Vinitaly chiude col botto e rilancia

L’edizione 2016 di Vinitaly si è chiusa mercoledì 13 con una sfilza di segni +. In crescita buyer e affari, con visitatori sempre più qualificati, quasi 50mila presenze straniere, con 28mila buyer accreditati dai mercati internazionali, +23% rispetto al 2015, grazie al potenziamento delle attività di incoming di Vinitaly e del Piano di promozione straordinaria del made in Italy.

Inoltre, la manifestazione ha ospitato 130mila operatori da 140 nazioni e ha superato il record di 100mila metri quadrati netti espositivi, prima rassegna al mondo per superficie, con oltre 4.100 espositori da più di 30 Paesi. Sono stati 2.357 i giornalisti accreditati da 47 nazioni che hanno seguito Vinitaly.

La cifra del successo di Vinitaly 2016 sta tutta nelle cifre dei buyer esteri: Stati Uniti +25%, Germania +11%, Regno Unito +18%, Francia +29%, Canada +30%, Cina +130%, Giappone (+ 21%, Paesi del Nord Europa +8%, Paesi Bassi +24%, Russia +18%. Dati positivi anche dal fronte interno, con gli operatori dal Centro e Sud Italia cresciuti in media del 15%.

Nei quattro giorni, oltre agli incontri b2b, si sono tenuti più di 300 appuntamenti tra convegni, seminari, incontri di formazione sul mondo del vino.

Il fuorisalone Vinitaly and the City ha registrato 29mila presenze, interpretando la strategia di diversificazione dell’offerta per gli operatori professionali a Vinitaly, da quella rivolta ai wine lover, appassionati e giovani con degustazioni, spettacoli ed eventi culturali nelle piazze del centro storico di Verona.

Il commento di Maurizio Danese, presidente di Veronafiere: “L’obiettivo era quello di dare un segnale chiaro alle aziende espositrici e ai visitatori, per fare in modo che la 50esima edizione di Vinitaly fosse quella che proiettava la rassegna nei prossimi cinquant’anni. L’aver saputo mantenere la parola data e creare un format che ha soddisfatto in pieno le attese, sia per il wine business in fiera sia per il wine festival in città, con un’edizione di Vinitaly and the City dai grandi numeri, è motivo di orgoglio e di impegno per migliorare ulteriormente il prossimo anno”.

Gli ha fatto eco il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “Da questa edizione emergono segnali interessanti sia dall’estero sai dal mercato interno, confermando la capacità del Salone di interpretare le tendenze, mettere a frutto il lavoro di internazionalizzazione e capitalizzare esperienze importanti, come la realizzazione del Padiglione del Vino ad Expo 2015”.

Appuntamento per la 51esima edizione di Vinitaly dal 9 al 12 aprile 2017.

Credit foto: FotoEnnevi_Veronafiere

Vino, la Cina è lontana

Nei giorni scorsi si è fatto tanto clamore intorno all’incontro, tenutosi al Vinitaly, tra Jack Ma, fondatore della piattaforma cinese di e-commerce Alibaba, la più grande al mondo, e il premier italiano Matteo Renzi, per coinvolgere il colosso cinese in una grande operazione di promozione e vendita di vino italiano nel Paese del Dragone.

Clamore, a nostro avviso ben giustificato. Principalmente perché l’Italia, attualmente, non sfrutta quasi per nulla le potenzialità della Cina come mercato per il vino. Basti dire che la quota di mercato del vino italiano nel Paese è del 6%, contro il 55% di quello francese.

I margini di crescita sono quindi incalcolabili, specialmente se, come ha sottolineato in una nota Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, nei primi due mesi dell’anno il vino in Cina ha fatto segnare un “+59% di import in valore in euro“. Un treno del quale però l’Italia sta sfruttando poco le potenzialità.

La nota di Nomisma sull’import di vino in Cina lo ha messo in luce, anche in rapporto all’incontro tra Renzi e Ma: “Nell’orizzonte della tumultuosa crescita cinese, l’Italia sta giocando un ruolo marginale da Cenerentola, e i margini per crescere sono elevati“. “La Cina – ha proseguito la nota – corre e noi rincorriamo, ecco perché è utile l’incontro con Alibaba Group“.

Nel 2015 la crescita del vino in Cina è stata tumultuosa – ha aggiunto Pantini -: il Dragone lo scorso anno è diventato il quarto mercato mondiale per importazione di vini, surclassando il Canada. La Francia resta padrone incontrastato tra i vini importati in Cina (+44%), e sempre nel 2015, crescono in particolare Australia (+22%) e Sud Africa (+2%)“.

La nota si chiude guardando alle prospettive di crescita dell’import di vino in Cina per il 2016: “Nel primo bimestre, secondo i dati Wine Monitor Nomisma, l’onda lunga della crescita cinese continua imperterrita, segnando un +59% di import in valore in euro. Tra i principali Paesi da dove la Cina continua ad importare di più spicca l’Australia (+108%), mentre l’Italia conferma il ritmo del 2015 (+15%)“.

Nasce l’Osservatorio del Vino. Finalmente…

Il Vinitaly che si chiude oggi a Verona non è solo un momento di presentazione e di degustazione delle novità del vino, ma anche e soprattutto un’occasione di studio, analisi e riflessione. Specialmente se si considera che la mancanza di dati certi del settore, i numeri che variano a seconda delle fonti, ufficiali e non, e dei metodi di rilevazione sono sempre stati per il vino italiano un grande punto di debolezza.

Fino a qualche anno fa, era impossibile conoscere la superficie esatta del vigneto italiano e quindi il potenziale produttivo del nostro paese, così come sono stati molti gli anni in cui i numeri della vendemmia erano così diversi tra i dati previsionali e quelli consuntivi diffusi dall’Istat, da creare difficoltà agli operatori del settore, con scompensi e disorientamento a livello commerciale, e imbarazzo alle istituzioni nazionali nei confronti della Ue.

L’incertezza statistica sul vino italiano era dovuta tanto alle difficoltà del sistema di rilevazione pubblico, quanto alla mancanza di un organismo ufficiale e rappresentativo che monitorasse il mercato sul fronte produttivo, commerciale e distributivo e potesse diffondere in modo organico e competente analisi aggregate delle statistiche ufficiali riguardanti il vino, monitorando le fonti interne e internazionali e raccogliendo in autonomia i dati dalle imprese.

Una lacuna che ha penalizzato il settore del vino italiano – imprenditori ed aziende in primis – considerata l’estrema importanza assunta dalla conoscenza dei numeri di un comparto economico, delle statistiche produttive, delle dinamiche e dei trend del mercato sia per il decisore pubblico, sia per l’imprenditore e l’impresa che devono quotidianamente confrontarsi con un mercato vivo e in costante e continua evoluzione.

Per colmare questa lacuna nasce l’Osservatorio del Vino. Un’iniziativa dell’Unione Italiana Vini, sviluppata in risposta alle esigenze delle imprese vitivinicole italiane, desiderose di colmare questo vuoto e di offrire una risposta attendibile, capace di supportare le strategie di marketing delle aziende. Obiettivo dell’Osservatorio del Vino è dare sia alla politica sia alla pubblica amministrazione un quadro corretto del mercato, necessario per poter operare scelte normative e di regolazione efficaci e adeguate.

L’Osservatorio istituzionalizza e rende organico il rapporto di collaborazione nato tra Unione Italiana Vini e Ismea oltre vent’anni fa, che dalle previsioni vendemmiali si allarga a tutta la sfera produttiva e di mercato del vino italiano nelle sue segmentazioni geografiche, a livello interno e relativa ai diversi mercati internazionali, per tipologia di vino, per canale distributivo.

L’analisi dell’Osservatorio del Vino si allarga all’esplorazione delle strategie di marketing collegate alle evoluzioni del mercato proposte dal WINE management lab della SDA-Bocconi, che ha maturato negli anni una lunga esperienza nello studio e nelle analisi delle strategie di marketing del vino italiano.

Inoltre, la struttura di analisi e monitoraggio dei trend del vino italiano si avvarrà, come partner tecnico, dei ricercatori del Wine Monitor di Nomisma, che interverranno con alcune analisi di dettaglio che completeranno il lavoro svolto da tecnici dell’Ismea.

Le fonti dell’Osservatorio saranno:

  • Dati trasmessi delle aziende;
  • Fonti ufficiali (Istat Agenzia delle Dogane, Commissione Europea, Eurostat, Monopoli di Stato OIV, ecc.);
  • Fonti internazionali relative ai diversi Paesi (Agenzie private di analisi quali Global Trade Atlas, Wine Intelligence, PWSR, ecc,).

Gli ambiti di ricerca saranno:

  • Dati vendemmiali e di produzione del vino italiano;
  • Analisi dell’andamento dei prezzi all’origine (per tipologie, aree prodotto, ecc.);
  • Analisi dell’andamento dei prezzi al consumo (per tipologie, aree geografiche, canali, ecc.);
  • Analisi delle vendite mercato interno per canale, tipologia, area geografica;
  • Analisi dei mercati internazionali (singoli, aggregati, per tipologia, per canale ecc.);
  • Survey sui consumatori di vino italiani e sulle abitudini di acquisto e consumo nel fuori-casa ;
  • On Trade Tracking – Monitoraggio delle vendite di vino nell’on-trade italiano (riservato alle imprese vinicole).

L’Osservatorio avrà anche un output pubblico, con statistiche agli organi di informazione relative a dati aggregati dei principali trend di mercato, e uno riservato alle imprese associate all’Unione Italiana Vini che aderiscono all’Osservatorio, le quali potranno ricevere elaborazioni statistiche mirate a singoli prodotti e segmenti di mercato sulla base dei dati di volta in volta trasmessi dalle imprese stesse.

Meno vino prodotto, più vino esportato

Il vino italiano, protagonista in questi giorni al Vinitaly di Verona, fa registrare performance incredibili sotto il profilo dell’export, come abbiamo visto ieri, specialmente in rapporto alla quantità di vino prodotto.

Emerge dalla prima analisi su 50 anni di storia del vino italiano elaborata da Coldiretti, che sottolinea come in 50 anni la quantità di vino made in Italy venduto all’estero è cresciuta di quasi otto volte in volumi, nonostante la produzione sia calata del 30%.

Nello specifico, nel 1966 venivano esportati 257 milioni di litri di vino italiano, diventati 50 anni dopo 2 miliardi di litri (+687%), pari a circa il 20% dell’export mondiale. Parallelamente, la produzione di vino italiano è passata in mezzo secolo da 68,2 milioni di ettolitri ai 47,4 milioni di ettolitri.

Più vino esportato, meno prodotto, ma di migliore qualità, come testimonia il fatto che proprio nel 1966 nacque la prima Doc (la Vernaccia di San Gimignano) e che, in 50 anni, il peso delle doc sulla produzione enologica italiana è passato dal 2 al 32% e il primato europeo conquistato dal nostro Paese nella classifica del numero di vini a indicazione geografica: 73 Docg, 332 Doc e 118 Igt.

La riduzione di un terzo della produzione in 50 anni è stata accompagnata, in Italia, dalla riduzione a un terzo dei consumi annui medi pro capite, passati dai 111 litri del 1966 ai 37 di oggi. Anche in questo caso, secondo Coldiretti, il calo in quantità è stato compensato da un aumento di qualità: gli italiani bevono meno ma meglio.

I risultati di questa analisi sono stati ben sintetizzati dal presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo: “In mezzo secolo il vino è assurto a prodotto-simbolo del passaggio, ancora in corso non solo tra le vigne, ma in tutto il sistema produttivo italiano, da un’economia basata sulla quantità ad un’economia che punta invece su qualità e valore, scommettendo sulla sua identità, sui legami col territorio, sulle certificazioni d’origine. La decisa svolta verso la qualità ha messo in moto nel vino un percorso virtuoso in grado di conciliare ambiente e territorio con crescita economica e occupazionale“.

Un 2015 positivo per l’export del vino italiano

A Verona si sta celebrando, come ogni anno in questo periodo, il rito profano del Vinitaly. Come sempre accade, l’appuntamento clou per vitivinicoltura mondiale è anche l’occasione per fare il punto sul settore del vino made in Italy. Un punto positivo.

Secondo quanto riporta l’aggiornamento annuale dell’indagine sul settore vinicolo italiano e internazionale pubblicato dall’Area Studi Mediobanca in concomitanza proprio con il Vinitaly, il vino italiano continua a crescere all’estero.

L’analisi di Mediobanca è relativa a 136 società produttrici di vino con fatturato superiore a 25 milioni di euro, comprese 14 tra le maggiori imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro. Emerge che lo scorso anno i ricavi hanno fatto segnare una discreta ripresa (+4,8%), principalmente grazie all’export, ma grazie anche alla vivacità del mercato italiano.

Lo studio di Mediobanca sottolinea anche il robusto aumento degli investimenti in vino, la contrazione del mercato asiatico e la decisa espansione di quello nordamericano, le buone prospettive per il 2016 e l’interessante performance dell’indice di Borsa mondiale del settore del vino.

Nel 2015 la crescita del fatturato dei maggiori produttori  italiani è stata sospinta dall’export (+6,5%) e dagli spumanti (+10%) che hanno venduto all’estero il 15,2% in più rispetto al 2014. Meno brillante ma comunque positivo il dato del vino non spumante (+3,7% complessivo, +5,1% l’estero). Il buon andamento di export e produzione ha anche stimolato gli investimenti: +37,2% nel 2015.

Per quanto riguarda i mercati esteri più forti, bene il Nord America, verso il quale l’export è cresciuto del 13,3% e ha fatto salire la quota di mercato dell’area per il nostro vino al 34%. Calo marcato dell’Asia, -10% e una quota di mercato ridotta a un misero 3,9%.

In tutto questo, sullo scacchiere mondiale il principale sbocco per l’export del vino italiano rimangono i Paesi Ue (51,5%), in crescita del 3,7%. Poco più del 3,2% che caratterizza la crescita delle esportazioni in Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non Ue, che insieme fanno una quota di mercato del 9,1%; il restante 1,5% delle esportazioni è diretto in Sud America, dove crescono del 18,3%.

Enogastronomia made in Italy protagonista a Verona

Verona è sempre più crocevia dell’eccellenza made in Italy per il food e il beverage. In contemporanea con Vinitaly, alla Fiera di Verona si svolgerà infatti dal 10 al 13 aprile Sol&Agrifood, appuntamento di riferimento internazionale degli operatori del food alla ricerca di nicchie produttive di eccellenza, fatte di proposte tradizionali o innovative, ma comunque capaci di rispondere a richieste di fasce di mercato sempre più esigenti.

I prodotti del made in Italy maggiormente rappresentati sono l’olio extravergine di oliva, paste e prodotti da forno, birre artigianali, formaggi, cioccolata, caffè, conserve e condimenti, salumi, ma in Sol&Agrifood rientrano tutte le merceologie agroalimentari e ortofrutticole.

Diversa da una semplice fiera espositiva, la Rassegna Internazionale dell’Agroalimentare di Qualità è un luogo dove il marketing si fa dando ai buyer l’opportunità di sperimentare l’uso dei prodotti, con cooking show, educational e degustazioni guidate, e nel quale i cuochi vanno a lezione. L’obiettivo è quello di fare cultura, teorica e pratica, perché le differenze tra le eccellenze presenti e i prodotti industriali devono essere capite e apprezzate.

Visitata nel 2015 da quasi 15mila operatori esteri provenienti da 80 nazioni su un totale di oltre 64mila visitatori, Veronafiere realizza ogni anno per Sol&Agrifood un’attività di incoming di delegazioni commerciali estere, coadiuvata quest’anno da ICE-Italian Trade Agency con i finanziamenti del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy del ministero dello Sviluppo economico.

Ai buyer esteri vengono proposti incontri b2b con le aziende espositrici nell’Area Polifunzionale e la partecipazione ai cooking show e alle degustazioni di presentazione dei prodotti nell’Agorà.

Alle tradizionali aree tematiche dedicate alle birre artigianali, a Cheese Experience e al caffè con Taste of Coffee, si aggiunge quest’anno il nuovo spazio tutto made in Italy Salumi e Biodiversità, realizzato con l’Accademia delle 5T e in collaborazione con il Comune di Parma, unica città italiana a fregiarsi, dal dicembre 2015, del riconoscimento dell’Unesco di “città creativa per la gastronomia”.

Sol&Agrifood è, per l’olio extravergine di oliva di qualità, la fiera di riferimento a livello internazionale. Presenti, oltre alle tante aziende made in Italy con un’offerta di olii fortemente territoriali, anche le collettive istituzionali di Marocco e Croazia.

All’olio extravergine sono legate molte delle attività di degustazione e formazione, come Find the fake (Scova l’intruso), il minicorso con prova di assaggio comparativa tra i veri olii extravergine di oliva di alta qualità italiana e un olio di scarsa qualità, organizzato da Unaprol.

Infine gli olii extravergini di oliva, in particolare quelli che hanno ottenuto la gran menzione del concorso Sol d’Oro, sono protagonisti, assieme ai giovani cuochi della Federazione Italiana Cuochi, delle finali della Jam Cup, il primo Trofeo Junior Assistant Master della Fic. A fronteggiarsi in cooking show, i 16 concorrenti selezionati nei mesi precedenti. A loro il compito di cucinare piatti adatti alla tipologia di fruttato dell’olio che verrà loro assegnato.

Potevano forse mancare dei cuochi in questo grande appuntamento dedicato al made in Italy?

Il vino italiano torna a crescere nella Gdo

Manca ormai meno di un mese al Vinitaly, appuntamento numero 1 in Italia e nel mondo per il vino e la vitivinicoltura nazionale e si comincia a fare il punto su alcuni aspetti del settore enologico di casa nostra.

Uno dei più significativi di questi aspetti riguarda la crescita decisa delle vendite di vino italiano sugli scaffali della grande distribuzione, sia in volume sia a valore, dopo anni di stasi. Lo testimonia un’indagine dell’istituto di ricerca IRI, elaborata in esclusiva per Veronafiere, relativa all’andamento di mercato nel 2015.

Le vendite delle bottiglie di vino da 75cl aumentano del 2,8% a volume rispetto al 2014, e le bottiglie da 75cl a denominazione d’origine (Doc, Docg, Igt) dell’1,9%. Rispettivamente le vendite a valore crescono del 4% e del 3,8%.

Una crescita doppiamente positiva – ha commentato Virgilio Romano, Client Solutions Director di IRI – perché non è stata stimolata dalla crescita promozionale né da prezzi in calo. La pressione promozionale, infatti, rimane su livelli alti ma inalterati rispetto all’anno precedente, mentre i prezzi sono in aumento: i vini a denominazione di origine, ad esempio, hanno prezzi medi in crescita dell’1,9%. Dopo un lustro di assenza, la crescita contemporanea di volumi e valori ci lascia ben sperare per gli anni futuri”.

Risultati positivi anche per gli spumanti venduti nella grande distribuzione: +7,8% a volume e +7,5% a valore, anche se il prezzo medio è leggermente ridimensionato rispetto al 2014. Il vino biologico cresce a volume del 13,2% e a valore del 23%, ma i litri venduti sono ancora limitati: 1 milione e 630mila.

A poco meno di un mese dal via del 50esimo Vinitaly, si tratta di anticipazioni che fanno ben sperare in una crescita più strutturale del mercato interno del vino – è il commento di Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere -. Da sottolineare il continuo aumento delle vendite a valore, segno che il consumatore è più maturo: ricerca e sceglie la qualità. Si tratta di una strada che con Vinitaly abbiamo sempre sostenuto e promosso a livello commerciale e culturale, nelle nostre iniziative e negli incontri b2b tra Gdo, aziende e buyer”.

Il vino più venduto in assoluto nei supermercati italiani rimane il Lambrusco, con 12 milioni e 771mila litri, sempre tallonato dal Chianti, che vince però la classifica a valore. Al terzo posto sale lo Chardonnay, un bianco di vitigno internazionale, che cresce del 9% a volume. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (+4,6%), del Vermentino (+8,5%) e del Trebbiano (+5,6%).

Tra i vini “emergenti”, quelli che hanno fatto registrare nel 2015 un maggior tasso di crescita, il primo posto è occupato dalla Passerina marchigiana, +34,2%, il secondo dal Valpolicella Ripasso, il terzo dal Pecorino, il quarto dal piemontese Nebbiolo. E, se nel caso di Passerina e Pecorino si parla di bianchi con prezzi medi a bottiglia di circa 4 euro, Valpolicella Ripasso si posiziona sui 7,69 euro, Nebbiolo su 5,91. Un segnale che la crescita nelle vendite di vino si registra anche su bottiglie importanti per prezzo e complessità.

Riparte Vinitaly International

Trainata da un export che nel 2015 ha visto l’enologia italiana mettere a segno un nuovo record con 5,4 miliardi di euro stimati dei quali 1,4 negli Usa, riparte il 17 gennaio l’attività all’estero di Vinitaly International.

Quest’anno le tappe saranno a San Francisco (17-19 gennaio) al Winter Fancy Food, a New York (7-9 febbraio) e a Miami (10 febbraio). Si tornerà poi a New York a maggio, dopo Canada e Cina a febbraio e marzo, e poi a giugno sarà la volta di Chicago al Fmi Connect (20-23 giugno) e di nuovo di New York con la partecipazione al Summer Fancy Food (26-28 giugno).

La focalizzazione sul mercato statunitense è frutto di una scelta strategica di lungo periodo impostata da Veronafiere, che ha portato Vinitaly International a diventare braccio operativo del ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ice nel Piano Speciale Usa per la promozione dei beni di consumo e dei prodotti enoagroalimentari, lanciato nel 2015.

Il consumo di vino negli Usa continua a crescere – come ricorda il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani -, ma si tratta di un mercato con due facce, come emerso durante i numerosi workshop che gli abbiamo dedicato durante wine2wine, il forum del vino svoltosi nel dicembre scorso: per certi versi è maturo, e questo lo vediamo dalla curiosità espressa dai consumatori per vini meno famosi, espressione di territori ancora sconosciuti; d’altro canto, però, ci sono Stati dove solo ora si inizia a consumare vino. Con Vinitaly International siamo negli Stati Uniti dal 2002 e continuiamo a potenziare la nostra attività di anno in anno, proprio per aprire sempre nuovi spazi commerciali per le cantine italiane e per attrarre buyer americani a Vinitaly, dove già rappresentano il 15% delle presenze estere”.

Nello specifico, le iniziative di Vinitaly International a San Francisco saranno tre seminari avanzati su Grignolino, le subzone del Chianti e l’Etna, mentre uno base realizzato in collaborazione con Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) sarà dedicato ai vini artigianali. Questi vini saranno disponibili in un wine bar allestito per la degustazione da parte dei buyer e pubblico.

A New York Vinitaly International porterà ancora alla scoperta del Grignolino e dei vini artigianali, ma si parlerà anche di tendenze di consumo di vino nei ristoranti italiani e di come queste potrebbero riproporsi negli Usa. A Miami, oltre che di Grignolino e di vini artigianali, un terzo Executive Wine Seminar VIA sarà dedicato al Carmignano.

Il vino italiano è in salute, parola di Vinitaly

In questi giorni a Verona, al Vinitaly, si celebrano il vino e la sua filiera in tutte le sfaccettature possibili e immaginabili. Non manca, naturalmente, un occhio attento e puntuale sui dati economici relativi al vino italiano e, almeno da questo settore, le notizie che arrivano dal Vinitaly sono più che incoraggianti.

Secondo un’analisi di Coldiretti presentata proprio in occasione del Vinitaly, nel 2014 il fatturato del vino e degli spumanti italiani è cresciuto dell’1%, arrivando a toccare i 9,4 miliardi. A trainare verso l’alto la cifra, come era immaginabile, l’export, che è cresciuto dell’1,4% a 5,1 miliardi, contro un mercato interno di fatto fermo sui rimanenti 4,3 miliardi

Entrando nel dettaglio dei mercati di elezione del vino italiano, a Vinitaly è emerso che quello britannico è cresciuto del 6,1%, quello statunitense del 4,4% mentre sono calati quello tedesco (-4,4%) e, soprattutto, quello russo, a causa dell’embargo e della debolezza del rublo (-10,4%).

Il dato incoraggiante emerso dalla ricerca presentata a Vinitaly è stato che della buona salute dei cui gode il vino italiano ha beneficiato l’intera filiera enologica. Secondo Coldiretti, nel 2014 la filiera del vino ha dato lavoro a 1 milione e 250mila persone tra vigne, cantine, distribuzione commerciale e industrie connesse, da quella vetraria a quella dei tappi a quella degli accessori.

Nel dettaglio, secondo Coldiretti hanno beneficiato di questo stimolo all’occupazione almeno 18 settori collegati al vino: 1) agricoltura, 2) industria trasformazione, 3) commercio/ristorazione, 4) vetro per bicchieri e bottiglie, 5) lavorazione del sughero per tappi, 6) trasporti, 7) assicurazioni/credito/finanza, 8) accessori come cavatappi, sciabole e etilometri, 9) vivaismo, 10) imballaggi come etichette e cartoni, 11) ricerca/formazione/divulgazione, 12) enoturismo, 13) cosmetica, 14) benessere/salute con l’enoterapia, 15) editoria, 16) pubblicità, 17) informatica, 18) bioenergie.

Il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, nel presentare la ricerca in occasione del Vinitaly, ha sottolineato come “la decisa svolta verso la qualità ha messo in moto nel vino un percorso virtuoso in grado di conciliare ambiente e territorio con crescita economica e occupazionale. Nuove ed importanti opportunità si aprono nel 2015 con la ripresa economica in Italia tanto che nel primo bimestre c’è stato un aumento dell’1,9% in valore delle vendite nella grande distribuzione organizzata rispetto all’anno precedente”.

Il giro del mondo di Vinitaly 2015

Che cosa sarebbe il vino italiano senza l’export e senza l’amore e il successo che riscuote all’estero. Una gran cosa, sempre, ma zoppa. Lo sanno benissimo a Vinitaly 2015 dove, a due settimane dall’apertura del più grande appuntamento per il vino italiano, è stato raccolto il sentiment dei buyer di alcuni dei mercati mondiali più importanti: Cina, Vietnam, Corea del Sud, Brasile, Messico, Australia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia..

Dall’indagine svolta nell’ambito di Vinitaly 2015 è risultato che i feedback migliori arrivano dai partner storici dell’export di vino italiano, come la Germania, gli Usa e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, paga la peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni e l’embargo, mentre il Brasile paga dazi altissimi.

In Cina è importante sfruttare la debolezza manifestata nel 2014 dalla Francia, “lavorando sulla costruzione di brand forti”, come racconta David Chow, di Altavis Fine Wines, perché questa, per i vini italiani “è una nuova era di sviluppo, a patto che si parli di prezzi ragionevoli”.

In Vietnam, “il mercato del vino è cresciuto molto velocemente ed i protagonisti sono stati la Francia e l’Italia, ma c’è da fare i conti con una polarizzazione dei consumi, tra bottiglie sotto i due euro e vini sopra i venti”, dice Nguyen Dui Tuan, di Top Wine Director. Anche in Corea del Sudsi sta sgonfiando la bolla dei vini francesi e la gente guarda agli italiani, più accessibili”, sostiene invece Mang Shang Woon, della World Liquor Co.

Spostandoci in Sudamerica, in Brasilei vini rossi toscani stanno facendo bene, così come le bollicine di Lambrusco e Franciacorta – dice Almir Luppi Dos Anjos, di Epicerie De Bebidas Ltda – ma l’aspetto più problematico è quello che riguarda la pressione fiscale, altissima in questo Paese, tanto che il prezzo medio delle bottiglie che acquistiamo si aggira sui due-tre euro”. E a Vinitaly 2015 lo sanno.

Tra i Paesi americani più in salute cui guarda Vinitaly 2015 c’è il Messico, dove “la cultura del vino sta crescendo velocemente, specie se si parla di vino italiano, in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come l’Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud”, spiega Victor Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V.

L’Australia può invece godere del fatto che sempre più cittadini vengono in vacanza in Italia “e quando tornano in Australia vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti durante il proprio viaggio”, come spiega a Vinitaly 2015 Robert Damato, di Casa Italia Gourmet.

Negli Usala grande presenza della ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino – spiega Ramin Dabiri, di Vitis Imports – e poi ci sono consapevolezza e dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e Montepulciano d’Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica”.

In Canada, ormai, “il vino italiano è diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini piemontesi, toscani e veneti – dice Jean Louis Fortier, di Defori Selections -, ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari”.

Il giro del mondo di Vinitaly 2015 torna in Europa e riparte dal Regno Unito, dove, dice Peter Ingram, di Vagabond Wines, “c’è ancora tanto da far conoscere, adesso vanno forte alcune regioni emergenti della Toscana, Montecucco, Maremma e Morellino, ma il mercato si sta muovendo anche su vini bianchi di carattere, come il Timorasso”.

In Germaniai vini italiani costituiscono una fetta importante del mercato – dice Nikola Birker, di Vino Donino – con un’offerta che arriva da ogni regione e praticamente su ogni fascia di prezzo sensibile”.

Vinitaly 2015 guarda anche ai Paesi del nord Europa come la Svezia, dove, sostiene Giovanni Brandimarti, della Ward Wines Sweden, “non dobbiamo guardare alla Francia, ma alla crescita della Spagna; senza timori, ma valorizzando ciò che abbiamo di buono”. In Danimarca, invece, vince l’abbinamento al cibo: “Il vino italiano va bene, il prezzo medio si aggira sui 5-8 euro, e i consumatori lo apprezzano molto perché si sposa benissimo con i nostri cibi”. Parola di Erik Sekkelund Andersen di Cavalcade Wines.

Olanda e Belgio offrono invece scenari contrastanti. Nei Paesi Bassi “il prezzo è sì una variabile importante – sostiene Enrico Hujbrechts, di Dewijniengel Wijnkoperij -, meglio che sia al di sotto dei 10 euro, ma attenzione, perché il vero valore aggiunto è la ricchezza varietale”. In Belgio il vino italiano soccombe ancora alla concorrenza di quello francese “ma il consumatore è molto preparato e sa riconoscere e premiare il giusto rapporto qualità/prezzo, su tutte le fasce di prezzo, e non importa da che regione arrivi un vino”, dice Karel Wilmots di Kwart Cgv.

Già, la Francia… E dai cugini, spocchiosi, come va il nostro vino? Vinitaly 2015 lo ha chiesto a Olivia Baldy di Millesima, che ha rivelato come l’Italia del vino è “salita alla ribalta dopo il boom dei prezzi di Bordeaux: il consumatore francese ha trovato nel vino italiano esattamente ciò che cercava. Ottimi vini al giusto prezzo”.