Giovani, incentivi per l’assunzione

Finalmente arrivano notizie incoraggianti che riguardano il lavoro e, in particolare, i giovani in cerca di un impiego.
Il Governo, fin dalla sua costituzione, aveva manifestato la volontà di dare il via ad una serie di provvedimenti che favorissero l’assunzione a tempo indeterminato di giovani, la categoria più pesantemente colpita dalla crisi economica.

Ora è stata confermata la notizia di nuovi incentivi per le assunzioni di giovani lavoratori, come previsto dall’articolo 1 del decreto legge del 28 giugno scorso: gli incentivi saranno riconosciuti per le assunzioni avvenute a partire dal 7 agosto 2013, data di emanazione del decreto di riprogrammazione delle risorse del “Piano Azione Coesione”, e fino al 30 giugno 2015, subordinatamente alla verifica da parte dell’Inps della capienza delle risorse finanziarie.

Enrico Giovannini ha così introdotto il provvedimento: “L’incentivo è riconosciuto per le assunzioni di lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che rientrino in una delle seguenti condizioni: siano privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale”. In totale per il Sud Italia sono stanziati 500 milioni e per il Centro-Nord 294 milioni.

Il Ministro del Lavoro ha inoltre specificato che questi incentivi permetteranno l’assunzione di almeno 100.000 giovani. Forse c’è una luce in fondo al tunnel.

Vera MORETTI

In aumento la disoccupazione giovanile

 

Se si fa il confronto con l’anno scorso, il segno rimane negativo, ma, considerando il quadro della disoccupazione in Italia, i dati relativi al mese di luglio sono da considerarsi positivi.

L’estate, dunque, porta notizie, se non confortanti, almeno speranzose per il futuro, considerando che la percentuale è ancora al14 12%, ma si è arrestata rispetto ai mesi precedenti.

Rispetto a giugno dunque, si tratta di -0,033 punti percentuali, che non sono sufficienti per arrestare la discesa su base annua, ora a +1,3.Le cattive notizie riguardano ancora una volta i giovani, la cui fascia di disoccupazione per il mese di luglio è pari al 39,5%, ovvero 0,4 punti in più rispetto a giugno e 4,3 rispetto all‘intero anno.

Nel secondo trimestre, tra i 15-24enni il tasso sale al 37,3% (+3,4 punti), con un picco del 51% per le giovani donne del Mezzogiorno. Invariata la disoccupazione nel confronto mensile per la componente maschile, mentre si riduce dello 0,7% per quella femminile. Ciò significa che la disoccupazione cresce sia per gli uomini (+16,6%) sia per le donne (+6,5%).

In aumento i disoccupati anche nel 2013

Le previsioni economiche non lasciano presagire nulla di buono e anche questo 2013 ormai avviato sembra destinato a farsi ricordare come un altro annus horribilis.

Tra i dati più pessimistici e preoccupanti ci sono quelli che riguardano i disoccupati: entro la fine dell’anno in corso, dovrebbero essere circa 520mila i nuovi esclusi dal mercato del lavoro.
Si tratta, ovviamente, di stime approssimative, che si sono basate sull’andamento del mercato di questi ultimi mesi e che potrebbero mutare, e che sono state calcolate dal Cgia di Mestre sulla base del numero di disoccupati e cassaintegrati a zero ore, in aumento rispetto al 2012.
Se le previsioni si confermassero, i cittadini senza lavoro diventerebbero 5.405.800, contro i 4.886.000 di fine 2012.

Giuseppe Bortolussi, segretario del Cgia di Mestre, ha commentato: “Per invertire la tendenza in atto bisogna agire su più fronti: ridurre il costo del lavoro, favorire una maggiore flessibilità che sia accompagnata da misure di sostegno al reddito per i lavoratori occupati a tempo determinato, ma, in particolar modo, assicurare un alleggerimento fiscale e burocratico sulle imprese. Se non aiutiamo soprattutto le miro imprese con meno di 10 addetti, che nel decennio scorso hanno garantito in UE il 58% dei nuovi posti di lavoro, sarà molto difficile abbassare il tasso di disoccupazione che alla fine di quest’anno è dato al 12%1”.

Vera MORETTI

Le famiglie tagliano le spese, anche quando si tratta di cibo e sanità

Non era mai successo, nella storia recente del Paese, che i consumi privati si riducessero.
Ma il 2012 ha segnato una riduzione delle spese, da parte delle famiglie, del 4%, segnale di una crisi che sta obbligando i cittadini a tagliare su tutto ciò che viene considerato superfluo.

A rendere nota questa triste tendenza è Enrico Giovannini, presidente Istat, il quale ha anche ricordato come, nell’anno passato, il potere d’acquisto sia diminuito del 4,8%.
Conseguenza di ciò è, dunque, un taglio netto e una rinuncia a tutto quello che viene definito non utile: dagli svaghi per il tempo libero alla cultura, dall’arredamento di casa a una cena al ristorante, tutto viene accantonato, in attesa di tempi migliori.
Ma, purtroppo, ad essere “ritoccate” per difetto sono anche le spese dedicate a cibo e sanità: nel primo caso, si sceglie il punto vendita più economico, che spesso non è garante di prodotti di qualità, e nel secondo caso si rimandano visite e controlli medici, a cominciare dalle visite dentistiche, spesso colpevoli di alleggerire il portafoglio degli italiani.

Tutto ciò avviene a causa di una concreta riduzione del reddito derivante dall’attività imprenditoriale e un aumento del prelievo fiscale: le tasse, sempre più moleste ed invasive, certo non aiutano chi si trova in affanno.
Nonostante ciò, risparmiare è sempre più difficile, anche se un lieve miglioramento è stato rilevato nei primi tre mesi del 2013.

Giovannini ha dichiarato: “Le famiglie acquistano nei posti più economici riducendo qualità e quantità dei prodotti acquistati. E lo fa il 62,3% delle famiglie, con un aumento del 9% negli ultimi 9 mesi. Al Sud si è passati dal 65% al 73%. Ma ci sono state variazioni anche al Nord e al Centro. In generale sono diminuite le spese non necessarie per la casa (arredamento), il tempo libero e la cultura”.

Segnali positivi arrivano solo dalla domanda estera e infatti sono molte le imprese, anche medie e piccole, che si stanno rivolgendo ai mercati internazionali, in attesa che qualcosa si smuova anche in Italia.

A soffrire di questa congiuntura negativa è anche il tasso di occupazione, arrivato a febbraio 2013 al 56,4% e una diminuzione dei lavoratori pari a 219 mila unità.
La disoccupazione, di conseguenza, è arrivata all’11,6%, in aumento dell’1,6% rispetto a 12 mesi prima, con punte del 37,8% tra i giovani, in crescita del 3,9% rispetto al 2012.
Il tasso di posti vacanti è diminuito ed è stato pari a circa la metà di quello rilevato un anno prima. Nel 2012 c’è stata una diminuzione sia nell’occupazione industriale che nei servizi.

Vera MORETTI

L’economia frenata dal costo del lavoro

Se il tasso di disoccupazione sale, e sembra destinato a raggiungere, nel 2013, l’11,4%, mentre il Pil scende, la causa è da ricercarsi anche nell’eccessivo costo del lavoro.

La problematica è stata più volte evidenziata dalla Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, e non a torto.

Facendo un esempio concreto, se un lavoratore riceve uno stipendio un netto di 1.236,00 euro, il datore di lavoro deve spendere in realtà 2.648,19 euro, ovvero il 114,22% in più.
Le aziende, invece, avrebbero bisogno di vedere ridotti questi oneri, soprattutto quando si tratta di piccole e medie imprese, costrette a fare da ammortizzatori sociali in mancanza dell’intervento dello Stato.
Questo è il motivo che impedisce alle aziende di assumere ma la situazione non è destinata a cambiare se non vengono prese decisioni diverse da quelle appena deliberate dal Governo, a cominciare da un abbassamento delle aliquote contributive.

Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, ha dichiarato: “Gli imprenditori che assistiamo, tra i tanti problemi che li affliggono, lamentano prima di tutto il gravoso onere che ha il costo del lavoro. E questo lo stiamo denunciando da anni perché è da anni che è così. Finalmente c’è ora una presa di posizione pubblica e collettiva. Peccato così in ritardo. Avessero ascoltato i veri tecnici sin da quando è stato sottolineato il problema forse la storia del nostro Paese degli ultimi anni sarebbe stata scritta diversamente“.

Per un’inversione di marcia che troverebbe il consenso degli italiani, lo Stato dovrebbe muoversi su tre fronti:
riducendo di 5 punti percentuali il contributo delle aziende;
dimezzando il costo Irap
forfetizzando il prelievo Iperf al 10% almeno fino alla fascia di reddito pari a 26.000 euro.

I dipendenti fino a questa fascia sono circa 11 milioni e 700 mila (con esclusione di quelli che rientrano nella no tax area). I redditi prodotti sono circa 213 miliardi di euro, con la conseguenza che l’applicazione di un prelievo forfetario avrebbe un costo per le finanze pubbliche di circa 4 miliardi e 500 milioni di euro.

Vera MORETTI

La disoccupazione sale, anche a giugno

Il mese di giugno non ha portato buone notizie per quanto riguarda il tasso di occupazione, e disoccupazione.

L’ultima analisi Istat, infatti, parla di 22.970 occupati a giugno, in calo dello 0,1% rispetto a maggio ma in crescita di 11mila unità rispetto a giugno 2011.
Niente di positivo, dunque, per il nostro Paese, dove il tasso di occupazione è del 56,9%, “in diminuzione nel confronto congiunturale di 0,1 punti percentuali e stabile in termini tendenziali”.

I disoccupati sono pari a 2.792 mila, in crescita del 2,7% rispetto a maggio. Questo aumento riguarda sia gli uomini e le donne , e su base annua è pari al 37,5%, ovvero 761 mila unità.
Il dato più allarmante riguarda, ovviamente, la disoccupazione, che si attesta al 10,8%, con un aumento dello 0,3% rispetto a maggio e del 2,7% rispetto allo scorso anno.

A subire maggiormente questa situazione sono coloro che appartengono alla fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni, con un tasso di disoccupazione del 34,3%.
I giovani disoccupati rappresentano, da soli, il 10,1% della popolazione totale.

Gli inattivi, ovvero coloro che non lavorano e non cercano neppure lavoro, tra i 15 e i 64 anni, diminuiscono dello 0,4%, pari a -52 mila unità, rispetto al mese precedente.
Inoltre, il tasso di inattività si posiziona al 36,1%, con una flessione dello 0,1% in termini congiunturali e dell’1,8% su base annua.

Vera MORETTI

Mari o Monti quest’anno? Vacanza dopo la spending review!

 

Spending review sì. Tagli no. E viceversa.

I sindacati si infervorano, gli statali tremano. Ora, non si è mai visto un governo capace di accontentare tutti, grandi e piccini, parti sociali ed esponenti del buon nome di una grande azienda. Men che meno un governo di tecnici cui è riservato il compito di fare “il lavoro sporco”, quello che un Primo Ministro eletto dal popolo non potrebbe mai fare.

Toccare I.V.A., tasse, tagliare l’esercito di impiegati pubblici e statali il tutto per non mettere mano alle tasche degli italiani dal prossimo ottobre 2012.

Al ritorno dalle vacanze, infatti, il popolo del Belpaese potrebbe subire un ulteriore aumento dell’imposta generale sui consumi. A meno che il buon Mario non riesca a racimolare nottetempo 4,2 miliardi di euro.
Dove non si può tirar su con il rastrello si taglia, “ma non con l’accetta e non con una manovra finanziaria” spiega dal Colle il Presidente del Consiglio.

E dunque? Tutti a casa oppure continuiamo a stringere la cinghia?

Colpa del sisma in Emilia, colpa degli esodati,bisogna eliminare gli sprechi, non ridurre i servizi“, insomma, si mette mano là dove il mare magnum della burocrazia si perde tra assenteisti irresponsabili, perché ci sono anche loro, e voci dell’organigramma non del tutto necessarie.

Nuovi disoccupati in vista?

La Camusso minaccia la discesa in piazza – e vogliamo vedere tra il super caldo Catone e le vacanze che si avvicinano quanti e chi davvero lo farà.

I cadreghini dei dirigenti cominciano a tremare – e solo il Cielo sa se taglieranno l’anguria a Ferragosto. 1 su 10 potrebbe rimanere a casa.

Gli impiegati della pubblica amministrazione non ci stanno sebbene il ministro della Pubblica amministrazione abbia ammesso che la riduzione degli organici sarà fatta dopo la verifica delle piante organiche. Solo dopo, infatti, sarà possibile selezionare e modulare l’intervento di riduzione attraverso la mobilità di due anni.

Mari o Monti quest’anno? Si minaccia una vacanza lunga tutta una vita…

 

Paola PERFETTI

Sono giovane e non lavoro

Disoccupazione mai così alta in Italia da 8 anni, ad aprile, a questa parte. E la cosa più preoccupante è che si impenna soprattutto quella giovanile. Secondo l’Istat, “il numero dei disoccupati, pari a 2 milioni e 615mila, cresce dell’1,5% (38mila unità) rispetto a marzo. Su base annua il numero di disoccupati aumenta del 31,1% (621mila unità). Il tasso di disoccupazione si attesta al 10,2%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a marzo e di 2,2 punti su base annua“. E’ il tasso più alto da gennaio 2004.

Fa riflettere il dato giovanile. Spiega l’Istat che “tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 611mila. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 35,2%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali rispetto a marzo ma in aumento di 7,9 punti su base annua“. Un andamento fisiologico prevedrebbe una disoccupazione giovanile pari a due volte quella totale, mentre qui siamo quasi a 4 volte. Non ci siamo.

Gli inattivi tra 15 e 64 anni diminuiscono dello 0,1% rispetto al mese precedente. In confronto a marzo, il tasso di inattività risulta invariato e si mantiene al 36,6%“, conclude l’Istat.

La riprova che questa crisi sta incidendo in maniera sempre più forte sulle due fasce meno solide dei potenziali impiegati, ossia i giovani e le persone che perdono il lavoro in tarda età. Sui giovani in maniera ancora più drammatica, visto che nemmeno le politiche d’impiego e la prossima riforma del lavoro sembrano dare le risposte che questa situazione necessita se non per invertire la rotta, quantomeno per dare un piccolo segnale di cambiamento.

Disoccupazione giovanile record: è al 36%

Il tasso di disoccupazione a marzo è al 9,8%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su febbraio e di 1,7 punti su base annua. E’ il tasso più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). Lo rileva l’Istat (dati destagionalizzati e provvisori). Guardando le serie trimestrali é il più alto dal terzo trimestre 2000.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a marzo è al 35,9%, in aumento di due punti percentuali su febbraio. E’ il tasso più alto dal gennaio 2004 (inizio delle serie storiche mensili). Lo rileva l’Istat (dati destagionalizzati e provvisori). Guardando le serie trimestrali é il più alto dal quarto trimestre 1992.

Quindi, risulta disoccupato oltre un giovane su tre tra i 15-24enni attivi, ossia coloro che hanno un lavoro o lo cercano (forza lavoro).

Il numero dei disoccupati a marzo è di 2 milioni e 506 mila, in rialzo del 2,7% su febbraio. Lo rileva l’Istat (dati destagionalizzati e provvisori). Su base annua il rialzo è del 23,4%. E’ il livello più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). Con riferimento alle serie storiche trimestrali è record da IV trimestre 1999.

Il numero dei disoccupati a marzo è aumentato su base annua di 476 mila unità (+23,4%) e su base mensile di 66 mila. Il dato annuale risente dell’aumento delle persone sul mercato del lavoro, gli inattivi tra i 15 e i 64 anni, infatti, sono diminuiti di 427.000 unità.

A marzo gli occupati sono 22 milioni e 947 mila, in diminuzione dello 0,2% su febbraio, ovvero 35 mila unità in meno, e dello 0,4% rispetto a marzo 2011, pari ad un calo di 88 mila unità. Il risultato è determinato dal calo dell’occupazione maschile.

A marzo il tasso di occupazione è pari al 57%, in lieve calo, di 0,1 punti percentuali, in termini congiunturali e in flessione di 0,2 punti su base annua. Lo rileva l’Istat (dati destagionalizzati e provvisori). Risultano anche in diminuzione gli inattivi (15-64 anni), ovvero le persone che non sono né occupate né in cerca di lavoro: il calo è dello 0,3% (-40 mila unità) su febbraio, con il tasso di inattività che si posiziona così al 36,7%, con una flessione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,1 punti su base annua. Da questi dati emerge come l’aumento del numero di disoccupati e del relativo tasso deriva principalmente dal fatto che coloro che prima erano inattivi ora si sono in cerca di un lavoro. Mentre il calo dell’occupazione è meno accentuato, anche, perché, probabilmente, facendo riferimento agli ultimi dati trimestrali, gli occupati adulti restano più a lungo a lavoro, sia per l’allungamento della vita media che per gli interventi sul sistema pensionistico.

Il tasso di disoccupazione maschile cresce di 0,3 punti percentuali su febbraio, portandosi al 9,0%; quello femminile segna un aumento di 0,1 punti e si attesta all’11,0%. Rispetto all’anno precedente, quindi, il tasso di disoccupazione maschile sale di 1,6 punti percentuali e quello femminile di 1,9 punti. La crescita della disoccupazione interessa così sia gli uomini sia le donne. In particolare, gli uomini disoccupati salgono del 3,9% rispetto al mese precedente e del 23,4% su base annua; il numero di donne disoccupate aumenta dell’1,3% rispetto a febbraio e del 23,4% in termini tendenziali.

Laura LESEVRE

Istat: la disoccupazione sale al 9,2%

Il tasso di disoccupazione a gennaio è salito al 9,2%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su dicembre e di un punto su base annua. Il numero dei disoccupati a gennaio è di 2,312 milioni, in rialzo del 2,8% su dicembre (64 mila unità).

Su base annua l’aumento è del 14,1% (286 mila unità). Si tratta del tasso più alto da gennaio 2004, secondo quanto rileva l’Istat su stime provvisorie. Guardando alle serie storiche trimestrali è il più alto dal primo trimestre 2001.

Il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l’incidenza dei 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, è salito al 31,1%, in rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011 e di 2,6 punti su base annua.

Il tasso di disoccupazione giovanile si colloca, ormai, sopra quota 30% da 5 mesi, ovvero da settembre, fa sapere l’Istat.

Fonte: confesercenti.it