Vendite al dettaglio, ormai è taglio sulle spese alimentari

Vendite al dettaglio sotto la lente di ingrandimento per conoscere i consumi degli italiani, ma si rivela un taglio sulle spese alimentari degli italiani

Vendite al dettaglio, meno potere di acquisto

L’Istat ha presentato i suoi nuovi dati sulle abitudini degli italiani. Quello che ne emerge è che: si spende di più, ma si compra di meno, è quello che sta succedendo in questo momento in Italia. La causa è la perdita del potere di acquisto dovuto all’inflazione. I dati dello scorso novembre 2022 rilevano un aumento del 4,% rispetto al 2021. Ma a diminuire sono i volumi d’acquisto che scendono del -3,6%. E la cosa peggiore è che a diminuire sono proprio i volumi dei prodotti alimentari -6,3%.

Secondo Assoalimentari la spesa per singola famiglia si è ridotta 3.55 euro per la famiglia tipo. Valori che poi diminuiscono o aumentano a seconda della presenza di più di due figli, o non se ne hanno. Ma sicuramente emerge che si comprano meno prodotti alimentari, una contrazione della spesa, che denota la situazione difficile che sta attraversando il nostro Paese.

Vendite al dettaglio, stanno cambiando anche le abitudini

Gli italiano stanno lasciando i grandi marchi della distribuzione per rivolgersi sempre più ai discount. Questi ultimi hanno registrato anche il + 10% delle vendite. Anche Confcommercio ha confermato il trend delle scelte d’acquisto. A perderci sono anche i piccoli punti vendita o quelli “sotto casa” che a volte non possono permettersi gli stessi prezzi dei discount. Ma del resto gli italiani devono pur continuare a mangiare e per farlo sono sempre di più quelli che sono alla caccia delle offerte.

Un altro segnale negativo arriva dai depositi. In poche parole sono diminuiti i soldi che gli italiani tengono in conto deposito. Questo vuol dire che non si può fare risparmio, perché quello che si ha serve per pagare la spesa, pagare le bollette ed andare avanti, affrontando tutti aumenti che portano con se inflazione e caro energia.

Per non parlare di mutui…

Se su bilancio famigliare grava anche un mutuo per la casa, allora occorre ancora stringere di più la cinghia. Infatti continuano a crescere i tassi sui nuovi mutui concessi alle famiglie. I tassi di interesse, comprensivi delle spese accessorie, sono cresciuti al 3.5%. Un anno fa il tag per il tasso fisso era pari all’1,21%, contro il 3.5% di oggi. Mentre per quanto riguarda il tasso variabile, le rate in dodici mesi, sono cresciute in media da 457 euro a 619 euro al mese. Anche i tassi sui nuovi finanziamenti, per il credito al consumo, sono saliti fino al 9,25%. Il Governo non deve far altro in questo momento che cercare di aiutare quante più famiglie ed imprese per cercare di superare questo forte periodo di crisi economica.

Nuovi contributi a fondo perduto commercio: ecco i negozi che otterranno gli aiuti

In arrivo nuovi contributi a fondo perduto per le imprese, le attività commerciali e, in particolare, i negozi colpiti dalla crisi dell’emergenza Covid. Si tratta dei fondi messi a disposizione dal governo nel decreto legge “Sostegni ter” che ammontano a 200 milioni di euro. Le domande di contributo dovranno essere presentate in via telematica sul portale del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise). Essenzialmente a beneficiare dei nuovi finanziamenti saranno le varie attività di commercio al dettaglio che rientreranno nei requisiti di perdita di fatturato del 2021 rispetto al 2019.

Contributi a fondo perduto per attività e negozi commerciali: chi può presentare domanda?

I nuovi contributi a fondo perduto del decreto “Sostegni ter” andranno dunque a sostenere le attività commerciali che abbiano subito danni dall’emergenza Covid. L’elenco dei codici Ateco che otterranno gli aiuti del governo è contenuto nella Gazzetta ufficiale del 27 febbraio 2022. Si tratta delle attività che svolgono il commercio al dettaglio, in particolare:

  • in esercizi non specializzati (codice Ateco 47.19);
  • al dettaglio di carburante per autotrazione (codice Ateco 47.30);
  • apparecchiature audio e video in esercizi specializzati (codice Ateco 47.43);
  • articoli di abbigliamento (esercizi specializzati del codice Ateco 47.6);
  • articoli culturali e ricreativo (esercizi specializzati del codice Ateco 47.71).

Nuovi contributi a fondo perduto, quali sono i negozi ammessi e i codici Ateco?

Rientrano tra i negozi commerciali che possono richiedere i contributi a fondo perduto del decreto “Sostegni ter” le attività di commercio:

  • al dettaglio di calzature e di articoli in pelle (esercizi specializzati, codice Ateco 47.72);
  • articoli di profumeria, cosmetici, erboristeria (codice Ateco 47.75):
  • commercio di piante, fiori, fertilizzanti, semi, animali domestici, alimenti per animali domestici (codice Ateco 47.76);
  • articoli di gioielleria e orologi (negozi specializzati, codice Ateco 47.77);
  • commercio di altri prodotti a esclusione di quelli di seconda mano (codice Ateco 47.78);
  • prodotti di seconda mano (in negozio, codice Ateco 47.79).

Contributi a fondo perduto decreto “Sostegni ter”, sono ammessi gli ambulanti?

Anche gli ambulanti sono ammessi all’ottenimento dei contributi a fondo perduto previsti dal decreto “Sostegni ter” per gli aiuti alle attività commerciali danneggiate dall’emergenza Covid. In particolare, i contributi andranno:

  • alle attività che svolgono commercio al dettaglio dei prodotti tessili o dell’abbigliamento o delle calzature (codice Ateco 47.82);
  • commercio al dettaglio di altri prodotti (codice Ateco 47.89);
  • attività di “altro commercio al dettaglio al di fuori dei negozi, dei banchi e dei mercati ” (codice Ateco 47.99).

Contributi a fondo perduto 2022 per negozi e attività commerciali, quali sono i requisiti della domanda?

Il requisito essenziale per richiedere i contributi a fondo perduto spettanti alle attività commerciali e ai negozi degli aiuti del Sostegni ter riguarda il fatturato. Nel dettaglio, è necessario che il fatturato non abbia superato i due milioni di euro nell’anno 2019. Il secondo parametro da considerare è quello del calo di fatturato. Nel 2021 deve essersi registrato un calo di fatturato di almeno il 30% rispetto al 2019 in conseguenza, proprio, dell’emergenza Covid. Inoltre, l’attività commerciale deve avere la sede legale e operativa in Italia. Non devono essere in corso fasi di liquidazione e procedure concorsuali o sanzioni interdittive.

Quanto spetta di importo alle attività commerciali come ristoro a fondo perduto per l’emergenza Covid 2022?

L’importo del contributo a fondo perduto spettante a ciascuna attività commerciale e negozio come ristoro per la perdita di fatturato dovuta all’emergenza Covid è da calcolarsi con l’applicazione della percentuale pari alla differenza fra l’ammontare medio mensile dei ricavi del periodo di imposta del 2021 e l’ammontare medio mensile dei ricavi del 2019. Tale percentuale corrisponderà al 60% per le attività commerciali che abbiano conseguito ricavi nel 2019 non eccedenti i 400 mila euro; al 50% per fatturati nel 2019 tra i 400 mila euro e il milione di euro; al 40% per i ricavi tra 1 e 2 milioni di euro nel 2019.

Contributi a fondo perduto negozi e attività commerciali: come si presenta la domanda sul sito del Mise?

La domanda per ottenere i contributi a fondo perduto del decreto Sostegni ter deve essere presentata in via telematica sul portale del ministero per lo Sviluppo Economico. Le attività interessate dovranno indicare di possedere i requisiti richiesti per ottenere gli aiuti. Si è in attesa del relativo provvedimento del Mise che disciplini i termini e le modalità di presentazione dell’istanza on line.

 

Niente ripresa per il piccolo commercio

Niente ripresa per i negozi, che sembrano arrancare sempre di più anche nella stagione estiva, quando si sperava che i saldi potessero salvare, almeno in parte, la stagione.
Ciò significa che la ripresa della spesa delle famiglie purtroppo non c’è ancora stata, e infatti rimane al di sotto dei livelli pre-crisi di addirittura 36 miliardi, che saranno colmati non prima del 2019.
A soffrire, soprattutto il piccolo commercio, come ha confermato l’Ufficio economico di Confesercenti, che ha diramato le rilevazioni Istat: dal 2007 ad oggi, infatti, più di 108mila imprese hanno cessato l’attività, ovvero il 15% del totale.

Il commercio tradizionale, dunque, rimane in controtendenza rispetto ai recenti indicatori economici che, invece, attestano una incoraggiante ripresa. E gli ultimi dati lo confermano, poiché le vendite del commercio al dettaglio hanno registrato una brusca frenata nel mese di luglio, sia in valore sia in volume.
Questa situazione negativa riguarda tutti i settori, tranne utensileria per la casa e ferramenta, gioielleria ed orologi, ed abbigliamento. Il dato è preoccupante poiché fotografa una situazione che sta volgendo al negativo: nei primi 7 mesi, infatti, la variazione delle vendite in volume è pari a -0,6 punti percentuali, quando già il 2016 si era chiuso con una variazione pari a -0,3%.

Se il trend rimanesse questo, a fine anno la percentuale delle vendite al dettaglio sulla spesa totale della popolazione scenderebbe al 25%, che rappresenta il 16% in meno dell’incidenza media europea.

Inoltre, mentre luglio segna un recupero di tutti i format della Grande distribuzione, tale da portare la variazione per i primi 7 mesi all’1% in valore e stimiamo allo 0,2 in volume; per le imprese operanti su piccole superfici rileviamo, invece, una diminuzione di 0,6 punti in valore, stimando l’1,4% in meno in volume. Per le imprese fino a 5 addetti le variazioni in questa parte dell’anno raggiungono, addirittura, il -2,4% e il – 3,2% in volume.

Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti, ha dichiarato: “Ci auguriamo che all’interno delle Legge di Stabilità si mettano in campo misure volte a ridurre gli squilibri tra piccoli esercizi di vicinato e GDO che hanno trasformato e distorto, profondamente, il volto delle nostre città attraverso un regime di deregulation dei giorni e degli orari di apertura – introdotto a partire da gennaio 2012 dal Governo Monti – insostenibile per i piccoli e che ha favorito solo la grande distribuzione la cui quota di mercato nel periodo è passata dal 57,7 al 60,2%. Inoltre occorre rafforzare i consumi delle famiglie per consolidare la ripresa”.

Vera MORETTI

Vendite al dettaglio, dati in calo del 2,6%

Non è bastato il bonus Irpef da 80 euro incassato a maggio per risollevare il commercio. Nonostante le elemosina del governo Renzi nelle buste paga degli italiani, le vendite al dettaglio a giugno restano stabili rispetto a maggio, registrando una crescita zero, ma scendono inesorabilmente del 2,6% su base annua.

“A giugno 2014 – spiegano dall’Istat – l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio resta invariato rispetto al mese precedente. Nella media del trimestre aprile-giugno 2014, l’indice mostra una flessione rispetto ai tre mesi precedenti (-0,2%). La variazione nulla rispetto a maggio è frutto di un lieve aumento delle vendite di prodotti alimentari (+0,1%), che si annulla con il calo (-0,1%) degli altri prodotti. Rispetto a giugno 2013, l’indice grezzo del valore totale delle vendite registra una diminuzione del 2,6%. Variazioni tendenziali negative si registrano sia per le vendite di prodotti alimentari (-2,4%) sia per quelle di prodotti non alimentari (-2,8%)”.

Rispetto alla precedente rilevazione, nonostante le vendite siano diminuite anche per le imprese della grande distribuzione (-1,3%), sono soprattutto quelle operanti su piccole superfici a pagare il prezzo più alto, con percentuali negative che arrivano a sfiorare il 4%.

JM

Un po’ di respiro per la vendita al dettaglio

Timido rialzo, che però lascia ben sperare, per le vendite al dettaglio.
Lo ha comunicato Istat, diffondendo i dati, positivi, relativi al mese di agosto.

La crescita, in realtà, è solo dello 0,2% rispetto all’anno scorso, ma ha avuto il merito di interrompere una serie negativa che proseguiva inalterata da ben 13 mesi.
La spinta arriva dal settore dell’alimentare (+1%), mentre i prodotti non alimentari hanno chiuso il mese ancora in negativo (-0.4%).

Rispetto a luglio, in realtà, le cose non sono cambiate in modo sostanziale, poiché la variazione è pressoché nulla per i prodotti alimentari, mentre i non alimentari sono scesi dello 0,1%.

Facendo la media trimestrale, giugno-luglio-agosto 2013, l’indice presenta una diminuzione dello 0,2%, anche se, nel mese di agosto, i discount hanno segnato un aumento delle vendite del 3,6%, in controtendenza con i piccoli negozi, a -1,1%.

Per quanto riguarda la grande distribuzione, si nota un incremento dell’1,7%, e un miglioramento anche per i supermercati (+1,3%) e gli ipermercati (+0,6%).

Vera MORETTI

Vendite al dettaglio in calo

Il primo trimestre 2013 è stato caratterizzato da un calo delle vendite al dettaglio, con una contrazione dello 0,3% nel solo mese di marzo.

Rispetto al trimestre precedente, il calo è dello 0,8%, ma, in confronto a febbraio, nel terzo mese del primo trimestre 2013 sono aumentate le vendite di prodotti alimentari (+0,4%), mentre sono diminuite quelle di prodotti non alimentari (-0,8%).
Rispetto a marzo 2012, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una flessione del 3,0%, sintesi di un aumento del 2% delle vendite di prodotti alimentari e di un calo del 6,1% di quelle di prodotti non alimentari.

Le vendite hanno registrato, sempre confrontate con marzo 2012, un aumento per la grande distribuzione (+1,3%) e un calo rilevante per le imprese operanti su piccole superfici (-6,6%). Nei primi tre mesi del 2013 l’indice grezzo diminuisce del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2012.

L’Istat rivela che nel confronto con il mese di marzo 2012, si registra un aumento dell’1,3% per le vendite delle imprese della grande distribuzione e un calo del 6,6% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici.
Per quanto riguarda la grande distribuzione, le vendite sono aumentate del 3,8% per i prodotti alimentati, ma diminuite del 2,5% per quelli non alimentari.
Le imprese operanti su piccole superfici, invece, sono calate sia le vendite di prodotti alimentari (-2,4%) sia per quelli non alimentari (-7,7%).

Sempre a marzo, tra le imprese della grande distribuzione si rileva un aumento tendenziale per gli esercizi non specializzati (+1,9%), e una diminuzione per quelli specializzati (-2,2%). Tra i primi, in aumento del 2,4% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare mentre diminuiscono del 2,9% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare.

Guardando nel dettaglio agli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, sono in aumento le vendite per i discount (+4,8%), per i supermercati (+2,1%) e per gli ipermercati (+1,5%).
Con riferimento alla dimensione delle imprese, a marzo il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 6,4% nelle imprese fino a 5 addetti, del 5,1% nelle imprese da 6 a 49 addetti e aumenta dello 0,4% in quelle con almeno 50 addetti.

Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a marzo si sono registrati dati negativi per tutti i gruppi di prodotti, a cominciare da Abbigliamento e pellicceria (-9,0%) e Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-8,8%); quelle più contenute riguardano i gruppi Prodotti di profumeria, cura della persona (-1,4%) e Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-2,1%).

Vera MORETTI

GDO, grande amore degli italiani

La grande distribuzione piace sempre di più agli italiani. E’ quanto emerge dai dati relativi alle vendite al dettaglio di febbraio diffusi dall’Istat. Secondo l’istituto di statistica le vendite della grande distribuzione hanno registrato un aumento dell’1,9% rispetto al febbraio del 2011 mentre quelle delle imprese commerciali operanti su piccole superfici hanno messo a segno una diminuzione dell’1,3%. In relazione alla tipologia di beni venduti, nella grande distribuzione le vendite segnano, in termini tendenziali, un aumento sostenuto per i prodotti alimentari (+4%) e molto più contenuto per quelli non alimentari (+0,3%). Nelle imprese operanti su piccole superfici le vendite sono diminuite sia per i prodotti alimentari (-0,3%), sia per quelli non alimentari (-1,6%). Sempre a febbraio tra le imprese della grande distribuzione si sono rilevati aumenti tendenziali sia per gli esercizi non specializzati (+2,2%), sia per quelli specializzati (+0,1%). Nei primi, le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare sono aumentate del 2,8%, quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare sono aumentate dello 0,4%. Tra gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si sono registrati aumenti in tutte le tipologie di esercizio. In particolare, l’aumento più sostenuto riguarda i supermercati (+3,4%) mentre quello più contenuto è rappresentato dagli ipermercati (+2,1%).

Fonte: Ansa.it

Consumi in calo, il dato più basso dal 2004

L’unico settore a resistere alla crisi è quello degli alimentari. Abbigliamento, calzature, elettrodomestici, mobili e tecnologie sono invece in caduta libera. E’ quanto denuncia Confcommercio, che, in base ai dati registrati dall’ultima indagine Istat, evidenzia come le vendite al dettaglio nel 2011 siano calate dell‘1,3% rispetto al 2010.

Le vendite degli alimentari restano ferme e il non food scende dell’1,8 %. Si tratta del dato peggiore dal 2009, e se si guarda alle vendite al dettaglio dello scorso dicembre (-1,1%) si tratta del ribasso più forte dal luglio 2004. Se letto in retrospettiva a un anno, l’indice grezzo del -1,1% di dicembre 2011 segna un calo del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2010: le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dell‘1,7%, quelle dei beni non food del 4,4 %
Confrontando i dati con novembre 2011 le vendite sono diminuiti sia per i prodotti alimentari (-1,0%) sia per quelli non alimentari (-1,2%).

Sul fronte degli esercizi di vendita, Istat ha registrato una flessione rispetto al 2010 sia per le vendite della grande distribuzione (-3,9%), sia per i piccoli negozi (-3,5%). Le diminuzioni tendenziali riguardano sia gli esercizi non specializzati (-4,2%) sia quelli specializzati (-1,9%). Aumentano invece le vendite solo per i discount alimentari (+1%), mentre diminuiscono quelle degli ipermercati (-4,4%) e dei supermercati (-2%).

“Il potere di acquisto delle famiglie è in caduta libera, per di più intaccato dalla manovra economica e dalla forte crescita dei prezzi, anche sulla spinta dell’aumento dei carburanti” denunciano Rosario Trefiletti di Federconsumatori ed Elio Lannutti di Adusbef. “Non sorprende il calo delle vendite. Il costo della spesa alimentare è salito in media del 5%, per un aggravio di spesa pari a 350 euro l’anno per famiglia” sottolinea Adoc. Punta invece all’abbattimento della pressione fiscale indiretta e diretta per far riprendere i consumi Adiconsum, mentre Federdistribuzione avverte: “La situazione dei consumi è preoccupante e un nuovo aumento dell’Iva metterebbe ulteriormente a rischio il potere d’acquisto delle famiglie”.

Vendite al dettaglio in calo a settembre

A settembre 2011 l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato un calo dello 0,4% rispetto ad agosto 2011. Nella media del trimestre luglio-settembre 2011 l’indice è diminuito dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto con agosto 2011, le vendite di prodotti alimentari diminuiscono dello 0,2% e quelle di prodotti non alimentari dello 0,4%. Rispetto a settembre 2010, l’indice grezzo del totale delle vendite segna un calo dell’1,6%. Le vendite di prodotti alimentari aumentano dello 0,7%, mentre quelle di prodotti non alimentari scendono del 2,5%. Le dinamiche delle vendite per forma distributiva registrano, nel confronto con il mese di settembre 2010, un lieve aumento (+0,2%) per la grande distribuzione e una significativa diminuzione (-2,8%) per le imprese operanti su piccole superfici. Nei primi nove mesi del 2011, rispetto allo stesso periodo del 2010, l’indice grezzo diminuisce dello 0,7%. Le vendite di prodotti alimentari segnano un incremento dello 0,1% e quelle di prodotti non alimentari una diminuzione dell’1,2%.

Forma distributiva e tipologia di esercizio 
Nel confronto con il mese di settembre 2010 si registra un aumento dello 0,2% per le vendite della grande distribuzione e una flessione del 2,8% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici. Nella grande distribuzione le vendite crescono del 2,1% per i prodotti alimentari e diminuiscono dell’1,4% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, le vendite segnano un calo in entrambi i settori merceologici: -1,9% per i prodotti alimentari e -3,1% per quelli non alimentari. Nel mese di settembre 2011, tra le tipologie di imprese della grande distribuzione, si rileva un aumento tendenziale dello 0,4% per gli esercizi non specializzati e una flessione dello 0,8% per quelli specializzati. All’interno dei primi, le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare aumentano dell’1,2%, mentre in quelli a prevalenza non alimentare diminuiscono del 2,9%. Tra gli esercizi a prevalenza alimentare, l’aumento più sostenuto si registra per i discount (+2,9%), quello più contenuto per gli ipermercati (+0,2%). Nella media del periodo gennaio-settembre 2011, le vendite degli esercizi non specializzati diminuiscono, in termini tendenziali, dello 0,6%, quelle degli esercizi specializzati aumentano dell’1,5%.

Andamento delle vendite per dimensione di impresa 
Con riferimento alla dimensione delle imprese, nel mese di settembre 2011 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 2,7% nelle imprese fino a 5 addetti, del 2,3% nelle imprese da 6 a 49 addetti e dello 0,1 % in quelle con almeno 50 addetti. Nel confronto tendenziale relativo ai primi nove mesi dell’anno, il valore delle vendite diminuisce dell’1,3% nelle imprese fino a 5 addetti, dell’1,1% in quelle da 6 a 49 addetti e dello 0,2% nelle imprese con almeno 50 addetti.

Prodotti non alimentari 
Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a settembre 2011 le variazioni tendenziali negative di maggiore entità riguardano i gruppi Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-6,7%), Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,6%) ed Abbigliamento e pellicceria ( 4,2%). I gruppi che registrano le flessioni più contenute sono Prodotti di profumeria, cura della persona (-0,4%) e Altri prodotti (gioiellerie, orologerie) (-0,8%).
Lo rende noto l’Istat.

Fonte: Agenparl.it

Piccoli negozi in difficoltà, Confesercenti preoccupata

La GDO e i discount soffocano i piccoli negozi. Quella che oramai da anni è in realtà una “non notizia”, traspare oggi ancora di più dai dati pubblicati dall’Istat relativi alle vendite al dettaglio nel mese di agosto, che su base annua hanno registrato un calo dello 0,9% per le imprese operanti su piccole superfici, mentre sono cresciute dello 0,5% nella grande distribuzione, dove hanno fatto da traino i discount di alimentari (+3,5%).

Confesercenti mette in guardia: “Le vendite ad agosto confermano che i consumi vanno peggio delle previsioni: a fine anno, se continua così, avremo almeno 65mila chiusure di esercizi commerciali, un salasso di 150mila posti di lavoro in meno e l’aumento della desertificazione dei centri urbani“, scrive l’associazione in una nota.

Vero è che tra i dati Istat non mancano note positive. Ad agosto 2011 l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio ha segnato una variazione pari a 0 su base mensile, mentre nella media del trimestre giugno-agosto, rispetto ai tre mesi precedenti, il risultato resta negativo (-0,4%). Per quanto riguarda le vendite di alimentari, l’Istat ha registrato un aumento dello 0,3%, invece quelle di non alimentari sono diminuite dello 0,1%. In termini tendenziali, quindi, il calo dello 0,3% è dovuto a un rialzo dell’1,6% per il settore ‘food’ e di una flessione dell’1,2% per il ‘non food’.
 
Le vendite di prodotti per la tavola hanno segnato una buona performance, soprattutto nella grande distribuzione (+2,6%). Relativamente ai non alimentari, ad agosto 2011 le variazioni negative maggiori entità riguardano supporti magnetici, strumenti musicali (-7,3%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-4,8%). Il comparto che registra l’aumento più forte è quello dei giochi, giocattoli, sport e campeggio (+0,4%).

Giù anche l’indice di fiducia dei consumatori, che a ottobre si attesta a 92,9 contro i 94,2 di settembre. Il clima di fiducia migliora nel Nord, in particolare nel Nord-est, e cala nel Centro-sud. A livello nazionale, però, la flessione è diffusa a tutte le componenti e risulta particolarmente forte per l’indice che misura il complesso delle attese a breve termine (giù da 85,5 a 81,8). L’indice del clima economico cala da 78,3 a 75,6, mentre quello relativo alla situazione personale scende da 100,6 a 98,6. Peggiorano le valutazioni presenti e prospettiche sulla situazione del Paese, i giudizi sulla situazione economica della famiglia e le previsioni di risparmio. I saldi dei giudizi sull’evoluzione recente dei prezzi al consumo e quelli delle previsioni sulla loro dinamica futura registrano però, nel complesso, un aumento rispetto al mese precedente.