Meno vino prodotto, più vino esportato

Il vino italiano, protagonista in questi giorni al Vinitaly di Verona, fa registrare performance incredibili sotto il profilo dell’export, come abbiamo visto ieri, specialmente in rapporto alla quantità di vino prodotto.

Emerge dalla prima analisi su 50 anni di storia del vino italiano elaborata da Coldiretti, che sottolinea come in 50 anni la quantità di vino made in Italy venduto all’estero è cresciuta di quasi otto volte in volumi, nonostante la produzione sia calata del 30%.

Nello specifico, nel 1966 venivano esportati 257 milioni di litri di vino italiano, diventati 50 anni dopo 2 miliardi di litri (+687%), pari a circa il 20% dell’export mondiale. Parallelamente, la produzione di vino italiano è passata in mezzo secolo da 68,2 milioni di ettolitri ai 47,4 milioni di ettolitri.

Più vino esportato, meno prodotto, ma di migliore qualità, come testimonia il fatto che proprio nel 1966 nacque la prima Doc (la Vernaccia di San Gimignano) e che, in 50 anni, il peso delle doc sulla produzione enologica italiana è passato dal 2 al 32% e il primato europeo conquistato dal nostro Paese nella classifica del numero di vini a indicazione geografica: 73 Docg, 332 Doc e 118 Igt.

La riduzione di un terzo della produzione in 50 anni è stata accompagnata, in Italia, dalla riduzione a un terzo dei consumi annui medi pro capite, passati dai 111 litri del 1966 ai 37 di oggi. Anche in questo caso, secondo Coldiretti, il calo in quantità è stato compensato da un aumento di qualità: gli italiani bevono meno ma meglio.

I risultati di questa analisi sono stati ben sintetizzati dal presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo: “In mezzo secolo il vino è assurto a prodotto-simbolo del passaggio, ancora in corso non solo tra le vigne, ma in tutto il sistema produttivo italiano, da un’economia basata sulla quantità ad un’economia che punta invece su qualità e valore, scommettendo sulla sua identità, sui legami col territorio, sulle certificazioni d’origine. La decisa svolta verso la qualità ha messo in moto nel vino un percorso virtuoso in grado di conciliare ambiente e territorio con crescita economica e occupazionale“.

Un 2015 positivo per l’export del vino italiano

A Verona si sta celebrando, come ogni anno in questo periodo, il rito profano del Vinitaly. Come sempre accade, l’appuntamento clou per vitivinicoltura mondiale è anche l’occasione per fare il punto sul settore del vino made in Italy. Un punto positivo.

Secondo quanto riporta l’aggiornamento annuale dell’indagine sul settore vinicolo italiano e internazionale pubblicato dall’Area Studi Mediobanca in concomitanza proprio con il Vinitaly, il vino italiano continua a crescere all’estero.

L’analisi di Mediobanca è relativa a 136 società produttrici di vino con fatturato superiore a 25 milioni di euro, comprese 14 tra le maggiori imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro. Emerge che lo scorso anno i ricavi hanno fatto segnare una discreta ripresa (+4,8%), principalmente grazie all’export, ma grazie anche alla vivacità del mercato italiano.

Lo studio di Mediobanca sottolinea anche il robusto aumento degli investimenti in vino, la contrazione del mercato asiatico e la decisa espansione di quello nordamericano, le buone prospettive per il 2016 e l’interessante performance dell’indice di Borsa mondiale del settore del vino.

Nel 2015 la crescita del fatturato dei maggiori produttori  italiani è stata sospinta dall’export (+6,5%) e dagli spumanti (+10%) che hanno venduto all’estero il 15,2% in più rispetto al 2014. Meno brillante ma comunque positivo il dato del vino non spumante (+3,7% complessivo, +5,1% l’estero). Il buon andamento di export e produzione ha anche stimolato gli investimenti: +37,2% nel 2015.

Per quanto riguarda i mercati esteri più forti, bene il Nord America, verso il quale l’export è cresciuto del 13,3% e ha fatto salire la quota di mercato dell’area per il nostro vino al 34%. Calo marcato dell’Asia, -10% e una quota di mercato ridotta a un misero 3,9%.

In tutto questo, sullo scacchiere mondiale il principale sbocco per l’export del vino italiano rimangono i Paesi Ue (51,5%), in crescita del 3,7%. Poco più del 3,2% che caratterizza la crescita delle esportazioni in Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non Ue, che insieme fanno una quota di mercato del 9,1%; il restante 1,5% delle esportazioni è diretto in Sud America, dove crescono del 18,3%.

Il vino italiano torna a crescere nella Gdo

Manca ormai meno di un mese al Vinitaly, appuntamento numero 1 in Italia e nel mondo per il vino e la vitivinicoltura nazionale e si comincia a fare il punto su alcuni aspetti del settore enologico di casa nostra.

Uno dei più significativi di questi aspetti riguarda la crescita decisa delle vendite di vino italiano sugli scaffali della grande distribuzione, sia in volume sia a valore, dopo anni di stasi. Lo testimonia un’indagine dell’istituto di ricerca IRI, elaborata in esclusiva per Veronafiere, relativa all’andamento di mercato nel 2015.

Le vendite delle bottiglie di vino da 75cl aumentano del 2,8% a volume rispetto al 2014, e le bottiglie da 75cl a denominazione d’origine (Doc, Docg, Igt) dell’1,9%. Rispettivamente le vendite a valore crescono del 4% e del 3,8%.

Una crescita doppiamente positiva – ha commentato Virgilio Romano, Client Solutions Director di IRI – perché non è stata stimolata dalla crescita promozionale né da prezzi in calo. La pressione promozionale, infatti, rimane su livelli alti ma inalterati rispetto all’anno precedente, mentre i prezzi sono in aumento: i vini a denominazione di origine, ad esempio, hanno prezzi medi in crescita dell’1,9%. Dopo un lustro di assenza, la crescita contemporanea di volumi e valori ci lascia ben sperare per gli anni futuri”.

Risultati positivi anche per gli spumanti venduti nella grande distribuzione: +7,8% a volume e +7,5% a valore, anche se il prezzo medio è leggermente ridimensionato rispetto al 2014. Il vino biologico cresce a volume del 13,2% e a valore del 23%, ma i litri venduti sono ancora limitati: 1 milione e 630mila.

A poco meno di un mese dal via del 50esimo Vinitaly, si tratta di anticipazioni che fanno ben sperare in una crescita più strutturale del mercato interno del vino – è il commento di Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere -. Da sottolineare il continuo aumento delle vendite a valore, segno che il consumatore è più maturo: ricerca e sceglie la qualità. Si tratta di una strada che con Vinitaly abbiamo sempre sostenuto e promosso a livello commerciale e culturale, nelle nostre iniziative e negli incontri b2b tra Gdo, aziende e buyer”.

Il vino più venduto in assoluto nei supermercati italiani rimane il Lambrusco, con 12 milioni e 771mila litri, sempre tallonato dal Chianti, che vince però la classifica a valore. Al terzo posto sale lo Chardonnay, un bianco di vitigno internazionale, che cresce del 9% a volume. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (+4,6%), del Vermentino (+8,5%) e del Trebbiano (+5,6%).

Tra i vini “emergenti”, quelli che hanno fatto registrare nel 2015 un maggior tasso di crescita, il primo posto è occupato dalla Passerina marchigiana, +34,2%, il secondo dal Valpolicella Ripasso, il terzo dal Pecorino, il quarto dal piemontese Nebbiolo. E, se nel caso di Passerina e Pecorino si parla di bianchi con prezzi medi a bottiglia di circa 4 euro, Valpolicella Ripasso si posiziona sui 7,69 euro, Nebbiolo su 5,91. Un segnale che la crescita nelle vendite di vino si registra anche su bottiglie importanti per prezzo e complessità.

L’ enoturismo italiano cresce, ma…

L’offerta turistica italiana è ampia e variegata, non sempre all’altezza del prodotto che vende e quasi sempre incapace di fare sistema. Quest’ultimo è un punto dolente dell’Italia in generale, ancor più grave in settori che potrebbero dare al mercato turistico italiano una spinta importantissima. Come nel caso del cosiddetto enoturismo.

L’occasione per fare il punto su questo strepitoso segmento del turismo italiano è venuto dalla presentazione del 12esimo Rapporto sull’ Enoturismo, che si tenuta la scorsa settimana alla Bit di Milano, a cura delle Città del Vino.

I numeri dell’ enoturismo italiano nel periodo 2014-primo semestre 2015 sono incoraggianti e parlano di una crescita. Nel periodo considerato, infatti, il settore dell’ enoturismo ha fatto registrare una spesa per visite in cantina di circa 2,5 miliardi di euro, con un numero di turisti del vino superiore ai 10 milioni.

I dati del rapporto sono stati elaborati in base a un’indagine svolta su un campione di 80 aziende dall’Osservatorio Nazionale sul Turismo del Vino di Città del Vino, in collaborazione con l’Università di Salerno, e dicono che quando si parla di enoturismo è bene considerare non solo la visita e lo shopping in cantina, ma anche tutto l’indotto che intorno a esso ruota, in primis l’hospitality.

È questa, infatti, la ragione per cui il fatturato delle cantine legato all’ enoturismo e relativo al 2014 è di 214,5 milioni, con una proiezione a 242,5 per il 2015. Segno che il delta tra queste cifre e i 2,5 miliardi di cui sopra deriva in buona parte dall’indotto.

La spesa media dell’enoturista in Italia è di 193 euro, derivanti da acquisti di bottiglie, visite ai vigneti o alle cantine, degustazioni, pernottamenti ecc. Va da se che la spesa per l’acquisto di bottiglie è la voce più rilevante sul totale, pari a più del 70%, mentre le altre voci sono solo la parte residuale dell’indotto da enoturismo.

Il 12esimo Rapporto sull’ Enoturismo ha anche stilato un ritratto dell’enoturista tipo, del numero di arrivi e della capacità e propensione alla spesa di chi fa turismo per vino. A differenza dei fatturati i numeri degli arrivi sono meno aleatori: si parla infatti di oltre 10 milioni nel 2014, con una proiezione a quasi 14 milioni per il 2015. Numeri che tratteggiano un +31,7% per gli arrivi di turisti in cantina e un +32% per la spesa legata all’ enoturismo.

Si tratta quindi di un settore, quello dell’ enoturismo, dai numeri buoni ma dalle potenzialità di sviluppo illimitate, da spingere particolarmente in un periodo nel quale le tensioni geopolitiche in Paesi esteri a forte vocazione turistica, una generale ripresa dei consumi e l’amore degli italiani e degli stranieri per il vino di casa nostra sono condizioni ottimali per favorire l’afflusso enoturistico nel Paese. Tutto sta a intraprendere politiche di promozione efficaci e a imparare, almeno in settori chiavi per la nostra economia, a fare sistema. Fosse facile…

Il vino toscano protagonista del made in Italy

Il vino toscano tira sempre nel mondo e ogni appuntamento B2B che ha come obiettivo quello di farne crescere conoscenza ed export è il benvenuto. Ecco perché va tenuta d’occhio la sesta edizione di Buy Wine, in programma alla Fortezza da Basso di Firenze il 12 e il 13 febbraio prossimi.

Si tratta di un workshop B2B, organizzato dall’Agenzia regionale Toscana Promozione, per favorire l’incontro tra la Toscana del vino e il trade internazionale. Nell’occasione, 200 produttori di vino toscano incontreranno 240 buyer stranieri tra importatori, distributori, GDO e HoReCa, provenienti da mercati storici, ma anche da piazze nuove, per un totale di 36 Paesi rappresentati.

Nel dettaglio, tra i Paesi amanti del vino toscano con la maggior rappresentanza a Buy Wine ci saranno Stati Uniti (44 rappresentanti), Canada (39), Cina (25), Brasile (12), Australia (12), Giappone (11), Danimarca (10), Germania (8), Corea del Sud (7) e Messico (7) che, complessivamente, rappresentano oltre il 72,9% dei buyer internazionali partecipanti.

Per quanto riguarda i produttori, invece, presenti quasi tutte le province della regione. Guidano la classifica per territorio Siena e Firenze, rispettivamente con 68 e 55 aziende, seguite da Grosseto (26), Livorno (12), Arezzo (17), Pisa (13), Pistoia (3), Prato (3) e Lucca (3).

Nato nel 2010, Buy Wine è un evento in costante crescita che, negli anni, si è accreditato come punto di riferimento per i buyer di tutto il mondo interessati al vino toscano. Nell’edizione 2015 sono stati circa 6mila gli incontri di business in agenda, che hanno portato, nel 63% dei casi, alla stipula di contratti grazie ai quali il 46% delle aziende toscane partecipanti è riuscita ad incrementare il proprio fatturato.

Per il quarto anno consecutivo Buy Wine lancia la volata alle Anteprime di Toscana che, dal 13 al 20 febbraio, vedranno 13 denominazioni del vino toscano presentare, agli operatori e ai giornalisti di settore i vini nuovi introdotti sul mercato a partire dal 2015.

Si inizia a Firenze la collettiva allo Star Hotel Michelangelo, dove il 13 febbraio saranno presenti 8 denominazioni: Morellino di Scansano, Montecucco, Vini Cortona, Vini di Carmignano, Valdarno di Sopra Doc, Bianco di Pitigliano e Sovana, Colline Lucchesi e Maremma Doc.

Il 14 febbraio sarà la volta dell’Anteprima del Chianti. Si prosegue poi con la Chianti Classico Collection alla Stazione Leopolda di Firenze (15-16/2), l’Anteprima della Vernaccia al Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada San Gimignano (17/2) e l’Anteprima del Vino Nobile nella Fortezza di Montepulciano (18/02). Chiude la programmazione di Anteprime di Toscana Benvenuto Brunello, che si terrà il 19 e 20 febbraio nel Chiostro del Museo di Montalcino.

Riparte Vinitaly International

Trainata da un export che nel 2015 ha visto l’enologia italiana mettere a segno un nuovo record con 5,4 miliardi di euro stimati dei quali 1,4 negli Usa, riparte il 17 gennaio l’attività all’estero di Vinitaly International.

Quest’anno le tappe saranno a San Francisco (17-19 gennaio) al Winter Fancy Food, a New York (7-9 febbraio) e a Miami (10 febbraio). Si tornerà poi a New York a maggio, dopo Canada e Cina a febbraio e marzo, e poi a giugno sarà la volta di Chicago al Fmi Connect (20-23 giugno) e di nuovo di New York con la partecipazione al Summer Fancy Food (26-28 giugno).

La focalizzazione sul mercato statunitense è frutto di una scelta strategica di lungo periodo impostata da Veronafiere, che ha portato Vinitaly International a diventare braccio operativo del ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ice nel Piano Speciale Usa per la promozione dei beni di consumo e dei prodotti enoagroalimentari, lanciato nel 2015.

Il consumo di vino negli Usa continua a crescere – come ricorda il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani -, ma si tratta di un mercato con due facce, come emerso durante i numerosi workshop che gli abbiamo dedicato durante wine2wine, il forum del vino svoltosi nel dicembre scorso: per certi versi è maturo, e questo lo vediamo dalla curiosità espressa dai consumatori per vini meno famosi, espressione di territori ancora sconosciuti; d’altro canto, però, ci sono Stati dove solo ora si inizia a consumare vino. Con Vinitaly International siamo negli Stati Uniti dal 2002 e continuiamo a potenziare la nostra attività di anno in anno, proprio per aprire sempre nuovi spazi commerciali per le cantine italiane e per attrarre buyer americani a Vinitaly, dove già rappresentano il 15% delle presenze estere”.

Nello specifico, le iniziative di Vinitaly International a San Francisco saranno tre seminari avanzati su Grignolino, le subzone del Chianti e l’Etna, mentre uno base realizzato in collaborazione con Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) sarà dedicato ai vini artigianali. Questi vini saranno disponibili in un wine bar allestito per la degustazione da parte dei buyer e pubblico.

A New York Vinitaly International porterà ancora alla scoperta del Grignolino e dei vini artigianali, ma si parlerà anche di tendenze di consumo di vino nei ristoranti italiani e di come queste potrebbero riproporsi negli Usa. A Miami, oltre che di Grignolino e di vini artigianali, un terzo Executive Wine Seminar VIA sarà dedicato al Carmignano.

Spumante o champagne, chi l’ha spuntata?

Come ogni anno, prima e dopo le Feste, si tirano le somme di vincitori e vinti nella annosa lotta tra spumante e champagne. E anche per il 2015, pare che lo spumante l’abbia spuntata sulle blasonate bollicine dei cugini d’Oltralpe, almeno stando ai risultati di vendite del sito Tannico.it, la più grande enoteca online in Italia.

Secondo i dati di Tannico.it, lo spumante ha totalizzato 35% del totale delle oltre 20mila vendite effettuate tra novembre e dicembre, lo champagne il 32%, il Franciacorta il 24%, il Trento DOC il 4,4%.

Interessante notare come lo scontrino medio per l’acquisto di bollicine si è posizionato in una fascia medio-alta: 103 euro, con una media di 5 bottiglie acquistate. La distribuzione geografica degli acquisti di spumante e champagne effettuati nei due mesi analizzati parla di Vicenza come città più amante delle bollicine, +40% dei consumi rispetto alla media, seguita da Modena (+31%) e Lecco (+27%).

Estendendo invece lo sguardo ai consumi annuali del 2015, la regione del Nord che più apprezza spumante, champagne e dintorni è la Valle D’Aosta (33,70%), seguita da Emilia-Romagna (28,74%) e Veneto (26,27%). Al Centro vincono le Marche (30,58%), seguite da Umbria (28,46%) e Abruzzo (25,82%). Al Sud vince la Basilicata (29,51%), seguita da Puglia (24,36%) e Calabria (23,87%).

Il commento di Marco Magnocavallo, fondatore di Tannico.it: “Abbiamo venduto 38mila litri di bollicine in tutto il 2015. Se impilassimo tutte le bottiglie vendute in questo periodo pre natalizio arriveremmo alla stratosfera. Dallo champagne al prosecco abbiamo raccolto i migliori spumanti italiani e stranieri andando a comporre uno dei cataloghi di bollicine più completi disponibili online e offline. La risposta dei nostri clienti è stata al di sopra delle aspettative: il nostro miglior cliente in un anno ha acquistato bottiglie per un ammontare pari a 17.500 euro”.

Un nuovo distretto per il made in Italy in Cina

Da alcuni mesi l’economia della Cina è in frenata e i consumi, specialmente per quello che riguarda i beni di importazione, ne stanno risentendo. Il made in Italy cerca però di difendersi nel modo in cui sa fare meglio: attaccando.

Ne è una dimostrazione la nascita, nella Free Trade Zone di Tianjin, di Ta Italy – Italian Food District, polo dedicato all’eccellenza delle aziende alimentari made in Italy. L’idea è quella di strutturare il polo secondo tre direttrici di base: una zona B2B, divisa in moduli che caratterizzano la produzione dei diversi territori italiani; una zona B2C; una zona da adibire a scuola professionale di cucina territoriale e al mondo della ristorazione. Ampio spazio anche a eventi, fiere e corsi di formazione nel settore enogastronomico dell’eccellenza italiana.

Il tutto distribuito su una superficie complessiva di 22mila mq, di cui 8mila destinati al cash & carry delle eccellenze enogastronomiche italiane. Questo vero e proprio food district made in Italy avrà una presenza significativa all’interno della città, dal momento che si articolerà in parte nel centro e in parte nella cosiddetta Free Trade Zone.

L’anima dell’idea e del progetto è italo-cinese, dal momento che nasce dalla famiglia Zheng, imprenditori in Italia da più generazioni che hanno capito lo straordinario peso che il made in Italy ha come biglietto da visita per affermarsi su un mercato come quello cinese.

Ta Italy – Italian Food District si rivolge a una clientela trasversale, fatta di buyer della grande distribuzione, titolari di supermarket, hotel, ristoranti, enoteche ma anche profili più consumer come famiglie e professionisti che abbiano in comune la passione per il made in Italy.

Il vino italiano si insegna all’università

Il vino italiano è un’eccellenza e un volano eccezionale per nostra economia ed è perciò fondamentale che chi si avvicina a questo mondo al livello imprenditoriale non lo faccia in modo improvvisato. Ecco allora l’importanza di “insegnare” il vino italiano.

Lo ha capito la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che ha avviato il master universitario di primo livello “Vini italiani e mercati mondiali”, in collaborazione con Università di Pisa, Università per Stranieri di Siena, Associazione Italiana Sommelier, le cui iscrizioni si chiudono il 15 ottobre prossimo.

L’obiettivo del master è quello di formare dei veri ambasciatori del vino italiano, capaci di comunicarne il valore aggiunto che esso ha sotto molteplici aspetti e capaci, soprattutto, di effettuare una promozione efficace soprattutto all’estero, in particolare sui mercati emergenti, dove c’è tanta voglia di vino italiano e le potenzialità di sviluppo e crescita sono incalcolabili.

La figura professionale che questo master contribuirà a creare è tanto poco diffusa quanto importante. Importante perché il vino italiano ha un futuro rilevante sui mercati internazionali, in particolare su quelli emergenti, che vanno affrontati promuovendo il settore vitivinicolo con una formazione adeguata e una chiara visione dei temi strategici di ambito economico.

Ecco perché il master della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa si propone di formare veri professionisti del vino italiano, in possesso di conoscenze nel settore viticolo e in quello enologico, da acquisire anche attraverso la partecipazione al corso di sommelier, che permette di conseguire il titolo rilasciato dall’Associazione Italiana Sommelier.

Gli ambasciatori del vino italiano che usciranno dall’ateneo pisano avranno una visione chiara delle strategie di marketing per affrontare le sfide che il mercato globale proporrà in termini di diffusione, promozione e conoscenza tanto del vino italiano, quanto dei territori di produzione e dei suoi addentellati culturali, economici, commerciali e sociali.

E non è solo la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa ad aver capito quanto i professionisti del vino italiano abbiano bisogno di una formazione adeguata al materia che si trovano a trattare. Anche l’Università Bocconi di Milano ha deciso di investire in formazione in questo ambito grazie al lancio del Wine management lab della Sda Bocconi.

La scuola di management dell’università milanese ha infatti presentato mercoledì 7 ottobre il suo Wine management lab con l’incontro “La leadership del vino italiano come ambasciatore del Made in Italy: possibilità o realtà?”, per confermare un impegno nel mondo del vino che, in realtà non le è nuovo (Sda Bocconi è da almeno un decennio attiva nel segmento del marketing del vino) ma che, oggi più che mai, è necessario per valorizzare al meglio un campione dell’italianità e dell’economia tricolore

Per informazioni, dettagli sui programmi didattici, destinatari del master e iscrizioni al master della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, cliccare qui.

Per i dettagli sul Wine management lab della Sda Bocconi, cliccare qui.

Vino italiano numero 1

Lo abbiamo scritto ieri: gli italiani sanno produrre un grandissimo vino, i francesi lo sanno vendere meglio. Tutto vero, tutto confermato. Ma se i signori d’Oltralpe hanno sempre snobbato il vino italiano, nascondendosi soprattutto davanti al loro storico primato di più grandi produttori al mondo, ebbene, stavolta non hanno più alibi: è l’Italia, ora il maggior produttore di vino al mondo e il vino italiano primeggia come non mai.

Secondo le stime estrapolate dalle dichiarazioni che i produttori europei depositano in sede Ue a Bruxelles relativamente alla raccolta e alle previsioni di produzione, l’Europa stila una classifica annuale dei Paesi produttori di vino che, per il 2015, vede l’Italia e il vino italiano al primo posto per ettolitri prodotti.

Non è un dato di poco conto, dal momento che battaglie e classifiche su chi produce più vino e di migliore qualità, aiutano a determinare un posizionamento migliore o meno sui mercati internazionali. Di sicuro, sotto questo punto di vista i francesi ci superano, ma almeno in termini di volumi prodotti il vino italiano si toglierà qualche soddisfazione nel 2015.

Le stime di produzione sono aggiornate al 15 settembre 2015, giorno in cui sono stati presentati a Bruxelles i resoconti dei produttori. Ebbene, sulla base di quei numeri l’Ue calcola che l’Italia quest’anno totalizzerà 48,8 milioni d’ettolitri di vino italiano contro i 46,45 milioni prodotti dalla Francia con i suoi vini. Sul terzio gradino del podio la Spagna, con i 36,6 milioni d’ettolitri. Al quarto e al quinto posto Germania e il Portogallo.

Il sorpasso del vino italiano su quello francese arriva dopo un anno nel quale i transalpini hanno avuto gioco facile; la primavera e l’estate 2014, terribili in Italia sotto il profilo climatico avevano inciso pesantemente sui volumi di uva prodotti nel nostro Paese. Una produzione che, invece, quest’anno ha sfruttato una bella stagione eccezionale, tanto da crescere del 13%. Francia invece con il segno meno (-1%), a scontare un’annata particolarmente secca.

Insomma, la natura ha dato una mano al vino italiano per valorizzare l’eccellenza intrinseca che porta con sé. Ora tocca agli italiani lavorare per promuovere meglio un prodotto che non ha pari al mondo. Con buona pace dei francesi.