Dall’alto o dal basso, ora fuori i tagli veri

di Davide PASSONI

E adesso applaudono a scena aperta. Dopo aver sfiorato il ridicolo la scorsa settimana, quando in fase di presentazione della spending review e del commissario per l’acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione, Enrico Bondi, hanno chiesto aiuto ai cittadini per segnalare online gli sprechi e i cespiti da tagliare, i signori del governo snocciolano soddisfatti i dati dell’iniziativa digitale a una settimana dal suo lancio. Oltre 95mila segnalazioni, di cui più di 24mila solo nel weekend. Un messaggio ogni due secondi, dicono loro. Una mole di roba che ha obbligato a costituire un gruppo di lavoro all’interno dell’Ufficio stampa e del Portavoce di Palazzo Chigi per leggere tutti i messaggi e archiviarli in categorie. Dieci funzionari dieci, che hanno esaminato e catalogato il 20% del totale delle segnalazioni. Diciannovemila circa, 1900 a testa diciamo noi.

Bene. Infatti, dice la nota del governo, “la partecipazione degli italiani al progetto di revisione della spesa pubblica è stata particolarmente elevata e dalle numerose mail giunte vi è un sollecito al governo a intervenire in modo tempestivo per cancellare le inefficienze. A scrivere sono in prevalenza cittadini, e tra questi molti giovani, ma anche dipendenti delle pubbliche amministrazioni e liberi professionisti, ricercatori, professori universitari, oltre a imprenditori, associazioni di categoria, enti no-profit, think-tanks. Circa un sesto dei messaggi contiene il medesimo testo e, quindi, ciò lascia pensare a una campagna organizzata“.

Bene. E gli italiani, dove suggeriscono di intervenire in maniera più o meno pesante? Enti locali, auto blu, stipendi pubblici, risparmio energetico, consulenze, pensioni. Ma dai! Rispettiamo ciascuna delle 95mila segnalazioni e ciascuna delle persone che le hanno inviate, ma pensiamo davvero che la banda Monti non sapesse da sé dove, come e che cosa tagliare? Se proprio il premier e l’Esecutivo avessero voluto far sentire protagonista la gente, perché non spendere una parola di vicinanza a quanti sono in difficoltà per le troppe tasse, il poco lavoro, la pochissima speranza? Tutti fattori di cui sono responsabili loro in prima persona. Loro e i governi che li hanno preceduti.

Perché non dire subito quanto e che cosa avrebbero tagliato? Un tecnico come Giarda ci è dentro da anni in queste problematiche, sa che cosa non va e sa come raccontarlo al presidente del Consiglio perché prenda le misure necessarie. E invece no, facciamo i fighi, usiamo internet, muoviamo le cose “dal basso“, ascoltiamo ciò che dicono i nostri cittadini. E se poi scopriamo che sapevamo già tutto, che ci dicono solo cose già sentite? Beh, che c’è di strano, noi siamo i professori, no?

Ma intanto i cittadini e le imprese aspettano i tagli veri, non i proclami. Ma intanto i cittadini affondano i partiti e votano Grillo. “Dal basso“. E Monti pare non accorgersene, o meglio, si accorge che per il governo “non c’è più la sintonia con il Paese che c’era a inizio mandato. Dobbiamo recuperare“. Che sia già finita anche la Seconda Repubblica? Beh, se fosse così la crisi qualche effetto positivo lo avrebbe pure…

Confesercenti: questa delega fiscale non serve al Paese

“Il ddl delega per la “revisione” del sistema fiscale non corrisponde alla riforma di cui ha oggi bisogno il Paese; lo dice la stessa intestazione, lo confermano i contenuti del provvedimento, che suonano sempre la solita solfa dell’aumento di gettito.

Dietro il messaggio di un fisco più equo e più favorevole alla crescita si nascondono misure che rischiano di far piombare sugli italiani ulteriori aumenti di tasse. E’ quanto avverrebbe a seguito dell’annunciata “revisione” del catasto fabbricati, i cui effetti si aggiungeranno al salasso operato con l’introduzione dell’IMU e con la “revisione” dei regimi speciali IVA e delle altre imposte indirette (bollo, catastali, ipotecarie), che finiranno per dilatare gli aumenti della tassazione oltre ogni limite sostenibile. E’ quanto avverrebbe anche per effetto dell’introduzione di nuove imposte ambientali che, dietro l’annunciata finalità di tutela dell’ambiente, nascondono meno nobili obiettivi di aumento del gettito fiscale.

Intenti confermati anche dalla prospettata unificazione del regime fiscale riguardante ogni impresa e ogni forma di lavoro autonomo che, ignorando specificità dimensionali e settoriali, finirebbe inevitabilmente per scaricare maggiori oneri a carico delle PMI, sia in termini di maggiori imposte, sia in termini di complessità degli adempimenti fiscali. La stessa decisione di introdurre il forfait appare come un correttivo insufficiente.

In questo contesto, l’unico elemento che appare positivo è l’introduzione di una distinzione tra la figura dell’imprenditore individuale come persona fisica e la sua azienda, sebbene resti da vedere come tale principio troverà attuazione in modalità concrete.

Manca, invece, una vera riforma del sistema tributario, a partire da ciò che si attendono tutti gli italiani: una decisa e tempestiva riduzione della pressione fiscale (che viaggia, ormai, verso il 46%), attraverso misure in grado di sostenere il reddito e i consumi delle famiglie e, per questa via, di dare una significativa sterzata in direzione della ripresa dell’economia.

Tagli coraggiosi di spesa e riduzione delle imposte restano la via maestra per contrastare la recessione, ma per puntare a questo obiettivo la leva fiscale va trasformata da strumento di oppressione e di crisi in fattore di crescita e di equità sociale, che certo non appaiono mete raggiungibili se si rinuncia, come è avvenuto per il Fondo taglia-tasse, all’unico segnale in questa direzione.

Fonte: confesercenti.it

Le tasse crescono, i partiti ingrassano

di Davide PASSONI

Standing ovation per l’ennesima furbata dei partiti. C’era qualcuno disposto a scommettere che si sarebbero accordati per dare un taglio ai finanziamenti che ricevono, come richiesto a gran voce dall’opinione pubblica? Ma va! Il gran parlare di questi ultimi giorni, il riunirsi in vertici fiume, lo studiare le carte che cosa ha prodotto? Nessun taglio, of course, ma solo un’operazione trasparenza che non è null’altro che un atto di onestà e democrazia dovuto. Di ridursi il fiume di denaro, nemmeno a parlarne.

E sì che la gente è stufa. Stufa di vedere tesorieri che si fanno un tesoro personale con i soldi dei cittadini elettori, o trote che, pare, sguazzano allegramente in un lago di soldi pubblici. Stufa di vedersi aumentare le tasse, allungare l’età lavorativa, sforbiciare la pensione mentre, a palazzo, nessuna stretta ma prebende e vitalizi d’oro che continuano ad allignare, come se chi la governa vivesse su un altro pianeta.

In soldoni, ecco che cosa hanno deciso i principali partiti per rendere i propri bilanci più trasparenti: pubblicazione sul web, un Authority ad hoc, la “Commissione per la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti politici” (mica pizza e fichi), composta da “alte personalità”, quasi certamente i presidenti (o da loro delegati) di Corte dei Conti, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato e presieduta dal presidente della Corte dei Conti, l’ente “terzo” a controllare e verificare la regolarità dei bilanci dei partiti.

Qualcuno vede la parola tagli? Certo che no. Per quelli si pensa a una legge più organica per la riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Certo, e Babbo Natale esiste. E non ci si venga a spacciare per un’operazione di coscienza la sospensione (non rinuncia…) alla prossima tranche del finanziamento pubblico ai partiti per la legislatura in corso, in arrivo per fine luglio: circa 180 milioni, secondo il tesoriere del Pd Misiani. Noccioline in confronto ai 2,2 miliardi annui che finiscono nelle tasche dei partiti. Non sotto forma di finanziamento, nooo! Quello era stato abolito da noi, stupidi cittadini, con un referendum 18 anni fa. Quello attuale, inventato per aggirare la volontà popolare, si chiama rimborso elettorale ed è dovuto per le elezioni politiche, amministrative ed europee: 4 euro per ogni avente diritto al voto, si rechi esso alle urne o meno. Capite bene: si può tagliare un simile bengodi? Mai e poi mai.

E intanto aumentano le tasse, ma la spesa pubblica non si taglia. Aumentano i sacrifici ma i partiti continuano a ingrassare. E poi si dà la colpa dello spread che risale ai cattivoni che, dall’estero, remano contro l’Italia. Sentire certe cose dalla bocca dei professori al governo, mette davvero tristezza e rabbia addosso all’Italia che produce. L’Italia che i finanziamenti li va a chiedere alle banche, non agli elettori, e si becca le porte in faccia. L’Italia che non taglia i finanziamenti ma i posti di lavoro. L’Italia che taglierebbe volentieri tante teste (metaforicamente, si capisce) che, oggi come ieri, la governano e l’hanno governata.

Pmi, le regioni contro i tagli al Fondo di garanzia

Forte preoccupazione da parte delle Regioni per il taglio delle risorse del Fondo di garanzia per le Pmi previsto nella manovra finanziaria 2012. La legge prevedeva inizialmente uno stanziamento complessivo per l’anno di 545 milioni di euro, passato ora a 239 milioni. I governatori, in una lettera inviata al ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, manifestano la loro “forte preoccupazione” a fronte del “drastico” taglio del Governo e ricordano come la riduzione in manovra possa “mettere a serio rischio l’operatività del Fondo”.

Le Regioni sottolineano la delicatezza di questa scelta in una fase economica come l’attuale, in cui “i problemi di accesso al credito rimangono tra i più rilevanti per il sistema produttivo”; insomma, quando le imprese hanno più bisogno di poter accedere ai fondi regionali e nazionali, questi vengono tagliati. “In questo modo – continuano i governatori – si depotenzia uno strumento che riveste un rilievo primario per le nostre imprese”.

Riforma Fiscale bocciata anche dalla Corte dei Conti

Pollice verso da parte della Corte dei Conti nei confronti della Riforma Fiscale, a causa delle troppe tasse da lavoro e per le imprese, troppo alto il rischio di tagli lineari alle agevolazioni fiscali e del tutto insufficiente la copertura finanziaria.

Non si è risparmiato con le critiche Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei Conti, durante l’audizione alla commissione Finanze alla Camera.

Occorre domandarsi se le incertezze che gravano sulla copertura della delega fiscale e assistenziale non rendano necessario esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese”.

Viene vista come il fumo negli occhi anche la clausola di salvaguardia, che scatterebbe nel caso in cui il governo non riuscisse ad esercitare la delega entro il 30 settembre 2012. La clausola, infatti, prevede il taglio di tutte le 600 agevolazioni attuali. Una misura recessiva, anche perché i tagli vedrebbero coinvolti coloro che, l’imposta, la pagano già, e soprattutto i contribuenti che appartengono alle fasce di reddito meno elevate.

Giampaolino si scaglia anche contro i tagli alla spesa sociale e, ovviamente l’aumento dell’IVA al 21% frutto della manovra finanziaria bis, che ha cambiato le carte in tavola: l’aumento delle imposte indirette sarebbe dovuto essere proprio una delle principali fonti di copertura previste dal Ddl per la riduzione IRPEF.

Dubbi anche sull’eliminazione IRAP, difficile da realizzare perché in contrasto con il federalismo fiscale, in base a cui il potere di ridurre l’IRAP è delle Regioni.

Infine, in relazione all’ipotesi di condono, si ritiene una “scelta molto politica, specie per l’aspetto che riguarda le conseguenze sul comportamento dei contribuenti”: bisogna guardare ai risultati dei condoni precedenti e inoltre, a differenza che in passato, ora siamo “in presenza di nuove misure anti-evasione delle quali bisogna tenere conto”.

Vera Moretti