Non ottieni un prestito per la tua azienda? Prova con i Confidi

Le aziende per poter crescere e restare sul mercato hanno bisogno di investire, ma nella maggior parte dei casi non hanno abbastanza liquidità per poterlo fare senza chiedere prestiti e finanziamenti dedicati. Solitamente in questi casi ci si rivolge a una banca, ma anche qui non tutto è così semplice perché occorre fornire idonee garanzie e non sempre si ottengono risultati. In questi casi arrendersi non è proprio la scelta migliore, per tentare tutte le strade si può provare il Confidi.

Cos’è il Confidi?

Il termine Confidi è acronimo di Consorzio di garanzia collettiva dei fidi, nasce proprio con l’obiettivo di aiutare micro, piccole e medie imprese ad ottenere dei prestiti fornendo delle garanzie. La storia di questo istituto non è recente, sebbene se ne parli molto poco, infatti rientra nella famiglia delle associazioni di mutua assistenza nate nei primi anni Cinquanta. Naturalmente nel tempo i Confidi sono stati disciplinati dalla legge cercando di adattare la normativa alle esigenze e ai cambiamenti sociali. Attualmente questo istituto è regolato dal TUB, Testo Unico Bancario e dal D.L. 269/2003, convertito con modificazioni nella legge 326/2003 . Dal punto di vista della struttura sono dei Consorzi a cui le aziende/imprese possono partecipare attraverso una quota associativa. In cambio possono ottenere non prestiti, ma garanzie sui prestiti concessi dalle banche e dai vari istituti di credito.

Se vuoi conoscere la definizione di Micro, Piccola e Media Impresa, leggi l’articolo: Micro, Piccola e Media Impresa: definizione e differenze

Le tipologie di Confidi: Maggiori e Minori

Questi consorzi hanno una normativa diversa a seconda della tipologia, in ogni caso sono sottoposti a controlli esterni, vista la delicatezza della materia. Aderire a una tipologia o a un’altra per le aziende può fare la differenza, ma vedremo al termine della disamina che spesso, in base all’area geografica di ubicazione non vi sono molte possibilità di scelta.

I Confidi si dividono in: Maggiori e Minori

Caratteristiche dei Confidi Maggiori

Maggiori o vigilati (articolo 107 TUB), si tratta di Confidi vigilati dalla Banca d’Italia, devono avere un capitale sociale abbastanza importante, più è elevato il capitale disponibile e maggiori sono le garanzie che possono prestare. Naturalmente partecipare a essi consente di ottenere prestiti più facilmente e di maggiore entità proprio perché essendo vigilati dalla Banca d’Italia sono più affidabili. I Confidi vigilati sono considerati degli intermediari finanziari e devono essere iscritti al relativo albo. Possono avere un volume di affari pari o superiore a 150 milioni di euro.

Caratteristiche dei Confidi Minori

Minori o non vigilati, sono disciplinati dall’articolo 155 comma 4 del TUB, devono avere un fondo consortile di almeno 100.000 euro le aziende (in qualunque forma quindi imprese o società), per aderire devono versare una quota di importo minimo di 250 euro. La quota di ciascuna impresa/azienda però non può essere superiore al 20% del capitale sociale o fondo consortile.

Il volume di attività non può essere superiore a 150 milioni di euro e possono svolgere solo attività di prestazione di garanzie in favore di PMI e servizi connessi, devono intendersi come tali le consulenze comunque inerenti la garanzia stessa. Al fine di superare l’ostacolo della mancata sottoposizione a vigilanza da parte della Banca d’Italia sui Confidi Minori, è prevista l’iscrizione presso un Organismo dei Confidi Minori (OCM) con personalità giuridica il cui statuto sia approvato dal MEF, sentita la Banca d’Italia. L’Organismo vigila sui Confidi Minori, mentre la Banca d’Italia vigila sull’Organismo, quindi vi è comunque un controllo indiretto.

Una delle principali differenze tra i Confidi Minori e quelli Maggiori è lo spettro di attività che possono compiere, infatti i Maggiori oltre a prestare garanzie a PMI, possono anche gestire fondi pubblici di agevolazione, prestare garanzie a favore dell’amministrazione finanziaria dello Stato, sono abilitati a concedere forme di finanziamento anche a soggetti diversi dei soci, rispettando il limite massimo del 20% del totale dell’attivo.

Perché un’azienda dovrebbe aderire a un Consorzio di garanzia collettiva dei fidi?

Fatta questa piccola precisazione inerente le caratteristiche e la natura dei Confidi, si deve ora capire quali possono essere i vantaggi per le imprese nell’aderire a essi. I Confidi sono diretti ad aiutare micro, piccole e medie imprese a ottenere liquidità attraverso una garanzia prestata appunto da tale “intermediario”. Naturalmente la garanzia viene prestata attraverso i fondi che il consorzio scelto ha a disposizione. La garanzia però non viene prestata nei confronti di tutti, si è visto in precedenza che solo i Confidi Maggiori possono concedere i propri servizi anche a soggetti non associati e comunque in modo limitato.

Questo vuol dire che per poter ottenere i benefici l’azienda deve in primo luogo entrare nel consorzio versando la quota prevista e in un secondo momento potrà recarsi presso un istituto di credito, chiedere un prestito/finanziamento e proporre la garanzia da parte del Confidi. Deve però essere precisato che solitamente le quote da versare sono tre:

  • associativa;
  • per la gestione del fondo;
  • per il fondo rischi.

In questo modo sarà più semplice riuscire ad accedere ai fondi e questo perché la banca potrà avere il capitale garantito e se il debitore non dovesse pagare, sarà il Confidi a versare gli importi. Naturalmente il Confidi avrà la possibilità comunque di recuperare nel tempo le somme versate in luogo del debitore principale.

Come ottenere la garanzia

Ottenere la garanzia del Confidi però non è così immediato perché, chi vuole far parte del consorzio e godere dei vantaggi che può offrire deve in primo luogo presentare un’idonea documentazione che comprende il documento di identità del titolare dell’azienda, gli ultimi due bilanci aziendali e per le aziende giovani il business plan adottato. Per ottenere la garanzia del Confidi devono essere anche dichiarati eventuali finanziamenti in corso, esposizioni bancarie e fidi in corso. Una volta ottenuta la garanzia, ci si potrà recare in banca a chiedere il prestito e al termine dell’istruttoria, l’esito sarà comunicato al Confidi.

Distribuzione in Italia

Per conoscere i Confidi presenti nella propria zona è consigliato rivolgersi a patronati e soggetti che svolgono servizi in favore delle imprese. Purtroppo la situazione in Italia è piuttosto frastagliata infatti al 2019 si registravano 311 Confidi e di questi solo 35 iscritti all’Albo dei Confidi Maggiori, mentre la rimanente parte era sottoposta alla disciplina dei Confidi Minori con tutti i limiti visti. Purtroppo anche la distribuzione geografica lascia molto a desiderare, infatti 21 Confidi vigilati si trova nel Settentrione con una prevalenza di Lombardia e Veneto, mentre la metà dei Confidi minori si trova al Sud, questo vuol dire che per le aziende del Sud vi sono comunque minori possibilità di ottenere garanzie ai loro prestiti.

Segnalazione al CRIF senza preavviso del cattivo pagatore: si può fare?

Se ti sei accorto di essere stato segnalato al CRIF come cattivo pagatore anche senza aver ricevuto alcun preavviso, devi sapere che ci sono dei casi in cui questo è possibile. Ecco quando per la Corte di Cassazione è lecita la segnalazione al CRIF senza preavviso.

Cos’è il CRIF e quali segnalazioni raccoglie

Il CRIF è una società creditizia, la sigla è acronimo di Centrale Rischi Finanziari. Nel CRIF non sono iscritti esclusivamente coloro che risultano essere cattivi pagatori, ma anche i soggetti che hanno in corso dei pagamenti rateali, coloro che chiedono un prestito e un mutuo. In questa centrale sono inoltre registrati i pagamenti effettuati, gli eventuali ritardi e i mancati pagamenti e vuole essere un punto di riferimento per le banche e gli istituti di credito che prima di erogare prestiti, mutui, finanziamenti, possono valutare la solvibilità del richiedente.

Nel caso in cui si verifichi una situazione di effettiva crisi, questa non vi è nel caso di ritardo nel pagamento di una rata, si viene segnalati come cattivi pagatori sia al CRIF e sia alla Centrale Rischi della Banca d’Italia.

Per conoscere i dettagli sul funzionamento della segnalazione al CRIF quindi quando può essere eseguita e i limiti segnalati dalla Corte di cassazione, ti consiglio di leggere gli articoli:

Segnalazione CRIF e alla Centrale Rischi della Banca d’Italia: differenze

e l’articolo Segnalazione Centrale Rischi: cos’è e come funziona

Segnalazione al CRIF senza preavviso del cattivo pagatore

Per capire quando è possibile che non vi sia preavviso della segnalazione è necessario avere in considerazione diverse norme. La prima è generale, si tratta dell’articolo 4 delibera del Garante della privacy n. 8 del 2004 , il quale prevede che in caso di ritardi nei pagamenti, la banca unitamente ai solleciti di pagamenti, può inviare un avviso inerente l’imminente registrazione dei dati sui sistemi di informazione creditizia. I dati possono essere resi noti agli altri partecipanti a tali sistemi (cioè le altre banche che possono accedere a questo grande database) non prima che siano trascorsi 15 giorni dall’invio del preavviso.

Questa norma può però essere considerata di rango inferiore rispetto all’art. 125, comma terzo, del Testo Unico Bancario (TUB), come modificato dall’art. 1 D.Lgs. n. 141 del 2010. Questo infatti prevede che il preavviso di segnalazione come cattivo pagatore al CRIF debba essere fornita dal finanziatore al consumatore. Tale norma è inserita nel TUB, all’interno del capo II del titolo VI, “Credito ai consumatori” , quindi non vi sono dubbi sul fatto che si tratti di una norma specifica per questo particolare segmento di credito e non una norma generale. Infatti dall’ambito di applicazione del capo sono esclusi in modo specifico dall’articolo 122 i finanziamenti destinati all’acquisto e alla conservazione di diritti di proprietà su beni immobili esistenti i progettati e acquisto di terreni.

Ordinanza 39769/2021 sulla segnalazione al CRIF senza preavviso

Dall’applicazione letterale di questa norma fatta da alcuni giudici è emerso che in realtà il preavviso risulta obbligatorio solo nel caso in cui il ritardo nel pagamento o il mancato pagamento sia inerente un rapporto tra la banca e il debitore avente a oggetto un prestito che rientra nelle operazioni di credito al consumo e non negli altri rapporti. Ad esempio, secondo questa interpretazione restritttiva e letterale della norma, nel caso in cui il mancato pagamento sia inerente la rata di un mutuo per l’acquisto di casa, non trattandosi di credito al consumo è legittima la segnalazione al CRIF senza preavviso. Questa interpretazione ha trovato l’appoggio anche dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza, la 39769/2021.

Tale legittimità, in limitati casi, della segnalazione al CRIF senza preavviso non fa però venire meno l’eventuale risarcimento del danno legato a una segnalazione illeggittima che cioè non doveva avvenire. Il risarcimento può essere richiesto anche per il danno all’immagine, ma deve essere provato. Naturalmente la banca che nota mancati pagamenti può inviare in ogni caso il preavviso anche quando non è obbligata limitando così il rischio di richieste di risarcimenti.