Immobile con usufrutto, chi dichiara la rendita catastale?

Chi dichiara la rendita catastale nel caso di immobile di proprietà su cui un terzo ha l’usufrutto? Questa la domanda che è stata posta all’Agenzia delle entrate.

Il caso: devo dichiarare la rendita dell’immobile in uso ai genitori?

L’usufrutto è un diritto reale di godimento su un bene la cui nuda proprietà spetta ad altro soggetto. L’usufruttuario può godere e disporre dell’altrui bene traendo da esso utilità. Tra i vincoli da rispettare vi è la destinazione d’uso che non può essere mutata dall’usufruttuario, quindi se un immobile è concesso in usufrutto come abitazione civile, non può essere trasformato dall’usufruttuario in locale commerciale.

Nel caso in esame l’istante ha ricevuto in donazione dai genitori un immobile, sullo stesso i genitori hanno però conservato l’usufrutto. Di conseguenza l’istante è nudo proprietario, ma l’uso dell’immobile resta ai genitori. Il nudo proprietario chiede quindi all’Agenzia delle entrate se nella dichiarazione dei redditi deve inserire la rendita catastale dell’immobile.

Leggi anche: Come abbassare la rendita catastale di un immobile

Nel nostro ordinamento la rendita catastale è un reddito attribuito dall’Agenzia delle entrate agli immobili. Per la prima casa la rendita deve essere portata in deduzione dall’imponibile, questo vuol dire che non genera tasse da pagare.

Nel caso di usufrutto la rendita dovrebbe essere dichiarata dagli usufruttuari, ma trattandosi di immobile adibito ad abitazione principale, l’importo della rendita deve essere portato in deduzione dagli usufruttuari, in questo caso i genitori.

La rendita catastale a sua volta non deve essere dichiarata dal nudo proprietario che in effetti non ha in uso l’immobile e per lui non produce un effettivo reddito.

La risposta dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate nella risposta fornita al contribuente sottolinea “Come riportano le stesse istruzioni per la compilazione del modello 730, in caso di usufrutto o altro diritto reale (per esempio, uso o abitazione) il titolare della sola nuda proprietà non deve dichiarare il fabbricato. L’immobile deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi dell’usufruttuario.

Cessione di usufrutto: costi e procedure

In questa rapida guida andremo a vedere come funziona la cessione di usufrutto, con annessi costi e procedure.

Cessione di usufrutto: di cosa si tratta

Innanzitutto, partiamo dal cuore della questione, ovvero cosa vuol dire effettuare la cessione di usufrutto.

Quando si parla di cessione di usufrutto si intende il trasferimento dell’usufrutto da una persona ad un’altra. Trattasi dunque di un’operazione giuridica conseguente alla costituzione voluta dal nudo proprietario, il quale per primo crea il diritto di usufrutto su un proprio bene.

Nei prossimi paragrafi andiamo a vedere quali sono i costi e le procedure.

Cessione di usufrutto: la procedura di acquisto

Una volta stabilito che cos’è l’usufrutto, scopriamo più nel dettaglio come è possibile procedere all’acquisto dello stesso. L’usufrutto può costituirsi per legge: basti pensare all’usufrutto legale dei genitori sui beni dei propri figli minorenni. In questi casi, qualora il figlio erediti un immobile da un parente, i genitori avranno, per legge, l’usufrutto su tale bene (art. 324 c.c.).

Un altro modo di acquisto è per successione. Ovvero, il proprietario di un immobile potrebbe lasciare il diritto di usufrutto in favore di un soggetto. Alla dipartita del proprietario, il beneficiario di quella disposizione testamentaria diviene in automatico usufruttuario dell’immobile, per tutta la sua vita o per un tempo stabilito sul testamento.

Riguardo alla cessione dell’usufrutto mediante contratto, quindi con forma scritta, il proprietario di un immobile costituisce il diritto di usufrutto in favore di una certa persona, previa pagamento del prezzo (quindi una vendita dell’usufrutto), od anche a titolo gratuito, ovvero previa donazione. Terminato il contratto, il proprietario sarà ora nudo proprietario del bene, invece l’usufrutto sarà in capo al soggetto acquirente. In questo caso, l’usufrutto potrà durare per tutta la vita dell’usufruttuario, oppure per il termine stabilito nel contratto.

Costi della cessione di usufrutto

Ma quali sono, dunque i papabili costi per la cessione di usufrutto?

Come detto poco sopra, una delle modalità per acquistare il diritto di usufrutto è attraverso un contratto stipulato col proprietario dell’immobile, andando a costituire in favore dell’acquirente tale diritto. Tuttavia, la cessione potrebbe prevedere il pagamento di un prezzo (nota come cessione a titolo onerosa).

In questo caso, il costo principale in capo all’usufruttuario consiste proprio nel pagamento del prezzo al proprietario.

Va, inoltre considerato il pagamento delle imposte.

Lo scenario, in tal senso, va a cambiare in base alla presenza delle agevolazioni fiscali o meno: in caso in cui l’acquirente (dell’usufrutto) non possegga altri immobili nel Comune in cui si trova quello inerente al contratto, oppure non ha altri immobili sul territorio nazionale acquistati con le agevolazioni fiscali, avrà possibilità di chiedere il beneficio per l’acquisto della prima casa. In questo caso, vi sarà un’imposta di registro da pagare del 2%.

Differentemente dall’acquisto della proprietà di un immobile vi deve essere attenzione al coefficiente da applicare al caso specifico, andando a visionare le tabelle fornite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno in corso.

In parole semplici, quando si acquista l’usufrutto a vita su un immobile, ci sono delle tabelle (che si possono trovare anche su internet) che servono per calcolare il valore del diritto in parametro all’età dell’usufruttuario.

Infatti, più l’acquirente sarà maturo di età, meno varrà il diritto di usufrutto (rapportato al valore della piena proprietà), tenendo in considerazione un’ ipotesi minore di aspettativa di vita. In base al valore dell’usufrutto andrà a variare anche una differente imposizione fiscale.

In ultimo, ma non ultimo, dovrà corrispondersi l’onorario al notaio per il rogito.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla cessione di usufrutto, a modalità e costi in merito.

 

Amministrazione e vendita beni di minori: come ci si deve comportare?

Può capitare che dei beni siano intestati a minori, ad esempio nel caso di morte di un genitore, il figlio, sebbene minore, risulta erede e la quota sarà intestata proprio a costui. Può anche capitare che un nonno nomini nel testamento come erede direttamente il nipote oppure che il nonno muoia dopo il figlio e che la parte della sua eredità ricada sul nipote, insomma sono numerose le situazioni in cui un minore, pur non avendo capacità di agire e quindi la possibilità di compiere acquisti, vendite, atti di amministrazione, si trovi ad avere dei beni intestati. In tutti questi casi chi ne dispone, visto che il minore non può farlo e cosa succede se vi è intenzione di vendere i beni? Ecco come funziona l’amministrazione e vendita beni di minori.

Amministrazione e vendita beni di minori: regole generali

La prima cosa da sottolineare è che i minori hanno sempre un tutore legale, lo stesso è rappresentato generalmente dai genitori, ma nel caso in cui questi vengano meno, ad esempio per perdita della responsabilità genitoriale (dal 2014 non si parla più di potestà) viene nominato un tutore. Il tutore viene nominato anche nel caso in cui i genitori muoiano lasciando i figli di minore età o nell caso in cui siano entrambi in carcere. Quando viene meno un solo genitore la responsabilità genitoriale ricade esclusivamente sull’altro. In assenza di entrambi i genitori può essere nominato come tutore un altro parente e, in assenza di persone idonee nel ristretto cerchio familiare, si può procedere alla nomina di un soggetto terzo, la nomina spetta al giudice tutelare che ha anche il compito di vigilare sull’operato del tutore.

Amministrazione e vendita beni di minori quando la tutela è affidata ai genitori

Nonostante questo, cioè nonostante il minore abbia un tutore, o due tutori nel caso in cui entrambi i genitori abbiano responsabilità genitoriale, per alcuni atti è necessaria l’autorizzazione del giudice e tra questi vi è la vendita beni di minori. Nel caso in cui i tutori siano i genitori, in base all’articolo 320 del codice civile l’autorizzazione ad atti dispositivi deve essere richiesta al tribunale del luogo di residenza del minore.

Ciò vuol dire che se il minore per un qualsiasi motivo abbia, ad esempio, una casa intestata, i genitori per poterla vendere devono prima ottenere l’autorizzazione del giudice. Quest’ultimo può dare l’autorizzazione dopo aver valutato bene l’atto, e aver sentito il giudice tutelare, e quindi dopo aver determinato se tale disposizione corrisponde agli interessi del minore. Quindi se il genitore vuole vendere l’immobile a un prezzo ridotto rispetto al valore di mercato, il giudice può vietare la vendita perché non corrisponde all’interesse del minore.

Non solo, infatti il denaro derivante dalla vendita del bene del minore non può essere utilizzato dai genitori/tutore, ma deve essere collocato su un conto intestato al minore o su un libretto di risparmio ed eventuali usi di quel denaro devono essere sempre autorizzati dal giudice. Anche in questo caso il giudice deve valutare se l’atto corrisponde a un interesse del minore. Ad esempio il denaro potrebbe essere usato per esigenze di studi, per motivi di salute inerenti comunque il minore.

I frutti dell’amministrazione del beni del minore

L’articolo 324 del codice civile stabilisce che i genitori che esercitano la responsabilità genitoriale godono dell’usufrutto sui beni del figlio fino al raggiungimento della maggiore età o della loro emancipazione. I frutti sono destinati al mantenimento della famiglia all’istruzione ed educazione dei figli.

Limiti

L’articolo 324 sottolinea però che non sono soggetti ad usufrutto i beni acquistati con i proventi del lavoro del minore. Si tratta di un argomento attuale in quanto sempre più spesso si vedono minori impegnati nel mondo del lavoro e in particolare in quello della pubblicità e si parla spesso di baby influencer che hanno guadagni spesso molto elevati.

Inoltre, non sono oggetto di usufrutto i beni donati al minore per intraprendere una carriera o gli studi, in questo caso i frutti restano nel conto del minore. Non ricadono nell’usufrutto neanche i beni ricevuti dal minore in eredità/donazione con la specifica condizione che gli stessi non siano oggetto di usufrutto da parte dei minori. Non c’è usufrutto nel caso in cui i beni provengano da eredità e i genitori abbiano deciso di non accettarla optando quindi per la rinuncia all’eredità. Nel caso in cui solo uno dei genitori abbia accettato l’eredità in nome del figlio contro la volontà dell’altro, l’usufrutto sugli stessi spetta solo al primo.

A questo punto occorre specificare che l’eredità del minore accettata in suo nome dal genitore o da altro tutore è sempre accettata con il beneficio dell’inventario, quindi il minore non risponderà dei debiti eccedenti il valore dell’eredità stessa (articolo 471 del codice civile).

Limiti all’usufrutto in caso di nuove nozze

Un altro caso particolare riguarda quello del genitore che esercita l’usufrutto legale sui beni del minore, ma passa a nuove nozze, in questo caso operano dei limiti, infatti si è visto in precedenza che i frutti derivanti dai beni del minore possono essere utilizzati dal genitore per le esigenze della famiglia e di istruzione ed educazione dei figli, ma c’è un’eccezione prevista dall’articolo 328 del codice civile, questo stabilisce che nel caso di nuove nozze, i frutti dei beni del minore possono essere utilizzati esclusivamente per la sua educazione e istruzione, nonché per il suo mantenimento, mentre le restanti somme devono essere accantonate.

I genitori possono inoltre perdere l’amministrazione dei beni del figlio nel caso in cui si ravveda una cattiva gestione degli stessi. In questo caso il tribunale nomina un curatore.

L’insieme delle norme viste dimostra che c’è una particolare attenzione alla tutela del minore.

Atti di amministrazione e vendita beni del minore da parte del tutore

Nel caso in cui l’autorizzazione debba essere richiesta dal tutore, si applica l’articolo 375 del codice civile che stabilisce che il tutore prima di porre in essere atti dispositivi, tra cui anche la costituzione di pegno o ipoteca sull’immobile, deve avere l’autorizzazione del tribunale ordinario su parere del giudice tutelare. Ci sono degli atti che il tutore può compiere senza autorizzazione, ad esempio la vendita di frutti del bene stesso, ad esempio se trattasi di un terreno, potrebbe vendere i frutti che ne ricava, che devono però essere sempre utilizzati in favore del minore stesso. Inoltre può compiere atti di disposizione su beni mobili se gli stessi sono oggetto di repentino deterioramento.

 

Usufrutto azienda: modalità ed estinzione

Oggi andremo nel cuore dell’operato aziendale, per capire cosa si intende quando si parla di usufrutto aziendale. E, nello specifico come si generano usufrutto ed estinzione. Scopriamolo assieme nei prossimi paragrafi.

Usufrutto azienda: di cosa si tratta

Dunque, quando si parla di usufrutto si fa riferimento ad un diritto reale di usare beni altrui acquisendone i frutti, ma rispettandone la destinazione economica. Si ha usufrutto d’azienda quando il proprietario attribuisce, ad una persona fisica o ad un ente, un diritto reale di godimento sulla stessa azienda in questione.

L’usufrutto può essere costituito per testamento o per contratto ma può anche essere acquistato per mezzo di usucapione e si estingue per:

1. scadenza del termine,

2. prescrizione per uso non protratto,

3. riunione dell’usufrutto con la proprietà,

4. totale perimento del bene oggetto dell’usufrutto.

Va aggiunto che un contratto di usufrutto d’azienda ha per oggetto il complesso economico nella sua interezza, come insieme unitario di beni, diritti e obblighi destinati alla produzione di reddito tramite l’organizzazione imprenditoriale, o un ramo autonomo e distinto del complesso stesso, e non la sommatoria dei singoli beni che formano l’azienda.

Modalità ed estinzione, come si verificano

L’usufrutto d’azienda può avvenire secondo diverse modalità, come per testamento, per contratto ed anche tramite acquisizione mezzo di usucapione.

Ma come si passa invece all’estinzione di un usufrutto aziendale? Questa domanda sembrerebbe cercare una risposta più ambiziosa, ma troviamo una risposta molto essenziale in merito.

Possiamo ben dir, per rispondere a tale quesito che il diritto all’usufrutto di un bene non può essere ereditato ma si estingue con la morte del beneficiario anche se il decesso è precedente alla scadenza del termine riportato sul contratto. Non inibisce la vendita del bene.

Andiamo, però a vedere nello specifico, cosa è la cancellazione di un usufrutto.

Cancellazione usufrutto e cause specifiche

Il contratto stipulato davanti al notaio per assegnare l’usufrutto dell’immobile posseduto da un proprietario ad un altro soggetto, che si definisce usufruttuario, determina una sorta di “scissione”. Tra queste due parti si dividono diritti e doveri che inizialmente erano attribuiti in forma esclusiva al proprietario, nella misura in cui:

  • l’usufruttuario acquisisce la disponibilità dell’immobile, lo può sfruttare liberamente anche per fini economici, a condizione di non cambiarne la destinazione d’uso iniziale (cioè quella relativa al momento della sottoscrizione del contratto), deve pagare le imposte sulla proprietà e sostenere le spese di manutenzione ordinaria;
  • il possessore o titolare del bene rimane intestatario della cosiddetta nuda proprietà ed è tenuto a finanziare eventuali opere di manutenzione straordinaria.

L’esistenza dell’usufrutto, va aggiunto che è annotata nei pubblici registri e fa parte del corredo di informazioni che definiscono lo stato dello immobile, per esempio nell’ipotesi che il nudo proprietario decida di venderlo: un potenziale acquirente del bene deve sapere che è stato concesso in usufrutto, perché questo ne limiterà in qualche modo, o per lo meno ritarderà nel tempo, l’uso compiuto.

Ma quali possono essere le principali cause per la cancellazione di un usufrutto?

Dunque, a patto che non venga concordata una specifica scadenza in sede di contratto, l’usufruttuario resta tale fino alla fine dei suoi giorni (se l’usufrutto è attribuito a enti o associazioni, il termine è di trent’anni). Quindi, la motivazione principale per richiedere la cancellazione dell’usufrutto dai documenti archiviati al catasto è la morte dell’usufruttuario.

Esistono ad ogni modo anche altre possibili cause per la cancellazione usufrutto, legate a scelte volontarie, inadempienze o ad una pura fatalità, ovvero le seguenti:

  • rinuncia volontaria da parte dell’usufruttuario;
  • decadenza per comportamento negligente dell’usufruttuario (per esempio, nel caso non curi la manutenzione dell’immobile);
  • mancato esercizio del diritto di usufrutto per venti anni di seguito;
  • nullità del contratto;
  • distruzione dell’immobile.

Questo, dunque è quanto vi fosse di più necessario ed utile da sapere in merito alla situazione di un usufrutto aziendale.

Cos’è la nuda proprietà e differenza con l’usufrutto

A proposito di case in vendita, quante volte ci siamo imbattuti nel termine “nuda proprietà” rimanendo quasi inebetiti la prima volta? Chi ha minimamente mostrato una certa curiosità, ha subito notato una grande differenza di prezzo relativo all’immobile in questione, rispetto a quello di mercato.

Spiegheremo perché, quando si vuole acquistare casa, è palese trovare prezzi “stracciati” riguardanti un immobile in vendita dove compare la dicitura “nuda proprietà”, piuttosto che in una casa dal valore di mercato simile, ma con un prezzo ben più alto in quanto privo di della suddetta definizione.

Raccontata così, è lapalissiano che sia molto più conveniente acquistare una casa con la dicitura “nuda proprietà” piuttosto che una senza. Tuttavia, le cose non stanno come sembrano e, anzi, a volte risulta molto più conveniente vendere il proprio immobile in nuda proprietà, nonostante l’incasso decisamente minore. Ma a questo punto, andiamo con ordine, cercando di rispondere ai vari quesiti e, principalmente, a cosa sia una “nuda proprietà”, a cosa serve, quando viene utilizzata e come si differenzia dall’usufrutto.

Cos’è la nuda proprietà e differenza con l’usufrutto

Quando si parla di nuda proprietà ci si riferisce al valore dell’immobile in questione privo del diritto di usufrutto. Non è certamente tra le modalità di compravendita immobiliare più note nel relativo mercato, ma ha un suo perché, un certo peso specifico anche all’interno dello stesso mercato immobiliare.

Nuda proprietà e usufrutto sono due concetti strettamente correlati tra loro, tanto da poterli considerare due facce della stessa medaglia. Tuttavia, le due cose sono ben distinte:

  • la nuda proprietà è il diritto oggetto della compravendita immobiliare;
  • l’usufrutto è il diritto che il venditore esercita sull’immobile di cui vende solo la nuda proprietà.

Come funziona la nuda proprietà

Secondo il nostro codice civile il proprietario ha diritto di godere e disporre in modo pieno ed esclusivo dell’immobile, sempre nel rispetto degli obblighi di legge. Tuttavia, il proprietario può anche perdere il diritto esclusivo della proprietà, nel momento in cui cede ad altri soggetti la proprietà della casa, mantenendo però il diritto di godere del bene e di beneficiarne per tutta la vita.

In parole semplici, chi vende la propria casa mantenendo il diritto di viverci e di beneficiarne, non è più proprietario ma bensì usufruttuario. Invece, chi acquista l’immobile ne acquisisce la proprietà ma non ne potrà trarre dei benefici fino alla morte dell’usufruttuario.

Pertanto, l’usufrutto rappresenta il diritto reale di godere un bene mobile o immobile che sia e dei relativi benefici, con il rispetto della sua destinazione economica nel rispetto degli obblighi di legge.

In funzione di quanto detto, chi acquista una casa con un valore di mercato pari a circa 300.000 euro, diventando proprietario ma non usufruttuario (nel senso che non potrà viverci fino alla morte del venditore), la pagherà (grazie alla nuda proprietà) ad un prezzo decisamente inferiore, la cui differenza dipenderà da diversi fattori, ad esempio dall’età dell’ex proprietario dell’immobile o dalle sue esigenze.

Casa in nuda proprietà: chi paga le tasse?

Poiché mantiene i diritti reali minori sull’immobile, l’usufruttuario è il soggetto su cui gravano tutte le imposte e i canoni, le rendite del fondo e altre tasse che gravano sul reddito. Inoltre è tenuto al pagamento della manutenzione ordinaria, mentre spetta al nuovo proprietario il pagamento della manutenzione straordinaria. Ma chi paga l’IMU?  Se si tratta di seconda casa, è a carico dell’usufruttuario.

Concludendo, l’affare può essere fatto da entrambi i soggetti. In quanto, chi acquista una casa in nuda proprietà la paga molto meno rispetto al suo valore reale di mercato, non deve pagarci le imposte, come la Tasi o eventualmente l’IMU, non si dovrà occupare delle spese ordinarie, e in futuro potrà godere dell’immobile soprattutto economicamente.

Chi vende la nuda proprietà, intanto monetizza, ma al contempo continua a godere del bene e dei suoi benefici, pur dovendo continuare a occuparsi del pagamento delle imposte, ma evitando quello della manutenzione straordinaria. In linea di massima, si può dire che ognuna delle due parti avrà il suo tornaconto a seconda delle proprie esigenze presenti e future.

Usufrutto: come funziona e quali sono i diritti delle parti

L’usufrutto è un diritto reale di godimento che attribuisce diritti e oneri alle parti. Ecco come funziona e quali sono le linee guida

Usufrutto: la normativa che lo regola

L’usufrutto è disciplinato dall’ articolo 978 e seguenti del codice civile. L’usufrutto è  il diritto di un soggetto, quindi di una persona, di godere e beneficiare di un bene altrui traendone utilità, con l’obbligo però di non mutarne la destinazione economica. Il soggetto beneficiario è chiamato anche usufruttario, mentre il proprietario del bene è chiamato nudo proprietario è stabilito dalla legge e la sua durata. Infatti la durata non può eccedere la vita dell’usufruttuario. Tuttavia alla morte di quest’ultimo il nudo proprietario, acquista la piena proprietà del bene. Inoltre l’usufrutto si acquista per casi specifici:

  • legge;
  • volontà privata;
  • usucapione;
  • contratto.

Alcuni esempi specifici

L’usufrutto può costituirsi per legge, ad esempio l’usufrutto legale dei genitori nei confronti dei beni del figlio minore. Ma può anche costituirsi per volontà privata. Tuttavia un classico esempio è quello del testamento. E’ possibile anche un acquisto per usucapione, che prevede comunque una forma abbreviata. Infine l’ultima possibilità è quella contrattuale. Anche se l’usufruttuario del resto ha ampio potere di disporre del proprio diritto, che può cedere a terzi, per atti tra vivi a titolo oneroso o gratuito. Ma tali diritti si estinguono con la cessazione dell’usufrutto. Mentre l’estinzione si verifica per:

  • scadenza del termine;
  • morte dell’usufruttuario
  • perimento della cosa:
  • prescrizione ventennale

Usufrutto: i Diritti e i doveri dell’usufruttuario

L’usufruttuario ha diritto di possedere, migliorare e gestire il bene, compiere atti di ordinaria amministrazione e introdurre addizioni. Per di più l’usufruttuario può realizzare miglioramenti che consistono in un incremento qualitativo che si fonde con la cosa e ne aumenta la produttività. Mentre le addizzioni invece sono un incremento quantitativo che mantiene una propria individualità, rimane cioè distinto dalla cosa. Inoltre l’usufruttuario ha diritto di conseguire il possesso della cosa, ma non di distruggerla o di rovinarla. Infatti rientrano nei doveri dell’usufruttuario:

  • la restituzione della cosa al termine del periodo  di usufrutto;
  • impiegare la diligenza media del buon padre di famiglia nel godimento;
  • fare l’inventario dei beni e prestare garanzia
  • sono a suo carico le spese di manutenzione ordinaria e le imposte dovute sul reddito.

Mentre spettano al proprietario le spese per la manutenzione straordinaria e le imposte dominicali.

Cosa può essere oggetto di usufrutto?

A dire  la verità possono essere oggetto di usufrutto qualunque tipologia di bene, mobili ed immobile. Ma rientrano anche i crediti e i titoli di credito, le azioni ,le aziende. Anche se è possibile che l’usufrutto sia utilizzato per cose consumabili. Difatti è evidente che l’utilizzatore però non potrà restituirla al termine del contratto. E’ perciò stabilito che l’usufruttuario può servirsene liberamente, pagandone il volume di stima convenuto o restituendo cose dello stesso genere e valore. Infine la durata il diritto non può eccedere la vita dell’usufruttuario. Mentre se costituito a favore di enti giuridici, non può durare più di 30 anni.

Il settore immobiliare tra nudo proprietario ed usufruttuario

Un particolare caso di usufrutto è quello relativo al settore immobiliare. Qui l’oggetto dell’usufrutto può essere un qualsiasi immobile: come un appartamento o una villetta. Il diritto di usufrutto può essere ceduto. “Se io sono titolare di un diritto di usufrutto che dura trent’anni e ne ho goduto per cinque anni posso usufruire il mio diritto di usufrutto a titolo oneroso o gratuito”.  Ma la durata sarà sempre uguale a quella stabilita originariamente. Quindi il valore della nuda proprietà dipende dall’incidenza del diritto di godimento.

Il prospetto dei coefficienti per il valore

Un esempio potrebbe essere quello in cui l’usufrutto duri la vita intera dell’usufruttuario. In questo caso esiste una tabella che calcola la proporzione tra la parte di usufrutto, la parte di nuda proprietà ed il valore di vendita.

PROSPETTO DEI COEFFICIENTI
Coefficienti per la determinazione dei valori attuali dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni vitalizie al tasso di interesse del 2,5%
ETA’ DEL BENEFICIARIO
[anni compiuti]
COEFFICIENTI VALORE % USUFRUTTO VALORE %
NUDA PROPRIETA’
DA   0 – 20 ANNI 38 95 5
DA 21 – 30 ANNI 36 90 10
DA 31 – 40 ANNI 34 85 15
DA 41 – 45 ANNI 32 80 20
DA 46 – 50 ANNI 30 75 25
DA 51 – 53 ANNI 28 70 30
DA 54 – 56 ANNI 26 65 35
DA 57 – 60 ANNI 24 60 40
DA 61 – 63 ANNI 22 55 45
DA 64 – 66 ANNI 20 50 50
DA 67 – 69 ANNI 18 45 55
DA 70 – 72 ANNI 16 40 60
DA 73 – 75 ANNI 14 35 65
DA 76 – 78 ANNI 12 30 70
DA 79 – 82 ANNI 10 25 75
DA 83 – 86 ANNI 8 20 80
DA 87 – 92 ANNI 6 15 85
DA 93 – 99 ANNI 4 10 90

Il valore dell’usufrutto viene calcolato moltiplicando la rendita annua per il coefficiente stabilito in relazione all’età dell’usufruttuario.

Un esempio di calcolo

Ecco un esempio semplice su come calcolare il valore dell’usufrutto. Inoltre nella tabella ci sono i coefficienti che hanno come parametro di riferimento: l’età del beneficiario e i relativi coefficienti, il valore dell’usufrutto espresso in percentuale rispetto alla proprietà ed il valore della nuda proprietà.

Ad esempio:

  • valore della piena proprietà E. 115.500,00
  • età dell’usufruttuario anni 62 coeff. 22
  • val. % US. 55%
  • val. % n. prop. 45%

Risultati

  • E. 115.500 x 55% = E. 63.525 (val. usufr.)
  • E. 115.500 x 45% = E. 51.975 (val. n. prop.)

Saranno questi i valori da considerare nel caso in cui si decida di vendere un immobile oggetto di usufrutto. Infatti, il proprietario può benissimo vendere il valore della nuda proprietà. Ma il nuovo proprietario, dopo l’acquisto dovrà aspettare il ricongiungimento tra la nuda proprietà e l’usufruttuario, almeno che non sia disposto diversamente.

Conviene comprare solo la nuda proprietà?

Da un punto meramente economico, la risposta è SI. Questo perché come dall’esempio il valore d’acquisto dell’immobile è notevolmente più basso. Un altro aspetto di convenienza potrebbe essere relativo alle spese da pagare. Si ricorda che per tutta la durata dell’usufrutto, l’acquirente non dovrà sostenere spese ordinarie. Senza considerare che avrà comunque un immobile che potrà essere considerato come mero investimento. Infatti potrà lasciarlo in successione, oppure rivenderlo ad un prezzo maggiore, quando l’usufrutto sarà finito. Attenzione però che su questo tipo di immobile non si possono avere agevolazioni per l’acquisto prima casa. Uno perché non si andrà a vivere su quell’immobile e due non si potrà portare la residenza. Pertanto, conviene comprare la nuda proprietà solo ad uso investimento, certamente non per casa di famiglia da vivere subito.