Sì per l’agevolazione all’acquisto di immobili a uso abitativo

La questione controversa riguarda la compatibilità del sistema di calcolo dell’imposta sull’acquisto di beni immobili con le varie normative comunitarie a tutela delle principali libertà sancite nei Trattati CE. In altri termini la Commissione, sottolinea la disparità di trattamento, a sfavore per quei soggetti passivi con immobili ubicati fuori dal territorio nazionale,  e chiede al governo ungherese di adottare i necessari provvedimenti per fare in modo che la normativa tributaria tratti parimenti le due fattispecie impositive.
L’imposta sui redditi
L’imposta sui redditi ungherese, prevede una riduzione sui proventi derivanti dalla vendita di immobili utilizzati poi per successivo acquisto di immobile ad uso abitativo. Tale agevolazione, poi rivista, sussiste se l’immobile ceduto è situato nel territorio nazionale.
La causa principale
Con lettera di diffida la Commissione europea sottolineava come  la normativa fiscale ungherese in merito al trattamento tributario relativo alla cessione di beni immobili sia in contrasto con taluni diritti garantiti dal diritto dell’Unione. Questa normativa è tale da discriminare l’acquisto, nel territorio nazionale, di un bene immobile a uso abitativo in concomitanza alla vendita di altro immobile parimenti destinato ad abitazione principale ubicato in un altro Stato membro. Nel caso di vendita di immobile ubicato nello stesso territorio nazionale, infatti, la controversa normativa fiscale prevede un trattamento di favore. Non sussistono, come espressamente dichiarato dalla Commissione, valide motivazioni o ragioni, specialmente di interesse generale, tali da giustificare il regime tributario previsto in caso di acquisto e vendita di immobile ad uso abitativo.
La questione pregiudiziale
La questione pregiudiziale, riguarda sostanzialmente il diverso regime impositivo, ungherese, riservato all’acquisto di immobili, per fini non strumentali ma di abitazione principale rispetto al trattamento riservato allo stesso tipo di operazione con riferimento, però, a unità immobiliari situate oltre il confine nazionale. La controversia nasce dal fatto che in questo secondo caso non si ha diritto a nessun tipo di beneficio nel calcolo della base imponibile. Per tutta risposta, l’Ungheria, rendeva nota l’intenzione e poi comunicava di aver apportato modifiche ad alcune disposizioni dell’imposta sui redditi proprio per evitare una disparità di trattamento, dei soggetti passivi, dovuto a un calcolo della base imponibile differente in luogo della diversa ubicazione dell’immobile oggetto di vendita. Non ritenendo la Commissione tali modifiche rispondenti a quanto espresso nella lettera di diffida decideva di avanzare ricorso innanzi ai giudici della Corte europea.
Le argomentazioni dei giudici 
Una prima considerazione, fatta dai giudici, è quella di sottolineare come le parti non siano d’accordo sulla qualificazione dell’imposta controversa ovvero se debba intendersi quale imposta indiretto o diretta. A prescindere dal carattere dell’imposta, essa non è soggetta al processo di armonizzazione ricadendo, quindi, nella competenza dei singoli Stati membri. Ma una differenza di trattamento, tra le due categorie di contribuenti di cui alla causa principale, sussiste soltanto laddove le situazioni di tali categorie siano comparabili. Ma secondo costante giurisprudenza della Corte, in materia di imposte dirette, residenti e non residenti si trovano in situazioni differenti in quanto il reddito percepito dal residente in uno Stato, il più delle volte è soltanto parte del reddito complessivo dell’interessato. L’esistenza di una discriminazione deve, altresì, essere stabilita alla stregua di una diversa lettura, quella data dall’ottica di legiferazione delle disposizioni nazionali. Come in precedenza stabilito dalla Corte, la necessità di tutelare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una normativa impositiva come quella oggetto della controversia. Infatti, l’imposizione ungherese sugli immobili, considerato il sistema impositivo nel suo insieme, è volto a tassare la sola parte delle risorse investite per l’acquisto del bene immobile che non sono già state colpite da altra imposizione. Estendere l’applicazione del beneficio fiscale anche alla compravendita di immobili situati oltre confine rischia di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo di evitare la doppia imposizione nell’ambito del territorio comunitario. Ecco che allora i togati europei, sulla base di queste motivazioni, hanno respinto gli addebiti in merito alle violazioni che l’applicazione della legge controversa causerebbe.
La pronuncia della Corte
I giudici della prima sezione della Corte di giustizia UE alla luce delle argomentazioni apportate dalle parti e dalle considerazioni da essi stessi svolte si sono pronunciati respingendo le richieste della parte ricorrente. Questo vuol dire, in altri termini, che il regime impositivo sull’acquisto degli immobili adottato nella Repubblica di Ungheria è da ritenersi lecito e conforme alla normativa europea. L’esclusione dal beneficio della riduzione della base imponibile fiscale nell’ambito delle compravendite di immobili, non strumentali, deve essere basata su considerazioni oggettive di interesse generale.
Fonte: fiscooggi.it

L’UE tifa per l’imprenditoria rosa

Una rete di consulenti, naturalmente donne, in grado di guidare e consigliare le giovani imprenditrici sulla strada del successo. E’ l’azione promossa dall’Unione Europea a sostegno dell’imprenditoria femminile. Una rete europea che coinvolge ben 17 paesi membri, per un totale di 170 “mentori” provenienti da varie nazioni, tra cui figura anche l’Italia.

Ma chi sono le mentori? Donne a capo di imprese affermate, con una lunga e brillante esperienza alle spalle, in grado di fornire consigli, informazioni e supporto alle colleghe più giovani e inesperte che si accingono a fondare la propria impresa.

“La creatività e le potenzialità imprenditoriali femminili rappresentano chiaramente una fonte di crescita economica – ha sottolineato il vicepresidente della Commissione UE Antonio Tajani. – Una miniera di nuovi posti di lavoro non ancora sfruttata, che va dunque ulteriormente sviluppata in Europa. In un momento di crisi non ci possiamo permettere di rinunciare a tale potenzialità. Incrementare il numero delle imprenditrici significa dare maggior potere economico alle donne e contribuire alla crescita”.

Donne al potere equivale a successo economico. La UE ne è convinta e ha stilato una classifica di ‘talenti’, se così vogliamo chiamarli, appannaggio esclusivo dell’imprenditoria femminile.

Le donne hanno la capacità di valutare ed esaminare tutti i pro e i contro che riguardano l’apertura di una nuova impresa, inoltre spesso portano avanti questa iniziativa senza lasciare una precedente occupazione, in modo da limitare i rischi legati a un possibile fallimento.

Ma le donne sono anche più prudenti: lo dimostra il fatto che alla base delle aziende guidate da donne c’è spesso un capitale iniziale inferiore rispetto a quello speso dagli uomini. Donne attente a non fare il passo più lungo della gamba, insomma.

Alessia Casiraghi

Confindustria vola a Seoul

Farà tappa solo a Seoul, fino al prossimo 23 novembre, la prima missione economica in Corea del Sud organizzata da Confindustria, ABI e Unioncamere, sotto l’egida del Ministero degli Affari Esteri e dello Sviluppo Economico.

La trentesima missione economica di sistema e’ guidata dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, accompagnata dal vice presidente per l’internazionalizazione, Paolo Zegna, e dal vice presidente dell’ABI, Guido Rosa.

Sono state circa 60 le aziende italiane ad aderire alla missione, 7 gruppi bancari, 7 associazioni industriali, insieme a Simest e Bocconi, per un totale di oltre 120 partecipanti.

Ma quale sarà il calendario della missione in Asia? Al centro del programma, il Forum economico Italia- Corea, volto a delineare le nuove opportunità per le imprese italiane e asiatiche dopo l’accordo di libero scambio (FTA) siglato tra Unione europea e Corea del Sud.

E poi ancora un workshop dal titolo ”Doing Business in Korea” , e numerosi seminari dedicati alla componentistica auto e ai beni di consumo made in Italy.

”La Corea appresenta oggi la 15ma economia mondiale e la quarta in Asia – ha precisato Emma Marcegaglia – numeri che danno la dimensione di un mercato che offre grandi potenzialità alle nostre aziende. Quello coreano e’ un sistema industriale tra i più avanzati al mondo, sia per innovazione di prodotto sia di processo, caratteristiche che ne fanno un potenziale ottimo partner per il nostro sistema industriale”. La presidente di Confindustria ha poi continuato sottolineando l’importanza dell’accordo siglato tra Italia e Corea. “L’entrata in vigore, lo scorso luglio, dell’accordo di libero scambio tra Ue e Corea da’ ulteriore slancio allo sviluppo delle relazioni industriali e commerciali”.

Nel 2010, l’economia coreana ha registrato una crescita del Pil del 6,2% , con previsioni di crescita del 3,9% nel 2011. Questo grazie anche al costante impegno da parte del governo coreano a incentivare l’opera di internazionalizzazione e promozione del proprio paese in ambito culturale, tecnologico ed economico sulla scena mondiale.

La Corea rappresenta inoltre il settimo paese esportatore al mondo, con un incremento di +24,2% nel primo semestre del 2011. Guardando all’Italia, nei primi 7 mesi del 2011 le nostre esportazioni in Corea hanno registrato una crescita dell’8,3% rispetto allo stesso periodo del 2010, mentre l’import dalla Corea e’ aumentato del 50,8%. Tra i prodotti italiani più esportati: macchinari di impiego generale e speciale, articoli di pelletteria, di abbigliamento, prodotti farmaceutici e chimici.

Alessia Casiraghi

In Europa i costi del lavoro sono più elevati

Il tasso di occupazione, e della disoccupazione, di un Paese, non dipende solo dalla discrepanza tra domanda ed offerta, ma anche da una serie di altri fattori e, tra questi, non è da sottovalutare il costo che implica, per un’azienda, assumere un dipendente.

Non si tratta solo di erogare lo stipendio mensile, perché nella busta paga, oltre alla retribuzione netta, appaiono le trattenute fiscali e previdenziali, oltre al Tfr, trattamento di fine rapporto, che il datore di lavoro ha l’obbligo di versare quando la collaborazione si interrompe.

Prima di assumere nuova forza lavoro, quindi, ogni impresa deve prendere in considerazione l’entità dei costi che deve sostenere. E in parecchi casi, soprattutto in Europa, tali costi sono molto elevati.

Nel vecchio continente, infatti, i salari lordi, ovvero i costi del lavoro, sono più altri che altrove e, facendo una stima più dettagliata, la Svizzera è in testa a questa particolare classifica, poiché la retribuzione lorda mensile è di 4.650,5 euro, per un Pil procapite annuo pari a 47.182,2 euro. Al secondo posto c’è un Paese membro dell’Unione europea, la Danimarca, dove le buste paga del lavoratori sono, sempre considerando la cifra lorda, di 4.332,8 euro, con un Pil pro capite di 41.141,6 euro. Al terzo posto, il Lussemburgo, con uno stipendio medio di 4.255,9 e un Pil di 78.935,4 euro, molto più elevato rispetto a quello dei primi due Paesi della classifica in virtù del numero di abitanti.

Al quarto e al quinto posto troviamo, rispettivamente, Norvegia, con una cifra lorda di 4090,6 euro e un Pil di 57.142,6, il che lascia intendere una retribuzione netta molto elevata. Dietro la nazione scandinava, ecco l’Irlanda, dove la paga mensile di un lavoratore è in media di 3.938,4 euro e il Pil di 35.659, anche se, in questo caso, considerando che si tratta di rilevazioni risalenti al 2009, la situazione potrebbe essere molto cambiata. Ricordiamo, a questo proposito, che l’isola celtica è stata colpita pesantemente dalla crisi globale, con un conseguente aumento del debito pubblico triplicato in pochi anni.

Questi dati, provenienti dalla Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) e della Commissione statistica dell’Onu (UNSD), dimostrano come, tra i primi posti, non ci sia nessuna potenza economica europea, la prima delle quali, la Francia, si trova in decima posizione, dove i salari lordi sono in media di 2.902,3 euro e il Pil pari a 29.905,3 euro.

I cugini d’Oltralpe sono seguiti dal Regno Unito, che comprende Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, dove imprese e enti pubblici sborsano in media 2.850,8 euro per la retribuzione dei loro dipendenti al lordo delle trattenute. Rispetto ai “rivali” transalpini, anche il Pil pro capite è più basso e ammonta a 25.562,3.

La maggiore potenza economica europea, la Germania, si trova al dodicesimo posto della graduatoria. In proporzione al reddito pro capite, piuttosto elevato, 29.399 euro annui, il costo del lavoro è relativamente basso: ogni dipendente percepisce in media uno stipendio lordo 2.686,1 euro al mese.

E l’Italia? In base ai dati dell’Onu rilevati nel 2009, il nostro Paese occupa la quindicesima posizione della classifica. I salari lordi sono in media di 2.321,2 euro al mese. I costi del lavoro sono quindi inferiori rispetto agli altri Paesi più industrializzati d’Europa. Ma il dato sul reddito pro capite annuo, pari a 25.598,6 euro, dimostra che anche la retribuzione netta è piuttosto bassa. Ciò significa che i costi che le imprese italiane devono sostenere per pagare i dipendenti sono alquanto elevati.

E da ciò si potrebbe spiegare anche l’alto tasso di disoccupazione e l’esercito dei lavoratori in nero, circa 3 milioni, nel nostro Paese.

Vera Moretti

Dall’Ue un piano per l’export delle Pmi

In occasione della quinta Conferenza Italia-America Latina, svoltasi nei giorni scorsi al ministero degli Esteri italiano, il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha annunciato il prossimo avvio, da parte dell’Unione Europea, di una nuova strategia per favorire l’Export delle Pmi europee nei mercati terzi: obiettivo, raddoppiare il traffico delle esportazioni nei prossimi 5 anni. Il relativo piano di incentivi sarà presentato all’assemblea dei commissari entro la fine di ottobre.

La strategia dell’Ue si baserà sulla cooperazione industriale con i Paesi dell’America Latina, grazie a importanti accordi che spazieranno dal turismo all’innovazione, dallo sfruttamento delle materie prime sudamericane all’industria aerospaziale.

Tajani ha sottolineato l’importanza del sostegno all’internazionalizzazione delle Pmi in Europa, forti dei numeri che portano sul mercato: “Ci sono 23 milioni di Pmi, che rappresentano il 99,8% delle aziende europee – ha chiosato il vicepresidente –, di cui soltanto il 13% conduce e sviluppa attività al di là dei confini del mercato europeo“.

Rimborso Iva Ue, entro il 30 settembre l’invio delle istanze

Mancano pochi giorni per per presentare l’istanza di rimborso dell’Iva relativa agli acquisti effettuati negli Stati Ue nel 2010: le imprese italiane hanno infatti tempo fino al 30 settembre, giorno in cui scadono anche i termini, con modalità diverse, per l’imposta assolta su beni e servizi acquistati in Italia da soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri della Comunità europea o in Paesi extra Ue, con i quali esistono accordi di reciprocità. Ecco come fare.

Per gli operatori italiani
L’istanza deve essere inoltrata esclusivamente per via telematica alle Entrate: i contribuenti stabiliti nel territorio italiano richiedono il rimborso dell’imposta assolta in un altro Stato membro relativamente a beni e servizi acquistati o importati, presentando apposita istanza all’Agenzia con Entratel o Fisconline o tramite gli intermediari abilitati.

Il Fisco italiano, nei successivi 15 giorni, inoltrerà la domanda di rimborso allo Stato membro competente, dopo aver effettuato i seguenti controlli:
– i codici utilizzati per la descrizione dell’attività e dei beni devono corrispondere a quelli richiesti dallo Stato competente per il rimborso;
– il periodo del rimborso non deve essere superiore a un anno solare né inferiore a un trimestre solare, salvo che si tratti del rimborso relativo alle operazioni eseguite nella parte rimanente dell’anno o nei casi di cessazione o di inizio di attività;
– i requisiti richiesti dallo Stato membro per il rimborso devono essere rispettati nella relativa domanda;
– l’importo del rimborso non deve essere inferiore al minimo consentito;
– il pro-rata provvisorio deve essere valido (come stabilito dagli articoli 174 e 175 direttiva 2006/112/Ce);
– l’ammontare detraibile dell’Iva indicato nella domanda non è diverso da quello che risulta dall’applicazione della percentuale di detrazione dichiarata.
 
Entro 4 mesi dal ricevimento della documentazione, l’amministrazione estera darà comunicazione diretta al contribuente sull’esito della richiesta di rimborso, erogando la somma spettante nei 10 giorni successivi alla comunicazione.

Per gli operatori di altri Stati Ue
Possono richiedere il rimborso per gli acquisti effettuati in Italia tramite la propria Amministrazione finanziaria, che la inoltrerà all’Agenzia delle Entrate. Anche in questo caso, il termine ultimo per inviare le domande è il 30 settembre dell’anno successivo a quello per il quale è richiesto il rimborso.
L’ammontare della richiesta di rimborso riferita a periodi infrannuali non può essere minore di 400 euro; se inferiore, il rimborso spetta annualmente, sempre che di importo non inferiore a 50 euro.
Il Centro operativo di Pescara decide sulle richieste nei 4 mesi successivi alla ricezione; i 4 mesi possono diventare 6 o 8 se il Centro ritiene necessario procedere alla richiesta di informazioni. L’erogazione dei rimborsi avverrà nei 10 giorni successivi alla comunicazione di accoglimento della richiesta.

Per gli operatori extra Ue
Medesimo termine (30 settembre) anche per le richieste di rimborso, relative ad acquisti effettuati in Italia da parte degli operatori residenti in Svizzera, Norvegia e Israele, Paesi con uii l’Italia ha stipulato accordi di reciprocità. Dovranno presentare il modello Iva 79 in forma cartacea al Centro operativo di Pescara.

Rischi sul lavoro? Arriva OiRA

L’UE ha lanciato OiRa, l’applicazione web utile alle pmi per limitare i rischi di infortuni sul lavoro. Si tratta di una web app innovativa, ed è stata creata per più di 20milioni di imprese attive in Europa.

La Online interactive Risk Assessment, da cui OiRa, in grado di tracciare  una valutazione dei rischi sul posto di lavoro, assicura standard di alto livello per quanto riguarda la prevenzione e la sicurezza.

Ma vediamo come funziona: si parte dall’individuazione dei rischi al supporto nelle azioni preventive e nel tracciamento delle papabili contromisure ad hoc, fino ad un costante monitoraggio quotidiano delle attività.

OiRa è già disponibile in diverse lingue, tra cui inglese e francese, nonché una versione per il Risk assessment anche su smartphone.

Il progetto, che ha l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero di morti bianche,  incidenti sul lavoro e i casi di malattie professionali, è stato presentato durante il 19esimo Congresso mondiale sulla sicurezza e la salute sul lavoro, che ha avuto luogo a Istanbul.

L’applicazione multimediale è free e scaricabile sul sito ufficiale OiRa.

Giulia Dondoni

Nuove garanzie per i finanziamenti

L’Unione Europea attraverso il FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti), mette a disposizione delle imprese un plafond di garanzie di 560 milioni di euro con l’obiettivo di sostenere specifiche politiche di sviluppo e di crescita del tessuto economico italiano.

Per sfruttare appieno le opportunità concesse dall’Unione Europea e per usufruire dei fondi europei, è nata FidiGar un’associazione temporanea d’impresa (ATI) tra confidi. Una collaborazione sinergica che coinvolge tre importanti Confidi del territorio nazionale: Eurofidi, Sardafidi e Apiveneto Fidi.

Scopo di Fidigar è facilitare l’accesso al credito delle Pmi, promuoverne gli investimenti in tecnologia e innovazione, stimolare la nascita di nuove attività nonché l’incremento dell’occupazione, supportare le aziende nelle necessità di circolante e liquidità.

Sempre più tasse per gli europei

Eurostat diffonde i dati relativi all’impatto della crisi economica sui sistemi fiscali dei diversi Stati Membri, il report sui trend nell’Unione Europea oltre a fare il punto sulla pressione fiscale per le società non finanziarie e fornisce la classifica dei Paesi in cui le tasse gravano di più.

Il brusco calo del Pil avrebbe portato l’Europa a calmierare la pressione fiscale. Il raffronto 2008-2009 evidenzia una riduzione della pressione fiscale generalizzata. Il peso delle tasse resta comunque altissimo, pari a oltre il 30% in più rispetto ad America e Giappone.

L’aumento dell’IVA è stato di +1,3 punti dall’inizio della crisi economico-finanziaria. In particolare nell’Unione Europea dei 27, dove è passato dal 19,4% nel 2008 al 20,7% nel 2011. Tra i Paesi più “opprimenti” troviamo Svezia, Belgio e Olanda.

In Italia, le imposte sui redditi delle persone fisiche presentano una differenza 2000-2011 da 45,6 a -0,3. Le imposte sui redditi delle società da 31,4 a -9,9. A preoccupare maggiormente l’innalzamento della tassazione sul lavoro, che arriva a sfiorare il 50%, così come le tasse sul consumo (circa il 30%) e le tasse sul capitale (circa 20%).

Fondo di garanzia per le imprese dei media

Per facilitare l’accesso al finanziamento commerciale per le imprese attive nel settore audiovisivo, l’Unione europea ha promosso un Fondo di garanzia per le produzioni media, il Media production guarantee fund, all’interno del Programma Media.

Il Fondo dispone di 8 milioni di euro, che per effetto leva, possono garantire crediti agevolati alle imprese, per complessivi 160 milioni di euro.

La nuova misura ha lo scopo di garantire prestiti accordati dalle banche nazionali ai produttori di film nei 32 Paesi Media, ossia gli Stati dell’Unione europea, i Paesi membri dello Spazio economico europeo, nonchè la Svizzera e la Croazia.

Il Fondo è operativo a partire dal 2011 attraverso due organismi finanziari privati incaricati dalla Commissione europea: l’Ifcic, Institut pour le financement du cinéma et des industries culturelles di Parigi (www.ifcic.fr), e la Sgr, la Sociedad de garantia reciproca di Madrid (www.audiovisualsgr.com).
Tutta la documentazione utile è disponibile nei due siti indicati. Per ulteriori informazioni può essere utile consultare i siti di Media desk Italia o Antenna Media Torino (www.media-italia.eu).