Rimborsi Agenzia delle Entrate per i deceduti a chi spettano? Si ereditano?

Quando si presenta la dichiarazione dei redditi, capita spesso che dopo aver portato spese in deduzione e aver indicato le detrazioni a cui si ha diritto, le imposte sui redditi dovute effettivamente risultano inferiori rispetto a quelle versate dal sostituto di imposta, ad esempio il datore di lavoro o l’ente che eroga la pensione. In questi casi si ottiene un rimborso direttamente sulla pensione o nella busta paga, ma cosa succede quando il creditore, dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi muore? Questa la domanda che è stata posta da un contribuente all’Agenzia delle entrate che ha dipanato il dubbio con questa risposta inerente i rimborsi Agenzia delle entrate spettanti ai deceduti.

Rimborsi dell’Agenzia delle Entrate per i deceduti: successione legittima

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che in questo caso trova applicazione l’articolo 5 del decreto legge 73 del 2022.

Possono verificarsi due ipotesi, in primo luogo che si proceda alla successione legittima, cioè il de cuius non ha fatto testamento, quindi i suoi beni vanno agli eredi nelle quote spettanti per legge. In questo caso gli eredi legittimi non devono fare nulla, cioè non devono presentare alcuna istanza.

L’Agenzia provvederà al rimborso dei crediti maturati dalla persona che aveva presentato la dichiarazione e in seguito deceduta. Le quote seguiranno le norme previste per la successione legittima come risultante dalla dichiarazione di successione presentata. Ricordiamo che al momento del decesso gli eredi devono iniziare le pratiche per la successione entro un anno perché in Italia vige la regola che i beni non possono essere intestati a persone decedute.

L’articolo 5 del decreto legge 73 del 2022 precisa anche che “Il chiamato all’eredità che non intende accettare il rimborso fiscale riversa l’importo erogato all’Agenzia delle entrate.

Rimborsi dell’Agenzia delle Entrate agli eredi del deceduto: successione testamentaria

Nel caso di successione testamentaria cambiano le regole, infatti l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate, competente per la lavorazione del rimborso, chiederà agli interessati di produrre la documentazione idonea ad attestare la qualità di eredi.

La stessa regola si applica nel caso in cui gli eredi legittimi non abbiano presentato la dichiarazione di successione nei termini previsti.

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Come si presenta la dichiarazione di successione integrativa?

Per le dichiarazioni di successione già presentate, ai sensi di legge è possibile effettuare l’integrazione. Ovverosia andando ad aggiungere, per esempio, beni mobili, liquidità e beni immobili. E questo vale non solo per una, ma anche per più dichiarazioni di successione presentate in precedenza. Ed allora, come si presenta la dichiarazione di successione integrativa?

Ecco come si presenta la dichiarazione di successione integrativa e cosa può succedere

Per la presentazione della dichiarazione dei redditi integrativa è necessario recarsi presso l’ufficio territoriale del Fisco dove è stata presentata la prima dichiarazione di successione. Dopodiché, integrando la dichiarazione di successione è molto probabile che ci siano delle tasse aggiuntive da pagare.

Questo succede, per esempio, quando, rispetto alla prima dichiarazione di successione, in quella integrativa sono stati inseriti altri immobili. In tal caso, infatti, in funzione dei nuovi valori, scatterà una maggiore imposizione fiscale che può spaziare dalle imposte ipotecarie e catastali alle imposte di bollo, e passando per eventuali tributi speciali se questi sono dovuti.

Ma c’è pure il caso in corrispondenza del quale nel passaggio dalla prima dichiarazione di successione alla dichiarazione di successione integrativa non ci sono tasse aggiuntive da pagare e quindi da versare al Fisco. Questo accade, per esempio, quando nella dichiarazione di successione integrativa si aggiunge solo liquidità. Nella fattispecie, non sono dovute imposte se, con un massimo fino a 100.000 euro, nella successione il denaro va al coniuge oppure ai parenti in linea retta.

Per evitare, dopo la prima, di presentare poi una o più dichiarazioni di successioni integrative, la soluzione migliore è sempre quella di analizzare bene l’intero asse ereditario sia per il patrimonio mobiliare, sia per quel che riguarda il patrimonio immobiliare. Nel farlo, per esempio, è possibile avvalersi della consulenza legale di un avvocato.

Come e quando si presenta la dichiarazione di successione

Dalla data di apertura della successione, data che in genere coincide con la data del decesso, la dichiarazione di successione, da parte degli eredi, deve essere presentata al Fisco entro un termine massimo di 12 mesi.

Per la presentazione della dichiarazione di successione è possibile recarsi presso l’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate, oppure gli eredi possono presentare la dichiarazione di successione direttamente online utilizzando i canali telematici che sono messi a disposizione dal Fisco. Oppure ancora, la dichiarazione di successione può essere presentata all’Agenzia delle Entrate avvalendosi del supporto, dell’assistenza e della consulenza da parte di un intermediario abilitato.

Per la trasmissione online della dichiarazione di successione, il Fisco mette a disposizione dei contribuenti un apposito software che, attualmente, è aggiornato alla versione 2.0.2 del 25 marzo del 2021. Si tratta, nello specifico, del ‘Software di compilazione – Dichiarazione di successione e domanda di volture catastali‘.

Il software, fa sapere l’Agenzia delle entrate attraverso il proprio sito Internet, è compatibile per i seguenti sistemi operativi: Windows 10, Windows 8 e Windows 7; Mac OS X 10.7.3 e versioni superiori; e pure per il sistema operativo Linux optando possibilmente per le distribuzioni Fedora, Ubuntu e Red-hat 9. Per l’uso del software, inoltre, è necessario avere installato sul PC un applicativo che legge e che stampa i file in formato PDF.

La quota legittima nella successione testamentaria: di cosa si tratta?

Nel precedente articolo, che si può visionare QUI, si è visto chi sono gli eredi legittimi, cioè coloro che per legge ereditano in assenza di testamento,  ma cosa succede nel caso in cui il defunto abbia disposto dei suoi beni attraverso un testamento? Ecco come funziona la quota legittima (chiamata così perché prevista e determinata dalla legge)  in caso di testamento.

La successione testamentaria: limiti

La legge stabilisce che un soggetto possa disporre dei propri beni liberamente attraverso il testamento che può essere:

  • olografo (art. 602 c.c.);
  • pubblico (art. 603 c.c.);
  • segreto (art. 604 cc).

Nel caso in cui siano presenti dei figli, un coniuge e in alcuni casi i genitori, questi hanno una quota riservata, si tratta di una quota anche denominata “indisponibile” che non può essere quindi destinata ad altri soggetti o comunque lesa.  In questo caso la legge parla anche di successione necessaria. La prima premessa riguarda la quota disponibile che quindi il testatore può dare a chiunque, anche senza vincoli di parentela, questa viene definita “mobile” perché il suo ammontare dipende dal numero dei legittimari.

La quota legittima: a quanto ammonta

Naturalmente se la quota disponibile è “mobile”, cioè non fissa, altrettanto lo è la quota indisponibile. L’articolo 537 del codice civile stabilisce che:

  • Se il genitore lascia un solo figlio ( e nessun coniuge), a costui è riservata una quota legittima pari alla metà del patrimonio;
  • Se lascia due o più figli a costoro è riservata complessivamente una quota di 2/3 del patrimonio da dividere in parti uguali.

In merito a questo articolo del codice, deve essere ricordato che in precedenza prevedeva differenze tra figli legittimi e naturali: i legittimi potevano liquidare in denaro la quota dei naturali ed era una loro facoltà, il comma è stato abrogato completando così il processo di totale parificazione tra figli naturali e legittimi.

L’articolo 537 del codice civile deve essere coordinato con l’articolo 542 che si occupa del caso in cui oltre ai figli, tra i legittimari c’è anche il coniuge. In questo caso le quote sono così determinate:

  • nel caso in cui il testatore abbia un coniuge e un figlio, spetta 1/3 dell’eredità al coniuge e 1/3 al figlio, di conseguenza 2/3 sono indisponibili e 1/3 è la quota disponibile;
  • se il defunto aveva coniuge e 2 o più figli la quota di legittima è metà patrimonio ai figli che lo dividono in parti uguali e ¼ del patrimonio al coniuge, la rimanente parte (1/4) è disponibile.

Note sull’applicazione della quota legittima

Deve essere sottolineato che le quote previste nell’articolo 542 sono di “recente modifica” cioè sono entrate in vigore nel 2014 e determinate con il d.Lgs 154 del 2013. Inoltre il coniuge separato, ma non divorziato, ha gli stessi diritti del coniuge vero e proprio, ad eccezione del caso in cui la separazione sia con suo addebito. Infine, al coniuge spetta sempre il diritto di abitazione sulla casa coniugale ( se di proprietà di entrambi o solo del defunto) anche se la stessa viene ereditata da altri soggetti.

Ai genitori spetta la quota di legittima solo nel caso in cui il testatore sia morto senza lasciare figli, in questo caso la loro quota è di 1/3 del patrimonio in assenza del coniuge e ¼ in presenza dello stesso. La rimanente parte è la quota disponibile.

Tra le note che occorre sottolineare vi è che i figli adottivi, se adottati quando avevano già compiuto 18 anni, non sono titolari di alcuna quota di riserva.

Infine, merita un cenno anche l’istituto della “rappresentazione” che interviene nel caso in cui il figlio del testatore abbia deciso di non agire per ottenere la sua quota, oppure sia assente, ad esempio perché deceduto, in questo caso la sua quota, per “rappresentazione” spetta, se esistono, ai discendenti. Ad esempio un soggetto muore lasciando testamento, ha due figli, di cui uno deceduto, quest’ultimo a sua volta ha un figlio in vita, a costui per rappresentazione spetta la quota del padre.

Come si calcola la quota legittima nella successione necessaria?

I problemi circa la quota riservata ai legittimari ovviamente sorge solo nel momento in cui la stessa sia lesa dal testatore, ad esempio perché ha escluso dall’eredità un figlio che lo ha deluso, oppure ha lasciato al coniuge una porzione di eredità inferiore rispetto a quella che gli spetterebbe. E’ però vero che ormai tutti sono a conoscenza dell’esistenza della quota di riserva e quando una persona si reca dal notaio per il testamento (solo l’olografo può essere fatto senza che intervenga un notaio) viene comunque informato su questi limiti.

Proprio per questo spesso in vita il de cuius ha avuto comportamenti volti a ridurre il patrimonio, magari donando in vita i beni alle persone che vuole favorire, spesso anche con negozi simulati, ad esempio con un atto di compravendita fittizio. Naturalmente al verificarsi di ciò si può avere comunque una lesione della legittima e allora la legge determina dei correttivi e stabilisce che anche i beni donati in vita, se di rilevante valore, tenendo in considerazione le capacità del de cuius, devono essere riuniti alla massa ereditaria al fine di determinare l’esatto ammontare della quota di legittima.

Di conseguenza,  possono sorgere problemi per quanto riguarda la determinazione concreta della quota di beni che non è disponibile, soccorre a tal proposito l’articolo 556 del codice civile che stabilisce “Per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui di cui ha disposto in vita il defunto a titolo di donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750 del codice civile, e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.”

Regole per ricostruire l’asse ereditario

Tra le note occorre sottolineare che nel ricreare fittiziamente il patrimonio del de cuius è necessario inserire anche i beni trasferiti in modo simulato. Tra i debiti, rientrano anche le spese sostenute in occasione della morte, cioè le spese funebri.

Si è detto che la legge in caso di successione testamentaria stabilisce delle quote che sono “intoccabili, in favore di coniuge, figli e in alcuni casi genitori, ma occorre sottolineare che questa procedura non è automatica, cioè il soggetto che ritiene lesa la sua quota legittima da donazioni fatte in vita o dal testamento stesso, deve agire per ottenere tutela attraverso l’azione di riduzione prevista dall’articolo 549 del codice civile, se non lo fa c’è il rischio di prescrizione.