Export: ecco le aziende italiane che esportano di più

L’export è un’importante risorsa per l’Italia e consente di aumentare il PIL, far conoscere le aziende italiane in tutto il mondo, ma quali sono le aziende che hanno esportato di più?

Tra i leader dell’export ci sono pochi “big”

In linea generale l’export in Italia è in costante crescita, dai dati ISTAT emerge che dal 2010 ad oggi c’è stata una crescita regolare e costante. La prima cosa da sottolineare è che molto probabilmente la maggior parte delle persone da questa classifica si aspetta di scorgere i nomi dei grandi colossi italiani conosciutissimi e invece non è proprio così. Si tratta di aziende che in Italia non sempre sono conosciutissime, ma che con il loro saper fare, la resilienza, l’impegno costante e la qualità dei prodotti, sono riuscite a farsi conoscere e di conseguenza a meritare questo ambito premio.

Il podio

Al primo posto c’è Ascot Industrial, questa azienda sicuramente sbaraglia ogni aspettativa, infatti si trova nel profondo Sud, in Sicilia o meglio a Gela ed è diretta da Michele Greca. Si tratta di un’azienda con una lunga storia alle spalle, è nata infatti nel 1986. Specializzata nella produzione di generatori elettrici alimentati a diesel e gas naturale o gas di petrolio liquefatti. Nel tempo le sue produzioni si sono diversificate e ora comprendono anche sistemi ibridi fotovoltaico/diesel e costruiti su esigenze specifiche dei clienti. Il fatturato di questa azienda è di 20 milioni e ha 74 dipendenti. Ascot Industrial è poco conosciuta in Italia perché di fatto esporta il 99,34% della sua produzione e lavora per colossi come Vodafone.

Leader dell’export nel settore meccanico

Tra le imprese che esportano di più vi è inoltre Lu-Ve che produce scambiatori di calore per il settore industriale. La società è nata nel 1985 ed è quotata in Borsa e la sua sede è in provincia di Varese.

Un’altra importante azienda del settore meccanico che esporta molto è Pedrollo specializzata nella produzione di elettropompe.

Arte culinaria in tutto il mondo

In Italia sicuramente sappiamo fare bene molte cose e l’arte culinaria di certo non ci fa sfigurare e se anche importiamo molto, ad esempio le varie catene di fast food, esportiamo altrettanto bene. Tra le società che si sono contraddistinte nelle esportazioni vi sono Italpizza, Emilia Foods, la Rustichella.

Italpizza ha la sua sede principale in provincia di Modena, non Napoli, ed è specializzata nella produzione di pizze surgelate. Produce pizze per ogni gusto di diverse dimensioni e forme, prodotti tipici come la Pinsa o la pizza alta, ci sono naturalmente anche tanti gusti. Italpizza ha una storia relativamente recente, infatti è nata nel 1991.

Emilia Foods SRL è un altro colosso del cibo pronto che nel 2020 ha registrato dati da record, nata solo nel 2013 ha un fatturato di tutto rispetto e soprattutto esporta in tutto il mondo. Produce secondi, dessert, verdure e tanti piatti pronti da riscaldare semplicemente in forno e degustare.

La Rustichella d’Abruzzo nata nel 1924, parte dalla produzione di pasta fresca artigianale, disponibile in diversi formati, ma nel tempo la produzione si moltiplica e quindi ci sono i sughi pronti, ad esempio carbonara, ma anche olio extravergine di oliva, biscotti e dolci della tradizione italiana e con tutte queste specialità non appare così strano che sia campione di export.

Sempre nel settore alimentare un posto di tutto rispetto nell’export spetta anche al limoncello Villa Massa di Sorrento.

Altri marchi dell’export

Tra i marchi molto conosciuti anche in Italia e che sono campioni di export c’è Brembo specializzata nelle produzione di componenti per veicoli e in particolare impianto frenante, ma anche i pennarelli Carioca, Manteco leader nella produzione della seta di Como conosciuta in tutto il mondo. Gli amanti del lusso possono invece fare affidamento sulla qualità e maestosità delle imbarcazioni di Absolute Yachts la cui sede è in provincia di Piacenza. Naturalmente l’Italia si contraddistingue per le sue produzioni di qualità, ecco perché tra i campioni di export c’è anche Aerospace che lavora nel settore dell’aeronautica e aerospaziale utilizzando macchinari ad elevata tecnologia.

I Paesi verso cui le industrie italiane esportano di più sono Stati Uniti, Russia, paesi dell’Unione Europea.

I dati arrivano da una ricerca condotta da Il Sole24 ore e Statista.

G20: storico accordo per eliminazione dazi doganali su acciaio e alluminio

Il G20 tenutosi a Roma ha portato molte novità nel mondo dell’economia e tra quelle che appaiono molto importanti vi è l’eliminazione dei dazi doganali tra Unione Europea e USA su acciaio e alluminio.

Eliminazione dei dazi doganali tra USA e Unione Europea

Il G20 sembra essere stato molto proficuo, infatti sebbene si ritiene che l’impatto sarà minimo, dal 2023 sarà applicata la Global Minimum Tax. Inoltre è arrivata la notizia dell’eliminazione dei dazi doganali tra USA e Unione Europea su metalli importanti come acciaio e alluminio. A introdurre tali misure protezionistiche era stato il Presidente degli Stati Uniti  Donald Trump e molti auspicavano un cambio di passo con il cambio della presidenza degli USA. Questi materiali sono alla base di molte produzioni sia in America, sia in Unione Europea, ad oggi il maggiore produttore resta la Cina e l’applicazione di dazi sui prodotti provenienti dall’Unione Europea aveva scoraggiato la domanda dall’Unione Europea con un danno economico non da poco.

Quando sono stati introdotti i dazi doganali?

La disciplina introdotta da Trump prevedeva dazi doganali pari al 25% del valore delle importazioni sull’acciaio e il 10% sull’alluminio. Trump aveva giustificato l’introduzione di questi dazi come una misura di “sicurezza nazionale” ma in pochi vi avevano creduto, ritenendo invece che fosse solamente un modo per proteggere l’economia del Paese, andando così a violare accordi precedenti.

La risposta a questi dazi non si fece attendere, infatti l’Europa a sua volta decise di imporre dei dazi sulle importazioni di prodotti iconici per gli United States  e in particolare Harley Davidson, whiskey Bourbon, ma anche su alcuni prodotti alimentari come il mais e il burro d’arachidi. Tale contropartita aveva comunque un valore inferiore rispetto ai danni prodotti dai dazi su acciaio e alluminio imposti dall’America.

G20: cadono i dazi doganali su acciaio e alluminio

L’annuncio ufficiale sull’accordo per l’eliminazione dei dazi doganali è arrivato durante il G20 dal Segretario al Commercio americano Gina Raimondo e dalla Rappresentante per il commercio degli USA Katherine Tai. Da questi dazi erano scaturite anche molte controversie proposte davanti agli organi del Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Non si tratta di un dettagli di poco conto infatti l’accordo prevede che con la caduta dei dazi doganali cadranno anche tutte le controversie già iniziate su tali temi.

Il valore della rimozione dei dazi oscilla intorno a 10 miliardi di dollari. Resta ora l’ultimo passo da compiere, infatti l’accordo dovrà essere ufficializzato e sarà sottoscritto da Joe Biden per gli USA e dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyern. Gli accordi erano già in itinere, ma si è deciso per un cambio di passo repentino, in modo da velocizzare l’eliminazione degli stessi, quindi è probabile che già dal 2023 tali novità saranno operative.

Cifre da record per il Made in Italy, grazie ad USA e Brics

L’export del Made in Italy sta registrando cifre da record e, nonostante un andamento negativo nel mese di aprile, il 2017 si sta rivelando molto più che soddisfacente, con una crescita del 7,3% e un bilancio che, da gennaio a settembre, ha raggiunto la cifra record di 331 miliardi.
Nel mese di settembre le vendite sono aumentate del 5,7%, pari a 38,05 miliardi di euro, superiori di ben 2 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2016.
Un miliardo in più arriva dall’area Ue, registrando +4%, mentre per quelli extra Ue il progresso è superiore dell’8,1%.

Le performance europee sono cresciute grazie a Paesi come Spagna, Polonia e Belgio, con Francia e Germania un po’ indietro rispetto alle abitudini solite.

Tra i macrosettori, in crescita i beni di consumo (5,8%), strumentali (4,6%), ed intermedi (4,9%).
Considerando invece i singoli settori, molto bene gli alimentari (6,5), i metalli (7,6%) e i macchinari (4,9%).
In controtendenza, invece, quello dell’auto, che registra -1,4%.

A confronto con gli altri maggiori paesi manifatturieri appartenenti all’Unione europea, l’Italia rimane in pole position, con un tasso di crescita superiore di un punto rispetto alla Germania (6,4%), e quasi raddoppiato rispetto a quello della Francia (4,1%).

Nonostante i Paesi Ue abbiano dimostrato ampio interesse nei confronti del Made in Italy, rimangono ancora gli Stati Uniti il primo mercato esterno, anche se i tassi di crescita maggiori arrivano dai Brics, dove si tratta di aumenti a doppia cifra. Nel dettaglio, 25 punti in Cina, quasi 23 in Russia e poco meno di 9 in India, e si tratta in tutti i casi di performance superiori a quelle registrate in Europa.

Traducendo queste percentuali in cifre, dall’inizio dell’anno ad oggi, ad esempio, il contributo aggiuntivo di Pechino vale 2 miliardi, quello di Mosca più di un miliardo.

Questi risultati hanno portato l’Organizzazione Mondiale del Commercio a rivedere al rialzo le stime di crescita 2017: progresso del 3,6 e non del 2,4 come stimato in precedenza.

Vera MORETTI

Agroalimentare Made in Italy forte negli Stati Uniti

Anche se il settore agroalimentare Made in Italy riscuote sempre più successo all’estero, negli Stati Uniti i prodotti più amati restano il vino, con il 35% delle preferenze, l’olio d’oliva con il 13% e i formaggi, terzi con l’8%.
Stessa graduatoria in Canada, dove però le percentuali sono leggermente diverse, mentre in tutto il Nord America i prodotti meno gettonati sono le conserve di pomodoro (2% in Usa e 3% in Canada) e il caffè (2% e 3%), mentre la pasta pesa per il 7% negli States e per il 5% in Canada.
Solo il vino vale quindi 1,33 miliardi negli Usa e 3076 milioni in Canada.

Facendo la somma dell’export totale, negli Stati Uniti si raggiungono 130 miliardi di euro, cifra che fa gli States il primo mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari, mentre in Canada si raggiungono 32 miliardi. Si tratta di cifre importanti che comunque presuppongono margini di crescita altrettanto importanti.

A questo proposito, Andrea Goldstein, capo economista di Nomisma, che ha condotto lo studio insieme a Crif, ha dichiarato: “Il consumo di food & beverage (cibo e bevande, ndr) italiano è ancora fortemente concentrato negli Stati costieri degli Usa, che presentano i maggiori consumi pro-capite, mentre il ‘made in Italy’ risulta poco diffuso nel mid-west e nelle altre zone centrali del Paese”.

I margini di miglioramento, dunque, riguardano zone poco battute, dove le importazioni dall’Italia non arrivano nemmeno a 10 milioni.
Ha aggiunto dunque Goldstein: “Nonostante si tratti di mercati maturi, ci sono enormi potenzialità di ulteriore sviluppo grazie a consumi del food & beverage in aumento, elevata capacità di spesa di ampia parte della popolazione e import pro-capite di prodotti italiani non elevato ma in continua crescita”.

Niccolò Zuffetti, marketing manager di Cribis, ha concluso: “La rischiosità commerciale del settore del cibo e bevande (F&B) negli Stati Uniti è mediamente inferiore a quella dei nostri maggiori partner europei e sempre più bassa di quella italiana, soprattutto nel commercio all’ingrosso e nel dettaglio. Questa bassa rischiosità commerciale unita alla presenza di un altissimo numero di player rappresentano una chance importante per le nostre imprese del F&B pronte a esportare, pur in un contesto caratterizzato da una maggiore concentrazione d’impresa rispetto alla prevalenza di micro-operatori in Italia”.

Vera MORETTI

Make up Made in Italy spopola negli Stati Uniti

Il mercato del make up rigorosamente Made in Italy piace molto all’estero, specialmente negli Stati Uniti, dove da sempre c’è una grande attenzione, e un grande consumo, di cosmesi.
A dimostrazione di ciò, infatti, ci sono le cifre, che attestano il mercato USA al terzo posto, dopo Francia e Germania, con un giro di affari di 406 milioni di euro e una crescita del 24,4% rispetto al 2015.

Negli Stati Uniti, il make up Made in Italy è al primo posto, con un valore superiore ai 106 milioni di euro, pari al 27% dell’esperto italiano verso l’America, secondo dati 2016 forniti da Cosmetica Italia in occasione del Cosmoprof North America, svoltosi al Mandalay Bay Convention Center di Las Vegas dal 9 all’11 luglio.

Non solo il make up ma anche i profumi vanno forte, con 97 milioni di euro, così come i prodotti per il corpo, 95 milioni di euro, con un aumento del 50,5%. Ma l’incremento maggiore si verifica per la cosmesi maschile, in particolare per i prodotti da barba.

A dimostrazione dell’importanza dei prodotti italiani oltreoceano, alla fiera americana dedicata al settore hanno partecipato ben 47 aziende provenienti dal Belpaese, con anche una collettiva Italia di 14 imprese nel padiglione Professional beauty, volta a ribadire l’eccellenza delle aziende italiane della cosmetica e la loro competitività a livello internazionale.

Fabio Rossello, presidente di Cosmetica Italia in occasione del Cosmoprof North America, ha dichiarato: “A fronte di una domanda mondiale che cresce poco più del 4%, le esportazioni italiane superano il tasso del 12%. Anche sul mercato americano la penetrazione delle aziende cosmetiche italiane è ben più dinamica della domanda interna. È la conferma di un’offerta consolidata, di un servizio sempre accurato e della flessibilità nei confronti della clientela, elementi che contraddistinguono da anni queste imprese. I recenti studi sul settore industriale di riferimento registrano anche una situazione patrimoniale di bilancio aggregato ben al di sopra delle medie nazionali, a dimostrazione di una salute non episodica, ma strutturale e proiettata nel medio termine”.

Il fatturato del mercato cosmetico italiano nel 2016 ha toccato i 10,5 miliardi di euro. L’ industria cosmetica ha un peso a valore dello 0,6% sul totale della ricchezza prodotta in Italia, il suo export è dell’1,0% sul totale delle esportazioni italiane.
Resta fondamentale il ruolo dei mercati esteri, se consideriamo che le esportazioni sono cresciute di oltre 12 punti percentuali, generando un saldo commerciale attivo di 2,3 miliardi di euro.

L’intera filiera cosmetica allargata, dagli ingredienti ai macchinari, passando per l’imballaggio fino al prodotto finito, raggiunge un valore che supera i 15 miliardi di euro, con una crescita stimata nel 2017 del 4,5%.
L’Italia si conferma il 4° mercato in Europa, dopo Germania, Regno Unito e Francia. L’Europa è il più grande mercato cosmetico al mondo con 77 miliardi di euro.

Vera MORETTI

Export Made in Italy in forte ripresa

Buone, anzi, buonissime notizie per il Made in Italy arrivano dall’export, che finalmente si presenta in congiunzione positiva con dati che fanno ben sperare anche per il prossimo futuro.

Si tratta di un recupero che coinvolge tutte le aree, a cominciare dai Paesi più abituali, come Stati Uniti e Cina, ma anche Francia, Spagna e Germania, quest’ultima in pole position tra i dati positivi registrati, perché la ripresa riguarda anche i paesi extra Ue e, in generale, l’Europa intera.

L’impennata è iniziata a novembre 2016, con uno scatto del 5,7% su base annua, che ha dunque evidenziato il miglior dato dallo scorso agosto.
Si tratta di un progresso importante, visibile anche nel dato mensile destagionalizzato (+2,2%), che è riuscito a migliorare il bilancio del 2016, fino a quel momento non particolarmente brillante, se consideriamo che nei primi 11 mesi la crescita è pari allo 0,7%, che raddoppia all’1,5% escludendo dal calcolo l’energia.

Ma quali sono i settori che hanno saputo trainare il Made in Italy verso questo risultato positivo?I dati resi noti dall’Istat dicono che in vetta ci sono i mezzi di trasporto, poi gli autoveicoli, rispettivamente a 18,4 e 13,7%, seguiti da sostanze e prodotti chimici (13,4), farmaceutica (12%) e abbigliamento (9,6%).

Vera MORETTI

Food Made in Italy re dell’export

Seppur siano tanti i settori di eccellenza che hanno imposto il Made in Italy oltre i confini nazionali, è ancora il food che spopola e che colloca il Belpaese ai vertici mondiali di gradimento, con ben 20 prodotti.

Sono la pasta, le conserve di pomodoro, gli insaccati, i formaggi, ma anche le verdure e gli ortaggi, i prodotti più amati dagli stranieri, in particolare nel Paesi dove l’export è cresciuto maggiormente nell’ultimo anno, come la Germania (+17,3 per cento), la Francia (+20,5 per cento), l’Inghilterra (+23,6 per cento) e gli Stati Uniti (+37,8 per cento).

Tra gli alimenti che solleticano le papille gustative in Europa e nel mondo, ci sono anche i dolci e i prodotti da forno, il caffè, le carni e i vini, immancabili quando si tratta di Made in Italy.

si tratta di un patrimonio il cui export vale 30 miliardi di euro, in crescita di un terzo rispetto a cinque anni fa, nonostante le contraffazioni e l‘italian sounding, che danneggiano pesantemente il nostro nome e le nostre tradizioni.

Le cifre sono da capogiro: si tratta di un fatturato di quasi 300 miliardi di euro, che garantisce 230mila posti di lavoro.
Considerando la qualità, altissima, dei prodotti, c’è da andarne fieri.

Vera MORETTI

Made in Italy primo anche online

Le code interminabili, e la ressa di chi è alla ricerca del regalo natalizio perfetto, stanno per finire, ma questa volta non è solo colpa della crisi, che ha drasticamente cambiato le abitudini degli italiani, diventati più sobri loro malgrado.

Anche l’eCommerce ci ha messo lo zampino, poiché, per evitare stress e perdite di tempo, sono in costante aumento coloro che decidono di acquistare online.

Ma, anche con questo nuovo trend, il Made in Italy dimostra di “tenere banco” e si appresta a trascorrere un dicembre in vetta.
I dati di eBay, infatti, dimostrano che gli italiani esporteranno oltre 450 mila oggetti durante la stagione natalizia, proprio grazie alla piattaforma di aste online.

Considerando che l’anno scorso sono stati esportati 372mila prodotti, l’aumento relativo a Natale 2014 sarà del 20% e sarà relativo principalmente a oggetti da collezione e capi d’abbigliamento, ma anche ricambi, accessori e prodotti elettronici, che raggiungeranno mercati lontani come Stati Uniti, Canada, Australia e Cina e mercati più vicini come Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Polonia.

Non si tratta solo di quantità, ma anche di qualità, per la quale gli estimatori del Made in Italy sono disposti a spendere più della media rispetto ai prodotti esportati dai venditori inglesi, americani o tedeschi.

La Cina rappresenta un caso a sé, poiché, se l’Italia si trova agli ultimi posti per volume di oggetti, è anche vero che vengono apprezzati i prodotti di alta qualità, con un prezzo medio di 112 dollari.

A questo proposito, ha spiegato Claudio Raimondi, country manager di eBay: “A livello globale secondo le nostre previsioni, gli oggetti esportati dai venditori eBay durante la stagione natalizia 2014 saranno 100 milioni, in crescita rispetto agli 85 milioni del 2013. Il 20% della domanda durante il periodo natalizio a livello globale proviene da acquirenti internazionali”.

Vera MORETTI

Inversione di marcia per il Pil italiano

Le previsioni di crescita stimate nei mesi scorsi riguardanti l’Italia hanno subito un brusco arresto, e un conseguente aggiustamento per difetto da parte dell’Ocse.
Nel dettaglio, è stata pronosticata una recessione del Pil dello 0,4%, contro il +0,5% di pochi mesi fa, perciò si registra una diminuzione di 0,9 punti.

Ma le brutte notizie non sono arginate al solo anno in corso, poiché per il 2015 è previsto un calo di un intero punto percentuale, ovvero un aumento totale dello 0,1% a fronte del +1,1% del 6 maggio scorso.
Questi dati negativi ancorano il Belpaese all’ultimo posto delle grandi economie avanzate che fanno parte del G7.

Nessuno, ad eccezione di Regno Unito e Canada, ha saputo migliorare la propria condizione, tanto da persuadere l’Ocse a definire l’economia globale in crescita “a ritmi moderati e discontinui”.

Ciò, comunque, non sembra riguardare nemmeno gli Stati Uniti, che segnano ritmi di espansione solidi e in aumento del 2,1% nel 2014 e del 3,1% per il prossimo anno.
Congiuntura debole, al contrario, nel Vecchio Continente, dove si pensa ad un aumento dello 0,8% per il 2014 e dell’1,1% nel 2015.

Tra i Paesi del G7, la Germania si assesterà a +1,5% sia quest’anno che il prossimo, mentre in Francia si registrerà + 0,4% sul 2014 e +1% sul 2015.
In Giappone è atteso +0,9% quest’anno e +1,1% il prossimo, e in Gran Bretagna rispettivamente +3,1% e +2,8%.

Vera MORETTI

L’export Made in Italy verso i Paesi extra Ue

L’export Made in Italy si spinge verso mete sempre più lontane.
Non solo Europa, dunque, per i prodotti italiani, che, al contrario, secondo i dati Istat, hanno registrato un incremento del 5,7% rispetto ad aprile delle vendite intercontinentali.
Aumentate anche le importazioni del 4,8%.

Tradotto in denaro, si tratta di un surplus di 2.449 milioni di euro, inferiore a quello di maggio 2013, che aveva raggiunto 2.934 milioni.
L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici, spiega l’Istituto di statistica, mostra una lieve flessione tendenziale e passa da +6,6 miliardi di euro si maggio 2013 a +6,4 miliardi di euro.

Tra i prodotti che maggiormente si dirigono verso mete fuori dall’Europa, primeggiano i beni strumentali (+9,8%).
L’incremento congiunturale dell’import è ascrivibile ai prodotti energetici (+16,3%), al netto dei quali le importazioni diminuiscono dello 0,9%.
Gli acquisti di beni di consumo durevoli sono in forte crescita (+11,2%), mentre risultano in calo quelli di prodotti intermedi (-2,0%).

Nell’ultimo trimestre la dinamica congiunturale dell’export verso i paesi extra Ue è negativa (-1,4%) ma risulta stazionaria se considerata al netto dell’energia. La rilevante crescita delle vendite di beni strumentali (+2,6%) e di beni di consumo durevoli (+2,7%) contrasta il calo degli altri raggruppamenti principali di beni.
Nello stesso periodo, la flessione congiunturale delle importazioni (-2,4%) è determinata dalla forte contrazione degli acquisti di prodotti intermedi (-4,9%) ed energetici (-3,9%).

La flessione tendenziale dell’export (-1,9%) è spiegata dalla dinamica di alcune componenti particolarmente variabili (energia e metalli preziosi).
Al netto delle differenze nei giorni lavorati (a maggio 2014 sono stati 21 rispetto ai 22 di maggio 2013) si rileva una debole crescita delle esportazioni (+0,3%).
Il calo tendenziale delle esportazioni interessa soprattutto l’energia (-17,2%) e i prodotti intermedi (-8,4%) mentre i beni strumentali sono in crescita (+2,6%).
Le importazioni registrano un incremento tendenziale dell’1,3% in ampia misura ascrivibile alla notevole crescita degli acquisti di beni di consumo durevoli (+18,1%).
A maggio i mercati di sbocco più dinamici sono Eda (+12,8%), Cina (+9,0%) e Stati Uniti (+7,7%). Crescono gli acquisiti di beni provenienti da Svizzera (+7,9%), Turchia (+5,8%) e Stati Uniti (+4,0%).

Vera MORETTI