Gli sprechi delle PA continuano ad aumentare

La Pubblica Amministrazione continua ad accumulare sprechi e inefficienze, che ad oggi equivalgono ad una perdita di 29 miliardi.

A confermarlo, una indagine della CGIA, che ha anche affermato che si tratta di una situazione preoccupante.

A questo proposito, Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA, ha dichiarato: “Nella legge di Bilancio del 2018 la gran parte dei 2,9 miliardi di euro di spending review si concentrerà sulla riprogrammazione di alcuni trasferimenti alle Ferrovie dello Stato e sul depotenziamento del fondo per le esigenze indifferibili. Insomma, ancora una volta si interverrà riducendo soprattutto i servizi ai cittadini, senza intaccare seriamente la spesa pubblica improduttiva”.

Analizzando i dati, se potessimo quantificare con precisione anche la spesa riconducibile ai falsi invalidi, a quella riferita a chi percepisce deduzioni/detrazioni fiscali non dovute o alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare, molto probabilmente lo Stato, nel suo complesso, potrebbe risparmiare ancora tante altre risorse.

Renato Mason, segretario della CGIA, ha aggiunto: “Per pagare meno tasse è necessario che il Governo agisca sul fronte della razionalizzazione della spesa pubblica, tagliando sprechi, sperperi e inefficienze della macchina pubblica. Quanto è stato fatto in questi anni va nella direzione giusta, ma è ancora insufficiente”.

Inoltre, l’allarme cresce se si contano anche i dati del Fondo Monetario Internazionale. Questo ultimo, infatti, sostiene che se la nostra Amministrazione pubblica avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, registrati nei migliori territori del Paese, il nostro Pil aumenterebbe di 2 punti all’anno e porterebbe 30 miliardi di euro in più.

Vera MORETTI

Dall’alto o dal basso, ora fuori i tagli veri

di Davide PASSONI

E adesso applaudono a scena aperta. Dopo aver sfiorato il ridicolo la scorsa settimana, quando in fase di presentazione della spending review e del commissario per l’acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione, Enrico Bondi, hanno chiesto aiuto ai cittadini per segnalare online gli sprechi e i cespiti da tagliare, i signori del governo snocciolano soddisfatti i dati dell’iniziativa digitale a una settimana dal suo lancio. Oltre 95mila segnalazioni, di cui più di 24mila solo nel weekend. Un messaggio ogni due secondi, dicono loro. Una mole di roba che ha obbligato a costituire un gruppo di lavoro all’interno dell’Ufficio stampa e del Portavoce di Palazzo Chigi per leggere tutti i messaggi e archiviarli in categorie. Dieci funzionari dieci, che hanno esaminato e catalogato il 20% del totale delle segnalazioni. Diciannovemila circa, 1900 a testa diciamo noi.

Bene. Infatti, dice la nota del governo, “la partecipazione degli italiani al progetto di revisione della spesa pubblica è stata particolarmente elevata e dalle numerose mail giunte vi è un sollecito al governo a intervenire in modo tempestivo per cancellare le inefficienze. A scrivere sono in prevalenza cittadini, e tra questi molti giovani, ma anche dipendenti delle pubbliche amministrazioni e liberi professionisti, ricercatori, professori universitari, oltre a imprenditori, associazioni di categoria, enti no-profit, think-tanks. Circa un sesto dei messaggi contiene il medesimo testo e, quindi, ciò lascia pensare a una campagna organizzata“.

Bene. E gli italiani, dove suggeriscono di intervenire in maniera più o meno pesante? Enti locali, auto blu, stipendi pubblici, risparmio energetico, consulenze, pensioni. Ma dai! Rispettiamo ciascuna delle 95mila segnalazioni e ciascuna delle persone che le hanno inviate, ma pensiamo davvero che la banda Monti non sapesse da sé dove, come e che cosa tagliare? Se proprio il premier e l’Esecutivo avessero voluto far sentire protagonista la gente, perché non spendere una parola di vicinanza a quanti sono in difficoltà per le troppe tasse, il poco lavoro, la pochissima speranza? Tutti fattori di cui sono responsabili loro in prima persona. Loro e i governi che li hanno preceduti.

Perché non dire subito quanto e che cosa avrebbero tagliato? Un tecnico come Giarda ci è dentro da anni in queste problematiche, sa che cosa non va e sa come raccontarlo al presidente del Consiglio perché prenda le misure necessarie. E invece no, facciamo i fighi, usiamo internet, muoviamo le cose “dal basso“, ascoltiamo ciò che dicono i nostri cittadini. E se poi scopriamo che sapevamo già tutto, che ci dicono solo cose già sentite? Beh, che c’è di strano, noi siamo i professori, no?

Ma intanto i cittadini e le imprese aspettano i tagli veri, non i proclami. Ma intanto i cittadini affondano i partiti e votano Grillo. “Dal basso“. E Monti pare non accorgersene, o meglio, si accorge che per il governo “non c’è più la sintonia con il Paese che c’era a inizio mandato. Dobbiamo recuperare“. Che sia già finita anche la Seconda Repubblica? Beh, se fosse così la crisi qualche effetto positivo lo avrebbe pure…

Spending review o spending ciofeca?

di Davide PASSONI

Viva, viva la spending review. Tanto promessa, tanto sperata, tanto invocata, alla fine è arrivata. E, come temevamo, si è trattato più di una spending ciofeca che di una spending review. La bozza del decreto legge sulla revisione di spesa prevede infatti un risparmio di 4,2 miliardi di euro. Non siamo bravissimi in matematica, ma su un totale di spesa pubblica che ammonta a, malcontati, 730 miliardi all’anno, siamo nell’ordine di tagli per lo zero e rotti per cento. Bruscolini.

Il bello è che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà ha annunciato in pompa magna che entro 15 giorni dalla sua nomina, il commissario per l’acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione, Enrico Bondi, presenterà un programma al Consiglio dei ministri con un piano di tagli pari a circa 2,1 miliardi di euro, dei 4,2 di cui sopra. Tanta roba.

E il colpo di teatro? Dal taglio degli sprechi saranno esclusi “la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento“. Ossia, tre dei principali focolai di spreco dello stato. Certo, nessuno chiede che i 300 e rotti miliardi di euro impegnati ogni anno per stipendi e pensioni siano tagliati. Ma una razionalizzazione dei centri di costo e di acquisto, per esempio, della sanità? Unificare ordini e acquisti per i beni e i servizi destinati ai Ministeri? Vediamo se scaturiranno da questo passaggio della bozza, secondo la quale nel programma di tagli rientrano “tutte le amministrazioni, autorità, anche indipendenti, organismi, uffici, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati, gli enti locali, nonché le amministrazioni regionali sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario per le voci relative alla spesa sanitaria“. E poi, ministeri, occhio: entro il 31 maggio tocca presentare la propria relazione sui tagli di spesa. E se vogliamo, possiamo dar loro una mano. Il Governo, infatti, chiede aiuto ai cittadini per segnalare gli sprechi: cliccate qui e compilate il modulo. Ne vedremo delle belle, pensiamo…

Certo che, leggendo la bozza quando recita che dovrà essere garantita una “riduzione in termini monetari per la spesa per l’acquisto di beni e servizi” tramite una “più adeguata utilizzazione delle procedure espletate dalle centrali di acquisto e una più efficiente gestione delle scorte“, viene da sorridere. Se davvero si riuscisse a fare questo, altro che 2,1 miliardi! Il sospetto è che la volontà di tagliare ci sia, ma manchi la forza. La forza non politica che questo governo dovrebbe avere, visto il suo continuo considerarsi slegato dalle logiche di palazzo. Questo palazzo, invece, continua a far sentire il suo peso, eccome. Tant’è vero che, e lo ripetiamo perché si capisca bene, dai tagli sono esclusi “la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento“.

Lo sappiamo, siamo incontentabili. Non si può avere tutto subito, da qualche parte bisogna cominciare a tagliare, l’importante è dare un segnale, qualcosa è meglio che niente, bla bla bla… Peccato che ormai il segnale sia quello di allarme rosso e il qualcosa promesso sia quasi niente. Senza contare che lo Stato vuole tutto e subito da noi contribuenti, per il resto… il paradiso può attendere. Non è più ora di tagliare per gradi, ci vuole decisione. E 4,2 miliardi, ci scusi professor Monti, non sono quello che l’Italia si aspetta dai tagli alla spesa.

Italiani, con la crisi più attenti agli sprechi

Se c’è una cosa positiva che questa crisi infame ha portato è senza dubbio una maggiore consapevolezza nei consumi e una più elevata attenzione agli sprechi. Due fattori che sono testimoniati anche dai risultati dell’indagine Coldiretti-Swg sul cambiamento dei comportamenti d’acquisto con la crisi, dalla quale si evidenzia che ben 3 italiani su 4 (72%) danno maggiore attenzione alla spesa rispetto al passato.

Il 57% degli italiani ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi e tra questi il 47% lo ha fatto – sottolinea Coldiretti – facendo la spesa in modo più oculato: il 31% ha ridotto le dosi acquistate, il 24% ha utilizzato ciò che avanza per il pasto successivo e il 18% guarda con più attenzione la data di scadenza dei prodotti.

Secondo Coldiretti si tratta di una tendenza positiva in un Paese come l’Italia dove, a causa degli sprechi, dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate pari a un valore di 37 miliardi.

Il 61% degli italiani confronta con più attenzione i prezzi, il 59% guarda alle offerte 3×2 ma il 43% si accerta comunque della qualità dei prodotti e una percentuale analoga ne verifica la provenienza. Emerge quindi una tendenza alla ricerca del miglior rapporto prezzo-qualità per l’alimentazione, davanti alla vastità dell’offerta sugli scaffali ma, continua Coldiretti, solo il’16% degli italiani dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari.