Cos’è un Business Angel e quali sono le differenze con il Venture Capital

Tra le attività di una nuova impresa, che sono caratterizzate da idee spesso innovative e rivoluzionarie, spiccano le start-up. Si tratta, nello specifico, di imprese in fase di sviluppo che, per la loro natura, presentano un elevato tasso di insuccesso. Mentre le imprese che escono dalla fase di start-up riescono poi ad entrare sul mercato grazie ad un’idea o ad un progetto che si è poi rivelato vincente.

In tutto questo c’è una figura all’interno delle start-up che spesso fa la differenza. Si tratta, nello specifico, del cosiddetto Business Angel. Vediamo allora, nel dettaglio, chi è e cosa fa un Business Angel e quali sono le differenze che caratterizzano questa figura chiave, per le start-up a partire da quelle innovative, rispetto al Venture Capital.

Chi è il Business Angel e cosa fa a supporto delle start-up a partire da quelle innovative

Nel dettaglio, un Business Angel, a differenza del Venture Capital che in genere investe in imprese che sono già consolidate, è una figura che offre ad una start-up promettente non solo il capitale, ma anche la conoscenza che spazia dalla consulenza strategica all’assistenza tecnica.

Quindi, rispetto agli istituti di credito, che in genere possono sostenere le start-up solo attraverso la concessione di capitale, per esempio attraverso dei prestiti, il Business Angel per l’attività di nuove imprese si presenta, in tutto e per tutto, come un investitore informale.

Come, quando e perché il Business Angel investe i propri capitali e le proprie competenze in una start-up

Tra le conoscenze, le competenze ed i capitali, il Business Angel, quindi, investe denaro ed esperienza in una o più start-up al fine di sviluppare le loro idee. In genere, con il conferimento di capitali, il Business Angel acquisisce una quota della start-up che può avvantaggiarsi del fatto di sfruttare l’apporto di competenze a costo zero durante le prime fasi di vita.

Rispetto alle società di Venture Capital, inoltre, i Business Angel sono in tutto e per tutto delle persone fisiche che spesso ad una start-up offrono capitale e competenze per ragioni che non sono prettamente di natura economica, e quindi non necessariamente orientate al profitto. Ma lo fanno, semplicemente, perché quell’idea innovativa piace e può offrire un contributo importante alla collettività. Per esempio, un progetto medico-sanitario innovativo che può salvare molte vite.

Family office: una professione sempre più richiesta e ben remunerata

L’Osservatorio Family Office curato dal Politecnico di Milano e dalla Libera Università di Bolzano ha censito il numero di Family Office che operano a Milano, si tratta di ben 206 operatori di cui 195 residenti in Italia, i rimanenti 11 in Svizzera, Lussemburgo e Principato di Monaco. Ma cosa fa?

Ingenti patrimoni affidati a Family Office

Sappiamo bene che la ricchezza in Italia è distribuita in modo non particolarmente uguale e proprio per questo vi sono famiglie in difficoltà e altre che hanno accumulato ingenti patrimoni che nella maggior parte dei casi affiancano le altre attività di impresa o professionali. Capita quindi che molte persone decidano di seguire di persona, con l’aiuto di collaboratori, le attività aziendali, ma poi deleghino la gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare a terze persone per far sì che gli investimenti possano rendere di più in quanto affidati a professionisti del settore.

Naturalmente quando si tratta di grandi patrimoni, formati da ricchezze complesse, non basta andare in banca e affidarsi al dipendente, occorre avere al proprio fianco dei professionisti che possano gestire tale patrimonio in tutti i suoi aspetti e renderlo fruttuoso in modo da poterlo comunque trasmettere anche alle generazioni future. Tale professionista è il Family Office che ha una formazione prettamente economica e finanziaria. In alcuni casi sono istituti privati a mettere a disposizione corsi di formazione professionale di approfondimento per iniziare questo percorso, tra cui banche svizzere.

Questa figura si diffonde prima negli Stati Uniti e solo successivamente in Europa. In Italia si registrano le prime società che si occupano della gestione dei grandi patrimoni familiari alla fine degli anni Novanta, ma è nel terzo millenio che si diffonde.

Multi Family Office e single Family Office

Il Family Office può essere una società o un professionista ( nell’ultimo periodo si afferma soprattutto tale seconda forma). Può agire sia al fianco di una sola famiglia, sia al fianco di più famiglie in questo secondo caso abbiamo un Multi Office Family. Deve essere sottolineato che la ricerca condotta fa emergere una distribuzione di queste due figure ben stagliata nel tempo, cioè dal 2011 al 2020 si è notato un incremento soprattutto dei single family office, mentre nel decennio precedente era più frequente il multi family office. Nel solo 2021 c’è stato un incremento di ben 34 single family office, solo 3 Multi Family, mentre i professionisti che hanno lasciato sono 4.

Questo perché coloro che hanno grossi patrimoni preferiscono avere al proprio fianco una persona concentrata esclusivamente sui loro interessi e poi perché spesso si tratta di patrimoni talmente complessi che una corretta gestione richiede molte ore, inoltre come vedremo in seguito le attività svolte sono numerose.

Tra le curiosità rilevate dalla ricerca condotta dal Politecnico di Milano e dalla Libera Università di Bolzano emerge anche una particolare concentrazione di tale professionista al Nord Italia e addirittura il 59% nella sola Lombardia che, d’altronde, è considerata il centro economico d’Italia.

A questo punto diventa importante parlare anche dei compensi. Nella maggior parte dei casi riceve un compenso pari a una percentuale dei ricavi che riesce a generare dalla gestione del patrimonio familiare.

Di cosa si occupa il Family Office?

Abbiamo detto che questo professionista si occupa di gestire il patrimonio e di conseguenza opera con i vari prodotti finanziari, come le partecipazioni in società o holding di cui è parte il committente, consulenza gestionale, ma non solo. Sempre più spesso questo professionista viene coinvolto anche in processi per l’avvio di start up e venture capital. Con la famiglia il Family Office stabilisce una strategia, le parti devono insieme decidere il livello di rischio negli affari che vogliono seguire e quindi avere un approccio cauto oppure aggressivo.

Accordo per sostenere il Made in Italy innovativo

E’ stato siglato un accordo tra LVenture Group, tra i principali operatori italiani di Venture Capital e unico quotato sul MTA di Borsa Italiana, e Italian Brand Factory, prima organizzazione Venture Capital focalizzata sull’Innovative Made in Italy.

I due firmatari si impegneranno nello scambio di informazioni e possibili co-investimenti nell’ambito del Made in Italy innovativo, in particolare nei settori food, fashion e design.

Luigi Capello, CEO di LVenture Group, ha dichiarato in proposito: “A livello internazionale stiamo vedendo un’esplosione di nuovi fashion brand che si sviluppano sull’onda delle nuove tecnologie, finanziati da operatori di venture capital. Noi di LVenture Group riteniamo che l’Italia offra molte opportunità in questo settore. Con Italian Brand Factory vogliamo dare nuova linfa al Made in Italy puntando su quelle startup capaci di interpretare in maniera innovativa le eccellenze che rendono l’Italia famosa nel mondo“.

Già a marzo 2015 c’era stata una prima collaborazione tra i due brand, quando era stato firmato un investimento di 500mila euro destinati a Re-Bello, azienda altoatesina che sviluppa, produce e commercializza abbigliamento sostenibile realizzato con tessuti altamente innovativi, prodotti attraverso l’unione di fibre naturali.

Domenico Laudonia, Co Founder e Managing Partner di Italian Brand Factory, ha aggiunto: “Italian Brand Factory supporta brillanti imprenditori nei settori Fashion Food e Design, investendo sul loro sogno e sulle loro capacità di voler affermare sui mercati globali proposizioni di business ad alto contenuto di innovazione. In poco meno di 12 mesi abbiamo perfezionato 4 operazioni tutte in forte crescita, e contiamo di effettuarne almeno un paio entro fine anno: è la prova concreta del grande potenziale che abbiamo qui in Italia e che ci viene riconosciuto internazionalmente“.

Vera MORETTI

Un (euro) su mille ce la fa

 

Srl semplificate: forma di investimento per il futuro dei giovani o mera illusione? Dopo aver sentito il parere di addetti ai lavori, Camere di Commercio in primis, e di chi davvero ha tentato l’avventura del sogno imprenditoriale a 1 euro, come Ahmad Choulak, il primo start upper milanese a capitale ridottissimo, Infoiva si chiede se davvero le Srl semplificate possano rappresentare una forma imprenditoriale di successo per tutti i giovani che, complice un mercato del lavoro sabbioso, hanno voglia di mettersi in gioco.

Ne abbiamo parlato con Gaetano Presti, Docente di Diritto Commerciale all’Università Cattolica di Milano, per capire se l’Italia ha ancora voglia di scommettere sul futuro delle idee che si fanno impresa

Leggi l’intervista a Gaetano Presti, Docente di Diritto Commerciale 

Srl semplificate o a capitale ridotto?

 

Normativa ancora poco chiara in materia, criticità interne e problemi di natura finanziaria connessi all’assenza di un vero capitale. Le Srl semplificate rappresentano davvero una boccata d’ossigeno per l’industria italiana? O si tratta solo di un fuoco di paglia destinato a spegnersi in breve tempo? Infoiva lo ha chiesto a Gaetano Presti, Docente di Diritto Commerciale presso l’Università Cattolica di Milano, per fare chiarezza fra le diverse forme societarie proposte e per capire se davvero in Italia sia possibile ‘fare impresa’ con 1 euro, o come purtroppo accade, di finanziatori non se ne scorge nemmeno l’ombra.

 

Srl semplificata: pensa sia una soluzione vincente per incentivare l’imprenditoria in un momento così difficile?
Dubito che sia una soluzione adeguata, perchè ridurre il capitale a 1 solo euro non elimina i problemi finanziari. Queste società avranno comunque bisogno in un secondo momento di essere finanziate, se i soldi non li mettono i soci dovranno essere chiesti in prestito alle banche e gli istituti di credito, non trovandosi garantiti da una società con un capitale sostanzialmente inesistente, dovranno chiedere garanzie ai soci. E’ un circolo vizioso.

L’’assenza di un vero capitale aziendale porterebbe a pensare che le più diffuse fra le Srl a un euro siano o saranno le società di servizi. E’’ una previsione corretta?
Può essere, credo che allo stato attuale le Srl semplificate rappresentino un numero molto esiguo. Va sottolineato inoltre che la legge ha previsto due diverse forme di società a capitale ridotto: la Srl semplificata, per gli under 35, e poi con un intervento successivo è stata creata una seconda tipologia, la Srl a capitale ridotto, che letteralmente dovrebbe essere destinata agli over 35, ma che secondo certe interpretazione prescinde dall’età. Sotto i 35 anni c’è uno sconto maggiore perchè l’atto costitutivo, che deve essere redatto secondo un modello previsto dalla legge, è in forma gratuita; diverso il discorso per gli over 35 che invece dovranno farsi carico delle spese notarili.

Da quanto apprendiamo ci sono resistenze da parte di alcuni notai nel redigere l’atto costitutivo, forse perchè gratuito. Lei cosa ne pensa?
I notai sono tenuti alla firma dell’atto, non possono rifiutarsi. Certamente il fatto che si tratti di un atto gratuito è un disincentivo per gli studi notarili, potrebbe quindi esserci una lista d’attesa più lunga. A ciò va aggiunto un altro fattore: ci sono state molte incertezze interpretative, in particolare per quanto riguarda l’atto costitutivo standard stabilito per legge. Qualcuno lo ha adottato pedissequamente, qualcun’altro ha invece sostenuto che si potrebbe aggiungere qualcosa, senza modificare il modello standard ma aggiungendo magari delle altre pattuizione fra i soci. Queste incertezze giuridiche, sommate al fatto che per un notaio si tratta di un lavoro in perdita, potrebbero spiegare una certa resistenza da parte degli studi notarili. Per la mia esperienza, non ho avuto notizia di questa reticenza da parte dei notai.

Se viene costituita una Srl semplificata da un under 35, al compimento del 35 anno di età cosa accade? E’ possibile passare alle seconda forma di Srl a capitale ridotto?
La legge è ancora molto nebulosa in materia e pone delle criticità. Mettiamo il caso che si tratti di una società costituita da più soci: è difficile che compiano tutti 35 anni nello stesso momento. Il meccanismo prevede che chi ha compiuto il 35 anno di età sia escluso dalla società: questo pone però tanti problemi nei rapporti interni fra i soci e potrebbe generare anche comportamenti opportunistici. I soci più giovani sanno che il più anziano (over 35) è obbligato a vendere le proprie quote, e se non vende, in ogni caso sarà fuori dalla società e verrà liquidato secondo dei criteri che potrebbero anche non essere del tutto remunerativi. E’ un meccanismo un po’ strano e molto lacunoso al momento.

Secondo lei, si poteva fare qualcosa di meglio per incentivare l’imprenditoria giovanile?
Forse era possibile risolvere alcune complicazioni operando una riforma più estesa della Srl. Oggi il capitale minimo di una normale Srl è di 10.000 euro, non si tratta di un importo altissimo ma richiede comunque una disponibilità economica. Forse si poteva ridurre drasticamente il capitale previsto per tutte le Srl o forse si poteva prevedere che il capitale sociale non fosse necessario. E’ una cosa che non è possibile fare con le Spa, perchè le società per azioni sono soggette a un vincolo comunitario che stabilisce la necessità di un capitale sociale di un valore minimo stabilito per legge. Questo vincolo non sussiste però per le Srl, perchè non esistono direttive in materia, e in tanti Paesi del mondo le società funzionano anche senza l’istituto del capitale sociale. A mio avviso, la legge poteva essere semplificata da questo punto di vista, fermo restando che il problema della necessità di una disponibilità economica, e di un capitale, sussiste. Se un imprenditore non ne dispone privatamente dovrà comunque ricorrere a finanziamenti e le Banche per finanziare chiedono garanzie ai soci: o il proprio capitale è congruo con l’attività economica che si vuole esercitare, oppure la Banca richiede altre forme di tutela, che si tratti di una fideiussione, di un’ipoteca o una qualsiasi forma di garanzia si voglia immaginare.

Restando in tema di giovani e imprese semplificate e a capitale ridotto, in Italia possiamo auspicarci per il futuro la presenza di forma di investimento come quelle già praticate nel mondo anglosassone dai Business Angels?
E’ quello che viene chiamato venture capital, ovvero chi decide di investire in start up, in nuove società in fase di avvio sapendo che investendo su 10 società, 8 falliranno, una andrà così così e un’altra invece potrebbe avere successo, magari diventando la nuova Apple. Il meccanismo è semplice: il ritorno che si avrà da quest’ultima remunererà anche tutti gli altri nove investimenti. Purtroppo non si tratta di un mercato particolarmente florido in Italia: alcuni tentativi sono stati fatti, ma la nostra mentalità è molto diversa, soprattutto se si ha l’obiettivo di interessare e coinvolgere dei privati o dei risparmiatori in un’avventura di questo tipo. C’è paura sempre, in un Paese come il nostro la fiducia è scarsa: investire significa dare una somma di denaro in mano a qualcun’altro, e prevale sempre la preoccupazione che con qualche trucco quel qualcuno non li restituisca più, non perchè l’azienda non vada bene, ma perchè preferisce metterseli in tasca.

Alessia CASIRAGHI

 

 

Idee imprenditoriali: Yoodeal.com e Freesmee.com

di Davide PASSONI

Chi ha detto che gli under 30 italiani sono dei bamboccioni? In giro ci sono talenti e cervelli che, con tante idee e tanta volontà, hanno creato e creano realtà imprenditoriali all’avanguardia che, a volte, sfondano anche all’estero. Guarda caso, quasi sempre realtà legate al web.

Uno di questi “ragazzi della porta accanto” è Alessandro Bruzzi, 24enne che dopo aver fondato e fatto maturare in Italia SosTariffe, ha deciso di intraprendere nuove strade verso altre avventure, sempre per ricercare innovazione e novità. A New York, finanziato da un fondo americano, segue il sito YooDeal.com, che sta trasformando nel primo personal shopper gratuito italiano.

Ora, in team con un altro giovane italiano, ha dato vita a Freesmee.com, sito che offre invio di sms e offerte promozionali personalizzate, attinenti al testo digitato nell’sms; una tecnologia complessa che si basa su un algoritmo di interpretazione semantica. E anche qui, si prevede l’ingresso entro pochi mesi di vari venture capital americani, che investiranno qualche milione di dollari.

Infoiva ha incontrato Bruzzi e si è fatto raccontare la storia di un ragazzo che, con tante idee e con la voglia di scommettere su se stesso, si sta creando una carriera strepitosa. Come vedete, basta poco per mettersi in proprio con successo.

Chi è Alessandro Bruzzi e perché ha scelto di essere un imprenditore?
Alessandro Bruzzi è un ragazzo di 24 anni che basa il suo lavoro sui principi di innovazione e creatività. La differenza tra creatività e pazzia è poca ma cerco sempre di vedere le cose in un modo nuovo, creando nuove soluzioni al servizio delle persone per semplificare e rendere migliori le cose che ogni giorno facciamo mentre lavoriamo, studiamo o ci divertiamo. Non si sceglie di essere imprenditori, credo si nasca e si cresca con una mentalità diversa: poi ci vuole solo il coraggio di rischiare e mettersi in gioco.

In che cosa consiste, in sintesi, il progetto YooDeal?
YooDeal è nato dall’esigenza di aiutare le persone a trovare sconti e offerte. Siamo in un periodo di profonda crisi, purtroppo, e sono nate diverse iniziative di acquisto collettivo che permettono di ottenere grandi riduzioni di prezzo a fronte di acquisti massivi. Un sistema semplice che è stato riproposto da numerose società ormai in Italia e nel resto del mondo. Da qui l’utilizzatore finale si ritrova ad avere un ampio bacino di offerte e promozioni, praticamente impossibile da consultare in tempi rapidi e in modo efficace. Ecco perché YooDeal è il personal shopper gratuito che consiglia gli sconti di cui realmente si ha bisogno, un po’ come Google ma solo per lo shopping in generale.

Prospettive e sviluppi di questo progetto?
Le prospettive di sviluppo di YooDeal sono enormi: le persone ogni giorno si trovano a dover effettuare acquisti (dal cibo, allo shopping personale e lavorativo), non solo in Italia ma in tutto il mondo. Siamo i primi ad aver concepito l’idea di YooRank, un algoritmo comportamentale in stile Google che, a seconda di chi tu sei, ti propone effettivamente le migliori informazioni di cui hai bisogno. A oggi siamo impegnati nello sviluppo di funzionalità per ricerca e semantica oltre all’ampliamento dei Paesi in cui siamo presenti.

Hai mai pensato a progetti imprenditoriali “classici”, ossia estranei al digital?
Non ho mai pensato all’imprenditoria classica perché sono un nativo digitale: ho avuto il mio primo computer a 6 anni, quando c’erano i Pentium I, e vedo la mia vita ormai in simbiosi con internet, consapevole del fatto che, cresciuto in questo modo, posso capire meglio e più velocemente i bisogni delle persone. E internet è uno strumento straordinario che ti permette di creare le cose rapidamente e renderle disponibili a tutti, insomma una vera e propria democrazia.

Il tuo caso dimostra che se si hanno delle buone idee e qualcuno disposto a finanziarle, fare impresa in Italia non è poi così frustrante. Un paio di consigli a chi ha queste idee, per farle funzionare e fruttare…
Le idee sono alla base, ma ancora prima di questo vengono le persone. E’ fondamentale investire su se stessi, studiare e conoscere sempre cose nuove. Credo che sopra ogni cosa, fare esperienze all’estero e con persone straniere aiuti tantissimo ad ampliare la propria mentalità. Fare impresa in Italia è difficile ma non impossibile: il mondo digitale aiuta a superare molte barriere e bisogna credere fino in fondo in ciò che si fa, senza mai però innamorarsi delle proprie idee ma valutarle con oggettività e razionalità. Il consiglio principale per chi vuole fare una propria impresa è di provarci, sempre. Iniziare a sviluppare un prototipo e metterlo al vaglio degli utilizzatori (user is the king): se il riscontro è positivo dall’Italia o dall’Estero arriveranno sicuro le risorse finanziarie per espandere e consolidare la propria impresa. Ricordiamoci però che la fortuna non esiste: posso dire di aver avuto fortuna perché l’ho cercata e l’ho trovata. Lavorare sodo, 14-16 ore al giorno con ritmi serrati e attorniandomi persone di grande qualità e competenza che rimangono alla base per far diventare le proprie idee grandi.

Che cosa vuole fare Alessandro Bruzzi… “da grande”?
Vuole fare il papà. Devo grande parte del mio successo a mia madre e mio padre e spero di dare la stessa impronta ai miei figli perché è fondamentale saper dare i giusti valori sin da piccoli. Per il lavoro farò sempre ciò che mi piace fare: mio padre mi ha insegnato che non esiste un lavoro migliore di un altro o più dignitoso. Dal muratore a Steve Jobs, basta metterci la stessa passione.