Versamenti Iva e altre imposte slittano al 20 luglio 2023

Con il comunicato n° 98 il Ministero dell’economia e delle Finanze ha provveduto a rendere noto che a breve sarà adottata una disposizione normativa per la proroga della scadenza Iva al 20 luglio 2023. ecco i dettagli.

Perché c’è la proroga dei versamenti Iva?

Il Consiglio nazionale dei commercialisti nelle settimane scorse aveva reso noto che era stata intrapresa una interlocuzione con l’Agenzia delle entrate e il Mef al fine di prorogare il termine per la presentazione della dichiarazione Iva e il versamento dell’imposta in scadenza al 30 giugno.

Alla base di tale richiesta vi era il ritardo nella pubblicazione del decreto con i questionari Isa.

Con il comunicato n°98 del Mef è stato reso noto che saranno effettivamente prorogate al 20 luglio 2023 i termini per la presentazione della dichiarazione Iva, Irap e redditi per i soggetti Isa e per coloro che hanno aderito al forfettario e al regime dei minimi.

Le nuove scadenze sono:

  • 20 luglio 2023 senza maggiorazione;
  • 31 luglio 2023 con la maggiorazione dello 0,40%.

Sono fuori dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari secondo quanto disposto dagli artt. 32 ss. del TUIR .

Proroga pagamento imposte: chi riguarda?

La proroga riguarda le imposte derivanti dalle dichiarazioni viste, di conseguenza:

  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP;
  • saldo 2022 ed eventuale primo acconto 2023 per addizionale comunale Irpef;
  • saldo 2022 addizionale regionale Irpef;
  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 della “cedolare secca sulle locazioni”
  • altre imposte sostitutive o addizionali
  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IVIE e/o dell’IVAFE;
  • IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità in base agli ISA;
  • la proroga al 20 luglio riguarda anche il saldo Iva che doveva essere versato entro il 16 marzo scorso e che poteva essere versato entro il 30 giugno con la maggiorazione allo 0,40%. Naturalmente la proroga al 20 luglio si intende con la maggiorazione.

Leggi anche: Isa 2022, congelati gli indici sintetici di affidabilità per alcune partite iva

Iva non pagata: pagamento o crisi di impresa. Comunicazione dell’Agenzia

Stanno creando molte polemiche le comunicazioni pervenute dall’Agenzia delle Entrate ai titolari di partite Iva che hanno un debito Iva superiore a 5.000 euro. La comunicazione, infatti sollecita ad effettuare il pagamento oppure aprire una crisi di impresa.

Perché i contribuenti stanno ricevendo l’invito ad aprire una crisi di impresa?

Questa particolare novità deriva dall’articolo 30 sexies del decreto legge 152 del 2021, questo prescrive che a far data dalle comunicazioni periodiche Iva relative al primo trimestre 2022 (LIPE) in caso di omessi versamenti dell’imposta superiori a 5.000 euro, l’Agenzia delle Entrate debba provvedere alla comunicazione al contribuente e all’organo di controllo, ad esempio collegio sindacale, di tale omissione invitandolo ad adempiere oppure a valutare l’ipotesi di aprire una crisi di impresa.

L’Agenzia delle Entrate in applicazione di questa normativa ha provveduto a tali comunicazioni che ovviamente hanno destabilizzato i contribuenti perché trattasi di una novità di cui molti non erano a conoscenza.

Per maggiori informazioni sulla crisi di impresa, leggi l’articolo: Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: cos’è la crisi di impresa

Aprire la crisi di impresa non è un obbligo anche se l’invito arriva dall’Agenzia delle Entrate

Deve essere sottolineato che l’invito a valutare l’ipotesi di una crisi di impresa non è un obbligo e non rappresenta la fine dell’impresa, cioè l’imprenditore non è obbligato. Il legislatore parte dal presupposto che se un’azienda ha un debito Iva superiore a 5.000 euro, molto probabilmente ha delle difficoltà economiche e di gestione dell’ impresa che potrebbe essere in passivo. Di conseguenza lo invita a prendere dei provvedimenti.

Ricordiamo però che il nuovo codice della crisi di impresa, che si adegua alle direttive dell’Unione Europea in materia, è diffondere la cultura della prevenzione e del salvataggio delle aziende in crisi e quindi agire in modo tempestivo al fine di risanarla. La comunicazione dell’Agenzia delle Entrate volta ad invitare il contribuente a valutare l’ipotesi di una crisi di impresa è quindi un modo per mantenere in vita in Italia solo aziende sane e in grado di apportare benefici sociali in termini occupazionali e di Pil.

Molto probabilmente l’entrata in vigore della norma è poco tempestiva considerando il panorama economico del Paese, ma la stessa Agenzia ha tenuto a precisare che la comunicazione è un semplice adempimento a cui è tenuta nel rispetto della legge.