effetto shock e quindi potrebbero non esservi ripercussioni di particolare tenore per l’economia italiana. Di certo la preoccupazione c’era nei giorni passati e ora si è avverata.

Christine Lagarde, Presidente in carica della BCE, ha inoltre dichiarato che se sarà necessario saranno messi a punto strumenti anti-spread, dimostra così di essere consapevole dei rischi. Ha anche sottolineato che le politiche che saranno attuate nei prossimi mesi saranno volte soprattutto a contenere e ridurre l’inflazione. Questo sarà fatto attraverso strumenti già esistenti, come come i reinvestimenti in ambito Pepp ( programmi di acquisto per l’emergenza pandemica) con disponibilità di 1.700 miliardi che potrebbero, se necessario, essere reinvestiti con la massima flessibilità.

La politica della BCE sarà inoltre concentrata sull’obiettivo di evitare la frammentazione finanziaria in ambito UE.

Per maggiori approfondimenti sulla ricaduta per le imprese e le famiglie, leggi BCE: si va verso il rialzo dei tassi di interesse con ripercussioni su imprese e famiglie

Surroga del mutuo: cos’è e ha senso parlarne nel 2022 con tassi in crescita?

Stai pagando il mutuo per la casa e pensi che forse il tasso di interesse è troppo alto? Oppure vorresti stipulare un mutuo ma hai paura che a breve i tassi possano ricominciare a scendere e di conseguenza di ritrovarti una rata fuori dal mercato? Non temere, in aiuto per te c’è la surroga del mutuo.

Cos’è la surroga del mutuo

La surroga del mutuo consiste nella possibilità di trasferire il proprio contratto di mutuo da una banca all’altra. Naturalmente nella maggior parte dei casi questo avviene perché si trova un’offerta migliore e quindi vi è la possibilità di risparmiare sulla rata. La surroga ovviamente va ad agire sul tasso di interesse ed eventuali altre spese come l’incasso rata.

Soprattutto negli anni passati, quando il costo del denaro era piuttosto alto, sono stati negoziati mutui che poi sono diventati fuori dal mercato in seguito alla riduzione del costo del denaro. Siccome, dopo la crisi economica globale vissuta all’inizio del nuovo millennio, la situazione era diventata insostenibile, è  stata introdotta la possibilità di ottenere la rinegoziazione del mutuo, quindi un cambio delle condizioni del mutuo con la propria banca. In alternativa c’era la surroga del mutuo e quindi il trasferimento del debito presso un’altra banca (decreto Bersani legge 40 del 2007). La surroga, introdotta in via eccezionale per far fronte a un’esigenza impellente di molti italiani, è diventata strutturale nel nostro ordinamento e con il tempo sono sempre più le persone che in costanza di mutuo chiedono ulteriori preventivi per avere una riduzione del prezzo da pagare.

Deve essere sottolineato che in caso di richiesta di surroga del mutuo, la banca in cui è inizialmente negoziato il mutuo non può rifiutare il trasferimento e sono previsti tempi contingentati per completare la pratica, questo per evitare manovre ostruzionistiche.

Come funziona?

Quando si effettua la surroga del mutuo è possibile ridisegnare tutti gli elementi del contratto, in particolare si può ottenere una riduzione del tasso fisso, passare da un tasso fisso a un tasso variabile e viceversa, si può optare per un tasso variabile con tetto massimo. Non possono cambiare gli importi, cioè deve essere trasferito lo stesso mutuo non devono essere concesse nuove somme. In teoria in un secondo momento è possibile richiedere ulteriori somme. L’ipoteca inizialmente iscritta in favore della prima banca con la surroga passa alla seconda banca.

Il cliente potrebbe optare per la sostituzione del mutuo, questa consente di ottenere anche ulteriore liquidità, ma in questo caso potrebbero essere previsti dei costi.

Ha senso parlare oggi di surroga del mutuo?

A questo punto ci si potrebbe chiedere: qual è il senso di parlare di surroga del mutuo oggi? I tassi di interesse infatti sono in crescita e difficilmente surrogando oggi un mutuo si potrebbe risparmiare. Ci sono ben due motivi per conoscere le caratteristiche della surroga del mutuo. In primo luogo un mutuo trentennale stipulato agli inizi del 2000 o addirittura alla fine degli anni Novanta potrebbe offrire oggi ancora opportunità di risparmio. In secondo luogo, i tassi di interesse oggi stanno aumentando, ma stipulando oggi un mutuo si può ancora ottenere un buon risparmio rispetto alla stipula fatta tra qualche mese.

Per conoscere l’andamento dei tassi di interesse dei mutui, leggi l’articolo: Tasso di interesse mutui: nuovo record in aumento

In secondo luogo, la surroga del mutuo è sempre un’opportunità, ad esempio se il mercato dovesse riequilibrarsi, e quindi il costo del denaro avere una leggera flessione al basso, il mutuo oggi stipulato potrà essere rimesso in discussione con la surroga.

Deve, infine, essere sottolineata un’altra cosa. La base del costo di un mutuo è determinato da due elementi principali, cioè l’indice Euribor per il mutuo a tasso variabile e l’indice IRS per il mutuo a tasso fisso a cui si aggiunge lo spread, questa è la quota di guadagno che applica la banca. Le diverse banche possono prevedere uno spread diverso e comunque “giocare” con lo spread pur di ottenere un maggior numero di clienti. Tali manovre potrebbero generare risparmio per il cliente/debitore. Proprio per questo è sempre bene provare a chiedere nuovi preventivi e nel caso attivare una surroga del mutuo.

Spread sotto quota 200, mai così bene dal 2011

Lo spread, differenziale decennale tra Btp e Bund tedesco che misura la fiducia internazionale nei confronti della capacità di un Paese di onorare i propri impegni finanziari, è sceso questa mattina sotto la soglia psicologia dei 200 punti base per la prima volta dall’aprile del 2011, prima che a Roma arrivasse la famosa lettera della Bce firmata da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi che avrebbe avviato la caduta del governo Berlusconi. Bene anche il tasso di rendimento scivolato sotto il 4% (3,96%) per la prima volta da maggio scorso.

“Spread arrivato sotto quota 200, nuovo record! Meno tassi, meno spesa, meno tasse! La stabilità paga, anche in euro!’’. Commenta così su Twitter il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, appena appresa la notizia. Molto bene anche il differenziale degli spagnoli, col divario tra titoli decennali iberici e tedeschi a 203 punti base col rendimento dei Bonos giù al 3,96% e quindi in parità con l’Italia.

JM

Confartigianato: “Situazione delle aziende italiane sempre più nera”

Sempre meno credito alle imprese italiane: in un anno, vale a dire da maggio 2012 a maggio 2013, i finanziamenti sono drasticamente diminuiti di 41,5 miliardi di euro, una percentuale pari al 4,9%. Un rapporto di Confartigianato traccia un quadro davvero inquietante, la mancanza di liquidità soffoca le aziende nostrane, per le quali i finanziamenti scarseggiano.

A peggiorare ulteriormente la situazione è la crescita del debito della Pa verso le imprese, che oggi ammonta a ben 91 miliaridi. Inoltre, nonostante il calo della quantità di finanziamenti si verifica un aumento dei tassi d’interesse: secondo Confartigianato, a maggio 2013 il tasso medio per i prestiti fino a 1 milione di euro è del 4,36% ma sale al 4,85% per i prestiti fino a 250.000 euro.

Questi valori da capogiro fanno dell’Italia il secondo paese, dopo la Spagna, per i tassi più alti d’Europa, la differenza rispetto alla media Ue è di 84 punti, mentre lo spread continua inesorabilmente a salire e la differenza tra i tassi pagati dalle nostre aziende e quelli delle imprese tedesche oggi è di ben 148 punti.

La morsa che soffoca le imprese italiane sembra non allentare la presa, e a farne maggiormente le spese, soprattutto per i tassi d’interesse sono le piccole aziende (con meno di venti addetti). A livello regionale la Calabria si piazza al primo posto con i tassi più alti, 10,58% , seguita dalla Campania(10,55% ) e dalla Puglia, con il 10,22%.

Dando uno sguardo alle province invece è Crotone a risultare la più in difficoltà, con le aziende costrette a pagare tassi d’interesse dell’8,4%.

Sul fronte debiti della Pa, i dati forniti dalla Confartigianato sono agghiaccianti, ben 91 miliardi di euro, una cifra che rispetto al 2009 è aumentata di 0,3 punti di Pil; in Francia, Regno Unito e Spagna invece si è verificata la situazione opposta con un netto calo.

L’Italia ha inoltre il “primato europeo” dei ritardi di pagamento: 170 giorni, ovvero 109 giorni giorni in più rispetto agli altri Paesi del nostro continente.La situazione delle aziende italiane dunque appare sempre più inquietante: chi sostiene che la fine della crisi sia ormai dietro l’angolo, dovrebbe forse ripensarci bene.

Francesca RIGGIO

Sciopero dei benzinai: Italia a secco

 

IERI

No ai tagli alle Province: il decreto sul taglio alle Province italiane non diventerà leggeTroppi gli emendamenti e subemendamenti presentati al provvedimento, perchè il decreto potesse approdare al Senato. La commissione Affari costituzionali lo ha deciso ieri in serata, mentre laconico è stato il commento del ministro Patroni Griffi:  “il governo ha fatto quello che poteva”. L’unica soluzione a questo punto resta la definizione di una norma che coordini le disposizioni sulle province previste dal decreto Salva Italia e dalla spending review.

Alfano vs Dell’Utri: il segretario e il senatore bisticciano e se le mandano a dire tra quotidiani e talk show. A aizzare il can che dorme ci pensa per primo Marcello Dell’Utri, che sulle pagine di Repubblica definisce Alfano “persona brava e capace, ma non ha la maturità per aspirare al premierato”, rincarando poi la dose addossando al segretario le colpe di un mancato rinnovamento “poveretto, non ha potuto cambiare niente, se siamo ridotti in questo stato è perché il partito è imploso, non si è rinnovato”. La reazione del segretario del Pdl si è fatta a questo punto d’obbligo: Alfano ha definito Dell’Utri ai microfoni di Porta a Porta “un povero disgraziato per quello che gli sta succedendo” ammonendo poi anche il Cavaliere: “credo che Berlusconi debba porsi seriamente il problema della composizione delle liste”. Ma Dell’Utri non ci sta e schernisce così il segretario ” un povero disgraziato l’ho detto io prima di lui e lui mi risponde con le stesse parole… Ho detto meno di quello che penso… Non mi va di replicare” salvo poi concludere ” I guai del Pdl, purtroppo vengono tutti dalla sua incapacità, dalla sua insipienza. Non ha le palle, non c’entra niente con noi”. Poveri disgraziati si nasce, non lo si diventa.

Social War # Twitter vs Instagram: dopo essere convolato a nozze con Facebook (contratto matrimoniale da 715 milioni di dollari), Instagram viene cacciato da Twitter. O meglio, la piattaforma cinguettante ha deciso di fare da sè, lanciando i propri filtri fotografici. Otto sono già a disposizione: dal classico bianco e nero a ritocchi con nomi come ‘vintage’, ‘vignette’, ‘warm’, ‘happy’, ‘cinematic’.

Bloomberg punta al Financial Times: il sindaco di New York mette le mani sul londinese Financial Times. L’obiettivo: strappare il primato di giornale economico americano al Wall Street Journal dello squalo Murdoch. Bloomberg è pronto a mettere sul tavolo oltre 1,2 miliardi di dollari, sfidando chi sostiene che la carta stampata è destinata all’estinzione. Nel 2009 il sindaco aveva acquistato il settimanale Business Week, ma la tentazione del quotidiano era già presente: indeciso fra Financial Times e New York Times,  Bloomberg ha optato per il secondo. La sua agenzia, la Bloomberg View, possiede già contenuti e piattaforme, ed è molto forte sul web. Grazie all’acquisto del Financial Times, il sindaco della Grande Mela potrebbe dar vita al più grande quotidiano economico degli Stati Uniti.

OGGI

Italia a secco: dalle 19 di questa sera sino alle 7 della mattina del 14 dicembre i distributori di benzina di tutta Italia metteranno i lucchetti alle pompe per lo sciopero indetto dalle organizzazioni di categoria Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio. I gestori denunciano “l’impotenza delle Istituzioni di fronte a comportamenti gravissimi di lobby potenti che scaricano ingiustamente su lavoratori, cittadini e l’intera collettività costi incalcolabili”. Sulla rete autostradale lo sciopero avrà inizio alle ore 22.00 dell’11 dicembre per concludersi alle ore 22.00 del 13 dicembre. E i rifornimenti potrebbero essere a rischio anche tra il 17 e 22 dicembre prossimi “per protestare contro il rifiuto delle compagnie stesse a rinnovare i contratti collettivi scaduti da anni”. Non solo: tra Natale e Capodanno, pagare il pieno attraverso le carte di credito ed il pago bancomat sarà impossibile, in segno di protesta contro il rifiuto delle banche ad applicare la gratuità dell’utilizzo della moneta elettronica, per i rifornimenti fino a 100 euro.

Se lo spread non esiste: “lo spread è un imbroglio e un’invenzione con cui si è cercato di abbattere una maggioranza votata dagli italiani e che governava il paese. Prima non ne avevamo mai sentito parlare, se ne parla solo da un anno, e cosa ce ne importa?” con queste parole Silvio Berlusconi interviene nell’acceso dibattito sull’impennata registrata ieri dal differenziale tra il Btp e il Bund tedesco a 10 anni. E se Monti sdrammatizza, ospite ad una trasmissione mattutina su Rai1, raccontando che perfino il suo nipotino all’asilo viene chiamato con il nomignolo di ‘spread’, il Cavaliere non ne ha per nessuno, e passa all’attacco dell’esecutivo Monti reo di aver “seguito la politica germano-centrica che l’Europa ha cercato di imporre a noi e altri Stati”. Il Governo  tecnico ha portato secondo l’ex ex Premier “a una crisi molto peggiore della situazione in cui ci trovavamo quando eravamo noi al governo. Con questo governo il Pil è diminuito di oltre il 2%”.

Dl Sviluppo in Senato: il decreto legge sullo Sviluppo sta per essere approvato. Oggi  il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha espresso la volontà dell’esecutivo di porre la fiducia sul provvedimento. Se la fiducia ci sarà, domani verrà convocata una capigruppo per stabilire la tabella di marcia sulla votazione e capire se ci sono margini per la deroga alle 24 ore. Oggi si terrà inoltre la discussione generale della proposta di legge per il principio del pareggio di bilancio in Costituzione, ma per l’approvazione servirà la maggioranza assoluta. Secondo il presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, si tratta di una legge “necessaria per onorare l’impegno per il risanamento dei conti pubblici assunto anche in ambito dell’Unione europea”.

DOMANI

Juventus Cagliari: scenderanno in campo domani sera alle 21 a Torino le due big Juventus e Napoli per aggiudicarsi gli ottavi di finale della Coppa Italia 2013. I bianconeri sono reduci in campionato dalla vittoria contro il Palermo, mentre il Cagliari ha perso in casa contro il Chievo. Sugli allievi di Conte pesa però il triplice impegno calcistico, e dovranno cercare di recuperare le forze.

Hip Hop Awards: appuntamento domani sera all’Alcatraz di Milano con la prima edizione degli Hip Hop Awards, targata Mtv: sul palco i Club Dogo, Ensi, Emis Killa e Marracash a contendersi il titolo di miglior artista dell’anno e miglior album del 2012. A esibirsi saranno anche J-Ax, che ha dato vita al genere in tempi non sospetti e Max Pezzali, che proprio quest’estate ha ripubblicato il suo album di successo del ’90, Hanno ucciso l’uomo ragno, in versione rap.

Asteroide a un passo dalla Terra: si chiama 4179 Toutatis l’asteroide che domani passerà entro 7 milioni di chilometri dal nostro Pianeta. Non si tratta del primo passaggio del corpo celeste nella nostra atmosfera, però c’è già chi è pronto a scommettere che la data del passaggio (12-12-12) non sarà per nulla casuale. Tutta colpa dei Maya?

 

Alessia CASIRAGHI

Imprese italiane: meno prestiti e più debiti

Cornute, tassate e mazziate. Sono le imprese italiane fotografate dalla Cgia di Mestre quando prova a fare il punto sulla loro situazione patrimoniale in questo disastrato 2012. E il risultato di questa fotografia sta tutto nelle parole di Giuseppe Bortolussi, segretario dell’associazione mestrina: “Ricevono sempre meno prestiti e nel contempo fanno sempre più fatica a restituire quelli ricevuti. Tra l’agosto del 2011 e lo stesso mese di quest’anno, la contrazione degli impieghi erogati dalle banche alle imprese italiane è stata di circa 27 miliardi di euro, mentre le sofferenze in capo al sistema imprenditoriale sono aumentate di 12,3 miliardi di euro. Ormai l’ammontare complessivo delle insolvenze sfiora gli 88 miliardi di euro: un vero e proprio record mai raggiunto dopo l’avvento dell’euro“.

Parole che esplodono dopo che la Cgia ha analizzato l’evoluzione dei prestiti e delle sofferenze registrate dal sistema imprenditoriale italiano negli ultimi 12 mesi dell’anno (agosto 2011-agosto 2012). A livello territoriale, è il Centro ad aver subito la più significativa variazione di crescita delle sofferenze: tra il luglio 2011 e lo stesso mese di quest’anno (ultimo dato disponibile) l’incremento è stato dell’17,3%, contro il +16,9% registrato nel Nord Est, il +15,1% del Nord Ovest e il +14,6% del Sud.

Lato prestiti, invece, è il Nord Ovest l’area che ha subito la flessione più evidente: sempre tra luglio 2011 e luglio 2012, la contrazione è stata del 2,67%, rispetto al -1,67% fatto segnare dal Nord Est, al -1,58% registrato nel Sud e al -1,50% maturato nel Centro. Ancor più significativa la situazione che si è verificata dall’inizio di novembre del 2011, mese in cui lo spread italiano ha raggiunto il livello record di 558 punti base: in questi ultimi 10 mesi (novembre 2011 – agosto 2012) i prestiti hanno subito un forte rallentamento. Rispetto al periodo agosto 2011-agosto 2012, la contrazione è quasi raddoppiata, mentre la crescita delle sofferenze ha subito una decisa frenata.

Dopo quattro anni di crisi – dice ancora Bortolussisoprattutto le piccole imprese stanno soffrendo per la mancanza di liquidità. Per soddisfare gli ordini e la domanda, le piccole imprese devono pagare le forniture, acquistare le materie prime e i servizi, pagare le utenze, onorare gli impegni economici assunti con i propri dipendenti, versare le tasse e i contributi ed è chiaro che senza liquidità molte esperienze imprenditoriali rischiano di cessare l’attività. Ricordo che dall’inizio della crisi ad oggi sono quasi 50mila le imprese italiane che hanno fallito e circa un terzo di queste hanno chiuso i battenti per mancati pagamenti“.

Con le due operazioni effettuate dalla Bce nel dicembre 2011 e nel febbraio di quest’anno gli istituti di credito italiani hanno ricevuto 132 miliardi di liquidità netta, ad un tasso d’interesse dell’1%. E’ vero che gran parte di questi soldi sono stati impiegati per l’acquisto di titoli di Stato al fine di evitare il crac finanziario del nostro Paese, ma adesso bisogna evitare che a collassare sia l’economia reale, ovvero le imprese e i propri dipendenti. Per questo è auspicabile che le banche ritornino a fare il loro mestiere, vale a dire rischiare assieme alle imprese“, è l’amara conclusione di Bortolussi.

Autunno bollente tra Regione e Confindustria, ma prima arriva Bacco

Minetti che corrono, Minetti che restano. Mentre la consigliera regionale più chiacchierata d’Italia non sembra voler mollare la poltrona alla Regione Lombardia, la meno conosciuta Annalisa ha afferrato il record del mondo nei 1500 metri alla Paralimpiadi di Londra. E restando in tema di donne, sono pronte a contendersi la fascia di più bella d’Italia il prossimo 7 settembre le 101 aspiranti Miss Italia. E tra le giurate ecco che torna a far capolino un’altra atleta: la ormai non più ‘divina’ Federica Pellegrini.

IERI

Minetti fa il Bis: c’è chi corre, c’è chi resta. Attenti a non confonderle: la prima, dopo aver tentano la carriera di cantante, portandosi a casa anche la vittoria ad un Festival di Sanremo di qualche anno fa, e poi quella di Miss (Italia), Annalisa Minetti, atleta ipovedente, ha vinto ieri la medaglia di bronzo nei 1500 metri alle Paralimpiadi di Londra, stabilendo però il nuovo record del mondo della sua categoria. Meno disposta ad alzarsi, ma costretta a correre per sfuggire all’assedio di fotografi e giornalisti, sembra invece la più famosa Nicole, consigliera regionale della Lombardia, che non cederà la sua poltrona perché “stima troppo Berlusconi”. Il suo traguardo? A pochi metri, si direbbe, dal momento che a ottobre la Minetti maturerà l’anzianità sufficiente per guadagnarsi il vitalizio. Fermi ai blocchi di partenza resteranno invece fotografi e giornalisti, cui sarà vietato d’ora in poi l’ingresso al Pirellone.

Spread al test: compiti a casa e compiti in classe per lo Spread italiano. Se il famigerato termine che ha riempito bocche e quotidiani nell’ultimo anno è finito pure tra le domande del test d’ingresso a Medicina, Bankitalia ha dichiarato come il valore corretto per lo Spread italiano dovrebbe essere 200, contro i 400 punti base oggi assegnatagli. “Il recente andamento dello spread è in larga parte riconducibile a fenomeni di contagio non legati alle condizioni di fondo del Paese”. Eh sì, Bankitalia stavolta ha fatto i compiti a casa.

Lusi in carcere: Lusi non passa l’esame. Il tribunale del Riesame di Roma ha confermato gli arresti per l’ex tesoriere della Margherita, che si trova rinchiuso a Rebibbia dallo scorso 20 giugno. Per il senatore, accusato di associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, gli arresti domiciliari si sarebbero dovuti tenere in un convento abruzzese.

NoTav o SiTav? La Tav si farà. E’ quanto ha affermato ieri il Premier Monti durante il vertice bilaterale con il Premier francese Hollande a Villa Madama. Mentre il Presidente d’oltralpe ha fatto sapere che sono 3 le tappe da raggiungere per salvare l’euro: far applicare le decisioni del consiglio Ue, risolvere i problemi di Grecia e Spagna e realizzare l’unione bancaria. Mete più vicine da adesso grazie all’alta velocità?

OGGI

Bella Addormentata: un lungo applauso per la prima del nuovo film di Marco Bellocchio in concorso alla 69esima Mostra del Cinema di Venezia. Il regista piacentino ha proposto un racconto corale sull’Italia sullo sfondo degli ultimi giorni di vita di Eluana Englaro. Toni Servillo, già protagonista al festival con il film “E’ stato il figlio” di Daniele Ciprì, interpreta nella pellicola un senatore del Pdl, in conflitto con la propria coscienza e il proprio partito quando si trova a votare il provvedimento contro l’eutanasia.

Squinzi bollente: autunno caldo per Confindustria. A dispetto delle temperature fresche che si respirano in questa settimana, il Presidente di Confindustria preannuncia al Governo che i prossimi mesi saranno bollenti. Lo fa attraverso ‘La telefonata’ di Maurizio Belpietro: “occorre lavorare sulla detassazione dei salari” afferma Squinzi. Il calo della produzione industriale in Italia è da ricondurre alla flessione dei consumi interni. La replica del Premier “siamo ripartiti, la ripresa, se riflettiamo un attimo è dentro di noi”, fa sapere Supermario dal caldo della Fiera del Levante di Bari, pronta a debuttare il prossimo 8 settembre.

DOMANI

Bacco: sedotta e abbandonata la povera Poppea è destinata a lasciare spazio a Bacco. Non si parla di mitologia greca, ma del nuovo anticiclone proveniente dalle Isole Azzorre che regalerà qualche ultimo sprazzo di sole sullo stivale. Ma l’incantesimo durerà poco: già dal 12 settembre la pioggia (ancora sconosciuto il nome della prossima meteorina) tornerà da Nord a Sud.

Miss Italia 2012: 101 aspiranti Miss per sole due prime serate. La Rai risparmia anche sulla bellezza in tempi di crisi. Dopo aver relegato le miss in terza serata (4-5-7 settembre), il primo appuntamento in prima serata con Fabrizio Frizzi, irriducibile padrone di casa della kermesse, è previsto per il 9 settembre, mentre la vincitrice riceverà la corona il 10 settembre. Sarà che il cachet della Pellegrini, presidente di giuria del concorso, moltiplicato per le varie serate sarebbe costato l’oro del mondo?

 

Alessia CASIRAGHI

Ma la crisi è andata in ferie?

di Davide PASSONI

C’era una volta, nell’antica Grecia, la cosiddetta “tregua olimpica”: durante i Giochi, tutte le guerre erano sospese, esisteva solo una pace temporanea per poter svolgere le gare in un clima, se non di fratellanza, almeno di momentanea serenità.

In questo agosto olimpico, pare che la tregua interessi le nostre aziende e la crisi che le ha colpite. Ci avete fatto caso? In questo periodo non si sente parlare di fatturati in crollo, chiusure, debiti, suicidi per mancanza di lavoro. Al massimo si tiene un occhio al dio spread dei Btp per il quale, ogni volta che scende sotto i 500 punti rispetto ai Bund tedeschi, pare ci sia da stappare una bottiglia di quello buono, dimenticandosi che uno spread sopra i 450 è sempre una bomba a orologeria per la nostra economia e per il sistema Paese nel suo complesso.

Però, per il resto, nulla. Nonostante la gente vada sempre meno in ferie (lo dicono le statistiche), sembra che in questo agosto la crisi sia andata in vacanza pure lei. Ebbene, noi di Infoiva non ci crediamo e vogliamo lanciare un appello; non per essere gufi, rompiscatole o rovinare quel poco di relax che ci portiamo in spiaggia in questi giorni, ma per essere realistici: settembre è dietro l’angolo, imprese italiane non mollate la presa e tenete alta l’attenzione.

L’autunno che ci aspetta non sarà caldo solo per le manifestazioni di piazza ma anche, e soprattutto, per un’altra piazza, Piazza Affari. Se la speculazione tornerà ad attaccarci, la prima a soffrire sarà l’economia reale, i professionisti, le piccole imprese; che ancora fanno gli scongiuri perché non ci sia il tanto paventato aumento dell’Iva. Il premier Monti continua a predicare tranquillità, ma dovrà fare i conti con gli scenari autunnali che ancora non si sa quale consistenza avranno.

Per cui, imprese, godetevi un po’ di riposo, ricaricatevi, ma occhio: la crisi non è andata in vacanza, le tasse sono ancora lì (l’Imu in primis), i mercati sono quello che sono, sia in Italia che in Europa. Nervi saldi, che l’ultimo sprint per chiudere il 2012 sarà decisivo per la sopravvivenza di tutte voi. Vi auguriamo di cuore di essere come e più di Usain Bolt, in questo sprint. Perché la tregua olimpica finirà, e con essa la tregua (falsa) della crisi.

La benzina sale, i benzinai protestano. Ma quali le ragioni?

 

Le file ai distributori di benzina per i maxi sconti del weekend si preparano a diventare l’immagine simbolo di questa estate italiana, soffocata tra crisi, spread, agenzie di rating e poche, pochissime vacanze. Per il prossimo fine settimana, il 4 e 5 agosto, quello in cui si concentrerà molto probabilmente l’esodo vacanziero, i distributori di benzina avevano annunciato una serrata di protesta. 

Protesta revocata in seguito, grazie ad  “accordo raggiunto” tra gestori, governo e aziende petrolifere in un incontro, venerdì scorso, al Ministero dello Sviluppo economico. Anche se il verdetto finale è rimandato al prossimo giovedì, giorno nel quale le parti in causa si incontreranno nuovamente per fare il punto sulle decisione del Decreto Liberalizzazioni.

Ma quali sono le vere ragioni della protesta, sottoscritta dalle maggiori associazioni italiane di categoria, aib-Confesercenti, Fegica-Cisl e Figisc-Anisa Confcommercio?

Infoiva lo ha chiesto a Roberto Di Vincenzo, Presidente di Fegica, per cercare davvero di capire come funziona il mercato del petrolio e quali sono le cause reali della continua giostra dei prezzi del carburante, tra aumenti, sconti e rincari, che grava sulle tasche degli italiani.

Se ne è a lungo parlato sui giornali, ma se dovessimo spiegare in poche parole ai consumatori le ragioni dello sciopero delle pompe di benzina che avevate indetto per il 4 e 5 agosto?
E’ presto detto, evitando inutili tecnicismi. Le compagnie petrolifere intendono approfittare del momento di grave crisi del Paese e di “distrazione” della politica per “regolare i conti” con un’intera categoria che per loro rappresenta un costo e soprattutto l’unico possibile e reale elemento di potenziale concorrenza, se e quando dovessero finalmente tradursi nel concreto i contenuti del recente decreto liberalizzazioni che Governo e Parlamento hanno trasformato in legge. A questo scopo, i petrolieri ricorrono ad ogni mezzo, compreso quello di disattendere e violare apertamente anche le leggi che regolano l’attività del settore, rifiutandosi da anni di rinnovare gli accordi collettivi e tagliando unilateralmente fino al 70% i margini già esigui dei gestori. Mi limito a ricordare che i gestori avrebbero diritto ad un margine che mediamente vale meno di 4 centesimi al litro, vale a dire 1 euro ogni 50 che l’automobilista spende per fare rifornimento: una mancia, insomma.

Nonostante gli avvertimenti del Garante, avete continuato a far valere le vostre ragioni, trovando però una mediazione,  rinunciando in un primo momento, prima della revoca di venerdì, alla serrata del 3 agosto. Perché così tanta resistenza? Quali sono i vostri obiettivi?
Il Garante, lungi dal “bacchettare” i benzinai – come qualcuno ha cercato strumentalmente di far credere – ha tenuto a dire due cose importanti: da una parte, aveva confermato la piena legittimità della proclamazione dello sciopero per sabato 4 e domenica 5; dall’altra, ha spiegato che, nell’ambito delle prerogative della Commissione che prevedono un tentativo di “raffreddamento” delle vertenze, intende convocare i petrolieri e persino arrivare a multarli, se dovesse arrivare alla conclusione che lo sciopero fosse da addebitare alla responsabilità diretta di un loro comportamento fuori delle regole. Una vera rivoluzione rispetto al passato, che restituisce un pizzico di equilibrio rispetto ad un luogo comune , sciopero = disagio, che ormai evita qualsiasi approfondimento circa le ragioni vere e le reali responsabilità che portano a conflitti sociali di tale rilevanza. La pretesa di trasferire forzatamente sulla collettività altri 120.000 disoccupati, come sta cercando di fare l’industria petrolifera italiana, Eni in testa, non può essere accolta senza contrasto. E questo è il nostro primo obiettivo.

Quali sono le conseguenze delle sempre più competitive campagne sconto del weekend sul singolo gestore di una pompa di benzina?
La prima è il taglio, come già detto, del suo margine: le compagnie impongono ai gestori di rinunciare fino al 70% di quanto dovrebbero avere, se non vogliono essere tagliati fuori dalle “promozioni”. La seconda è vedere concentrate le vendite della settimana solo nei weekend: il totale dei volumi venduti continua a contrarsi, a causa della crisi e dei continui rialzi dei prezzi dei carburanti decisi dalle compagnie, ma trasferire le vendite nel fine settimana significa ridurre sensibilmente il ricavo unitario del gestore, a vantaggio delle aziende. La terza è rappresentata dalla sostituzione forzata di chi lavora sull’impianto (ad un costo ridicolo per il “sistema”) con la macchinetta del self: le compagnie, dopo aver alzato i prezzi, dicono di praticare gli “sconti” solo alla macchinetta del self, di fatto costringendo i consumatori a servirsi con quell’unica modalità di vendita e creando le condizioni per mandare a casa i lavoratori. Un effetto che si consoliderà soprattutto a settembre, dopo la fine delle iniziative di sconto.

Quali sono le ripercussioni delle campagne aggressive praticate dalle grande compagnie petrolifere sulle più piccole e le pompe no logo?
Sono volate parole grosse in queste settimane: dumping, comportamento predatorio, abuso di posizione dominante. Tutte accuse -lanciate dalle compagnie più piccole, dai retisti indipendenti e dalle stesse pompe bianche all’Eni- almeno credibili e, con ogni probabilità, fondate. Quando un mercato non è dominato, ma letteralmente governato da un unico soggetto -l’Eni- peraltro controllato dallo Stato, con il quale intrattiene innumerevoli occasioni di “scambio” (compresi i contratti all’estero per ragioni geopolitiche) e che gli garantisce il monopolio di mercati ricchissimi (il gas), queste sono conseguenze da mettere in conto. D’altra parte, finché il “leader del mercato” se la prendeva solo con i gestori o i consumatori alzando continuamente i prezzi, tutti gli altri soggetti hanno largamente beneficiato del “sistema Eni”. Ma quando si accetta supinamente che un sistema si muova non in funzione di regole oggettive e uguali per tutti, ma della “liberalità del principe”, si rischia di avere un pizzico meno di credibilità nel denunciare le storture. In ogni caso, benvenuti ai ritardatari.

Scontoni nel weekend e repentini rialzi dei prezzi del carburante in settimana. E’ un po’ come se gli italiani alla fine ‘pagassero’ il proprio sconto?
E’ la triste verità che abbiamo denunciato – allora da soli, oggi potendo contare su qualche “alleato” in più – fin dalla conferenza stampa di Scaroni di presentazione di “Riparti con Eni”. In realtà, il nostro Paese, la collettività, oltreché ciascun singolo cittadino e consumatore, si è già pagato, in anticipo e in mille modi diversi, molto più del valore degli “sconti” di questi weekend. Solo nei primi 3 mesi di quest’anno, le compagnie hanno rialzato 34 volte consecutivamente i prezzi dei carburanti: una volta ogni tre giorni! Il fatto è che siamo nelle mani di pochi soggetti che controllano indisturbati il rubinetto del prezzo dei carburanti, a cui viene consentito di mettere in fila gli italiani alle macchinette del self nei fine settimana -come se stessimo in tempo di guerra, con la tessera del razionamento del pane in mano- facendogli credere di dare loro un vantaggio. Ma la verità è che, se fosse applicato quello che nel decreto liberalizzazioni è solo appena abbozzato, vale a dire se fosse data ai gestori la possibilità di svincolarsi dalle compagnie e di rifornirsi sul libero mercato, gli automobilisti avrebbero immediatamente, su tutti gli impianti, anche sotto casa, tutti i giorni e senza rinunciare al servizio e all’assistenza, un prezzo stabilmente più basso di almeno 10 centesimi.

Esiste un tetto massimo al rialzo dei prezzi del carburante? Lo Stato come interviene in tal senso?
Il regime di “libero mercato” non consente l’imposizione di un tetto massimo alla fissazione dei prezzi. E quindi lo Stato non ha alcuno strumento di intervento diretto sul fenomeno. Può (e dovrebbe) dotare il sistema di regole certe che consentano di ottenere un mercato meno ingessato dalla prepotenza di pochi soggetti e quindi maggiore concorrenza, efficienza e prezzi più contenuti. Ad ogni modo, la nostra categoria, fin dal 2002, ha ottenuti accordi (gli stessi che le compagnie petrolifere non voglio rispettare e rinnovare) che impongono negozialmente un prezzo massimo di rivendita al pubblico. Un esempio virtuoso di contrattazione a cui non è stato dato particolare rilievo dall’informazione e che perciò viene ora aggirato dai petrolieri senza nessuno scandalo.

Veniamo alla questione dei “platts”, quotazione fissata virtualmente dalle agenzie internazionali di rating. Quanto incide sul prezzo finale del carburante?
Al 16 luglio scorso la famigerata quotazione platts, cioè il valore convenzionale dei carburanti finiti, era 0,601 euro al litro per la benzina -il 34,20% sul prezzo medio al pubblico- , e a quota 0,650 euro al litro per il gasolio  -il 39,44% sul prezzo medio al pubblico. Come si evince, se non ci fossero imposizioni fiscali sensibilmente differenti per ragioni politiche, la benzina costerebbe molto meno del gasolio. Ciò detto, però, quel che agli italiani andrebbe detto è che dietro la quotazione platts viene impunemente nascosta la vera e ingentissima rendita dei petrolieri. Mentre la rivista Forbes inserisce ben 8 compagnie petrolifere tra le 10 aziende più ricche del mondo, i petrolieri nostrani denunciano margini industriali da fame e ridicoli: il 5,06% sul prezzo della benzina e addirittura il 3,76% sul gasolio. Ci si può credere? La verità è che i loro veri margini sono proprio dentro la quotazione platts che fissano “virtualmente” loro stessi (sono tutti soci della rivista del gruppo Standard&Poors che fissa la quotazione) e che non un solo litro di carburante viene “scambiato” al prezzo platts. D’altra parte, è assolutamente incontrovertibile che, ancora oggi, il costo (tutto compreso) di estrazione del greggio varia tra i 2 e i 10 dollari al massimo al barile, mentre la quotazione sui mercati internazionali è stabilmente sopra i 100 dollari: nelle tasche di chi va la differenza?

Accise e Iva quanto pesano sul prezzo finale del carburante? Cosa potrebbe fare lo Stato Italiano per andare incontro ai consumatori?
Sempre al 16 luglio, le tasse pesano il 58,57% sul prezzo della benzina ed il 54,56% su quello del gasolio. Non c’è dubbio che sia una imposizione pesantissima e particolarmente odiosa perché pesa indiscriminatamente su tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito, e perché incide su un bene divenuto ormai essenziale alla vita quo diana di ciascuno. Allo stesso modo, va rilevato che questa imposizione concorre a “finanziare” una parte consistente della cosiddetta “spesa pubblica corrente” e che, se non fosse caricata sui carburanti, la collettività se la vedrebbe trasferita altrove. Fatte queste premesse, quel che appare davvero iniquo è che il Governo italiano, qualunque Governo, non trovi di meglio da fare che aumentare le accise dei carburanti, ogni qual volta abbia la necessità di “fare cassa”. Adoperare un intero settore produttivo e un prodotto essenziale come i carburanti alla stessa stregua di un bancomat, non è serio, oltreché profondamente ingiusto. Anche perché -nell’indifferenza della politica e nonostante lo “scontone”- i consumi continuano a far registrare un -8% abbondante nel primo semestre dell’anno.

La percezione è che ci sia una gran confusione tra i consumatori nel distinguere fra benzinai, petrolieri e compagnie petrolifere. Se volessimo fare un po’ di chiarezza?
Non c’è dubbio che, per tanto tempo, nella percezione comune si è fatto fatica a separare la “posizione” dei gestori da quella delle compagnie petrolifere. Un po’ come se si potesse ritenere che un banchiere e un bancario abbiano il medesimo grado di interesse nell’affare della banca. Una confusione di ruoli che comunque ha consentito proprio alle compagnie di defilarsi e di dissimulare le proprie responsabilità. Per un automobilista, del prezzo alto dei carburanti, è senz’altro più semplice incolpare il benzinaio che sembra sfilargli direttamente i soldi dal portafoglio. Oggi le cose sono un po’ diverse, c’è maggiore consapevolezza e affiora non raramente un certo spirito solidale tra consumatore e gestore, accumunati da uno stesso destino: essere vittima della lobby potente del petrolio.

Alessia CASIRAGHI

Imu e spread non fanno sconti nemmeno ai… saldi

Per quanto i saldi ancora in bella mostra nelle vetrine dei negozi italiani rappresentino una bella occasione di risparmio, gli italiani sono sempre preoccupati per la crisi e, pensando Imu e spread, reticenti nel mettere mano al portafogli. Il presidente di Federazione Moda Italia, Renato Borghi, fa il punto della situazione con Labitalia. “Certo – ammette – nonostante la crisi conviene acquistare con i saldi. Ciò è confermato dal fatto che l’interesse dei consumatori per i saldi è sempre crescente. Dati alla mano, oltre il 18% dei consumi di abbigliamento dell’anno si realizza nei saldi”.

“Però – fa notare – quest’anno i saldi non stanno andando bene: abbiamo delle flessioni medie del 12% rispetto allo scorso anno. Parliamo, comunque, di un giro di affari di circa 3 miliardi e 700 milioni, che però non dà effetti positivi”.

“Le vendite a saldo – sostiene Renato Borghi – non vanno bene perchè il ‘sentiment’ delle famiglie è fortemente negativo: sono preoccupati per l’andamento dell’economia e, in generale, del lavoro e temono che tutto possa riversarsi sul futuro dei propri figli”.

“Il potere di acquisto delle famiglie – ricorda il presidente di Federazione Moda Italia – si è ridotto, in un anno, del 2% con la conseguenza che i consumi restano deboli, anzi restano deboli purtroppo anche durante i saldi”.

 

E, sull’ipotesi di tenere sempre i negozi aperti per fronteggiare il clima di ‘stasi’ degli acquisti, Borghi spiega che “gli esercizi restano aperti quando c’è il flusso di consumo”. “Tuttavia – afferma – tenere aperti i negozi di domenica costa molto, in straordinari per il personale e per le spese aggiuntive”.

“In questo momento – conclude – credo che sia un sacrificio che non vale la pena di fare. Rischia, infatti, di essere un danno per le attività dei negozi. Le domeniche in cui siamo aperti sono comunque già molte se consideriamo le deroghe. In questo momento, non credo che da parte del dettaglio tradizionale ci sia una grande disponibilità sull’apertura dei negozi di domenica”.