Corte UE: “Esentato dall’Iva chi cede azioni societarie”

I giudici della Comunità Europea si sono espressi su una operazione di trasferimento di partecipazioni che determina il passaggio del diritto di proprietà di beni immobili La questione controversa riguarda l’applicazione della normativa Iva su talune operazioni di cessione di quote societarie. Nello specifico si tratta di un trasferimento di azioni che comporta il trasferimento della proprietà di beni immobili che costituiscono parte dell’attivo patrimoniale della società di riferimento delle azioni. Il dubbio interpretativo riguarda la possibilità di esentare dall’imposta una tale operazione di trasferimento delle azioni.

La vicenda controversa
Una società con sede in Svezia deteneva indirettamente talune quote azionarie di un’altra società il cui attivo patrimoniale era costituito essenzialmente da beni immobili. La società ricorrente, nel 1999, vera incaricata dalla società, a prevalente carattere immobiliare, di cercare acquirenti che, attraverso l’acquisto delle quote societarie, sarebbero divenuti proprietari del complesso immobiliare riferito indirettamente alle azioni cedute. La società ricorrente per la sua attività di consulenza per la compravendita ha ritenuto che l’operazione sottesa al trasferimento delle azioni non rientrasse nel campo di applicazione dell’Iva in quanto esente. A seguito di controlli fiscali, invece, un ispettore ha proceduto alla rettifica della dichiarazione Iva della società ricorrente presentata per il 2000. Contro la decisione dell’ispettore, la società ricorrente ha presentato istanza dinanzi al tribunale distrettuale che ha respinto la richiesta. Non trovando parere favorevole, anche facendo ricorso alla Corte di appello, veniva presentato ricorso per cassazione. Questa volta, però, il giudice del rinvio, avendo dubbi circa l’inquadramento ai fini della disciplina Iva dell’operazione di trasferimento di azioni societarie, che comportavano il trasferimento della proprietà di beni immobili, decideva di appellarsi alla interpretazione giurisprudenziale dei togati europei.

Le questioni pregiudiziali
Il dubbio interpretativo riguarda due questioni pregiudiziali, che per opportunità sono state affrontate congiuntamente. Pertanto, occorre stabilire se, alla luce dell’articolo 13, parte B), lettera d), punto 5, debba essere interpretato nel senso di riconoscere l’esenzione, ai fini Iva, dell’operazione di trasferimento di quote societarie che riguardano sostanzialmente diritti di proprietà di beni immobili. Esenzione che deve essere riconosciuta anche a quegli Stati membri che non si siano avvalsi della facoltà prevista dall’articolo 5, paragrafo 3, lettera c) di considerare come beni materiali le azioni direttamente connesse a diritti di proprietà.

L’analisi degli eurogiudici
Procedendo per gradi, in primo luogo i giudici europei sottolineano che le fattispecie di esenzione previste dall’articolo 13 mirano a una armonizzazione, nei vari Stati membri, dell’ applicazione delle disposizioni Iva. Inoltre, costante giurisprudenza della Corte conferma che, misure come quelle in discussione, debbano essere interpretate restrittivamente in quanto costituiscono deroghe al principio generale di riscossione dell’Iva. Non di meno conto è il fatto che, una corretta interpretazione della normativa, nella fattispecie dell’Iva, deve necessariamente tenere conto del principio di neutralità fiscale in un sistema comune di norme come è stato delineato il diritto dell’Unione. In secondo luogo, poi, la lettura dell’articolo 13, deve tenere conto che i termini utilizzati definiscono, da una parte, il contenuto principale dell’esenzione ma, dall’altra, mirano a estendere tale esenzione alle attività di negoziazione. Quello che occorre chiarire, invece, è la portata esatta del termine di negoziazione. Su questo aspetto non si possono avere dubbi che un’attività come quella svolta dalla società ricorrente di ricerca di acquirenti per la compravendita di immobili, attraverso la cessione di quote azionarie, rientri nel termine di negoziazione. In terzo luogo, resta da affrontare se l’attività controversa rientri nel novero di quelle attività per le quali gli Stati membri hanno la facoltà di avvalersi, a norma dell’articolo 5 della sesta direttiva Iva, di una deroga alla concessione dell’esenzione in questione. Da quanto risulta, non sembra che ci si sia avvalso della facoltà di derogare all’esenzione. Infine, sottolineano i giudici, sebbene alle misure in deroga si debba dare una interpretazione restrittiva è per altro verso vero che una esenzione non può essere limitata in quanto, altrimenti, non si riuscirebbe a garantire la certezza nel diritto.

La sentenza della Corte Ue
Secondo gli articoli 5, paragrafo 3, lettera c), e 13, parte B), lettera d), punto 5), della sesta direttiva Iva le questioni pregiudiziali, sollevate dinanzi alla Corte europea, vanno risolte seguendo una interpretazione che ammette la possibilità di beneficiare della esenzione dall’Iva. E questo per una operazione, come quella di cui alla vicenda principale, in cui il trasferimento di quote azionarie comporta il trasferimento del diritto di proprietà di beni immobili insito nelle azioni cedute.

Dall’Europa un finanziamento per i giovani

Che fosse l’Europa a ridare speranza all’occupazione giovanile, forse non lo immaginava nessuno, ed invece è così.
All’interno del piano di ricollocazione dei giovani a livello Ue, infatti, sono 8 miliardi quelli che sarebbero da destinare alle politiche di impiego e, di questi, 128 mila sarebbero in viaggio per l’Italia.

Non si tratta che di un timido inizio, ma, come ha anche ricordato Mario Draghi, presidente della Bce, la disoccupazione giovanile rappresenta un problema serio per tutta l’Ue, ad eccezione della sola Germania, dove il tasso di disoccupazione tra i giovani tra i 15 e i 24 anni sfiora appena l’8%. Cifra irrisoria, se si pensa che in Italia siamo arrivati alla cifra record del 34,2% (con punte di molto maggiori nel Mezzogiorno) e in Spagna già si supera il 50%, mentre la media Ue si colloca attorno al 22%.

Per fare qualcosa di concreto a proposito si sta attivando Fabrizio Barca, ministro per la Coesione territoriale, al quale è stato affidato il compito di dirottare i fondi europei in favore dei giovani disoccupati.
A beneficiare degli otto miliardi complessivi (3,7 dal Fondo sociale europeo e 4,3 dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale) saranno le regioni del Mezzogiorno, dove la disoccupazione giovanile già supera il 50%.

In primo piano sono i progetti dal carattere “privato sociale”, ovvero iniziative che coniughino lo spirito di imprenditorialità con la vocazione socio-assistenziale.
Ma non solo, perché a beneficiare di questo finanziamento saranno anche l’informatica e la famosa Agenda digitale, che, nonostante se ne parli da anni, in Italia stenta a decollare.
Un progetto mirato, inoltre, riguarda i giovani che vivono nelle zone ad alto rischio di criminalità, dove si sta pensando a progetti formativi verso gli antichi mestieri. In questo modo, oltre a creare lavoro, si riuscirebbe a salvaguardare la tradizione artigiana in via di estinzione.

Vera MORETTI

In arrivo tre importanti bandi a favore della ricerca

Sta per arrivare un bando da 9 miliardi di euro destinato alla ricerca.

La Ue mette dunque a disposizione dei ricercatori, anche italiani, un finanziamento che non ha precedenti, come è stato sottolineato anche dalla commissaria Ue per l’innovazione Maire Geoghegan-Quinn: “E’ il più grande bando di sempre ed è una grossa opportunità anche per l’Italia. Faremo molta attività di informazione e ci sarà un punto informativo a Roma”.

Il bando, che sarà pubblicato tfa il 9 e il 10 luglio, fa parte del VII Programma quadro per la ricerca, del quale rappresenta l’ultima, e più sostanziosa, tranche.
Temi del bando saranno Energia, Ict, trasporti e agricoltura, ma per tutti gli argomenti la parola d’ordine sarà semplificazione “per consentire una più facile partecipazione anche alle piccole e medie imprese“.

Saprà l’Italia approfittare di questa ricca possibilità? Sappiamo, infatti, che il Belpaese non è certo all’avanguardia per quanto riguarda la ricerca, a causa, soprattutto, della carenza di riforme strutturali e maggiore capacità di informare imprese e ricercatori.

Ma questo non è l’unico bando presentato in questi giorni, perché Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, ne ha introdotto uno da 400 milioni di euro destinato al Centronord. In questo caso, la somma stanziata servirà ad “attuare la nuova politica di cluster nazionali“.

Un altro bando, da 700 milioni, sarà aperto alla fine di giugno, dedicato alle smart cities e le smart communities. Profumo, a questo proposito, ha dichiarato: “Una delle priorità dell’azione politica è proprio quella di avviare una nuova generazione di politiche distrettuali, basata sull’idea di cluster nazionali“.

Vera MORETTI

Marche, terra straniera (ma solo d’impresa)

di Alessia CASIRAGHI

Si chiama “Start it up – Nuove imprese di cittadini stranieri” il nuovo bando promosso dalla Camera di Commercio di Ancona per concedere alle nuove start up avviate da cittadini extracomunitari incentivi e aiuti imprenditoriali.

Si tratta di un piano di assistenza e sostegno, tramite l’organizzazione e la promozione di percorsi formativi che aiutino gli aspiranti imprenditori nella redazione dei business plan aziendali iniziali.

I richiedenti dovranno dimostrare di provenire da un Paese esterno alla UE e di essere in possesso di regolare permesso di soggiorno valido da almeno 6 mesi alla data di presentazione della domanda.

Il progetto promosso dalla Camera di Commercio di Ancona prevede l’erogazione di piani assistenza ad hoc nell’avvio di nuove imprese: i richiedenti potranno prendere parte a percorsi orientativi personalizzati, seminari di formazione imprenditoriale e workshop di sostegno nell’elaborazione del business plan iniziale.

Per prendere parte al bando i cittadini stranieri dovranno fare domanda entro il 15 marzo 2012 via email all’indirizzo sni@an.camcom.it. In alternativa potranno consegnare direttamente la documentazione all’Ufficio Nuove Imprese della Camera di Commercio di Ancona.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito della Camera di Commercio di Ancona.

Ici alla Chiesa, la santificazione di Monti

di Davide PASSONI

Incredibile. Ma che gli fa Mario Monti alla gente? Ora si becca anche la benedizione della Ue (dopo quella della Cei) per l’emendamento che imporrebbe di far pagare l’Ici agli immobili della Chiesa in cui si svolgono attività commerciali. Una questione che si trascina da decenni, sulla quale bastava appena accennare un “forse si potrebbe far pagare…” per sollevare polveroni, guazzabugli e scomuniche vaticane. E invece no, tutto ciò che Monti tocca continua a trasformarsi in oro. O meglio, tutto ciò che tocca non è più intoccabile, in tutti i sensi.

Stavolta è stato il portavoce del commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia a definire l’emendamento “un progresso sensibile“. E in casa nostra, pur con qualche distinguo, Pdl, Pd e persino terzo polo per bocca nientemeno che di Casini plaudono all’iniziativa di Monti.

A buon diritto, diciamo noi. Del resto, ci ha pensato il presidente dell’Anci Graziano Delrio a fare una prima stima del gettito che potrebbe entrare nelle casse comunali: circa 500-600 milioni di euro. Delrio ha spiegato che si tratta di stime prudenziali: “Alcuni stimano che il gettito sarà di 300-400 milioni, mentre l’Ifel parla di 1 miliardo di euro. La nostra stima è tra i 500 e i 600 milioni“.

Per quanto fastidiosa, visto che colpisce un bene primario come la prima casa, l’Ici (ora Imu) è un’imposta che si inserisce in un quadro europeo abbastanza uniforme, dal momento che la prima casa è quasi ovunque tassata. Inoltre, non abbiamo paura a dirlo, la scelta del governo Berlusconi di abolirla, di fatto populista e da molti applaudita, è stata un lusso che l’Italia, nelle condizioni di questi anni, non poteva permettersi. Chiedere a Monti per conferma, please. In questo quadro, la scelta di coinvolgere anche la Chiesa è condivisibile e va al di là dell’essere cattolici o mangiapreti. Ciascuno deve fare la sua parte per salvare la barca, che è la stessa per tutti.

Lavorare in Europa? Arriva il ‘Passaporto’

di Alessia CASIRAGHI

Un certificato elettronico per lavorare ovunque nell’Ue. Una tessera professionale riconosciuta da tutti i Paesi della Comunità Europea che ha lo scopo di semplificare le regole per la mobilità dei professionisti all’interno dell’Ue. Una sorta di passaporto per muoversi più liberamente alla ricerca di una nuova occupazione nei Paesi Europei aderenti alla Ue.

“L’Europa sta affrontando numerose sfide – ha commentato Michel Barnier, commissario al Mercato interno ed ai Servizi finanziari. – Una di esse sarà l’aumento della domanda di personale altamente qualificato in tutta l’Ue. La proposta odierna sulle qualifiche professionali risponde all’esigenza di disporre di un buon sistema di riconoscimento delle qualifiche per sostenere la mobilità dei professionisti di tutta Europa”.

Per coloro che disporranno del ‘passaporto’ del lavoro sarà più facile trasferirsi dove si prospettano maggiori offerte di lavoro, dando così un contributo alla crescita dell’economia europea. “Sono convinto che l’idea di una tessera professionale europea, sotto forma di certificato elettronico, sia la giusta via da seguire – continua Barnier. – Consentirà di semplificare e accelerare le procedure di riconoscimento per i professionisti disposti a trasferirsi per lavoro”.

L’Iva diventa sempre più europea

Sta per essere pubblicato il Libro Bianco della Commissione Europea, che, secondo alcune anticipazioni rese note durante la presentazione a Milano l’1 dicembre, servirà a semplificare e standardizzare le regole degli adempimenti connessi all’IVA all’interno dell’Unione Europea.

Le novità più salienti riguardano la tassazione, che avverrà nel luogo di destinazione, il pagamento diretto dell’imposta, non più affidata quindi al soggetto passivo e l’allargamento della base di applicazione dell’aliquota ordinaria anche agli enti pubblici.

In concreto, cosa cambierà per l’Italia? Si prevede con l’approvazione in tempi brevi della direttiva 2010/45, una semplificazione della fatturazione e della archiviazione elettronica, probabilmente eliminando l’inserimento delle operazioni VIES.

Vera Moretti

Istituito il codice 1063 per gli interessi sui prestiti Ue

La risoluzione n. 110/E del 24 novembre 2011 ha istituito un nuovo codice, chiamato codice tributo 1063, con il quale il sostituto d’imposta può versare, tramite F24, la ritenuta del 6% sugli interessi dei prestiti tra società residenti negli Stati membri dell’Ue, già corrisposti alla data di entrata in vigore del Dl 98/2011, purché vi provveda entro il 30 novembre.

Va ricordato che il comma 8-bis dell’articolo 26-quater – Dpr 600/1973 (introdotto dall’articolo 23, comma 1 del Dl 98/2011), ha previsto l’esenzione dalle imposte sugli interessi e canoni corrisposti a società residenti negli Stati membri dell’Unione Europea a condizione che il percettore degli stessi fosse anche l’effettivo beneficiario dei proventi. Se non c‘è il beneficiario, il decreto ha stabilito un’aliquota del 5% su tali interessi.

Con riferimento ai prestiti in corso alla data di entrata in vigore del Dl 98/2011, le disposizioni introdotte dal comma 1 sono applicabili anche agli interessi già corrisposti, purché il sostituto d’imposta provveda, entro il 30 novembre 2011, al pagamento della ritenuta e dei relativi interessi legali. In tal caso è prevista l’applicazione di un’imposta del 6% su tali interessi, che è anche sostitutiva dell’imposta di registro sull’atto di garanzia.

Il codice tributo “1063” entra in gioco quando occorre eseguire tale versamento ed è denominato Ritenuta su interessi versata dal sostituto d’imposta – Articolo 23, comma 4, dl n. 98/2011.

Il codice è esposto nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “Importi a debito versati”. Nello spazio “Anno di riferimento” va indicato l’anno in cui si esegue il versamento.

Vera Moretti

Dall’Ue un piano per l’export delle Pmi

In occasione della quinta Conferenza Italia-America Latina, svoltasi nei giorni scorsi al ministero degli Esteri italiano, il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha annunciato il prossimo avvio, da parte dell’Unione Europea, di una nuova strategia per favorire l’Export delle Pmi europee nei mercati terzi: obiettivo, raddoppiare il traffico delle esportazioni nei prossimi 5 anni. Il relativo piano di incentivi sarà presentato all’assemblea dei commissari entro la fine di ottobre.

La strategia dell’Ue si baserà sulla cooperazione industriale con i Paesi dell’America Latina, grazie a importanti accordi che spazieranno dal turismo all’innovazione, dallo sfruttamento delle materie prime sudamericane all’industria aerospaziale.

Tajani ha sottolineato l’importanza del sostegno all’internazionalizzazione delle Pmi in Europa, forti dei numeri che portano sul mercato: “Ci sono 23 milioni di Pmi, che rappresentano il 99,8% delle aziende europee – ha chiosato il vicepresidente –, di cui soltanto il 13% conduce e sviluppa attività al di là dei confini del mercato europeo“.

Pmi: spina dorsale dell’economia europea

Che le piccole e medie imprese siano in crisi non è una novità, ma che fossero la spina dorsale dell’economia europea forse qualcuno ancora non lo sa.

I dati parlano chiaro e a dimostrarlo è anche una relazione presentata dalla Commissione Ue in occasione della settimana europea delle pmi.

Da questo documento emerge che, nel 2010, erano quasi 20,8 milioni le pmi presenti nell’economia commerciale non finanziaria dell’Unione, e di queste ben 19,2 milioni sono microimprese con meno di dieci dipendenti.

Tradotto in numeri, significa che il 66,9% di tutte le opportunità di lavoro nel settore privato dell’Ue e il 58,4% del valore aggiunto lordo totale, che arriva a toccare il 71,3% in Italia, è fornito dalle pmi, rispetto alle 43mila grandi imprese che rappresentano lo 0,2% delle aziende Ue e lo 0,1% in Italia.

La Commissione prevede che nel 2011 il numero delle pmi aumenterà dello 0,9% e il valore aggiunto del 3,9%. Anche il numero dei dipendenti, dopo un calo di due anni, dovrebbe finalmente tornare a crescere, anche se solo dello 0,4%.

Antonio Tajani, vicepresidente e commissario Ue per l’Industria e l’Imprenditoria ha dichiarato: “Il fatto che la ripresa nel 2010 sia stata guidata dalle pmi evidenzia la loro importanza per la crescita e l’occupazione. Attraverso la settimana delle pmi intendiamo sottolineare ancora una volta il loro ruolo cruciale per la competitività europea e l’urgenza di porre in cima alla nostra agenda politica la promozione di un clima favorevole alle imprese al fine di liberarne il potenziale. L’Europa ha bisogno di nuovi imprenditori innovativi e creativi pronti a correre rischi. Questa è la strada principale per la ripresa”.

Che siano in arrivo buone nuove? Ci auguriamo di sì.

Vera Moretti