Vino, quando l’export è spumeggiante

Per una volta, vale a pena stappare una bottiglia per festeggiare i buoni risultati di un settore della piccola impresa italiana. Parliamo del settore vitivinicolo, nello specifico di quelle cantine la cui specialità sono le bollicine made in Italy.

I dati dell’export (sì, sempre l’export, alla faccia del mercato interno…) di vino e bollicine italiane nei primi sei mesi del 2013, forniti da un’analisi di Assoenologi, sono più che incoraggianti. Le vendite all’estero di vino italiano nei primi sei mesi del 2013 sono cresciute dell’8,4% in valore nonostante una contrazione (-3,1%) dei volumi. Se però si guarda al settore degli spumanti, la tendenza della crescita dei valori e dei prezzi medi a fronte di un calo dei volumi, si inverte.

La crescita delle bollicine italiane a giugno 2013 è stata del 10,5% nei volumi e del 17,9% del fatturato grazie a un progresso del 6,7% nei prezzi. In 4 anni il valore delle etichette a denominazione d’origine (escluso l’Asti) è salito da 65,4 a 160,2 milioni di euro (+144%). La crescita nel primo semestre 2013 è stata del 27,8%, contro un +17,6% dell’Asti. Lo “spumante generico” ha invece fatto registrare un valore delle vendite di 44,2 milioni di euro (+12%).

Il fatturato estero del vino italiano è sostenuto dal favorevole andamento del prezzo medio delle bottiglie esportate, passato da 2,13 euro al litro a 2,38 euro (+11,9%).

Buone notizie anche sul fronte dei mercati, dove vincono quelli tradizionali, Stati Uniti (+9,6%) e Germania (+9,5%). Buone performance anche nel nord Europa (Svezia +15%, Norvegia +11,3%) e dall’estremo oriente (Corea del Sud +21,2%), mentre alcuni mercati considerati promettenti hanno fatto registrare brusche frenate: Cina (-0,7% in valore, -41% in volume), Russia (-26,1% in quantità), Giappone -11%. Ci si salva con il prezzo medio, cresciuto del 71% in Cina, del 57% in Russia, dell’11% in Brasile, del 15,4% in Gran Bretagna e dell’11,5% in Svizzera.

Tempo di vendemmia. Come stanno le imprese del vino?

di Davide SCHIOPPA

Autunno, tempo di tensioni sociali, manovre di stabilità, preparativi per il Natale e, soprattutto, tempo di vendemmia. Quello del vino è uno dei settori italiani a maggiore densità di piccole e medie imprese ed è un ambito nel quale, secondo una vulgata un po’ troppo ottimistica, la crisi si percepisce meno, mentre in realtà non sono poche le ombre che si allungano sull’enologia italiana.

C’è da dire, però, che a salvare nel complesso il settore dalle tempeste della crisi globale, nel mondo della vitivinicoltura contribuisce in maniera decisa quella regola propria dell’intero settore manifatturiero italiano secondo la quale le imprese maggiormente vocate all’export vedono salvaguardati in maniera più forte il loro business e i loro fatturati. E pochi prodotti come il vino, in Italia, hanno una fortissima proiezione sui mercati internazionali.

E, in effetti, nel 2012 l’export dei vini italiani è cresciuto del 6,5% in termini di fatturato, per un totale record di 4,7 miliardi di euro. Una cifra che vale il 50% del vino prodotto in Italia. Questo significa che la metà della produzione rimane sul mercato interno e, se i dati sono quelli dello scorso anno, ecco una delle ombre delle quali accennavamo all’inizio. Nel 2012, infatti, in Italia si sono versati 22,6 milioni di ettolitri in meno rispetto al 2011, pari a una flessione del 2%. Poca cosa, sembrerebbe. Ma nel Paese del vino, tanto poca non è.

Anche perché, come è tipico del tessuto produttivo italiano, la maggior parte delle cantine è costituita da realtà medio-piccole, capaci di darsi forza aggregandosi in consorzi e consorzietti ma incapaci di far valere il proprio peso in modo incisivo a livello nazionale e, soprattutto, incapaci di porsi sul mercato estero parlando una sola voce. Quando i nostri concorrenti più temibili, i francesi, sanno valorizzare e far passare come delle perle anche i vini più sfigati o, comunque, di minor pregio e qualità dei nostri. Basta parlare di “terroir” e tutto sembra un mondo magnifico…

Ecco perché vale la pena fare quattro passi tra botti e cantine per capire che aria tira e per capire, soprattutto, quanto rischiamo di perdere, come imprese, addetti e volumi, anche in un settore dove saremmo primi indiscussi al mondo. Alla faccia dei terroir.

Le Confederazioni dell’Agricoltura e UniCredit insieme per esportare il vino italiano

Nell’ambito di Vinitaly, presso la Fiera di Verona, è stato presentato UniCredit International per il Vino, il progetto della Banca che mette a disposizione delle pmi del settore vitivinicolo un’offerta dedicata di servizi a supporto del processo di internazionalizzazione.
A presentare l’accordo erano presenti Ettore Riello, Presidente Veronafiere, e Giovanni Mantovani, Direttore Generale Veronafiere, oltre a Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit, Gabriele Piccini, Country Chairman Italy UniCredit, Mario Guidi, Presidente nazionale Confagricoltura, Sergio Marini, Presidente nazionale Coldiretti, Giuseppe Politi, Presidente nazionale Confederazione Italiana Agricoltori.

Al fine di valorizzare il vino italiano all’estero, le tre Confederazioni dell’Agricoltura hanno sottoscritto un accordo con UniCredit, decise ad affiancare la Banca per poter cogliere le esigenze specifiche del settore vitivinicolo e per promuovere prodotti, servizi e iniziative che possano portare al successo questa importante iniziativa.
In questa ottica l’intesa vuole anche favorire la crescita dell’occupazione in Italia, in un settore, l’enoturismo, dalle tante potenzialità.

“UniCredit International per il Vino” nasce nel filone di “UniCredit per l’Italia”, l’iniziativa lanciata lo scorso anno dalla Banca per mettere a disposizione degli imprenditori italiani una serie di iniziative di sostegno nei percorsi di investimento e innovazione.
Per fare ciò, le imprese saranno accompagnate e guidate verso i mercati esteri, in particolare facendo leva sulla presenza consolidata su territorio internazionale delle banche del Gruppo.

Dopo aver internazionalizzato oltre 8mila imprese, UniCredit International per il Vino si pone lo stesso traguardo, grazie anche alla collaborazione di Confagricoltura, Coldiretti e Cia, che mettono a disposizione delle pmi del settore vitivinicolo una serie di servizi a supporto della crescita dell’operatività sui mercati esteri.

La Banca e le Confederazioni collaboreranno per selezionare le aziende che rappresentano l’eccellenza della filiera vitivinicola, dotate non solo di solide basi, ma anche di potenziale di crescita elevato, ovvero quelle che possono garantire maggior successo a livello internazionale.

UniCredit e le Confederazioni hanno anche intenzione di proporre iniziative B2B con buyer stranieri, nonché missioni estere e orientamento e formazione per le imprese, per accrescere le competenze degli imprenditori, in particolare verso lo sviluppo delle esportazioni.

Per completare l’offerta, già di per sé interessante, la banca ha anche introdotto WineCredit, ovvero forme di finanziamento per l’acquisto di attrezzature e messa a punto di impianti, ma anche per gli anticipi sulle vendite e sugli acquisti di prodotti agroalimentari, oltre, ovviamente, al supporto per le spese di promozione all‘estero.

Vera MORETTI

Un “monitor” per il vino italiano

Le imprese italiane che operano nel settore vitivinicolo hanno nell’export il loro punto di forza e la loro ancora di salvezza. Spesso, però, le dimensioni limitate non permettono a tante di loro di poter tenere un occhio costante e continuo sul mercato del vino, che cambia velocemente ed è sempre più dipendente dall’export e quindi da mercati anche molto diversi fra loro. Proprio per dar loro una mano ad avere il polso di questo mondo in rapido mutamento, Nomisma ha lanciato Wine Monitor, un osservatorio che si propone di guidare i produttori nella ricerca dei mercati migliori per il vino italiano e per il loro sfruttamento.

Attraverso il sito dedicato www.winemonitor.it, le imprese potranno disporre di dati, informazioni e indicazioni strategiche in tempo reale sui consumi di vino nei vari mercati mondiali, comprese le caratteristiche e i fattori di successo che variano di importanza fra Paese e Paese: se, per esempio negli Usa c’è attenzione per il vitigno e per il brand, in Germania conta soprattutto l’origine.

Ogni mercato ha infatti le sue peculiarità in termini di gusti, consumo, canali distributivi, norme all’ingresso e vincoli tariffari che non sempre sono facili da decifrare e tradurre in scelte aziendali per imprese che, in molti casi, non vanno al di là della dimensione familiare. I produttori di vino con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro sono infatti meno di 30, cui si deve il 40% dell’export, mentre il 60% del vino esportato avviene a opera di piccole e medie imprese. Nel 2012 il mercato del vino prodotto in Italia, ha fatto segnare un record nelle esportazioni con 4,66 miliardi di euro di vini venduti oltreconfine (+6,6% sul 2011), per un quantitativo pari a 21 milioni di ettolitri.

Wine Monitor cerca di mettere a disposizione delle imprese il maggior numero di informazioni di mercato possibili, grazie all’apporto scientifico di analisti economici e di mercato, di esperti di comunicazione, promozione e internazionalizzazione del vino, oltre alla collaborazione con enti e istituti capaci di fornire informazioni di mercato utili alla comprensione delle tendenze in atto: tra questi figurano Symphony Iri, Demetra e Borsa Merci Telematica Italiana.

Italia, medaglia d’oro del vino

Se i consumi interni di vino calano in Italia, ci consoliamo con il boom dell’export. E questo lo abbiamo già scritto nei giorni scorsi. Ora consoliamoci con un’altra buona notizia, per le imprese del vino e per il sistema-Paese: nel 2012, l’Italia ha superato di nuovo la Francia nella sfida su chi dei due è il maggior produttore mondiale.

Un dualismo che data praticamente da sempre e che ancora una volta il nostro sistema produttivo ha vinto nonostante la crisi e il calo globale della produzione. Lo scorso anno il raccolto del nostro Paese si è assestato, secondo i dati di Coldiretti, intorno ai 41 milioni di ettolitri, con un calo del 3% rispetto al 2011 ma con un innalzamento della qualità media delle uve raccolte.

Non tragga in inganno il -3%. Secondo Coldiretti, infatti, nonostante questo i cugini francesi sono stati distaccati nella corsa, dal momento che oltralpe il raccolto ha subito un tracollo del 19%, che ha portato la raccolta a 40,5 milioni di ettolitri. Anche il loro cavallo di battaglia, lo champagne, secondo l’organizzazione mondiale della vigna e del vino ha subito cali importanti, con punte che hanno toccato il 26%.

Questi cali si sono comunque riflessi a livello mondiale, dove la quota di mercato di Italia+Francia, essendo preponderante, ha trascinato giù l’intera produzione globale. Coldiretti stima infatti una raccolta di 248,2 milioni di ettolitri, il livello minimo dal 1975, e un -6% rispetto alla raccolta 2011. Al calo delle due nazioni leader si è infatti sommato quello registrato in Spagna (-6%), che rimane comunque il come terzo produttore mondiale con 31,5 milioni di ettolitri.

Interessanti i dati che vengono dagli altri continenti: aumenta il raccolto negli Usa e tocca i 20,6 milioni di ettolitri (+7%), diminuisce l’Argentina a 11,8 milioni di ettolitri (-24%), sale l’Australia a 11,6 milioni di ettolitri (+4%), percentuale pari a quella del Sudafrica dove la raccolta è arrivata 10 milioni di ettolitri.

Un’ultima chicca che solletica l’orgoglio tricolore: sempre secondo Coldiretti, lo spumante italiano va a fare da maestro in casa del professore, dal momento che l’export delle nostre bollicine cresce del 35% in Francia. Adieu monsieur champagne…

La Gdo e il vino, storia di un amore incrinato

Molte piccole imprese vitivinicole italiane vivono grazie alla grande distribuzione. Preoccupa, quindi, il dato emerso dalla ricerca di SymphonyIRI Group sull’andamento del mercato del vino e sui vini più venduti nella Grande Distribuzione (Gdo) nel 2012, che sarà presentata a Vinitaly 2013. Diminuiscono, infatti, nel 2012 le vendite di vino nei supermercati: per la prima volta negli ultimi 10 anni anche la bottiglia da 75 cl evidenzia un dato a volume negativo, con un calo per quanto riguarda il totale del vino confezionato del 3,6% a volume rispetto al 2011.

Nonostante la tendenza negativa, aumentano del 3,3% le vendite del vino in bottiglia a denominazione d’origine nella fascia di prezzo superiore ai 6 euro. Flessione più contenuta per il vino in brik che perde l’1,7%, tengono le bollicine con un –0,6% e crescono anche le vendite del vino a marca commerciale, prodotto dalle catene distributrici (+1,9% sempre a volume).

L’analisi dettagliata delle statistiche evidenzia che il 2012 è stato un anno caratterizzato da un forte aumento dei prezzi dei vini nella Gdo: del 5,5% per il totale del vino confezionato, del 4,5% a litro per le bottiglie di 75 cl a denominazione d’origine e del 10,1% per i brik. Questi aumenti rendono problematici i raffronti con l’anno precedente perché molti prodotti, aumentando di prezzo, sono andati a collocarsi nella fascia superiore. Per esempio, i vini a denominazione sotto i 2 euro (una fascia di prezzo che rappresenta il 25,2% del mercato) perdono a volume il 18,3%, ma proprio perché tanti prodotti sono passati alla fascia di prezzo centrale, quella tra 2 e 4 euro che copre la maggiore quota di mercato, quasi il 50%. A proposito di quote di mercato, è interessante notare che la fascia di prezzo tra i 4 e i 6 euro copre il 14,8% del mercato e quella sopra i 6 euro il 5,4%.

Parlando, invece di quote di mercato globale, i vini a denominazione raggiungono il 56,1% delle vendite di vino nella Gdo, mentre i brik il 31,5% (sempre a volume). La spinta promozionale rispetto al 2011 non è aumentata, mantenendosi stabile, mentre i prezzi medi di una bottiglia di 75 cl a denominazione d’origine è di 4,28 al litro, e di 1,24 per il brik.

Il vino più venduto nei supermercati italiani è il Lambrusco con più di 14 milioni di litri per un valore di 44 milioni di euro. Seguono Chianti, Montepulciano d’Abruzzo, Barbera, Bonarda. Va sottolineato il calo delle vendite a volume del Nero d’Avola (-30,2% a volume), dovuto ad un aumento del prezzo del 20,8%, un fenomeno che si ripete anche per altri vini.

Tra i vini “emergenti”, cioè quelli che fanno registrare una maggior crescita a volume, boom del Pecorino, prodotto nelle Marche e in Abruzzo, con un +23,8%, seguito da Pignoletto, Grillo, Traminer, Falanghina. Aumentano le vendite delle bottiglie a denominazione a marca commerciale, distribuite dalle insegne della Gdo con nomi di fantasia o col proprio nome, che aumentano di prezzo e di qualità.

La marca commerciale arriva così a conquistare una quota di mercato del 14,7% (bottiglie più brik). Le scelte strategiche delle aziende distributive hanno portato a qualificare il prodotto, che ora è presente con maggiore frequenza in segmenti nobili del mercato, diversificando in questo modo la propria offerta al consumatore e ampliando il proprio target di riferimento. Una politica premiata dai clienti, che anche nel vino hanno ora nella marca privata un valido punto di riferimento.

Secondo Alberto Coldani, rappresentante di Federdistribuzione a Vinitaly 2013 e Direttore Acquisti PGC di Carrefour, “in un mercato difficile come quello attuale anzitutto è necessario sottolineare i positivi risultati ottenuti dalla marca privata, cresciuta dell’1,9% in quantità e del 9,2% in valore, quest’ultimo dato per il suo ingresso in fasce di prezzo più alte. Per contrastare la tensione sul mercato, la Gdo ha intrapreso piani promozionali molto forti che hanno contribuito a ridurre i margini delle catene e, spesso, impedito di assorbire l’elevata inflazione all’acquisto. Oltre alle preferenza accordate in modo sempre crescente alla marca commerciale abbiamo rilevato, e credo continueremo a farlo nel 2013, un aumento delle vendite a volume – del 3,3% nel 2012 – per i vini di prezzo superiore ai 6 euro, un forte segnale che attesta la ricerca, oltre che della convenienza, anche della qualità“.

Imprese vinicole, qualche cifra

Lo abbiamo anticipato nella nostra consueta introduzione al tema settimanale. Il mondo delle imprese italiane che operano nel settore vitivinicolo non è tutto rose e fiori come la retorica legata al prodotto vino potrebbe far pensare. I problemi ci sono e anche in questo settore le aziende meno vocate all’export soffrono i morsi della crisi. Fortunatamente, il vino italiano continua ad andare forte nel mondo e chi esporta tutto sommato se la cava ancora bene. Ma occhio a un dato da non sottovalutare: lo scorso anno in Italia è calato il consumo di vino, mentre è cresciuto all’estero.

I dati emergono da un’analisi effettuata da Coldiretti, secondo la quale nel 2012 gli italiani hanno consumato 40 milioni di litri di vino in meno rispetto al 2011. I consumi interni di vino sono dunque calati del 2%, per un valore di 22,6 milioni di ettolitri. Un calo che, secondo Coldiretti, è stato quasi del tutto compensato dalle esportazioni, dal momento che sui mercati esteri il vino tricolore ha conquistato una posizione competitiva di primo piano, in una situazione in cui si sta profondamente modificando la mappa internazionale della domanda di vino.

Il consumo mondiale di vino è infatti in aumento e ha toccato lo scorso anni i 245,2 milioni di ettolitri (+0,6% sul 2011), grazie all’aumento della domanda in Cina con 18 milioni di ettolitri (+9%). Segno più anche negli Usa che, con 29 milioni di ettolitri (+2%), seguono da vicino la Francia, ancora al top dei consumi con i suoi 30 milioni di ettolitri.

Se fuori dall’Europa è un segno più ovunque, il Vecchio Continente è stabile: Germania, Portogallo e Grecia (nonostante la situazione interna catastrofica) tengono, mentre calano i consumi, oltre che in Italia, anche in Spagna, dove si sono consumati 60 milioni di litri in meno. Le esportazioni hanno toccato il valore record di 4,7 miliardi di euro (+6%) per il vino made in Italy, che si classifica come il prodotto agroalimentare italiano più esportato nel 2012.

Secondo Coldiretti, le situazioni cinese e americana meritano di essere valutate con molta attenzione. Negli Usa, infatti, il vino italiano ha superato il tetto di un milione di euro in controvalore (+6%), mentre un incremento a due cifre si è registrato in Cina, dove le bottiglie italiane stanno conquistando sempre più spazi di mercato (+17%, da 66 a 77 milioni). Una dinamica che, secondo Coldiretti, coinvolge l’intero continente asiatico, che si rivela terra di conquista per i nostri prodotti, con un aumento netto del 20%.

Se è vero che circa il 50% delle aziende vitivinicole italiane esporta, è bene che l’altra metà si dia una mossa guardando a queste cifre…

Piccoli e grandi, tutti a Verona

L’Italia delle mille cantine, delle mille imprese, familiari e non, che di vino e per il vino vivono, producono, sfidano la crisi e tengono alto l’onore della nostra bilancia commerciale si ritroverà anche quest’anno al Vinitaly di Verona. La 47esima edizione, in programma dal 7 al 10 aprile 2013 vedrà la presenza di oltre 4.200 aziende da oltre 20 Paesi, su una superficie superiore a 95mila metri quadrati. Di fatto, è la più ampia piattaforma mondiale per il business, la promozione, le relazioni istituzionali, i buyer e gli appassionati. E non poteva essere che in Italia, naturalmente…

Vinitaly è dunque l’appuntamento con la A maiuscola per le aziende del settore vitivinicolo. Secondo una ricerca sulla soddisfazione del cliente, realizzata al termine della scorsa edizione oltre il 90% degli espositori di Vinitaly ha consolidato la propria immagine, avuto un feedback sull’interesse per i propri ed è riuscita ad avere un quadro chiaro del mercato e la concorrenza. Un coro unanime sia per gli espositori italiani, sia per quelli stranieri.

L’edizione che prenderà il via la prossima settimana vedrà per la prima volta una delegazione ufficiale del Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese, Paese a cui guarda con golosità l’intero export enologico internazionale, visto che può contare su 190 milioni di acquirenti online. In questo quadro, avrà grande importanza il seminario sul futuro del vino italiano in Cina, all’interno dell’iniziativa Digital Media Technology & Wine Series, che aiuterà le aziende del settore a conoscere il mercato cinese e ad avvicinarlo attraverso i canali tradizionali ma soprattutto internet, e-commerce e social media. In questo senso, VinitalyWineClub porta a Verona e-commerce e social media all’interno del mondo del vino.

E siccome la realtà italiana del vino è fatta di migliaia di piccoli che per sopravvivere devono guardare al mondo, non ci sarà solo la Cina. Attraverso un’attività di incoming mirato, nuovi operatori e buyer internazionali guarderanno con interesse al vino italiano: da Africa, Australia, Giappone, Hong Kong, Malesia, Medio Oriente, Nordamerica, Russia, Singapore, Sudamerica, Taiwan, Thailandia, Vietnam.

Da sottolineare un momento unico per le piccole imprese vinicole italiane. L’Ice ha infatti scelto Vinitaly per portare alcune delegazioni commerciali provenienti da  tutto il mondo per una serie di incontri B2B con le aziende interessate all’export.

Vinitaly si conferma quindi un vero sistema a rete che include VinitalyWineClub, Sol&Agrifood, Enolitech, OperaWine e Vinitaly International, che si pone in prima linea per portare il vino italiano nei mercati a più alto tasso di crescita come Usa, Cina e Russia. Sistema a rete: la prova che si può fare, parlare la stessa lingua per essere più forti sui mercati.

Il futuro del Made in Italy è nell’e-commerce

Le imprese italiane che hanno deciso, anche in tempi di crisi, di puntare sull’export sono state ricompensate: i loro redditi godono di maggior salute rispetto a quelle che, invece, hanno concentrato i loro commerci sul mercato interno.
Ora, però, è il momento di fare un’ulteriore passo avanti, e cavalcare l’onda dell’e-commerce, che piace molto soprattutto agli asiatici.

Le cifre, a questo proposito, parlano chiaro: adesso l’e-commerce muove un giro d’affari di 1 miliardo di dollari in tutto il mondo, ma secondo il rapporto “Asia B2C eCommerce Report 2013” in Cina questo business crescerà addirittura del 30% entro il 2016.
Non saranno solo i cinesi, ma anche indonesiani e sudcoreani che cercheranno online la qualità e la fama dei prodotti Made in Italy, perché in questi tre Paesi stanno aumentando i consumatori ricchi che quindi possono permettersi le grandi griffe italiane.

Per poter raggiungere i clienti orientali, occorre creare siti ad hoc, ovvero più vicini ai gusti della clientela dagli occhi a mandorla, anche dal punto di vista della lingua.
Inoltre, oltre ai settori più “gettonati”, come abbigliamento ed automobili, bisogna permettere anche all’agroalimentare di farsi strada, poiché è il settore, in questo momento, dal maggior potenziale.
Tutta la produzione del Made in Italy trarrebbe giovamento, infine, se fosse presentata su un portale web destinato alla promozione dei prodotti in Cina.

In questo senso, ha dimostrato di essere particolarmente attivo il vitivinicolo, come ha dichiarato Giovanni Mantovani, direttore di Verona Fiere, la sede di Vinitaly, per il quale la Cina è la Mecca dei produttori di bottiglie: “Un paese che nel 2012 ha visto i propri consumi di vino crescere del 6% e che è ormai diventato il terzo mercato mondiale per i vini rossi. Per questo Vinitaly dedicherà proprio alla Cina uno spazio importante con la prima visita in Italia di una delegazione guidata dal ministro per il Commercio estero cinese e un seminario nel quale verrà approfondita la realtà del mercato cinese e verranno illustrate alcune best practices. Perché se è vero che abbiamo terreno da recuperare in Cina, questo non significa che non ci siano imprese made in Italy che abbiano avuto successo in Cina“.

Vera MORETTI

Contro la crisi…beviamo vino!

di Vera MORETTI

Verona capitale del vino, almeno fino al 28 marzo, quando Vinitaly chiuderà i battenti.
Da domenica scorsa, infatti, è in corso la fiera dedicata al vino, dove, a farla da padrone, sono le bottiglie italiane.

Il bilancio del settore, secondo i dati presentati da Dino Scanavino, vicepresidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, è del tutto positivo, perché “in una fase in cui la disoccupazione e’ a livelli altissimi nel Paese, proprio il pianeta vino crea posti di lavoro e nuove imprese, soprattutto tra i giovani e le donne, ovvero le categorie da sempre più deboli e svantaggiate“.

I numeri, a questo proposito, parlano chiaro: in Italia ci sono 250mila aziende vitivinicole, per la maggior parte Pmi, che danno lavoro a più di 200mila addetti, 50mila di questi sono giovani. Se si allarga il campo all’indotto, le aziende arrivano ad essere 400mila unità, con, in totale, 1,1 milioni.
Inoltre, tra le donne a capo di imprese agricole, 538mila in totale, il 30% conduce aziende vitivinicole. In questa percentuale, il 70% lavora nelle cantine, l’11% si occupa di ristorazione, un 9% è sommelier e un altro 9% è addetta alla comunicazione.

Il vino, dunque, è diventato protagonista dell’economia italiana, tanto da essere, ormai, una delle voci primarie nel prodotto interno lordo, ancora più del settore automobilistico, che, lo sappiamo, ha pesantemente risentito della crisi e dell’innalzamento dell’Iva.

E il successo di questo settore si vede anche dai numeri di Vinitaly, che vanta il 30% dei visitatori provenienti dall’estero, da ben 110 Paesi, con un forte aumento di interesse da parte del Brasile, che registra +50% in tre edizioni, e della Cina, con un aumento addirittura del 250%.
Grazie a questi exploit sul mercato estero, il prodotto vino ha generato nel 2011 un fatturato diretto di dieci miliardi di euro con un export pari a 4,4 miliardi nel 2011, registrando un 12 per cento in più rispetto all’anno precedente, dei quali 1,3 provenienti dal Veneto.

Sarà per questo che la fiera, già da domenica, ha registrato un record di accessi? O per la partecipazione di personalità di rango, come, quest’anno, Mario Catania, ministro delle politiche agricole, e Luca Zaia, presidente della Regione Veneto?

Il ministro ha anche dichiarato: “Alla fine di un quinquennio oscuro il settore è più forte di prima perché ha saputo trovare la formula giusta per affrontare la situazione e cogliere i frutti di quelli che possono essere considerati gli elementi vincenti della produzione enologica nazionale: una varietà e un’identità territoriale unici al mondo, una presenza in tutti i segmenti di mercato con un ottimo rapporto qualità prezzo e una capacità di esportare diffusa a tutto il sistema, con grandi e piccole aziende capaci di confrontarsi con i competitor internazionali con grandi numeri o nelle nicchie di mercato“.

Primo obiettivo di Vinitaly rimane sempre quello di offrire alle aziende opportunità di crescita in Italia ma anche all’estero, anche se, ogni anno, propone novità importanti. Questa edizione, ad esempio, ha visto il debutto di Vivit, la rassegna dedicata ai vini biologici e biodinamici, e l’anteprima di Opera Wine, realizzata in collaborazione con Wine Spactator.