Vino italiano alla caccia del francese

Abbiamo visto nei giorni scorsi come le esportazioni di vino italiano nel mondo in questo 2015 stiano mettendo a segno numeri di tutto rispetto. Ebbene, questo dato è tanto più interessante quanto più fa il paio con un altro trend che ne discende come diretta conseguenza: il divario sempre più ridotto tra il valore delle esportazioni di vino italiano e di vino francese nel mondo.

Attenzione, parliamo di valore delle esportazioni, di volume d’affari e non di volumi in termini di quantità. Su questo fronte, infatti, il vino italiano nel 2014 ha stracciato quello francese: 20,5 milioni di ettolitri venduti nel mondo, contro i 14,4 milioni dei francesi.

Un bel dato, che però non basta, perché l’essere i primi in quantità su molti mercati non ha lo stesso peso dell’esserlo in valore, nonostante negli ultimi anni il valore medio al litro del vino italiano sia decisamente aumentato, passando da 1,75 euro/litro del 2009 a 2,49 euro/litro del 2014 (+42%).

Se, infatti, compariamo il 20,5 a 14,4 in termini di ettolitri a favore del vino italiano con il 7,7 miliardi di euro a 5,1 a favore della Francia, abbiamo le dimensioni del fenomeno (dati 2014). Si capisce quanto ancora dobbiamo lavorare in termini di marketing e di promozione di un prodotto che, in moltissimi casi, è qualitativamente superiore a quello francese sotto molti aspetti.

C’è però da sottolineare un dato. Sul totale dei 7,7 miliardi di valore della Francia, 2,4 (il 31%) provengono dagli champagne, mentre i nostri omologhi, gli spumanti, cubano sul totale del valore di export del vino italiano solo 840 milioni di euro. Se quindi si fa una semplice operazione matematica scorporando dai due valori quelli dello champagne e degli spumanti si arriva a 5,3 miliardi per l’export del vino francese e a 4,3 miliardi per il vino italiano. Un gap di “solo” 1 miliardo contro i 2,6 del dato aggregato.

Un divario che può essere colmato nei prossimi anni se si guarda agli incrementi in termini di prezzo unitario che il vino italiano ha riscontrato da almeno 5 anni a questa parte. Ma, in questo caso, il cambio di rotta non può essere lasciato solo nelle mani del mercato. Dovrà essere l’intero sistema dell’enologia italiana a migliorare la propria capacità di vendere all’estero un prodotto straordinario.

È un dato di fatto, del resto, che i cugini francesi sono molto più bravi di noi a fare sistema e a vendere un’idea prima che un prodotto; perché se tanti vini francesi sono straordinari, è pur vero che dietro a migliaia di “chateau” qualsiasi, capaci di mandare in estasi un consumatore straniero solo con la potenza evocativa di un nome, ci sono prodotti ben più scarsi di un qualsiasi Brunello o Barolo di casa nostra.

Se poi pensiamo che, come stima Assoenologi analizzando i primi sei mesi del 2015, per il vino italiano esportato risulta un incremento del 6,5% in valore, con una leggera contrazione della quantità, pari a -1,6%, è ancora più chiaro che i francesi non sono per nulla irraggiungibili.

Annata d’oro per il vino made in Italy

La vendemmia 2015 si prospetta, per il vino made in Italy, una di quella da ricordare. Lo sostiene Coldiretti riferendosi alla stima di Ismea-Uiv e sottolineando come, a meno di cambiamenti in queste ultime settimane, la produzione 2015 sarà destinata per più del 40% ai 332 vini doc ai 73 vini a docg italiani, il 30% ai 118 vini igt e il rimanente 30% a vini da tavola generici.

Il vino made in Italy potrà contare, secondo le stime di Coldiretti, su una produzione nazionale intorno ai 47 milioni di ettolitri (+12%), che consentirebbe al Paese di superare la Francia (ferma a 46,5 milioni di ettolitri) e conquistare così la leadership mondiale.

Del resto, tutta l’annata del vino made in Italy è brillante, a partire dall’incremento del 6% in valore delle esportazioni, risultato elaborato da Coldiretti su dati Istat relativi ai primi 5 mesi del 2015. Per una volta, le condizioni climatiche hanno dato una mano ai viticoltori con il grande caldo di luglio e agosto che ha accelerato i processi e fatto anticipare la raccolta alla prima settimana di agosto.

Coldiretti tiene sotto controllo l’andamento climatico di queste settimane cruciali per la raccolta delle uve destinate al vino made in Italy, per evitare possibili colpi di coda che ne rovinino la qualità, ma le condizioni sembrano rassicuranti anche sotto il profilo fitosanitario dei vigneti. La Francia è avvisata…

Vino italiano, un 2015 in discesa

Il vino made in Italy continua a mietere successi all’estero, come dimostra la crescita del valore dell’export di vino italiano nel primo semestre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014, anno peraltro climaticamente disgraziato.

Secondo i dati del Centro Studi Assoenologi, nel periodo considerato il giro d’affari del vino italiano all’estero è passato da 2 miliardi e 387 milioni di euro a 2 miliardi e 542 milioni, pari a un +6,4% anno su anno. Bene anche i dati sui volumi esportati, in calo dell’1,7% dal 2,1% dello stesso periodo dell’anno precedente. Passa da 2,40 a 2,60 euro al litro il valore medio unitario del vino italiano.

Ma dove va forte il vino italiano? Un po’ in tutto il mondo, anche se l’export nei Paesi extra Ue ha fatto segnare un +10,8% contro un +2,6% dei Paesi Ue. Bene Asia Centrale (+19,1%), Nord America (+17,1%) ed Estremo Oriente (+9,5%) al di fuori dell’Ue, mentre per quanto riguarda i principali mercati, stravincono sempre gli Stati Uniti (644 milioni di euro, 2,7 milioni di ettolitri esportati), seguiti dalla Germania (463 milioni di euro, 1,6 milioni di ettolitri esportati) e dal Regno Unito (323 milioni di euro).

In quanto a regioni, il vino italiano più apprezzato nel periodo è stato quello veneto, con un valore di 855,4 milioni di euro, +11% rispetto al 2014. Seguono il Piemonte, con un giro d’affari dell’export di 436,3 milioni di euro e un trend stabile (-0,6%), e la Toscana, che ha fatto registrare l’aumento di valore più considerevole: +25,8%, da 339,8 a 427,5 milioni di euro.

Giù dal podio bene il Trentino Alto Adige, al quarto posto con 244,7 milioni di euro, Lazio e Abruzzo, +8,5 e +8,7% in valore, Puglia (+1,4%) e Sicilia (5,2%). Negative Lombardia (-7,5%), Emilia Romagna (-14,9%) e Marche (-10,7%).

Secondo Assoenologi, “il primo semestre dell’anno si chiude in maniera brillante per il vino italiano, specialmente grazie alle capacità delle imprese che hanno saputo cogliere le opportunità della domanda internazionale. Si delineano nuovi scenari per l’offerta enologica italiana in un’evoluzione continua che ridisegna non tanto il ruolo e la leadership dei mercati principali, quanto il ruolo crescente di alcune aree commerciali nel panorama”.

E-commerce del vino, un’occasione mancata

Come abbiamo scritto ieri, l’ e-commerce è una straordinaria opportunità da non perdere per tutte quelle piccole e medie imprese italiane che vogliono restare sul mercato, aumentare i fatturati e proporsi a una clientela potenzialmente globale. Peccato, però, che ci troviamo prigionieri di paradossi anche nei campi dove le nostre Pmi potrebbero fare la differenza.

Prendiamo il campo del vino, per esempio, dove la ricerca del sito di e-commerce Tannico.it “La rivoluzione dei canali online nel mercato del vino” ha messo in luce una stranezza tutta italiana. Secondo quanto emerge dallo studio, infatti, pur essendo il nostro Paese il secondo produttore mondiale di vino, è l’ultimo nella vendita online tra i grandi produttori mondiali, con una percentuale ridicola: 0,2%.

E dire che le cifre della produzione e del mercato sono di tutto rispetto: 4,4 milioni di ettolitri annui prodotti, per un business da 14,6 miliardi di euro. Eppure, per quanto l’ e-commerce di vino in Italia faccia registrare crescite del 30% annuo, lo 0,2% di cui sopra ci pone ben lontani dalla media mondiale dell’1,8% e taglia fuori le nostre Pmi da mercati in espansione come, per esempio, quello cinese.

Proprio la Cina, secondo Tannico.it, è il Paese con la penetrazione del canale online più alta (27%), perché il consumatore cinese considera l’ e-commerce il mezzo più efficace e rapido per accedere al mercato del vino che, nel Paese asiatico, è pressoché privo di canali di vendita diretta.

Proprio quelli che, invece, abbondano in Italia e che fanno sì che i consumatori nostrani si indirizzino sempre e comunque sul punto vendita fisico. Secondo Tannico.it, infatti, in Italia nella grande distribuzione si concentra l’86,3% delle vendite, mentre il rimanente 13,7% se lo dividono la vendita diretta e l’ e-commerce.

Da un lato, quindi, vi è uno scarso utilizzo dell’acquisto online da parte del consumatore, dall’altro una scarsa propensione da parte di imprese vinicole e cantine nell’utilizzare l’ e-commerce per vendere i propri prodotti. Chi lo fa, utilizzando marketplace propri o affidandosi a siti come Tannico.it, può quindi vendere tanto in Italia quanto all’estero.

E se all’estero ancora l’esposizione del nostro e-commerce deve ingranare, dalle dinamiche di acquisto in Italia analizzate dal sito emergono dati interessanti. Intanto, la Valle D’Aosta è la regione con lo scontrino medio più alto (141,02 euro), seguita da Sardegna (104,08 euro) e Umbria (103,79 euro). Non stupisce che in fondo alla classifica, con una spesa media intorno ai 100 euro, ci siano regioni molto “vinicole”: Triveneto, Emilia-Romagna e Piemonte.

Altro dato interessante è la vivace mobilità extra regionale dei vini, ossia si tendono ad acquistare online vini di altre regioni e non autoctoni. Ecco così che il Gewurztraminer va forte in Calabria, Campania e Sicilia e il Lambrusco in Calabria, Puglia e Valle D’Aosta. Significativo, in questo senso, il commento di Marco Magnocavallo, fondatore di Tannico.it: “L’ e-commerce del vino si mostra un’efficace strumento per ‘esportare’ il vino non solo all’estero, ma anche in aree del Belpaese diverse da quelle di origine. I produttori di vino che si aprono al canale e-commerce possono così accedere a un mercato più ampio, non legato al territorio di produzione e basato esclusivamente sulla domanda dei clienti”.

I dati di Assoenologi sull’export di vino italiano

Lo abbiamo anticipato nelle settimane scorse e adesso arrivano i dati di Assoenologi a confermarlo: l’export del vino italiano tira ancora. I numeri sono emersi in occasione dell’Assemblea generale dei soci di Assoenologi, l’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli, che ha presentato i dati sulle vendite di vino italiano nel mondo a tutto il 2014.

In sintesi – è il commento del direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martellifanno registrare 20,5 milioni di ettolitri venduti, il 50% dell’intera produzione italiana, per oltre 5 miliardi di euro di valore, pari a +1,4% rispetto allo stesso periodo del 2013”.

Dall’ufficio studi di Assoenologi si evidenzia come la debolezza della domanda dei mercati esteri è evidenziata dall’incremento minimo del valore medio unitario, +0,3%, da 2,48 euro/litro a 2,49. Fatto sta che nell’arco degli ultimi 5 anni il valore del vino in bottiglia ha fatto segnare una crescita costante, da 3,1 a 3,8 miliardi di euro.

Entrando nel dettaglio della distribuzione geografica dell’export, Assoenologi registra una lieve la variazione nell’Ue in termini di fatturato (+0,4%, da 2.680 a 2.692 milioni di euro), mentre i cosiddetti Paesi Terzi fanno registrare una maggiore vivacità: +2,5%, con valori che salgono da 2.361 a 2.419 milioni di euro. Riguardo ai volumi, gli incrementi sono modesti: Unione Europea a +0,6%, Paesi Terzi a +2,2%.

I dati di Assoenologi registrano anche nel Far East una crescita del valore dell’export, anche se solo di qualche decimo percentuale, ma rilevano segnali positivi in Vietnam +33,9%, Taiwan +22,1%, Singapore +13,0% e Corea del Sud +10,3%, mentre risultano deboli i grandi mercati, con il Giappone a -1,0% e la Cina a +1,2%.

Ma la parte del leone, secondo Assoenologi, la fa ancora lo spumante, che dal 2009 ha quasi raddoppiato il valore delle esportazioni. Grazie al successo del Prosecco, i volumi sono balzati nell’ultimo anno da 2 a 2,4 milioni di ettolitri, +19,7%; il valore ha seguito la stessa traiettoria da 736 a 840 milioni di euro +14,2%. Il valore medio ha invece mostrato una flessione del 4,6%, passando da 3,59 a 3,43 euro/litro.

Il vino italiano è in salute, parola di Vinitaly

In questi giorni a Verona, al Vinitaly, si celebrano il vino e la sua filiera in tutte le sfaccettature possibili e immaginabili. Non manca, naturalmente, un occhio attento e puntuale sui dati economici relativi al vino italiano e, almeno da questo settore, le notizie che arrivano dal Vinitaly sono più che incoraggianti.

Secondo un’analisi di Coldiretti presentata proprio in occasione del Vinitaly, nel 2014 il fatturato del vino e degli spumanti italiani è cresciuto dell’1%, arrivando a toccare i 9,4 miliardi. A trainare verso l’alto la cifra, come era immaginabile, l’export, che è cresciuto dell’1,4% a 5,1 miliardi, contro un mercato interno di fatto fermo sui rimanenti 4,3 miliardi

Entrando nel dettaglio dei mercati di elezione del vino italiano, a Vinitaly è emerso che quello britannico è cresciuto del 6,1%, quello statunitense del 4,4% mentre sono calati quello tedesco (-4,4%) e, soprattutto, quello russo, a causa dell’embargo e della debolezza del rublo (-10,4%).

Il dato incoraggiante emerso dalla ricerca presentata a Vinitaly è stato che della buona salute dei cui gode il vino italiano ha beneficiato l’intera filiera enologica. Secondo Coldiretti, nel 2014 la filiera del vino ha dato lavoro a 1 milione e 250mila persone tra vigne, cantine, distribuzione commerciale e industrie connesse, da quella vetraria a quella dei tappi a quella degli accessori.

Nel dettaglio, secondo Coldiretti hanno beneficiato di questo stimolo all’occupazione almeno 18 settori collegati al vino: 1) agricoltura, 2) industria trasformazione, 3) commercio/ristorazione, 4) vetro per bicchieri e bottiglie, 5) lavorazione del sughero per tappi, 6) trasporti, 7) assicurazioni/credito/finanza, 8) accessori come cavatappi, sciabole e etilometri, 9) vivaismo, 10) imballaggi come etichette e cartoni, 11) ricerca/formazione/divulgazione, 12) enoturismo, 13) cosmetica, 14) benessere/salute con l’enoterapia, 15) editoria, 16) pubblicità, 17) informatica, 18) bioenergie.

Il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, nel presentare la ricerca in occasione del Vinitaly, ha sottolineato come “la decisa svolta verso la qualità ha messo in moto nel vino un percorso virtuoso in grado di conciliare ambiente e territorio con crescita economica e occupazionale. Nuove ed importanti opportunità si aprono nel 2015 con la ripresa economica in Italia tanto che nel primo bimestre c’è stato un aumento dell’1,9% in valore delle vendite nella grande distribuzione organizzata rispetto all’anno precedente”.

Il giro del mondo di Vinitaly 2015

Che cosa sarebbe il vino italiano senza l’export e senza l’amore e il successo che riscuote all’estero. Una gran cosa, sempre, ma zoppa. Lo sanno benissimo a Vinitaly 2015 dove, a due settimane dall’apertura del più grande appuntamento per il vino italiano, è stato raccolto il sentiment dei buyer di alcuni dei mercati mondiali più importanti: Cina, Vietnam, Corea del Sud, Brasile, Messico, Australia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia..

Dall’indagine svolta nell’ambito di Vinitaly 2015 è risultato che i feedback migliori arrivano dai partner storici dell’export di vino italiano, come la Germania, gli Usa e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, paga la peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni e l’embargo, mentre il Brasile paga dazi altissimi.

In Cina è importante sfruttare la debolezza manifestata nel 2014 dalla Francia, “lavorando sulla costruzione di brand forti”, come racconta David Chow, di Altavis Fine Wines, perché questa, per i vini italiani “è una nuova era di sviluppo, a patto che si parli di prezzi ragionevoli”.

In Vietnam, “il mercato del vino è cresciuto molto velocemente ed i protagonisti sono stati la Francia e l’Italia, ma c’è da fare i conti con una polarizzazione dei consumi, tra bottiglie sotto i due euro e vini sopra i venti”, dice Nguyen Dui Tuan, di Top Wine Director. Anche in Corea del Sudsi sta sgonfiando la bolla dei vini francesi e la gente guarda agli italiani, più accessibili”, sostiene invece Mang Shang Woon, della World Liquor Co.

Spostandoci in Sudamerica, in Brasilei vini rossi toscani stanno facendo bene, così come le bollicine di Lambrusco e Franciacorta – dice Almir Luppi Dos Anjos, di Epicerie De Bebidas Ltda – ma l’aspetto più problematico è quello che riguarda la pressione fiscale, altissima in questo Paese, tanto che il prezzo medio delle bottiglie che acquistiamo si aggira sui due-tre euro”. E a Vinitaly 2015 lo sanno.

Tra i Paesi americani più in salute cui guarda Vinitaly 2015 c’è il Messico, dove “la cultura del vino sta crescendo velocemente, specie se si parla di vino italiano, in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come l’Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud”, spiega Victor Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V.

L’Australia può invece godere del fatto che sempre più cittadini vengono in vacanza in Italia “e quando tornano in Australia vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti durante il proprio viaggio”, come spiega a Vinitaly 2015 Robert Damato, di Casa Italia Gourmet.

Negli Usala grande presenza della ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino – spiega Ramin Dabiri, di Vitis Imports – e poi ci sono consapevolezza e dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e Montepulciano d’Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica”.

In Canada, ormai, “il vino italiano è diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini piemontesi, toscani e veneti – dice Jean Louis Fortier, di Defori Selections -, ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari”.

Il giro del mondo di Vinitaly 2015 torna in Europa e riparte dal Regno Unito, dove, dice Peter Ingram, di Vagabond Wines, “c’è ancora tanto da far conoscere, adesso vanno forte alcune regioni emergenti della Toscana, Montecucco, Maremma e Morellino, ma il mercato si sta muovendo anche su vini bianchi di carattere, come il Timorasso”.

In Germaniai vini italiani costituiscono una fetta importante del mercato – dice Nikola Birker, di Vino Donino – con un’offerta che arriva da ogni regione e praticamente su ogni fascia di prezzo sensibile”.

Vinitaly 2015 guarda anche ai Paesi del nord Europa come la Svezia, dove, sostiene Giovanni Brandimarti, della Ward Wines Sweden, “non dobbiamo guardare alla Francia, ma alla crescita della Spagna; senza timori, ma valorizzando ciò che abbiamo di buono”. In Danimarca, invece, vince l’abbinamento al cibo: “Il vino italiano va bene, il prezzo medio si aggira sui 5-8 euro, e i consumatori lo apprezzano molto perché si sposa benissimo con i nostri cibi”. Parola di Erik Sekkelund Andersen di Cavalcade Wines.

Olanda e Belgio offrono invece scenari contrastanti. Nei Paesi Bassi “il prezzo è sì una variabile importante – sostiene Enrico Hujbrechts, di Dewijniengel Wijnkoperij -, meglio che sia al di sotto dei 10 euro, ma attenzione, perché il vero valore aggiunto è la ricchezza varietale”. In Belgio il vino italiano soccombe ancora alla concorrenza di quello francese “ma il consumatore è molto preparato e sa riconoscere e premiare il giusto rapporto qualità/prezzo, su tutte le fasce di prezzo, e non importa da che regione arrivi un vino”, dice Karel Wilmots di Kwart Cgv.

Già, la Francia… E dai cugini, spocchiosi, come va il nostro vino? Vinitaly 2015 lo ha chiesto a Olivia Baldy di Millesima, che ha rivelato come l’Italia del vino è “salita alla ribalta dopo il boom dei prezzi di Bordeaux: il consumatore francese ha trovato nel vino italiano esattamente ciò che cercava. Ottimi vini al giusto prezzo”.

Vini biologici, fenomeno in crescita

Uno dei segmenti che fa registrare una crescita importante nel settore della enologia italiana è quello dei vini biologici certificati. Si tratta di vini che vengono per lo più da cantine piccole o piccolissime e che sono frutto di una forte attenzione per l’ambiente; inoltre, particolare per nulla trascurabile, sono vini che piacciono sempre più sui mercati internazionali, anzi, spesso le cantine che producono questi vini biologici sono più conosciute all’estero che in Italia.

Un successo che rende l’Italia il primo produttore europeo di vini biologici, che in numeri si traducono in 5 milioni di quintali di uva da vino raccolti ogni anno su una superficie coltivata dedicata pari all’11% dell’estensione nazionale, per una produzione di vini biologici che pesa il 7% del totale nazionale.

L’altra faccia dei vini biologici è quella dei cosiddetti vini naturali. Una nicchia nella nicchia che, secondo l’unica rilevazione scientifica disponibile realizzata da Servabo (progetto di editoria condivisa che ne ha censito i produttori), rappresenta solo l’1,64% della superficie vitata nazionale e dà lo 0,74% alla produzione enologica italiana totale. Numeri indubbiamente molto piccoli ma in deciso aumento tanto che, a Vinitaly 2015, vini biologici e vini naturali, saranno protagonisti con due saloni specializzati, Vinitalybio e Vivit, e con una collettiva Fivi.

Vinitalybio è giunto alla seconda edizione e ospita una settantina di aziende, per le quali è stato realizzato da Veronafiere un incoming dedicato di buyer da Germania e Belgio. All’interno di Vinitalybio sarà attiva l’Enoteca bio, con degustazione di tutti i vini biologici presenti a Vinitaly 2015, in modo da coinvolgere anche le aziende che, in altri padiglioni, oltre ai vini prodotti con metodi convenzionali propongono una linea di vini biologici certificati.

Vivit è invece la consueta vetrina dei vini artigianali, con oltre 120 cantine presenti, provenienti, oltre che dall’Italia, da Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria e Slovenia.

Il mercato interno del vino a Vinitaly 2015

Vinitaly 2015 è una vetrina per il vino italiano e per il mercato enologico internazionale e nazionale, ma non c’è dubbio che, specialmente il secondo, sia una delle voci più importanti nel bilancio annuale dell’enologia made in Italy. Del resto, come evidenziano le statistiche, in quantità e valore, il vino italiano che finisce nel mercato interno è la metà del totale prodotto.

Una costante nelle analisi di Vinitaly, anche di questo Vinitaly 2015; un elemento ormai stabilizzato da anni, che fa del mercato italiano quello più importante per i produttori del Belpaese. Il mercato interno continua infatti a mantenere un’importanza non solo in termini numerici, ma anche strategici. Come ricorda l’Osservatorio di Vinitaly 2015, una buona presenza nel mercato di casa è un ottimo trampolino promozionale verso l’estero.

La situazione italiana per quanto riguarda le vendite di vino non è però tutta rose e fiori. Se, da un lato, la quota di consumo interno pro capite diventa sempre più bassa (siamo quasi al di sotto dei 30 litri all’anno), dall’altro anche il vino sconta la situazione macroeconomica difficile.

Vinitaly 2015 prova però a guardare oltre e a cogliere i segnali positivi che arrivano dal mercato. Primo fra tutti, quello di cui abbiamo parlato ieri, relativo alle vendite di vino nella Gdo, con un aumento in termini di valore nell’ultimo anno che si inserisce però in un quadro di calo che ha caratterizzato gli ultimi cinque anni. Se la Gdo veicola il 75% delle bottiglie vendute in Italia, parliamo però del vino che costa dai 3 euro in giù a bottiglia, che margina poco e rappresenta l’80% delle vendite della Gdo. Considerando che le previsioni, su questo fronte, non vedono un aumento dei volumi, una strategia per uscire dalla secche sarebbe quella di puntare ad aumentare il valore del vino venduto, secondo logiche di qualità e non di quantità, che prevedono importanti investimenti in comunicazione e marketing.

Quello che fanno le enoteche, che a Vinitaly 2015 avranno un spazio importante e che, negli ultimi anni, stanno vivendo una rinascita, dovuta in parte alla crescita in Italia delle vendite di vini di qualità e in parte al contatto diretto con i produttori, alle iniziative e alla vendita differenziata che esse offrono. Un canale, quello delle enoteche, che cresce sfruttando la debolezza della Gdo.

Secondo Vinarius, l’associazione delle enoteche italiane, sono punti vendita che occupano circa il 10-13% del mercato del vino italiano e che potrebbero crescere proprio in un momento in cui si cerca di spendere meno, ottimizzando l’investimento. Vinitaly 2015 sarà un’ottima cartina di tornasole anche su questo punto.

Vinitaly 2015 fa il punto su vino e Gdo

Vinitaly 2015 (Fiera di Verona, 22-25 marzo 2015) è alle porte e tutto il mondo dell’enologia italiana ne approfitta per fare il punto su numeri, tendenze, novità e previsioni. E siccome quello del vino è un fenomeno di massa, prima ancora che di nicchia, è molto importante per l’intero settore avere il polso delle vendite di vino nella Gdo (grande distribuzione organizzata).

Per fortuna, sono di miglioramento, nel 2014, i segnali che vengono dalle vendite di vino nella grande distribuzione, che invertono la tendenza negativa del 2013 e degli ultimi anni e fanno ben sperare per il 2015.

Come risulta da una ricerca dell’istituto di ricerca Iri, che sarà presentata a Vinitaly 2015, il dato globale del vino confezionato fino a 75 cl segna infatti un +1,5% a valore e un +0,2% a volume. Le bottiglie da 75 cl a denominazione d’origine spuntano un +1,3% in valore per i vini a denominazione d’origine in bottiglia da 75 cl, ed un -0,7% a volume (nel 2013 il calo era stato del 3,2%).

La ricerca Iri per Vinitaly 2015 indica quali sono i vini più amati dagli italiani nel 2014, in base alla classifica dei vini più venduti nella Grande Distribuzione. In vetta ci sono Chianti e Lambrusco, terzo gradino del podio per il Vermentino. Buone le performance del Prosecco, del Nero d’Avola, del Muller Thurgau e del Traminer.

Tra i vini “emergenti”, cioè con maggior tasso di crescita nel corso del 2014, ai primi posti ci sono i vini marchigiani/abruzzesi Pecorino e Passerina e il siciliano Inzolia. New entry, il laziale Orvieto.

La questione fondamentale per il 2015 e i prossimi anni è la difesa del valore da parte delle cantine e della Grande Distribuzione – ha detta Virgilio Romano, Client Service Director IRI, commentando la ricerca per Vinitaly 2015 -. La rincorsa dei volumi come prevalente obiettivo di crescita rischia di rivelarsi controproducente. Quindi sì alle promozioni, ma con intelligenza strategica. La difesa del ‘passa dalla difesa dei prezzi. Ogni prezzo deve riflettere un sano equilibrio di bilancio, bilancio in cui alle principali voci di costo deve aggiungersi sempre più quello della comunicazione, che deve avere tra i suoi obiettivi anche quello di trovare i consumatori di vino del domani.

Questo tema sarà anche oggetto di una tavola rotonda a Vinitaly 2015 che vedrà confrontarsi produttori e distributori. E, a proposito di distributori, così commenta il rappresentante di Federdistribuzione a Vinitaly 2015 Angelo Corona: “Il tema di come calibrare le promozioni è fondamentale. Occorre sostenere i consumi, non solo di vino, ma senza drogare il mercato e senza annullare la percezione del giusto prezzo, che i consumatori devono mantenere. Il 2014 ci offre qualche segnale positivo, come la crescita a volume e valore della bottiglia fino a 75 cl, fatto che non avveniva da anni.