Agricoltura, in arrivo contributi per la crisi Ucraina: aiuti imprese per 35mila euro

In arrivo contributi e aiuti in agricoltura per le imprese del settore e della pesca colpite dalla crisi scatenata dalla guerra in Ucraina. Complessivamente, per i Paesi membri dell’Unione europea sarà messo a disposizione mezzo miliardo di euro per il sostegno delle imprese agricole e per gli agricoltori. In più ci sarà una deroga per la coltivazione di quattro milioni di ettari di terreni incolti e maggiore flessibilità sui requisiti inerenti le importazioni di mangimi. Si tratta di alcune delle misure incluse nel “pacchetto Ucraina” approvato nella giornata del 23 marzo dalla Commissione europea.

Contributi imprese agricole e della pesca, quanti fondi sono a disposizione per la crisi Ucraina del 2022?

I provvedimenti in arrivo per l’agricoltura e le imprese agricole e della pesca sono a carattere straordinario e temporaneo. Il nuovo framework di aiuti alle imprese agricole terminerà il 31 dicembre 2022. Lo chiarisce la stessa Commissione europea. L’obiettivo è garantire la sicurezza alimentare all’interno dei Paesi membri dell’Unione europea. Per l’Italia le risorse a disposizione sono di 48 milioni di euro di contributi diretti. I fondi derivano dalle riserve della Politica agricola comune (Pac) messe a disposizione per le eventualità di crisi. Ma i fondi possono essere integrati fino a 148 milioni di euro (+ 200%) grazie alle risorse nazionali. L’integrazione dei terreni da coltivare corrispondono a 200 mila ettari.

Quanti contributi potranno ricevere le imprese agricole con gli aiuti della Commissione europea nel 2022?

In base alla comunicazione della Commissione europea, il massimale che le imprese agricole potranno ricevere di contributi per il 2022 arriva a 35 mila euro. L’importo va rapportato a ogni singola impresa agricola oppure della pesca. La soglia minima, rispetto alla bozza della comunicazione della Commissione europea dei giorni scorsi, è dunque aumentata. Si ipotizzavano aiuti di 20 mila euro per ciascuna impresa. Ma nella fase di stesura finale della comunicazione, si prevedevano aiuti che potevano arrivare fino al limite dei 40 mila euro.

Quando partiranno i contributi a fondo perduto per le imprese agricole e per la pesca della Commissione europea?

La distribuzione dei contributi a favore delle imprese agricole e della pesca per il sostegno della crisi della guerra in Ucraina, necessiterà di provvedimenti che gli Stati membri dovranno adottare entro il termine massimo del 30 giugno 2022. Nel dettaglio, gli Stati membri dovranno notificare entro fine giugno le misure che verranno adottate, i criteri per l’elargizione dei contributi e l’impatto atteso.

Cosa si sa dei contributi a favore delle imprese agricole e della pesca?

Le risorse che ciascun Paese avrà a disposizione per il sostegno delle imprese agricole e della pesca dovranno essere distribuite in base a un budget previsionale. L’importo massimo del sostegno economico alle imprese, pari a 35 mila euro, potrà prevedere le seguenti formule:

  • la sovvenzione diretta;
  • le agevolazioni fiscali e di pagamento;
  • le altre formule di aiuto che prevedano un rimborso. Ad esempio, finanziamenti o prestiti, garanzie o anticipi;
  • gli aiuti dovranno essere al lordo di ogni detrazione d’imposta o di ogni altro onere.

Quali altre condizioni potranno prevedere i contributi e i finanziamenti alle imprese agricole e della pesca?

Inoltre, la comunicazione della Commissione europea sugli aiuti alle imprese agricole e della pesca prevede che non potranno essere concessi contributi alle imprese oggetto di sanzioni economiche adottate dall’Unione europea; il divieto vige anche per le imprese controllate da entità o da persone russe o bielorusse. Inoltre, i contributi per le imprese agricole non dovranno essere stabiliti in base alla quantità oppure al prezzo dei prodotti immessi sul mercato.

Aiuti Commissione europea anche al mercato delle carni

Ulteriori aiuti alle imprese del settore primario sono assicurati dalla Commissione europea anche per il mercato delle carne suine. Saranno a vantaggio delle imprese agricole anche le misure che assicurino maggiori anticipi sui pagamenti diretti. Inoltre, gli Stati membri potranno decidere di ridurre le aliquote Iva.

 

Agricoltura, maxi-asta per acquistare i terreni abbandonati e finanziamenti a tasso zero per giovani e donne

Arriva la nuova maxi asta sul terreni abbandonati: le operazioni di acquisto saranno gestiste da Ismea. In tutta Italia, saranno 19.800 gli ettari che andranno alla compravendita dei terreni. Si tratta di terre coltivabili per un valore di asta totale di 312 milioni di euro. Fino a questo momento sono stati aggiudicati 349 terreni per un totale di 13 mila ettari. Il totale delle aziende agricole investite dalla maxi asta è di 827. Le operazioni di acquisto dei terreni abbandonati, inoltre, rientrano negli incentivi sui finanziamenti a tasso zero e agevolati per gli under 41 e per l’imprenditoria femminile.

Maxi asta dei terreni agricoli abbandonati, in quali regioni ci sono più opportunità?

La maxi asta per l’acquisto dei terreni abbandonati rientra nel quinto bando lanciato tramite la Banca delle terre agricole, l’istituto che fa capo al ministero dell’Agricoltura nato nel 2016 per assegnare i terreni pubblici che si trovino in stato di semiabbandono. Il quinto bando della maxi asta riguarda, principalmente, terreni destinati a seminativi per circa il 50% del totale. Per il resto, il 22% riguarda terreni è riservato a pascoli e prati, mentre il restante è suddiviso tra uliveti, boschi, agrumeti, frutteti e vigneti. In Sicilia c’è la più ampia fetta dei terreni da assegnare (il 33%), seguita dalla Basilicata e dalla Sardegna con il 12%, dalla Toscana con l’11%, dalla Puglia con il 9%, dalla Calabria con il 6%, dall’Emilia Romagna con il 5% e, infine, dal Lazio con il 4%. La provincia di Matera è quella con la maggiore estensione dei terreni da assegnare tramite asta: circa 1.825 ettari.

Agricoltura, come si sono svolte le precedenti aste per l’assegnazione dei terreni pubblici in stato di abbandono?

Nei precedenti quattro bandi di asta delle terre abbandonate, sono stati già assegnati 349 terreni per un totale di più di 13 mila ettari. L’assegnazione ha riguardato il 42% dei terreni che erano stati messi all’asta. Quanto incassato dall’Ismea dalla maxi asta viene messo a disposizione per interventi che vadano a sostenere i nuovi agricoltori. Nei precedenti bandi, con le aste sono andati esauriti i terreni del Veneto e quasi tutti quelli della Lombardia. In Abruzzo e nelle Marche le percentuali di aggiudicazione sono state del 75%, in Umbra del 70%.

Chi può partecipare all’asta per l’acquisto dei terreni agricoli abbandonati?

Chiunque può partecipare gratuitamente alla maxi asta per l’assegnazione dei terreni agricoli abbandonati. Le agevolazioni sono previste per gli acquirenti dai 18 ai 41 anni di età. Per l’imprenditoria giovanile, infatti, è possibile procedere con il pagamento del prezzo d’asta del terreno a rate mediante un mutuo ipotecario. Il piano di ammortamento può arrivare a 30 anni. Tuttavia, il piano di ammortamento a un tasso di mercato può riguardare chiunque, in quanto non si configura come un aiuto di Stato. Il bando di riferimento è inserito all’interno del Programma di sviluppo rurale (Psr). Ma sono previste agevolazioni specifiche anche nell’ambito del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Ragione per la quale il 2022 potrebbe rivelarsi un anno particolarmente vantaggioso per investire nell’agricoltura.

Agricoltura, maxi asta terreni abbandonati: come si fa a presentare un’offerta?

Per chi fosse interessato a presentare un’offerta sui terreni agricoli abbandonati può farlo sul sito Ismea, nella sezione “Banca delle terre”. La scadenza per presentare le offerte, in tutte le regioni, è fissata alla mezzanotte del 5 giugno 2022. Sul sito si possono consultare le modalità di partecipazione alla maxi asta e le caratteristiche dei terreni oggetto di passaggio. Per partecipare al bando Ismea è inoltre necessario il deposito cauzionale del 10% del valore a base d’asta di ciascun terreno. Chi presenta l’offerta per i terreni è vincolato per 180 giorni.

Maxi bando per l’acquisto all’asta di terreni agricoli abbandonati: quali incentivi per le donne?

Ulteriori facilitazioni sono previste per l’imprenditoria femminile e per l’acquisto dei terreni agricoli abbandonati da parte delle donne. Infatti, oltre alle possibilità riservate agli under 41 anni, la legge di Bilancio 2022 ha previsto dotazioni finanziarie per le donne nella misura “Più impresa”. Mediante questa misura, le donne hanno la possibilità di finanziare l’acquisto del terreno con un finanziamento a tasso zero e garanzia del 120% del valore del terreno. Inoltre, a differenza dei finanziamenti agevolati riservati agli under 41, la misura “Più impresa” non prevede limiti di età. Le adesioni delle donne a questo tipo di finanziamento sembra funzionare. Infatti, il 34% delle domande arriva da donne per avviare una nuova impresa al femminile.

Coltivatore diretto, come iscriversi all’Inps e quante giornate lavorative servono per i contributi?

Quante giornate di lavoro servono al coltivatore diretto ai fini dell’iscrizione all’Inps? Per rispondere a questa domanda è necessario collocare esattamente la figura del coltivatore diretto tra i lavoratori autonomi del settore agricolo. L’articolo 2083 del Codice civile inserisce il coltivatore diretto tra i piccoli imprenditori. Si tratta “dei coltivatori diretti del fondo, degli artigiani, dei piccoli commercianti e di coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.

Quali attività svolge tipicamente il coltivatore diretto?

Le attività che svolge il coltivatore diretto, considerato piccolo imprenditore agricolo, sono disciplinate dall’articolo 2135 del Codice civile. L’articolo specifica che “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”. Inoltre, per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.

Quali sono le attività connesse svolte dal coltivatore diretto?

Le attività connesse a quelle principali del coltivatore diretto riguardano “le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, alla conservazione, alla trasformazione, alla commercializzazione e alla  valorizzazione che abbiano a oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Cosa serve al coltivatore diretto per l’iscrizione all’Inps?

Per potersi iscrivere all’Inps, al coltivatore diretto serve una capacità occupazionale di almeno 104 giornate di lavoro all’anno. La capacità occupazionale deve essere verificata nel complesso dei fondi condotti oppure, nel caso dell’allevamento, sul numero dei capi. Per il calcolo è necessario far riferimento alle tabelle ettaro-coltura.

Coltivatore diretto, come fare domanda di iscrizione all’Inps?

Nel caso in cui il coltivatore diretto rispetti tutti i requisiti sopra citati, il titolare del nucleo familiare può richiedere l’iscrizione all’Inps per se stesso e per i suoi familiari. Sia per le coltivazioni che per l’allevamento è occorrente scaturire un fabbisogno di almeno 104 giornate di lavoro per ciascuna attività da assoggettare alla contribuzione previdenziale. Per poter presentare la domanda è necessario agire per via telematica mediante la procedura “ComUnica”. L’accesso è possibile dal Registro delle imprese. Qui bisogna assolvere ai vari adempimenti per avviare una nuova impresa, e procedere con le successive cancellazioni o modifiche.

Quando va inviata la comunicazione di iscrizione all’Inps dal coltivatore diretto?

La comunicazione all’Inps da parte del coltivatore diretto va inviata entro il termine di 90 giorni dalla data in cui ha iniziato l’attività economica. Risulta valido, sempre nei 90 giorni, anche il termine in cui il coltivatore ha acquisito i requisiti che implicano l’obbligo contributivo. Infatti, l’inizio di un’attività agricola potrebbe non coincidere con la data di decorrenza dell’obbligo contributivo. Ad esempio, se si coltiva un terreno che non ha bisogno di 104 giornate di lavoro all’anno, ma meno. Potrebbe successivamente necessitarne e quindi far scattare l’obbligo contributivo.

Cosa avviene quando il coltivatore agricolo si iscrive all’Inps?

Nel momento in cui il coltivatore diretto fa la domanda telematica all’Inps, l’Istituto previdenziale adotta il provvedimento di iscrizione e comunica il codice identificativo. Tale codice serve a rendere univoca l’azienda per gli adempimenti contributivi.

Coltivatore diretto, quando non è obbligatoria l’iscrizione al Registro imprese?

Può verificarsi che non sia obbligatoria l’iscrizione al Registro delle imprese da parte del coltivatore diretto. Ciò avviene nell’ipotesi formulata dal comma 3, dell’articolo 2, della legge numero 77 del 1997 che disciplina il mancato obbligo per i piccoli produttori agricoli appartenenti al regime Iva di esonero degli adempimenti di cui parla il comma 6 dell’articolo 34, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1973.

Coltivatore diretto, come ci si cancella dalla gestione previdenziale Inps?

La cancellazione dalla gestione previdenziale Inps avviene mediante le stesse modalità e negli stessi termini dell’avvenuta iscrizione. Tuttavia, non è sufficiente presentare la documentazione della cessazione dell’attività economica, il certificato di certificazione del numero della partita Iva e di cancellazione dal Registro delle imprese. Infatti, la fine dell’obbligo contributivo termina per il coltivatore diretto per quattro situazioni:

  • il decesso;
  • per la sopravvenuta inabilità al lavoro che deve essere certificata dalle strutture pubbliche sanitarie adeguate;
  • perché è stato ceduto il terreno;
  • per l’inizio di un’altra attività.

Cosa avviene ai fini previdenziali se il coltivatore diretto ha anche altre attività?

La cancellazione dagli obblighi contributi all’Inps non va confusa con il caso in cui il coltivatore diretto svolte anche altre attività. In questo contesto, il requisito dell’abitualità sussiste purché quella da coltivatore diretti risulti l’attività prevalente. Per il calcolo della prevalenza bisogna rifarsi all’articolo 2 della legge numero 9 del 1963. Infatti, per la norma, in caso di esercizio contemporaneo di più attività lavorative, ai fini contributivi si considera quella prevalente quando la prestazione di lavoro del nucleo familiare sia di almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di allevamento del bestiame o di coltivazione dei fondi.

Comprare un terreno agricolo, quali tasse sono da pagare?

Quali imposte e tasse sono da pagare nel caso in cui si acquisti un terreno agricolo? Per rispondere a questa domanda è necessario distinguere il soggetto che vende il terreno agricolo. Può essere un soggetto qualsiasi oppure una banca o una società di leasing. Chi compra il terreno agricolo, invece, può ricadere in più soggetti.

Chi può comprare un terreno agricolo?

Infatti, il compratore di un terreno agricolo nel caso in cui il venditore sia un soggetto qualsiasi, può essere un imprenditore agricolo professionale, oppure un coltivatore diretto iscritto alla gestione assistenziale o previdenziale. In alternativa, la trattazione delle tasse e imposte dovute sull’acquisto di un terreno agricolo varia se si tratta di un soggetto qualsiasi diverso dalle tipologie di acquirente viste in precedenza. Nel caso in cui il venditore sia una banca o una società di leasing, la trattazione delle tasse e imposte dovute non varia a seconda del soggetto acquirente.

Acquisto di un terreno agricolo da parte di un imprenditore agricolo o coltivatore diretto: quali tasse?

In tutti i casi di acquisto e di vendita di un terreno agricolo non è mai dovuta l’Iva. Se ad acquistare il terreno agricolo da un qualsiasi soggetto che non sia una banca o una società di leasing è un imprenditore agricolo o un coltivatore diretto, sono dovute cinque tasse e imposte. Nel dettaglio:

  • l’imposta di registro per 200 euro, secondo quanto dispone il comma 4 bis dell’articolo 2, del decreto legge numero 194 del 2009, convertito nella legge numero 25 del 26 febbraio 2010;
  • imposta ipotecaria pari a 200 euro per la stessa norma precedente;
  • l’imposta catastale corrispondente all’1%, sempre per il decreto legge numero 194;
  • imposta di bollo di 230 euro seguendo quanto prevede il comma 1 bis, numero 1), dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di terreno agricolo di soggetto non imprenditore agricolo e nemmeno coltivatore diretto: quali tasse?

Nel caso in cui l’acquisto sia effettuato da un soggetto qualsiasi, ad eccezione del caso precedente, ovvero di imprenditore agricolo o coltivatore diretto, e il venditore è un soggetto qualsiasi ad eccezione di una banca o una società di leasing, la compravendita è esente sia dall’imposta di bollo che dalla tassa ipotecaria. L’esenzione è prevista dal comma 3 dell’articolo 10, del decreto  legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.  Sono invece da pagarsi:

  • l’imposta di registro del 12%, secondo quanto prevede il terzo periodo dell’articolo 1, del Tp 1;
  • imposta ipotecaria e imposta catastale, per 50 euro ciascuno, ai sensi di quanto prevede il decreto legislativo numero 23 del 2011.

Acquisto di un terreno agricolo da una banca o da una società di leasing

La disciplina sulle tasse e sulle imposte è valida per qualunque soggetto acquirente (imprenditore agricolo, coltivatore diretto o qualsiasi altro soggetto) se il venditore è una banca o una società di leasing. Quest’ultima trova la propria disciplina nel comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006. Nel dettaglio, la norma chiarisce che deve trattarsi di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing o di cessioni di immobili già oggetti di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore.

Quali tasse e imposte sono dovute per l’acquisto di un terreno agricolo da una banca o società di leasing?

Nel caso di acquisto di un terreno agricolo da una banca o da una società di leasing sono dovute le seguenti tasse e imposte:

  • imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale, tutte e tre pari a 200 euro, ai sensi di quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo corrispondente a 230 euro ai sensi del comma 1 bis, numero 1), dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di un terreno non agricolo e non edificabile: quali tasse sono da pagare?

Quali imposte e tasse devono essere pagate nel caso in cui si acquisti un terreno non agricolo e non edificabile? In questa tipologia di compravendita deve essere distinto il caso in cui il soggetto venditore sia un soggetto qualsiasi da quello in cui la vendita viene effettuata da una banca o da una società di leasing. Riguardo al compratore, invece, non fa alcuna distinzione di chi si tratti in qualunque caso.

Acquisto da un soggetto qualsiasi di un terreno non agricolo e non edificabile: è dovuta l’Iva?

Nel caso in cui l’acquisto del terreno non agricolo e non edificabile sia effettuato da un soggetto qualsiasi, e a venderlo sia un altrettanto soggetto qualsiasi, diverso da una banca o da una società di leasing, l’operazione di compravendita non è soggetta a Iva. Sono altresì dovute tutte le altre imposte e tasse.

Quali tasse e imposte sono dovute per l’acquisto di un terreno non agricolo e non edificabile?

Per l’acquisto di un terreno non agricolo e non edificabile, esclusa la compravendita da banche o società di leasing, l’operazione è esente sia dalla tassa ipotecaria che dall’imposta di bollo. Lo disciplina, per entrambi i casi, il comma 3 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011. Sono dovute però altre tre imposte, ovvero:

  • l’imposta di registro del 9%, ai sensi del primo periodo dell’articolo 1, del Tp1;
  • imposta ipotecaria pari a 50 euro, secondo quanto dispone il comma 3 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011;
  • l’imposta catastale di 50 euro, ugualmente prevista dal decreto legislativo numero 23.

Acquisto di terreno non agricolo e non edificabile da banca o da società di leasing

Diverso è il caso in cui il venditore del terreno non agricolo e non edificabile sia una banca o una società di leasing. Quest’ultima è definita dal comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006. In particolare, la norma stabilisce che si deve trattare di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing o di cessioni di immobili già oggetti di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore.

Se il terreno non agricolo e non edificabile è venduto da una banca o da una società di leasing è dovuta l’Iva?

La compravendita del terreno non agricolo e non edificabile fatta da una banca o da una società di leasing risulta non soggetta a Iva. Sono però dovute le altre tasse e imposte, senza l’esenzione della tassa ipotecaria e dell’imposta di bollo. Infatti, l’importo della tassa ipotecaria è di 90 euro, secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle tasse ipotecarie che è allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990. L’imposta di bollo, invece, è pari a 230 euro. Lo disciplina il comma 1 bis numero 1) dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A del decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972.

Quali altre imposte sono dovute per l’acquisto da una banca di un terreno non edificabile e non agricolo?

Le altre imposte da pagare nel caso in cui la compravendita veda come venditore una banca o una società di leasing sono l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale. Tutte e tre le imposte sono dovute per 200 euro ciascuna. Lo prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006.

Come trasformare un terreno agricolo in edificabile?

Per prima cosa, facciamo un distinzione tra terreno agricolo e terreno edificabile. Il primo è riconosciuto idoneo per effettuare un’attività di coltivazione o di allevamento e similari. Sul secondo è possibile costruirci, edificarci. Ma come si fa a capire se su di un terreno agricolo è possibile svolgere attività edilizia?

Per rispondere a tale quesito, è importante conoscere il soggetto che è proprietario di esso o che lo acquista, distinguendo tra coltivatore, imprenditore agricolo o soggetto privato. Chi individua un terreno come adatto per costruirci la propria casa, deve informarsi sulla tipologia di accatastamento del medesimo. Infatti, qualora l’area di interesse risulti come agricola al Catasto Terreni, dovrà rivolgersi al venditore per metterlo a conoscenze delle proprie intenzioni, il quale, però, potrebbe avere intenzione di venderlo senza apportargli alcuna modifica.

In tal caso, l’acquirente può decidere di acquistarlo come terreno agricolo, pagandolo come tale, con l’intento di trasformarlo successivamente in un terreno edificabile.

Chi può edificare su terreno agricolo?

Comprare un terreno agricolo con la speranza di trasformarlo in edificabile, non basta, si deve essere concreti e informarsi se e come sia possibile edificarvi sopra. Per quanto sopra detto, si direbbe che non sia possibile, invece, il coltivatore diretto può farlo a determinate condizioni.

Anche se il terreno agricolo, in quanto tale, viene utilizzato solo per la coltivazione o l’allevamento, quindi inadatto per costruirvi, può esserci la possibilità di farlo per il coltivatore diretto o l’imprenditore agricolo, a patto che la costruzione sia strumentale all’attività agricola.

Solitamente, esistono leggi regionali e piani di zona comunali che prevedono ulteriore regole. Ad esempio, la facoltà per l’imprenditore agricolo che svolge la sua attività di edificare un’abitazione ad uso residenziale da tre anni, potendovi, così, anche abitare o soggiornare. Altri regolamenti locali consentono solo di poter costruire edifici adibiti all’allevamento, magazzini e stalle, quindi, solo correlati all’attività agricola svolta.

Cosa serve per chiedere di poter costruire su un fondo agricolo?

L’imprenditore o il coltivatore diretto che vuole acquistare con la finalità di edificare sul terreno agricolo, deve chiedere il permesso di costruire, anche nel caso si tratti di una casetta di legno non adibita ad uso abitativo. Inoltre, potrebbero esserci fondi agricoli che per via di vincoli paesaggistici e ambientali, per i quali il permesso di costruire deve essere rivolto all’ente competente. Tale richiesta si può effettuare solo in veste di proprietario del terreno agricolo, quindi, solamente dopo averlo acquistato tramite rogito notarile.

Il soggetto privato può costruire su terreno agricolo?

Il privato cittadino, in nessun caso può edificare su un fondo agricolo. Dovrebbe chiedere una cambio di destinazione d’uso, trasformando il terreno da agricolo ad edificabile. Ciò comporta delle spese e potrebbe divenire più conveniente acquistare un terreno per un soggetto privato o un’impresa direttamente. Se ciò non sempre accade, è perché non si trova facilmente un’area più congeniale alle proprie esigenze.

Ad ogni modo, la strada del cambio di destinazione d’uso è percorribile, ma sempre in qualità di proprietario, oppure di acquirente che ne ha acquisito la proprietà dopo aver stipulato il rogito notarile.

Quanto costa a un privato cittadino acquistare un terreno agricolo?

Poiché non si compra come agricoltore, vengono meno le agevolazioni previste, pertanto, oltre a pagare la parcella del notaio più IVA, deve provvedere al pagamento anche di un’imposta di registro importante, pari al 12% del costo del terreno (fissato un limite minimo di 1.000 euro) a cui aggiungere 100 euro tra imposte ipotecarie e catastali.

Il cambio di destinazione urbanistica

Per effettuare il cambio di destinazione ci si deve rivolgere all’Ufficio Tecnico del Comune, la domanda deve essere presentata da un professionista abilitato che allegherà ad essa, tutti i documenti necessari. Spetterà all’ente fare le proprie valutazioni tenuto conto delle varie condizioni, del piano regolatore di zona e del Comune. In alcuni piani regolatori, il cambio di destinazione d’uso non è possibile per determinate zone, quindi, niente costruzione.

Nel caso il cambio venisse approvato, entrerebbero in gioco gli indici di edificabilità attribuiti al terreno agricolo, che permetterebbero al privato o all’impresa di progettare la propria costruzione. In tal caso, il Comune rilascia il certificato di destinazione urbanistica, un documento con il quale l’acquirente dota il proprio terreno della possibilità di rivenderlo. Va da sé, che un documento tale aumenta anche di 10 volte il valore di vendita del terreno diventato edificabile, a meno che non decida di costruirci sopra.

Le spese complessive

Richiedere al Comune i documenti comporta dei costi, inoltre, la procedura per ottenere il certificato di destinazione urbanistica rilasciato comporta degli oneri da versare che variano a seconda del Comune di riferimento.

Anche se i costi da sostenere per un cambio di destinazione d’uso possono sembrare alti, è altrettanto vero che un terreno su cui si può edificare aumenta di molto il suo valore.

Il terreno edificabile vale molto di più di quello agricolo, quindi, c’è da tenere presente che anche le imposte saranno maggiori (l’IMU non si paga sui terreni agricoli). Le aree edificabili di proprietà di coltivatori diretti o imprenditori agricoli non devono pagare questa imposta.

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