Bonus abbonamenti ai mezzi pubblici, chi potrà riceverlo?

Meno risorse per il bonus abbonamenti, la misura introdotta dal governo Draghi nel decreto legge “Aiuti” a sostegno di chi utilizza i mezzi pubblici per gli spostamenti. Secondo quanto prevede l’articolo 35 del decreto, il bonus abbonamenti è a vantaggio di studenti e di lavoratori. Ma la riduzione delle risorse per la misura andrà a incidere sulla numerosità della platea dei beneficiari. Infatti, nella prima bozza del provvedimento, il ministero del Lavoro aveva previsto lo stanziamento di 100 milioni di euro. Adesso, i fondi sono scesi a 79 milioni di euro per l’anno 2022. Nella versione definitiva del decreto andrà sottratto un ulteriore milione di euro, che andrà a favore della progettazione e della realizzazione del sito informatico per erogare il bonus stesso.

Bonus abbonamento ai mezzi di trasporto pubblici, in arrivo la misura per giovani e lavoratori

Il bonus abbonamenti ai mezzi di trasporto pubblici arriverà, dunque, con il nuovo provvedimento del governo. A decorrere dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale, e fino a tutto il 2022, si potrà beneficiare di sconti sul prezzo di acquisto degli abbonamenti e dei servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. Il beneficio può essere utilizzato anche per il trasporto ferroviario a livello nazionale.

Bonus abbonamento al trasporto pubblico, chi e come può utilizzare il buono?

Il bonus abbonamento ai mezzi di trasporto pubblici può essere utilizzato esclusivamente per i servizi di trasporto. Ovvero per comprare abbonamenti. Il valore del bonus non può eccedere la somma di 60 euro. Il bonus è riconosciuto solo alle persone fisiche. Per ottenerlo è necessario che, nell’anno 2021, non sia stato dichiarato un reddito personale ai fini dell’Irpef eccedente la cifra di 35 mila euro. Inoltre, il bonus non può essere ceduto ad altre persone ed è utilizzabile per comprare un solo abbonamento. L’importo dell’agevolazione non incide sul reddito imponibile di chi lo richiede. Inoltre, i 60 euro di bonus abbonamento non rilevano ai fini del calcolo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee).

Come richiedere il bonus abbonamento per il trasporto pubblico?

Ad oggi non si hanno ancora indicazioni sulle modalità di richiesta del bonus abbonamento ai mezzi pubblici di trasporto. La procedura per il rilascio del bonus sarà solo telematica. Tuttavia, non sono noti ancora i dettagli per presentare la domanda. Si dovrà attendere il provvedimento del ministero del Lavoro, di concerto con il ministero dell’Economia e delle Infrastrutture. Il relativo decreto è atteso entro il 30 luglio 2022. Nel provvedimento saranno indicate le modalità per la richiesta del bonus e per l’emissione. Il beneficio potrebbe, per questo motivo, essere emesso a partire dal mese di settembre ed essere valido per i mesi fino alla fine dell’anno.

Quando il datore di lavoro può pagare in contanti i lavoratori?

La tracciabilità dei flussi di denaro è uno dei modi in cui lo Stato combatte l’evasione fiscale e proprio per questo la legge stabilisce che anche le prestazioni lavorative debbano essere pagate con strumenti tracciabili, ma vi sono dei casi in cui il datore di lavoro può pagare in contanti i lavoratori. Ecco le specifiche e i limiti all’uso dei contanti.

Obbligo di pagare i lavoratori con strumenti tracciabili

La legge 205/2017, legge di bilancio per il 2018, all’articolo 1 comma 910 stabilisce che dal primo luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano usare strumenti tracciabili per il pagamento delle prestazioni lavorative. In particolare i lavoratori devono essere pagati con:

  • bonifico su IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronici, ad esempio il POS, carte pre-pagate;
  • assegno o vaglia consegnato al lavoratore o a un suo delegato (la delega è possibile solo in caso di comprovata impossibilità di pagamento al lavoratore, può essere in favore del figlio almeno sedicenne, del coniuge o del convivente, familiare in linea retta o collaterale);
  • infine, può essere disposto il pagamento in contanti presso una banca o un ufficio postale, ma anche in questo caso il pagamento è comunque tracciabile perché vi è la presenza di un intermediario. Il datore di lavoro quindi non paga direttamente in contanti il lavoratore. Il pagamento deve essere disposto presso una banca o un ufficio postale dove il datore di lavoro abbia un conto corrente e dietro mandato di pagamento.

Nel caso in cui si dovesse contravvenire a queste regole, è prevista la somministrazione di una sanzione amministrativa compresa tra 1.000 euro e 5.000 euro. Non sono previste conseguenze penali.

Eccezioni: quando il datore di lavoro può pagare in contanti il lavoratore?

Vi sono limitati episodi in cui è possibile il pagamento in contanti delle prestazioni lavorative. Si tratta del caso in cui il pagamento avvenga in favore di stagisti, tirocinanti, colf, badanti e collaboratori occasionali.

Non solo, infatti vi sono alcune tipologie di “pagamenti” che possono essere effettuati in contanti, vediamo quindi quando il datore di lavoro può pagare in contanti i lavoratori.

Con la nota 16 luglio 2018, n. 6201 l’Ispettorato del Lavoro ha fatto sapere che non vi è l’obbligo del pagamento con strumenti tracciabili nel caso in cui le somme siano erogate per elementi diversi rispetto alla vera e propria retribuzione.

Questo implica che è possibile pagare in contanti i rimborsi spese, le spese di trasferta, gli anticipi di cassa, spese di vitto e alloggio. Anche in questi casi è però necessario prestare attenzione, infatti il pagamento in contanti di questi importi incontra un altro limite, cioè il limite all’uso dei contanti. Per il 2021, ormai agli sgoccioli, esso è fissato a 2.000 euro, ma per il 2022 il limite viene abbassato a 1000 euro. Questo vuol dire che il datore di lavoro potrà pagare la trasferta al dipendente in contanti per un importo massimo di 999,99 euro. La violazione di questa norma porta all’applicazione di sanzioni specifiche previste per il divieto di uso di contanti e quindi da 1.000 euro a 50.000 euro.

Ricordiamo inoltre che le spese di trasferta concorrono a formare il reddito del dipendente, mentre le spese per il vitto, l’alloggio, il viaggio e il trasporto fuori dal Comune di lavoro non concorrono a determinare il reddito, tali spese devono comunque essere documentate.

Per maggiori informazioni sulla tassazione dell’indennità di trasferta, leggi l’articolo: indennità di trasferta: come funziona il rimborso della diaria?

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Trasferte fisse e occasionali: quando sono dovuti i contributi

Indennità di trasferta: come funziona il rimborso della diaria?

Si ha la trasferta quando un lavoratore viene dislocato in modo temporaneo e per circostanze eccezionali presso un’altra sede di lavoro, la giurisprudenza costante la considera come un disagio e di conseguenza prevede un “indennizzo”, anche conosciuto come “diaria”. Molti si chiedono: come funziona il rimborso dell’indennità di trasferta 2021? Ecco qualche chiarimento.

I caratteri della trasferta

La trasferta è sottoposta dal punto di vista fiscale a un trattamento agevolato, però affinché sia inquadrabile in tale fattispecie devono verificarsi diverse condizioni. In particolare la trasferta deve:

  • essere occasionale ( può avere anche una durata lunga, ma deve comunque essere episodica);
  • legata ad esigenze del datore di lavoro (la trasferta è atto unilaterale, vedremo in seguito le conseguenze di tale caratteristica);
  • la sede differente da quella originaria deve essere precaria;
  • lo spostamento deve essere eccezionale.

Verificandosi questi requisiti si è nel campo di applicazione dell’articolo 51 del TUIR comma 5 e vedremo a breve i benefici che ne derivano. Lo stesso contempla 3 ipotesi:

  • rimborso dell’indennità di trasferta forfettaria;
  • metodo analitico per il rimborso indennità di trasferta;
  • rimborso della diaria con il sistema misto.

Da questa trasferta deve essere distinto il caso dei trasferisti, cioè coloro che abitualmente cambiano sede di lavoro, per questa tipologia di lavoratore le agevolazioni sono previste al 50% come stabilito dal comma 6 dell’articolo 51 del TUIR.

Come funziona il rimborso dell’indennità di trasferta

Dal punto di vista economico la trasferta, rispetto alle ore di lavoro effettuate nella sede tradizionale, ha delle differenze, queste sono determinate dal disagio che il lavoratore prova nel doversi trasferire. La prima cosa da notare è che l’articolo 51 del TUIR, al comma 5, prevede per le trasferte vere e proprie delle agevolazioni fiscali, infatti gli importi erogati a titolo di trasferta non sono considerati reddito e di conseguenza non sono tassati.  Sono però previsti dei limiti e cioè 46,48 euro al giorno per la trasferta in Italia e 77,47 per quella all’estero. Si tratta somme comunque ulteriori rispetto a quelle ordinarie dello stipendio.

Le somme ora viste non sono soggette neanche a contribuzione. per saperne di più leggi l’articolo: Trasferte fisse e occasionali: quando sono dovuti i contributi

Le somme corrisposte a titolo di trasferta solitamente sono di tipo forfettario e vengono riconosciute esclusivamente per le giornate di lavoro svolte al di fuori della sede di lavoro ordinaria.  L’effettivo ammontare della indennità dipende dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato nei vari settori, ad esempio per i metalmeccanici è previsto un contributo di 42,85 euro per la trasferta a cui si aggiunge una quota di 11,73 euro per il pasto e 19,39 per il pernottamento. In edilizia si applica il 10% sul valore della retribuzione giornaliera. Per gli studi professionali la trasferta è di 15 euro per i trasferimenti che durano da 8 a 24 ore e di 30 euro per le missioni di durata superiore a 24 ore. Queste somme sono previste solo nel caso di calcolo forfettario cioè quando non è previsto che siano documentate le spese.

Il calcolo del rimborso dell’indennità di trasferta

Il rimborso dell’indennità di trasferta si compone di  diversi elementi:

  • vitto;
  • alloggio;
  • trasporto;
  • retribuzione vera e propria.

Queste componenti possono essere calcolate in modo diverso, cioè l’azienda può scegliere di dare un rimborso dell’indennità di trasferta forfettario e quindi onnicomprensivo, oppure scegliere il metodo analitico o misto.

Il rimborso analitico invece prevede che il lavoratore alleghi e piè di pagina una rendicontazione dettagliata delle singole spese sostenute in occasione della trasferta e per la trasferta, in questo caso è necessario che lo stesso conservi:

  • scontrini fiscali che riportino i dati fondamentali della transazione e quindi la data, la natura del bene o servizio acquistato, la quantità e il codice fiscale dell’acquirente;
  • il lavoratore deve inoltre rendicontare l’uso fatto della eventuale carta di credito aziendale e infine le fatture per i costi sostenuti;

Il rimborso forfettario prevede una somma fissa erogata al lavoratore per ogni giorno di lavoro fuori dalla sede abituale e non prevede alcuna forma di rendicontazione delle spese.

Il rimborso misto prevede che l’indennità di trasferta sia formata da due parti, una relativa a vitto o alloggio per la trasferta e una forfettaria che rappresenta una sorta di premio per il lavoratore.

Le spese per il trasporto, qualunque sia il metodo adottato per il rimborso dell’indennità di trasferta, in ogni caso sono rimborsate a parte.

Le somme effettivamente non sottoposte a tassazione

Il rimborso spese va effettivamente ad interagire con gli importi massimi detassati visti prima nel comma 5. Se al lavoratore viene riconosciuto il rimborso spese per vitto o alloggio gli importi prima visti sono ridotti di 1/3, se al lavoratore viene riconosciuto il rimborso per vitto e alloggio gli importi sono ridotti di 2/3. Ciò implica che:

  • nel caso in cui al lavoratore sia riconosciuto il rimborso spese per il vitto o l’alloggio (sistema misto), l’indennità di trasferta massima non tassata corrisponde a 30,98 euro giornalieri (riduzione di un terzo), elevato a 51,64 euro per le trasferte estero;
  • nel caso in cui al lavoratore sia riconosciuto il rimborso spese sia per il vitto, sia per l’alloggio (sistema analitico), il beneficio dell’esenzione si applica solo su 15,49 euro giornalieri (riduzione di due terzi), elevato a 25,82 euro per le trasferte all’estero.

E’ bene precisare che le voci del “rimborso spese” comunque non sono considerate reddito.

Note finali

Occorre fare attenzione: gli importi visti non sono i messimi erogabili per la trasferta, si tratta infatti sono delle quote che non contribuiscono a formare il reddito e quindi sono detassate, come abbiamo visto prima facendo riferimento ai CCNL, le somme che le aziende possono erogare ai lavoratori per la diaria o indennità di trasferta possono essere anche più alte.

Appare evidente che i benefici fiscali legati all’indennità di trasferta appaiono piuttosto esigui, proprio per questo il lavoratore potrebbe sentirsi poco incentivato ad accettare la trasferta. Deve però essere sottolineato che nel caso in cui il lavoratore rifiuti sistematicamente di lavorare in trasferta, può essere licenziato.

Infine, occorre ricordare che il lavoratore può ottenere anche il rimborso chilometrico, questo è dovuto nel caso in cui il lavoratore debba usare la propria auto, o noleggiare un’auto, per recarsi nella sede di lavoro non abituale.